Frasi su credenza
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“Il teismo è così confuso e gli enunciati in cui compare "Dio" sono così incoerenti e impossibili da verificare o da falsificare, che parlare di credenza o meno, di fede o meno, è logicamente impossibile.”

Alfred Jules Ayer (1910–1989) filosofo britannico

Origine: Da Language, Truth and Logic. Citato in Karen Armstrong, Storia di Dio: 4000 anni di religioni monoteiste, Marsilio Editori, 1995, p. 405.

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“Aveva il dono della credenza!”

Marcello Macchia (1978) comico italiano

Voce Narrante

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“Domani si fa a credenza, oggi no.”

Marco Terenzio Varrone (-116–-27 a.C.) letterato, scrittore e militare romano

dalle Satire Menippee, citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 476

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“Se guardate la storia della magia, vedrete le sue origini nelle caverne. Vedrete le sue origini nello sciamanesimo, nell'animismo, nella credenza che ogni cosa che ci circonda, ogni albero, ogni roccia, ogni animale, sia abitato da una qualche forma di essenza, una qualche sorta di spirito con cui forse si potrebbe comunicare. Avreste avuto uno sciamano o un visionario che sarebbe stato responsabile di incanalare le idee utili alla sopravvivenza. Prima che raggiungiate le civiltà classiche potrete vedere che questo è stato formalizzato in un certo status. Lo sciamano agisce puramente come un intermediario tra gli spiriti e le persone. La sua posizione nel villaggio o nella comunità è simile a quella di un idraulico spirituale. Ogni persona nel gruppo ha il suo ruolo. La persona migliore nella caccia era un cacciatore, la persona migliore nel parlare con gli spiriti, forse perché lui o lei era un po' pazzo/a, un po' staccato dal nostro normale mondo materiale, allora sarebbe stato uno sciamano. E gli sciamani non padroneggiavano un'arte segreta, essi dispensavano semplicemente le loro informazioni alla comunità, perché si credeva che fosse utile alla comunità. Quando abbiamo l'emergere delle culture classiche, tutto questo è stato formalizzato tanto che si hanno dei interi pantheon di dèi. E ognuno di questi dèi avrà una casta di preti che agiranno fino a un certo punto come intermediari che ti insegneranno ad adorare quel dio. Così la relazione tra gli uomini e i loro dèi, che potrebbe essere vista come la relazione tra gli uomini e il loro Io più alto, era ancora di tipo diretto. Quando arrivò il cristianesimo, quando arrivò il monoteismo, tutt'a un tratto hai una casta di sacerdoti che si muoveva tra l'adoratore e l'oggetto di adorazione. Hai una casta sacerdotale che era diventata una specie di dirigenza d'intermediazione spirituale tra l'umanità e la divinità interiore di cui si andava alla ricerca. Non puoi avere un rapporto diretto con un dio. I sacerdoti non hanno davvero il bisogno di un rapporto con la divinità. Hanno solo un libro che ti dice di alcune persone vissute tanto tempo fa, che hanno avuto un rapporto diretto con la divinità. E va tutto bene. Non hai bisogno di avere visioni miracolose, non hai bisogno di avere degli dèi che ti parlino. In effetti, se ti capita niente del genere, probabilmente sei matto. Nel mondo moderno questa roba non succede. Le sole persone a cui è permesso parlare con gli dèi, e in un modo davvero a senso unico, sono i preti. Per me il monoteismo è una grande semplificazione. Voglio dire, la Cabala ha una grande molteplicità di dèi, ma alla sommità del diagramma cabalistico, l'albero della vita, ha quest'unica sfera, che è il dio assoluto. La Monade. Qualcosa che è indivisibile. E tutti gli altri dèi, e ogni altra cosa nell'universo è una specie di emanazione di quel dio. Ora, questo va bene. Ma quando suggerisci che ci sia solo quell'unico dio, a quell'irraggiungibile altezza al di sopra dell'umanità e che non c'è niente in mezzo, stai limitando e semplificando la questione. Penso che il paganesimo sia una specie di alfabeto, come un linguaggio. È come se tutti gli dèi sono le lettere di quel linguaggio, esprimono delle sfumature, ombre del significato, o certe sottigliezze delle idee. Mentre il monoteismo tende ad essere solo una vocale, ed è solo tipo: oooouh [Alan Moore stesso nel documentario per far comprendere il suono scimmiesco. ]. È questo suono scimmiesco. Puoi quasi immaginare gli dèi divenire frustrati, sprezzanti. Perché con tutta la ricchezza di concetti spirituali che sono disponibili, perché ridurre tutto a una sola, singola nota monocorde che chi pronuncia neanche comprende?”

