Frasi su maggiore
pagina 7

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“Chi soffre è più prossimo alla nascita. Paga il tributo maggiore, e paga anche per gli altri. A Stalingrado cambiano più cose che non a Sedan.”

Ernst Jünger (1895–1998) filosofo e scrittore tedesco

da Al muro del tempo. Divisioni umane, p. 95
Al muro del tempo

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“Quasi tutti i ragionamenti in questo libro vengono ricondotti all'esperienza; e la credenza, che accompagna l'esperienza, viene spiegata soltanto come un sentimento peculiare, o una concezione vivace prodotta dall'abitudine. Né questo è tutto; quando noi crediamo che qualche cosa abbia un'esistenza esterna, o quando supponiamo che un oggetto esista un istante dopo che esso cessa di essere percepito, questa credenza non è che un sentimento della stessa specie. Il nostro autore insiste su parecchie altre tesi scettiche ed infine conclude che noi prestiamo fede alle nostre facoltà ed adoperiamo la ragione soltanto perché non possiamo farne a meno. La filosofia ci renderebbe interamente pirroniani, se la natura non fosse troppo forte su questo punto. Concluderò la logica di quest'autore dando ragione di due opinioni, che sembrano a lui peculiari, come sono, del resto, la maggior parte delle sue opinioni. Egli afferma che l'anima in quanto la possiamo concepire, non è che un sistema, una serie di percezioni differenti, di caldo e di freddo, di amore e di collera, di pensieri e di sensazioni, tutte unite insieme, ma senza alcuna perfetta semplicità o identità. Cartesio sosteneva che l'essenza della mente è il pensiero, non questo o quel pensiero, ma il pensiero in generale. Ma ciò pare del tutto inintelligibile, poiché ogni cosa che esiste è particolare, e perciò devono essere le nostre distinte percezioni particolari che compongono la mente. Dico, compongono la mente, non appartengono ad essa. La mente non è una sostanza, alla quale le percezioni ineriscano. Questa nozione è altrettanto inintelligibile di quella cartesiana secondo la quale il pensiero o la percezione in generale è l'essenza della mente. Noi non abbiamo alcuna idea di una sostanza di qualsiasi genere, perché non abbiamo alcuna idea che non sia derivata da qualche impressione e non abbiamo impressione alcuna di una qualsiasi sostanza, materiale o spirituale che sia. Noi conosciamo soltanto qualità e percezioni particolari. Come la nostra idea di un corpo, per esempio di una pesca, non è che l'idea di un particolare sapore, colore, figura, grandezza, solidità ecc., così la nostra idea di una mente non è che quella di particolari percezioni, senza la nozione di tutto quello che chiamiamo sostanza, semplice o composta che sia.
Il solo mezzo per cui possiamo sperare di ottenere un successo nelle nostre ricerche filosofiche è quello di abbandonare il tedioso ed estenuante metodo seguito fino ad oggi; invece d'impadronirci, di tanto in tanto, d'un castello o d'un villaggio alla frontiera, marciamo direttamente sulla capitale, ossia al centro di queste scienze, alla natura umana: padroni di esso, potremo sperare di ottenere ovunque una facile vittoria. Movendo di qui, potremo estendere la nostra conquista a tutte le scienze piú intimamente legate con la vita umana e procedere poi con agio a quelle che sono oggetto di pura curiosità. Non c'è questione di qualche importanza, la cui soluzione non sia compresa nella scienza dell'uomo, e non c'è nessuna che possa venire risolta con certezza se prima non la padroneggiamo. Accingendoci quindi a spiegare i princípi della natura umana, noi miriamo in realtà a un sistema completo delle scienze costruito su di un fondamento quasi del tutto nuovo e tale che solo su esso possano poggiare con sicurezza.”

