Frasi su favola

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema favola, vita, mondo, storia.

Frasi su favola

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“Fantasie, | fantasie che volano libere, | fantasie che a volte fan ridere, | fantasie che credono alle favole.”

Vasco Rossi (1980) cantautore italiano

da T'immagini, n. 7
Cosa succede in città

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“Cosa non darei | per vivere una favola!”

Vasco Rossi (1980) cantautore italiano

da Vivere una favola, n. 1
C'è chi dice no

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“E mi trucco perché la vita mia | non mi riconosca e vada via.”

Renato Zero (1950) cantautore e showman italiano

da La favola mia, n.° 1

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“Quanto pesa una lacrima?» «Secondo: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra.”

Gianni Rodari (1920–1980) scrittore italiano

da Favole al telefono
Variante: «Quanto pesa una lacrima?»
«Secondo: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra.»

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“Siamo uomini troppo distratti da cose che riguardano vite e fantasmi futuri | ma il futuro è toccare, mangiare, tossire, ammalarsi d'amore.”

Max Gazzé (1967) cantautore e bassista italiano

da La Favola di Adamo ed Eva
La favola di Adamo ed Eva

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“Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola.”

Massimo Gramellini (1960) giornalista e scrittore italiano

Coppia d'assi, pos. 2367
Cuori allo specchio

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“Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi la passione.”

Apuleio (125–170) scrittore e filosofo romano

libro La favola di Amore e Psiche

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“La storia ha insegnato quanto quella favola riguardo a Cristo ci abbia giovato.”

Papa Leone X (1475–1521) 217° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula.
Quantum nobis nostrique que ea de Christo fabula profuerit, satis est omnibus seculis notum.
[Citazione errata] Secondo quanto riporta Bale nella sua opera The Pageant of Popes, il papa Leone X avrebbe scritto questa frase in una lettera al cardinale Bembo. Sembra che il primo a narrare tale episodio sia stato proprio Bale nella sua opera. La citazione fu poi riportata da centinaia di scrittori che la estrapolarono proprio dal The Pageant of Popes. Dal momento che Bale era in guerra aperta contro il Papa e la Chiesa Romana, è ragionevole pensare che l'episodio e la citazione riportati da Bale siano in realtà falsi.
Attribuite
Origine: William Roscoe, The Life and Pontificate of Leo the Tenth: In Four Volumes, Volume 4, Cadell and Davies, 1805, p. 328 http://books.google.it/books?id=GPo-AAAAcAAJ&pg=PA328.

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“L'abitudine rende sopportabile anche le cose spaventose.”

Esopo (-620–-564 a.C.) scrittore e favolista greco

da Favole, 42

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“Perché la vita, per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l'inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l'arte crede suo dovere obbedire.
Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All'opposto di quelle dell'arte che, per parer vere, hanno bisogno d'esseri verosimili. E allora, verosimili, non sono più assurdità.
Un caso della vita può essere assurdo; un'opera d'arte, se è opera d'arte, no.
Ne segue che tacciare d'assurdità e d'inverosimiglianza, in nome della vita, un'opera d'arte è balordaggine.
In nome dell'arte, sì; in nome della vita, no. […] Ma se il valore e il senso universalmente umano di certe mie favole e di certi miei personaggi, nel contrasto, com'egli dice, tra realtà e illusione, tra volto individuale ed immagine sociale di esso, consistesse innanzi tutto nel senso e nel valore da dare a quel primo contrasto, il quale, per una beffa costante della vita, ci si scopre sempre inonsistente, in quanto che, necessariamente purtroppo, ogni realtà d'oggi è destinata a scoprircisi illusione domani; ma illusione necessaria, se purtroppo fuori di essa non c'è per noi altra realtà? Se consistesse appunto in questo, che un uomo o una donna, messi da altri o da se stessi, in una penosa situazione, socialmente anormale, assurda per quanto si voglia, vi durano, la sopportano, la rappresentano davanti agli altri, finché non la vedono, sia pure per la loro cecità o incredibile buonafede; perché appena la vedono come a uno specchio che sia posto loro davanti, non la sopportano più, ne provan tutto l'orrore e la infrangono o, se non possono infrangerla, se ne senton morire? Se consistesse appunto in questo, che una situazione, socialmente anormale, si accetta, anche vedendola a uno specchio, che in questo caso ci para davanti la nostra stessa illusione; e allora la si rappresenta, soffrendone tutto il martirio, finché la rappresentazione di essa sia possibile dentro la maschera soffocante che da noi stessi ci siamo imposta o che da altri o da una crudele necessità ci sia stata imposta, cioè fintanto che sotto questa maschera un sentimento nostro, troppo vivo, non sia ferito così addentro, che la ribellione alla fine prorompa e quella maschera si stracci e si calpesti? […] L'arruffio, se c'è, dunque è voluto; il macchinismo, se c'è, dunque è voluto; ma non da me: bensì dalla favola stessa, dagli stessi personaggi; e si scopre subito, difatti: spesso è concertato apposta e messo sotto gli occhi nell'atto di concertarlo e di combinarlo: è la maschera per una rappresentazione; il giuoco delle parti; quello che vorrremmo o dovremmo essere; quello che agli altri pare che siamo, mentre quel che siamo, non lo sappiamo, fino a un certo punto, neanche noi stessi; la goffa, incerta metafora di noi; la costruzione, spesso arzigogolata, che facciamo di noi, o che gli altri fanno di noi: dunque, davvero, un macchinismo, sì, in cui ciascuno volutamente, ripeto, è la marionetta di se stesso; e poi, alla fine, il calcio che manda all'aria tutta la baracca.”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934