Alan Moore (1953) fumettista e scrittore britannico

citato nel documentario di Dez Vylenz, The Mindscape Of Alan Moore, Shadowsnake films, visibile su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=rZXoinYCReE, subititolato in italiano

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“L'antropologia è dunque oggi anche un modo di pensare noi stessi come altri, è un modo di leggere momenti importanti delle nostre esistenze alla luce di segni e di credenze complessi.”

Paolo Apolito (1947)

dall'incontro con gli studenti del liceo "Cartesio" di Giugliano, 7 dicembre 2001, trasmesso nella trasmissione Il Grillo, Rai Uno, 23 gennaio 2002

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“Lo scopo della scienza non è la credenza, ma l'investigazione.”

Camille Flammarion (1842–1925) astronomo, editore e divulgatore scientifico francese

Origine: Per la scienza dell'anima, p. 18

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“La credenza in una virtualità che funzioni come sostituto dei rapporti umani è una sciocchezza di questi tempi. Noi ci affidiamo alle tecnologie telematiche anche quando ci rendiamo conto che ci stiamo forzando a farlo. Il miracolo del vedere vicino ciò che è lontano e la possibilità di una esplorazione praticamente infinita ci attraggono. La nostra pigrizia e la pubblicità convincente rendono il processo quasi automatico. Soddisfatti al massimo due sensi su cinque, costruiamo la grande illusione. Ma la vista e l'udito sono, nella nostra era, così bistrattati da aver perduto quasi completamente la capacità di differenziare, selezionare, preferire. Sono diventati due poteri maleducati e sgangherati. Chattare fa passare un po' di tempo e ci ingombra in quei pezzi di noi che sono o che lasciamo momentaneamente un po' più liberi e sensibili. […] Mi piacerebbe essere genericamente dissacratoria nei confronti della pratica della virtualità. Economia virtuale, amore virtuale, conoscenze virtuali, cultura virtuale, comunicazione virtuale, partecipazione virtuale. Devi per forza testare quale odore, quale sapore, quale consistenza abbia la persona, prima di decidere se o che ti piace. Solo dopo comparirà il livello di smaterializzazione e idealizzazione che, comunque, tutti adottano soprattutto affrontando il cosiddetto amore. Non un computer, ma il nostro cervello farà sufficiente casino per far sembrare bello ciò che non lo è, vicino ciò che non lo è, accettabile ciò che non lo è. Ma questa è un'altra storia. È la storia della libertà intellettuale e sentimentale che caratterizza la dimensione umana. Questa storia non ha, però, giustificazione di accadere prima di, e a prescindere da, olfatto, gusto e tatto.”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

da Vanity Fair, n. 48, 7 dicembre 2011
Citazioni di Mina

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“Veramente il concetto di fratellanza universale è una delle basi fondamentali non solo della religione di Cristo, ma anche di quella di Budda e dello scisma avvenuto nel Bhramanismo (Indianismo), ossia del Bramoismo, il quale pretende essere la sintesi di tutti i culti compreso il pagano classico. Certo è che quel concetto forma una delle basi morali fondamentali di religioni i cui seguaci sono oltre i due terzi della popolazione del globo, mentre è influenzato dall'indole speciale di ciascuna di esse, cioè da un idealismo sovrumano nel Cristianesimo, da un nichilismo antiumano nel Buddismo, e da un pandeismo eclettico nell'incipiente ma progrediente Bramoismo indiano; e a queste credenze che ammettono il principio ideale della fratellanza universale, conviene aggiungere il naturalismo estetico scientifico greco-romano e moderno che inspira, in modo sostanziale, tutto l'insegnamento pubblico Europeo, e contro il quale protestarono sempre e molto logicamente gli ortodossi cristiani, da Paolo II papa a Giuseppe di Maistre. Taccio del Babismo, scisma ancor nebuloso del Maomettismo, avvenuto come il Bramoismo per l'influenza scientifico-cristiana dell'Europa, e che ha punti morali di contatto con l'anarchismo europeo-americano.”

Gustavo Uzielli (1839–1911) scienziato, storico, docente, patriota italiano

da Ricerche intorno a Leonardo da Vinci, nota, p. XXXIV-XXXV
Origine: Uzielli G., P. Toscanelli in Racc. Colomb., Parte V, vol. 1 (1894).