Trattato sulla natura umana

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“Pochi istanti dopo s'udì partire a motore imballato la giardinetta della ragazza e don Camillo uscì dal confessionale e andò a sfogare col Cristo dell'altar maggiore la tristezza del suo animo:
"Signore, se questi giovani che si prendono gioco delle cose più sacre sono la nuova generazione, che mai sarà della Vostra Chiesa?"
"Don Camillo" rispose con voce pacata il Cristo "non ti lasciare suggestionare dal cinema e dai giornali. Non è vero che Dio ha bisogno degli uomini: sono gli uomini che hanno bisogno di Dio. La luce esiste anche in un mondo di ciechi. È stato detto 'hanno gli occhi e non vedono'; la luce non si spegne se gli occhi non la vedono."
"Signore: perché quella ragazza si comporta così? Perché per ottenere una cosa che potrebbe facilmente avere soltanto se chiedesse, deve estorcerla, carpirla, rubarla, rapinarla?"
"Perché, come tanti giovani, è dominata dalla paura d'essere giudicata una ragazza onesta. È la nuova ipocrisia: un tempo i disonesti tentavano disperatamente d'essere considerati onesti. Oggi gli onesti tentano disperatamente d'essere considerati disonesti."
Don Camillo spalancò le braccia:
"Signore, cos'è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?"
"Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?"
"No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l'autodistruzione di cui parlavo. L'uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L'unica vera ricchezza che, in migliaia di secoli, aveva accumulato. Un giorno non lontano si ritroverà esattamente come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell'uomo sarà quello del bruto delle caverne. Signore: la gente paventa le armi terrificanti che disintegrano uomini e cose. Ma io credo che soltanto esse potranno ridare all'uomo la sua ricchezza. Perché distruggeranno tutto e l'uomo, liberato dalla schiavitù dei beni terreni cercherà nuovamente Dio. E lo ritroverà e ricostruirà il patrimonio spirituale che oggi sta finendo di distruggere. Signore, se questo è ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?"
Il Cristo sorrise.
"Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l'asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini d'ogni razza, d'ogni estrazione, d'ogni cultura.”

Giovannino Guareschi (1908–1968) scrittore italiano
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“[Si riporta l'esempio, divenuto celebre, della manifattura di spilli usato da Smith per illustrare gli effetti della divisione del lavoro. ] In queste grandi produzioni destinate a soddisfare i bisogni di un gran numero di persone, ogni ramo differente del lavoro richiede un gran numero di lavoratori, che rende impossibile radunare tutti nella stessa casa lavoro. Noi raramente possiamo vedere in una volta sola più di quelli impegnati in un singolo ramo. Sebbene in simili produzioni, di conseguenza, il lavoro può essere davvero diviso in un gran numero di parto, rispetto a quelle di natura più frivola, la divisione non è così ovvia, ed è stata perciò poco osservata.
Prendiamo dunque un esempio in una manifattura di poco conto dove la divisione del lavoro è stata molto spesso citata, quella, cioè, dello spillettaio; un operaio non educato in questa manifattura (che la divisione del lavoro ha reso uno speciale mestiere), non preparato all'uso del macchinario realizzato per questo (la cui invenzione probabilmente è stata resa possibile dalla stessa divisone), può a fatica, forse, con la sua laboriosità, produrre uno spillo al giorno, e di certo non può produrne 20. Dato il modo in cui viene svolto oggi questo compito, non solo tale lavoro nel suo complesso è divenuto mestiere particolare, diviso in un certo numero di specialità, la maggior parte delle quali sono anch'esse mestieri particolari. Un uomo trafila in metallo, un altro raddrizza il filo, il terzo lo taglia, un quarto gli fa la punta, un quinto lo schiaccia l'estremità dove deve inserirsi la capocchia; fare la capocchia richiede due o tre operazioni distinte; inserirle in attività distinta, pulire gli spilli è un'altra, e persino il metterli nella carta un'altra occupazione se stante, sicché l'importante attività di fabbricare uno spillo viene divisa, in tal modo in circa 18 distinte operazioni che, in alcune manifatture, sono tutte compiute da mani diverse, sebbene si diano casi in cui la stessa persona ne compie due o tre. Io ho visto una piccola manifattura di questo tipo dove erano impiegati solo 10 uomini, e dove alcuni di essi di conseguenza compivano due o tre distinte operazioni. Ma sebbene loro fossero assai poveri, e perciò non disponessero molto delle macchine necessarie, potevano, quando si impegnavano a vicenda, fare all'incirca dodici libbre di spilli in un giorno. Una libbra contiene più di mille spilli di grandezza media. Quelle 10 persone, quindi, riuscivano a fare più di 40.000 spilli al giorno. Ciascuno di loro 10 dunque, facendo una decima parte di 48000 spilli, può essere considerato come se ne fabbricasse 4800 in un giorno. Se invece avessero lavorato tutti separatamente e indipendentemente senza che alcuno di loro fosse stato previamente addestrato a questo compito particolare, non avrebbero certamente potuto fabbricare neanche 20 spilli al giorno per ciascuno, forse neanche un solo spillo al giorno; cioè certamente non la duecentoquarantesima parte, e forse neanche la quattromilaottocentesima parte di quel che sono intanto capaci di compiere in conseguenza di una appropriata divisione e combinazione delle loro differenti operazioni.
In tutte le altre arti e manifatture, gli effetti della divisione del lavoro sono analoghi a quelli che abbiamo riscontrato in quest'attività di modestissimo rilievo; sebbene, in molte di esse, il lavoro non possa essere suddiviso fino a questo punto, né ridotto a una tale semplicità di operazioni. La divisione del lavoro, comunque, nella misura in cui può essere introdotta, determina in ogni mestiere un aumento proporzionale delle capacità produttive del lavoro.”