dall'Avvertenza sugli scrupoli della fantasia

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“Una favola orientale racconta di un uomo cui strisciò in bocca, mentre dormiva, un serpente. Il serpente gli scivolò nello stomaco e vi si stabilì e di là impose all'uomo la sua volontà, così da privarlo della libertà. L'uomo era alla mercé del serpente: non apparteneva più a se stesso. Finché un mattino l'uomo sentì che il serpente se n'era andato e lui era di nuovo libero. Ma allora si accorse di non saper cosa fare della sua libertà: "nel lungo periodo del dominio assoluto del serpente egli si era talmente abituato a sottomettere la sua propria volontà alla volontà di questo, i suoi propri desideri ai desideri di questo, i suoi propri impulsi agli impulsi di questo che aveva perso la capacità di desiderare, di tendere a qualcosa, di agire autonomamente. In luogo della libertà aveva trovato il vuoto, perché la sua nuova essenza acquistata nella cattività se ne era andata insieme col serpente, e a lui non restava che riconquistare a poco a poco il precedente contenuto umano della sua vita". L'analogia di questa favola con la condizione istituzionale del malato mentale è addirittura sorprendente, dato che sembra la parabola fantastica dell'incorporazione da parte del malato di un nemico che lo distrugge, con gli stessi atti di prevaricazione e di forza con cui l'uomo della favola è stato dominato e distrutto dal serpente. Il malato, che già soffre di una perdita di libertà quale può essere interpretata la malattia, si trova costretto ad aderire ad un nuovo corpo che è quello dell'istituzione, negando ogni desiderio, ogni azione, ogni aspirazione autonoma che lo farebbero sentire ancora vivo e ancora se stesso. Egli diventa un corpo vissuto nell'istituzione, per l'istituzione, tanto da essere considerato come parte integrante delle sue stesse strutture fisiche.”

Franco Basaglia (1924–1980) psichiatra e neurologo italiano

da Corpo e istituzione, 1967

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“Contessa, che è mai la vita? | È l'ombra d'un sogno fuggente. | La favola breve è finita, | il vero immortale è l'amor.”

Giosue Carducci (1835–1907) poeta e scrittore italiano

Jaufré Rudel, vv. 73-76
Rime e ritmi

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“Temete, litiganti sventurati, | Più delle liti stesse gli Avvocati.”

Lorenzo Pignotti (1739–1812) poeta, storico e medico italiano

da La pecora e lo spino, in Favole e novelle

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“Solo i miracoli sono reali, solo le favole sono vere.”

Lalla Romano (1906–2001) poetessa, scrittrice e giornalista italiana

Minima Mortalia

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“Credo di notare una leggera flessione del senso sociale.”

Max Gazzé (1967) cantautore e bassista italiano

da La favola di Adamo ed Eva
La favola di Adamo ed Eva

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“Il passato come fata morgana. Trasformare i ricordi in miraggi, favole, sogni di favole.”

Gesualdo Bufalino (1920–1996) scrittore

Origine: Il malpensante, Agosto, p. 92

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“Nelle favole si fa come si vuole e nella realtà si fa come si può.”