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“Nel 1999 lo psichiatra Luigi Cancrini firmerà una «Perizia psichiatrica su padre Pio». Scriverà Cancrini: «Una diagnosi psichiatrica relativa al caso di padre Pio non è difficile da proporre. Osservato longitudinalmente, il disturbo di cui ha sofferto padre Pio è, secondo il Dsm IV (il manuale diagnostico preparato dall'Associazione degli psichiatri americani e oggi largamente utilizzato anche in Italia e in Europa), un disturbo istrionico di personalità. Osservato trasversalmente, nelle sue manifestazioni sintomatiche più evidenti, il suo è un disturbo di trance dissociativa. I criteri di ricerca per il disturbo di trance dissociativa sono di ordine sintomatico e culturale. Il primo prevede due diverse condizioni morbose che possono presentarsi, in periodi diversi, nella stessa persona. […] Il secondo criterio, di ordine culturale, pone un problema più generale di rapporto fra questo tipo di esperienza e i luoghi sociali in cui esso si manifesta. […] È intorno a storie del tipo di questa che si definiscono, ancora oggi, sentimenti di appartenenza, visioni del mondo, forme del giudizio capaci di influire profondamente sui comportamenti collettivi. La diffusione e la santificazione di un sentimento religioso affascinato dalle imprese (sintomi) di un santo (persona con gravi disturbi personali) significa, da questo punto di vista, promozione e diffusione tra i fedeli di una credenza che molti pensavano superata: il male del mondo, si legge nella vita di padre Pio, è opera del diavolo e delle tentazioni cui un grande scommettitore (Dio) esporrebbe la creatura uomo semplicemente per vedere se a esse sarà in grado di resistere; credenza medievale dal punto di vista della collocazione storica, primitiva e un po' perversa dal punto di vista dell'organizzazione psicologica di chi la provoca o la condivide e che non è mai stata negata apertamente, tuttavia, dalla Chiesa di Roma […].»”

Origine: [nota dell'autore] Cfr. "MicroMega", n.° 3/99, giugno-settembre 1999.
Origine: Santo impostore, pp. 51-52

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“Imperatore Jagang: L'Ordine Imperiale entrerà comunque qui dentro e farà a pezzi questo posto e il tuo miserabile popolo. Non hanno bisogno di me per portare avanti la giusta causa per cui combattiamo. L'Ordine ripulirà l'umanità dal flagello della vostra gente egoista. La nostra causa non è solo morale, ma divina. Il Creatore è dalla nostra parte. La nostra fede lo dimostra.
Richard Rahl: La verità ha sostenitori che cercano la tolleranza. Le idee corrotte hanno miserabili piccoli fanatici che tentano di imporre le loro credenze attraverso l'intimidazione e la brutalità… attraverso la fede. La forza bruta è la servitrice obbediente della fede. La violenza su scala apocalittica può solo nascere dalla fede perché la ragione, per sua stessa natura, placa la crudeltà insensata. Solo la fede pensa di giustificarla.
Imperatore Jagang: Noi compiamo l'operato del Creatore! La sincera devozione verso il Creatore è l'unico modo vero e morale di vivere questa vita. La stretta aderenza ai nostri pii doveri ci porterà la salvezza e la vita eterna! È il sangue dei miscredenti come la tua gente che ci solleverà al fianco del Creatore stesso.
Richard Rahl: Questo non ha alcun senso.
Imperatore Jagang: Sei uno sciocco! La nostra fede da sola dimostra che abbiamo ragione! Solo noi saremo ricompensati nell'aldilà per il nostro profondo rispetto per Lui. Siamo i suoi veri figli e vivremo per sempre nella Sua luce.
Richard Rahl: Ho sempre trovato difficile credere che un uomo adulto potesse davvero credere a tali sciocchezze.”

Scontro finale, Dialoghi

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“Ho appena letto il magnifico racconto di Arcibašev Il sangue che per le sue qualità letterarie potrà meglio di ogni qualsivoglia argomento convertire la gente al vegetarismo o piuttosto toglierà loro quella assurda credenza della necessità di mangiare esseri viventi.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

Origine: Da Lettera a Iosif Iosifovič Perper (1909), traduzione di Gianfranco Giorgi; in Perché sono vegetariano, p. 125.

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“Non dobbiamo trascurare la probabilità che il costante inculcare la credenza in Dio nelle menti dei bambini possa produrre un effetto così forte e forse duraturo sui loro cervelli non ancora completamente sviluppati, da diventare per loro tanto difficile sbarazzarsene, quanto per una scimmia disfarsi della sua istintiva paura o ripugnanza del serpente.”

Charles Darwin (1809–1882) naturalista britannico che formulò la teoria dell'evoluzione

Origine: Nor must we overlook the probability of the constant inculcation in a belief in God on the minds of children producing so strong and perhaps an inherited effect on their brains not yet fully developed, that it would be as difficult for them to throw off their belief in God, as for a monkey to throw off its instinctive fear and hatred of a snake. (da The Autobiography of Charles Darwin, in The works of Charles Darwin, vol. 29, New York, 1989).