cap. 1 http://www.wsu.edu/~dee/ENLIGHT/WEALTH1.HTM
La ricchezza delle nazioni

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“Ho quattro uomini addetti ai cavalli che dimorano nelle vicinanze. Il lavoro leggero, che necessita di parecchie braccia, è svolto da bande. I campi richiedono molto lavoro leggero, quale la sarchiatura, la zappatura, alcune operazioni per concimare, la raccolta delle pietre, etc. Che sono effettuate dalle "gangs" o bande organizzate che alloggiano nelle località aperte. La banda consta d'una numero di persone che varia da 10 a 50 persone, donne e bambini d'ambo i sessi, sebbene i ragazzi in genere giunti al tredicesimo anno di età, vadano via e in ultimo bambini di entrambi i sessi. Capo della banda è un capobanda che in ogni caso è un normale operaio agricolo, quasi sempre un cd. ceffo, individuo privo di senso morale, dagli umori instabili, ubriacone ma dotato d'un po' d'intraprendenza e di "savoir faire". Egli recluta la banda, che lavora sotto il suo comando e non sotto il comando del fittavolo. Con questo ultimo in genere stabilisce una paga a cottimo; i suoi introiti, che in media non vanno troppo oltre quelli d'un normale operaio agricolo, dipendono quasi totalmente dalla capacità che egli possiede di smungere dalla sua banda la maggiore quantità possibile di lavoro entro il tempo concordato. I fittavoli si sono accorti che le donne lavorano seriamente soltanto sotto la dittatura di un uomo che donne e bambini quando hanno preso il via effondono le proprie forze vitali in maniera realmente impetuosa, cosa di cui Fourier era già a conoscenza, mentre l'operaio maschio adulto è così perfido da risparmiarle quanto più è possibile. Il capobanda gira da un podere all'altro e in questa maniera è in grado di occupare la propria banda per 6-8 mesi all'anno.”

Libro I, settima sezione, cap. 21, p. 502
Il Capitale

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“Nessun filosofo del passato infatti ha contribuito in modo così decisivo al senso della fenomenologia come il maggior pensatore francese, Renato Cartesio. È lui che la fenomenologia deve onorare come suo patriarca.”

Edmund Husserl (1859–1938) filosofo e matematico austriaco

da Cartesianische Meditationen und Pariser Vorträge; citato in Alexandre Koyré, Lezioni su Cartesio

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“L'esperienza e la storia insegnano che la mente prescinde dalla maggiore o minore acutezza dei sensi e che uomini di diversa costituzione possono avere le stesse passioni e le stesse idee.”

Claude Adrien Helvétius (1715–1771) filosofo e scrittore francese

Dell'uomo
Origine: Citato in William Boyd, Storia dell'educazione occidentale (The History of western educations), traduzione di Luciana Picone e Trieste Valdi, Armando Armando Editore, Roma, 1966.

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“I dogmi più cari ai fedeli, quelli che saranno adottati con maggior frenesia, saranno i più ripugnanti alla ragione.”

Ernest Renan (1823–1892) filosofo, filologo e storico delle religioni francese

Gli apostoli

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“Non si potendo ottenere le cose grande senza qualche pericolo, si debbono le imprese accettare ogni volta che la speranza è maggiore che la paura.”

Francesco Guicciardini (1483–1540) scrittore, storico e politico italiano

da Se 'l Gran Capitano debbe accettare la impresa di Italia, in Discorsi politici

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“Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita.”

Giacomo Leopardi (1798–1837) poeta, filosofo e scrittore italiano

XXVII

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“L'esistenza può essere maggiore senza che lo sia la vita.”

Giacomo Leopardi (1798–1837) poeta, filosofo e scrittore italiano

3927, 27 novembre 1823; 1898, Vol. VI, p. 301

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“Quanto più superficiale è un'intelligenza, maggior propensione mostrerà a qualificare le discussioni come mere dispute verbali.”

José Ortega Y Gasset (1883–1955) filosofo e saggista spagnolo

Origine: Meditazioni del Chisciotte, p. 337

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“[Sugli italiani] I fratelli minori hanno quasi superato in valore i fratelli maggiori.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

Origine: Citato in Carlo Zucchi, Memorie, pubblicate per cura di Nicomede Bianchi, Milano, 1861, p. 66.

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“L'esercito deve essere tenuto riunito e la maggior forza possibile concentrata sul campo di battaglia.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

Origine: Citato in D. Chandler, Le campagne di Napoleone, vol. I, p. 221.