Elena Ferrante (1943) pseudonimo di una scrittrice

Those Who Leave and Those Who Stay

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“Mosè ha dato della differenza delle lingue una ragione superlativamente favolosa. Dice che i figli degli uomini, riunitisi, volevano fabbricare una città e, in essa, una gran torre; ma Dio dichiarò: qui bisogna scendere e confondere le loro lingue. - E, perché nessuno creda che io voglia darla ad intendere, leggiamo nel testo stesso di Mosè, quel che segue: «E dissero: "Orsù; fabbrichiamoci una città ed una torre, la cui cupola giunga fino al cielo; e facciamoci un nome prima di essere dispersi su tutta la faccia della terra". E scese il Signore a vedere la città e la torre, che i figli degli uomini edificavano. E disse il Signore: "Ecco, essi sono un medesimo popolo, e una medesima lingua hanno tutti; e questo cominciarono a fare; ed ora non resteranno dal compiere tutto ciò che hanno cominciato. Dunque: discendiamo là, e confondiamo la loro lingua, affinché non capisca l'uno la parola dell'altro". E li disperseil Signore Iddio su tutta la faccia della terra, ed essi cessarono di fabbricare la città e la torre».Poi volete che a questo crediamo; ma voi non credete a ciò che dice Omero degli Aloadi, che tre montagne meditavano di porre l'una sull'altra, «onde fosse ascendibile il cielo». Per me io dico che questo racconto è ugualmente favoloso che quello. Ma voi, che il primo accogliete, per qual ragione, in nome di Dio, respingete la favola di Omero? Poiché questo - credo - uomini ignoranti non lo capiscono: che, se anche tutte le genti che popolano la terra avessero la medesima voce e la medesima lingua, fabbricare una torre che arrivi fino al cielo non potrebbero affatto, quand'anche facessero mattoni di tutta quanta la terra. Mattoni ce ne vorrebbero infiniti di grandezza pari a tutta intera la terra per arrivare al solo cerchio della luna. Ammettiamo pure che tutte le genti si siano riunite parlando una stessa lingua ed abbiano ridotto in mattoni e cavato le pietre di tutta la terra; come potranno arrivare fino al cielo, se anche la loro opera dovesse stendersi più sottile di un filo allungato? In conclusione: voi che stimate vera una favola così evidentemente falsa, e pretendete che Dio abbia avuto paura della unità di voce degli uomini e per questo sia disceso a confonderne le lingue, oserete ancora menare vanto della vostra conoscenza di Dio?”

Flavio Claudio Giuliano (331–363) imperatore romano

Contro i galilei

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“Paul Levi vuole conquistarsi le simpatie della borghesia – e, conseguentemente, dei suoi agenti, la Seconda Internazionale e l'Internazionale due e mezzo – pubblicando proprio le opere di Rosa Luxemburg in cui ella aveva torto. A ciò noi rispondiamo citando poche righe di una vecchia favola russa: a volte un'aquila può volare più in basso di una gallina, ma una gallina non può mai salire tanto in alto quanto un'aquila. Rosa Luxemburg errò nella questione dell'indipendenza polacca; errò nel 1903 nel valutare il menscevismo; errò nella teoria dell'accumulazione del capitale; errò quando nel luglio 1914 si batté con Plechanov, Vandervelde, Kautsky e altri per l'unificazione dei bolscevichi con i menscevichi; errò nei suoi scritti dal carcere nel 1918 (anche se in gran parte ella stessa corresse i propri errori dopo essere uscita dal carcere, alla fine del 1918 e al principio del 1919). Ma nonostante tutti questi errori era e rimane un'aquila: e non solo la sua memoria rimarrà sempre cara ai comunisti del mondo intero, ma anche la sua biografia e l'edizione integrale delle sue opere […] costituiranno una lezione molto utile nell'educazione di molte generazioni di comunisti del mondo intero.”

Lenin (1870–1924) rivoluzionario e politico russo

Origine: Da Appunti di un giornalista scritto nel febbraio 1922 e pubblicato per la prima volta su Pravda, 16 aprile 1924; citato in Peter J. Nettl, Rosa Luxemburg, Milano, Il Saggiatore, 1970, II, p. 370.

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“Non credete alle favole! Erano vere.”

Stanisław Jerzy Lec (1909–1966) scrittore, poeta e aforista polacco

Pensieri spettinati

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“Il mondo vero lo abbiamo eliminato: quale mondo è rimasto? quello apparente, forse?… Ma no! Col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

da Come il «mondo vero» finì per diventare una favola, 6, 1989

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“La morale della favola è che mi riferivo a varie attrici, fra cui Catherine Zeta-Jones, Scarlett Johansson e Megan Fox. Sfortunatamente, i nomi sono stati tutti tagliati (tranne Aniston e Jolie). Ma è tipico. Funziona così.”

Joan Collins (1933) attrice britannica

Origine: Da Us Weekly; citato in Ryan Smith, Joan contro Jennifer http://www.vogue.it/people-are-talking-about/e-davvero-troppo/2010/10/joan-collins-vs-jennifer-aniston, Vogue.it, 26 ottobre 2010.

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