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“Sii dunque, nella tua anima, come una ma­teria per tutte le forme di ciascuna credenza.”

Ibn Arabi (1165–1240) filosofo, mistico e poeta arabo

Origine: Citato in Corbin, p. 105.

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“Raramente tuttavia le credenze che danno conforto sono allo stesso tempo ragionevoli.”

Origine: Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale, p. 18

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“Era un animale di notevoli proporzioni e bellezza, tutto nero e dotato di un'intelligenza sbalorditiva. A tale proposito, mia moglie, incline in cuor suo alla superstizione, faceva continue allusioni alla inveterata credenza popolare che considera tutti i gatti neri streghe travestite…”

Edgar Allan Poe (1809–1849) scrittore statunitense

Origine: Citato in Rachael Hale, 101 cataclismi: Per amore dei gatti, Contrasto, 2004, p. 5 http://books.google.it/books?id=CNA4XkQeR8AC&pg=PA48-IA5. ISBN 88-89032-33-2

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] La sua ostinata deferenza al vero poté anzi confermarlo nella ingenua credenza che fosse "l'occhio della camera" a guardar lui e a suggerirgli tutto. Molte volte dovette incantarsi di fronte a quella "magia naturale"; e ciò che più lo sorprese fu di accorgersi che allo specchio non è punto necessaria la figura umana, se, uscita questa dal suo campo, esso seguita a specchiare il pavimento inclinato, l'ombra sul muro, il nastro caduto a terra. Che altro potesse conseguire a questa risoluzione di procedere dipingendo per specchiatura diretta della realtà, non è troppo difficile intendere. Ne conseguiva la tabula rasa del costume pittorico del tempo che, preparandosi gli argomenti in carta e matita per via di erudizione storica e di astrazione stilizzante, aveva elaborato una complessa classificazione del rappresentabile, dove, per meglio servire alla società di allora, non poteva che preferirsi l'aspetto della classe dominante. Ma il Caravaggio pensa invece alla vita comune, ai sentimenti semplici, all'aspetto feriale delle cose che valgono, nello specchio, come gli uomini. […] Anche il Caravaggio avvertiva il pericolo di ricadere nell'apologetica del corpo umano, sublimata da Raffaello o Michelangelo, o magari nel chiaroscuro melodrammatico del Tintoretto. Ma ciò che gli andava confusamente balenando era ormai non tanto il rilievo dei corpi quanto la forma delle tenebre che li interrompono. Lì era il dramma della realtà più portante ch'egli intravedeva dopo le calme specchiature dell'adolescenza. E la storia della religione, di cui ora si impadroniva, gli tornava come un seguito di drammi brevi e risolutivi la cui punta non può indugiarsi nella durata sentimentale delle trasparenze, anzi inevitabilmente s'investe del lampo abrupto della luce rivelante, fra gli strappi inconoscibili dell'ombra. Uomini e santi si sarebbero impigliati in quel tragico scherzo. Giacché, per restar fedeli alla natura del mondo, occorreva far sì che il calcolo dell'ombra apparisse come casuale, e non causato dai corpi; ove volesse esimersi dal riattribuire all'uomo la sua funzione umanistica dirimente, di eterno protagonista e signore del creato. Perciò il Caravaggio seguitò, e fu fatica di anni, ad osservare la natura della luce e dell'ombra incidentali. […] Chi non sa che il Tintoretto studiava al lume di lucerna, non già il vero, ma i modellini della Cappella Medicea? E che i modellini del Greco erano cere dove si stiravano in una poetica follia le ultime spire laocoontiche del disegno 'serpentinato'? Ma ora è la realtà stessa a venir sopraggiunta dal lume per 'incidenza': il caso, l'incidente luminoso, diventano causa efficiente della nuova pittura (o poesia). Non v'è Vocazione di Matteo senza che il raggio, assieme col Cristo, entri dalla porta socchiusa e ferisca quel turpe spettacolo dei giocatori d'azzardo. In effetto Caravaggio stagliò questa sua "descrizione di luce", questo poetico "fotogramma", quando l'attimo di cronaca gli parve emergere, non dico con un rilievo, ma con uno spicco, con un'evidenza così memorabile, invariabile, monumentale, come dopo Masaccio non s'era più visto.”

Roberto Longhi (1890–1970) storico dell'arte italiano

citato in Caravaggio, pp. 187-188
Il Caravaggio

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“Il miser suole
Dar facile credenza a quel che vuole.”

Orlando Furioso (1532)

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