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“La maggior parte della gente non capisce come altri possano soffiarsi il naso in un modo diverso dal loro.”

Ivan Sergeevič Turgenev (1818–1883) scrittore e drammaturgo russo

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“Tutti i governi sono, chi più chi meno, coalizioni contro il popolo… e siccome i governanti non hanno maggiore virtù dei governati… il potere del governo può essere mantenuto nei propri confini costituiti dalla presenza di un potere analogo, il sentimento congiunto del popolo.”

Benjamin Franklin Bache (1769–1798)

da un editoriale del Philadelphia Aurora, 1794
Origine: Citato in Eric Steven Raymond, [//www.apogeonline.com/webzine/2003/02/12/05/200302120501 Breve storia sugli hacker], ApogeOnline.com, 12 febbraio 2003

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“È per amore di Voi solo, o mio Dio, che mi sottometto a scrivere, al fine di obbedirvi, domandandovi perdono se ho opposto resistenza ai vostri voleri. Ma poiché solo Voi conoscete la grande ripugnanza che m'ispira, Voi solo potete darmi la forza di superarla, avendo io accolto questa obbedienza come un vostro cenno…. O mio supremo bene, fate che io non scriva nulla se non per la vostra maggiore gloria e per la mia maggiore vergogna.”

Mária Margita Alacoque (1647–1690) monaca e mistica francese

da Autobiografia, cap. I, par. 1
Origine: La Santa scrisse l'autobiografia in obbedienza a Padre Claudio la Colombière che le impose di scrivere tutto quello che avveniva nella sua anima, nonostante la sua estrema ripugnanza nell'eseguire quest'ordine.

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“Socrate: Dimmi, dunque: discorsi su cosa? Nell'insieme delle cose esistenti, qual è l'oggetto dei discorsi di cui si serve la retorica?
Gorgia: Si tratta, o Socrate, delle più grandi e delle migliori fra le umane faccende.
Socrate: Ma, o Gorgia, è controversa anche questa tua affermazione, e non è affatto chiara. Immagino, infatti, che tu abbia già avuto occasione di sentir cantare nei banchetti quello scolio in cui si enumerano i beni, cantando che essere sani è il primo bene, secondo viene l'essere belli, e il terzo, come dice l'autore dello scolio, è l'essere ricchi senza frode.
Gorgia: L'ho già sentito. Ma a che proposito dici questo?
Socrate: Supponiamo che in questo istante ti si parassero dinanzi gli artefici di questi beni che l'autore dello scolio elogiava, cioè il medico, il maestro di ginnastica e l'uomo d'affari, e che per primo il medico dicesse: "O Socrate, Gorgia t'inganna: non è la sua arte ad occuparsi del bene più grande per gli uomini, ma la mia". Se io allora gli domandassi: "E chi sei tu per dire questo?", egli certamente mi risponderebbe che è medico. "Ebbene, cosa hai detto? è forse opera della tua arte il bene più grande?" "E come potrebbe non esserlo", probabilmente direbbe, "Socrate, visto che si tratta della salute? Che cosa è bene più grande per gli uomini della salute?". Se poi, dopo di lui, a sua volta, il maestro di ginnastica dicesse: "Resterei stupito anch'io, Socrate, se Gorgia sapesse dimostrarti che il bene che è frutto della sua arte è maggiore di quanto io saprei dimostrare che lo è il bene prodotto dalla mia arte", io, a mia volta, potrei dire anche a costui: "E tu chi sei, o uomo, e qual è il tuo mestiere?". "Sono maestro di ginnastica", risponderebbe, "e il mio mestiere è di rendere gli uomini belli e forti nel corpo". Dopo il maestro di ginnastica, sarebbe l'uomo d'affari a dire, con fare, credo, assai sprezzante per tutti: "Ebbene, pensaci su, Socrate, se ti pare che esista bene più grande della ricchezza, sia presso Gorgia sia presso chiunque altro". Ed io allora gli direi: "E allora? Ne sei forse l'artefice?". Egli affermerebbe di esserlo. "E chi sei tu?"”

Platone libro Gorgia

"Un uomo d'affari". "E allora? Pensi forse che il bene più grande per gli uomini sia la ricchezza?", diremo noi. "E come no?", risponderà.
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“È illusoria l'idea che con la vecchiaia subentri una maggiore tolleranza. Non si è diventati più magnanimi, soltanto sensibili ad altro.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

Il cuore segreto dell'orologio

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“La maggior parte delle religioni rende gli uomini non migliori, bensì più cauti. Quanto vale questo?”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

La provincia dell'uomo

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