Frasi su verso
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“Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò. Si devono avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

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“Finché l’uomo vive nel suo ambiente e in condizioni normali, gli elementi del curriculum vitae rappresentano per lui periodi importanti e svolte significative della sua vita. Ma appena il caso o il lavoro o le malattie lo separano dagli altri e lo isolano, questi elementi di colpo cominciano a scolorirsi, si inaridiscono e si decompongono con incredibile rapidità, come una maschera di cartone o di lacca senza vita, usata una volta sola. Sotto questa maschera comincia a intravedersi un’altra vita, conosciuta solo a noi, ossia la “vera” storia del nostro spirito e del nostro corpo, che non è scritta da nessuna parte, di cui nessuno suppone l’esistenza, una storia che ha molto poco a che fare con i nostri successi in società, ma che è, per noi, per la nostra felicità o infelicità, l’unica valida e la sola davvero importante.
Sperduto in quel luogo selvaggio, durante le lunghe notti, quando tutti i rumori erano cessati, Daville pensava alla sua vita passata come a una lunga serie di progetti audaci e di scoraggiamenti noti a lui solo, di lotte, di atti eroici, di fortune, di successi e di crolli, di disgrazie, di contraddizioni, di sacrifici inutili e di vani compromessi. Nelle tenebre e nel silenzio di quella città che ancora non aveva visto ma in cui lo attendevano, senza dubbio, preoccupazioni o difficoltà, sembrava che nulla al mondo si potesse risolvere né conciliare. In certi momenti gli pareva che per vivere fossero necessari sforzi enormi e per ogni sforzo una sproporzionata dose di coraggio. E, visto nel buio di quelle notti, ogni sforzo gli sembrava infinito. Per non fermarsi e rinunciare, l’uomo inganna se stesso, sostituendo gli obiettivi che non è riuscito a raggiungere con altri, che ugualmente non raggiungerà; ma le nuove imprese e i nuovi tentativi lo obbligheranno a cercare dentro di sé altre energie e maggiore coraggio. Così l’uomo si autoinganna e col passare del tempo diviene sempre più e senza speranza debitore verso se stesso e verso tutto quello che lo circonda.”

Ivo Andrič (1892–1975) scrittore e diplomatico jugoslavo

Travnicka Kronika: Hrvatske Knjige

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“Questi elogi del tipo «te lo spiego io di cosa parla il tuo libro» sono tutti appunti che ho mandato agli amici a proposito dei loro libri. La mia tendenza è sempre quella di spingere il libro verso l’astratto, verso la tristezza, verso le tenebre, verso la duplicità, verso diciassette tipi di ambiguità. Mi sforzo sempre di leggere la forma come contenuto, lo stile come significato. In un certo senso il libro balbetta sempre sul suo stesso linguaggio. Dipingo sempre me stesso e l’autore come le uniche fonti di un’oscura sapienza, sono sempre il paladino della disperazione spensierata, volo sempre troppo alto. Metafisico è grande. Nella mia formulazione, il soggetto del libro non è mai quello che sembra. Dico spesso che secondo tutti il libro riguarda X ma in realtà riguarda Y. Leggo sempre il libro come un’allegoria, una tesi filosofica mascherata. Uno dei termini ricorrenti è esistenza, così come umano, animale, sesso, cazzo e violenza. Adoro gli avverbi potentemente ed enormemente e instancabilmente e infinitamente. Uso di continuo indagine ed esplorazione e scavo ed esame e rigoroso. Dove andrei a finire senza meditazione? Sotto sotto c’è sempre una storia d’amore tra me e l’autore: io che amo il libro e l’autore. La chiave è il candore: essere disposto a dire ciò che nessuno è disposto a dire. Il gesto di scrivere è sempre visto come un atto di coraggio (impavido imperversa). La vita è dura, e a volte perfino una noia: il linguaggio è una (piccola) consolazione. Nessun altro coglie quello che stai facendo: solo io ci arrivo. Siamo io e te, baby. Intimità. Urgenza. Solo noi capiamo la vita. Te lo spiego io il tuo libro, il testo. Te lo spiego io di cosa parla il tuo libro. La vita è una merda. Noi siamo delle merde. Solo questo ci salverà: questa dichiarazione.”

Reality Hunger: A Manifesto

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“Le teorie che riescono a rovesciare un punto di vista generale e ben radicato e lo soppiantano sono ristrette inizialmente a un ambito di fatti abbastanza limitato, a una serie di fenomeni paradigmatici che le sostengono e che solo lentamente vengono estesi in altre aree. Lo possiamo vedere da taluni esempi storici (capitoli 8 e 9; nota 1 del capitolo 9) e risulta plausibile anche sulla base di principi generali; nel tentativo di sviluppare una nuova teoria, dobbiamo prima fare un passo indietro rispetto ai dati empirici e riconsiderare il problema dell'osservazione (come abbiamo visto nel capitolo dodicesimo). In seguito, ovviamente, la teoria viene estesa ad altri campi; ma solo raramente il modo dell'estensione è determinato dagli elementi che costituiscono il contenuto delle teorie precedenti. L'apparato concettuale lentamente emergente della teoria comincia ben presto a definire i suoi problemi, e i problemi, fatti e osservazioni anteriori sono o dimenticati o messi da parte come irrilevanti (si vedano i due esempi nella nota 1 del capitolo 9 e la discussione verso la fine del prossimo capitolo). Questo è uno sviluppo interamente naturale e del tutto incontestabile. Perché infatti un'ideologia dovrebbe essere vincolata da problemi anteriori i quali, in ogni caso, hanno senso soltanto nel contesto abbandonato e ora ci appaiono sciocchi e innaturali? Perché mai dovrebbe prendere in considerazione i "fatti" che dettero origine a problemi di quel genere o che ebbero una parte nella loro soluzione? Perché non dovrebbe procedere piuttosto a modo suo, definendo da sé i propri compiti e delimitando il proprio ambito di "fatti"? Una teoria generale, dopo tutto, dovrebbe contenere anche un'ontologia, la quale ontologia determini che cosa esiste e circoscriva cosi il campo dei fatti possibili e delle possibili domande. (XV; pp. 143-144)”

Contro il metodo

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“Sopra un verso sudar l'alma, e il pensiero | acciò che sia con numero costrutto, | se ogni sostanza poi termina in zero.”

Salvator Rosa (1615–1673) pittore, incisore e poeta italiano

Origine: Satire, Satira II, La poesia, p. 100

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“Il nostro popolo non nutre alcuna ostilità verso nessuno, né abbiamo alcuna intenzione di commettere aggressioni o espandere il nostro territorio a spese d'un altro. Non vogliamo nemmeno un centimetro di terra che appartenga a qualcun altro. Il nostro è un paese piccolo con una popolazione piccola. Il sistema politico della Kampuchea Democratica non ci permette assolutamente di assalire un altro paese. Un paese piccolo e debole, di norma, non va a inghiottire un paese grande. La storia mondiale dimostra che solo le classi dirigenti reazionarie dei paesi grandi, sul genere di quelle di Hitler, inventano pretesti per provocare e accusare i paesi piccoli di trasgressione, per poi usare questi pretesti per giustificare la loro propria aggressione ed espansionismo.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Our people do not harbor animosity towards anyone, nor have we any intention of committing aggression or expanding our territory at the expense of anyone else. We don't want even an inch of anyone else's land. Ours is a small country with a small population. The political system of Democratic Kampuchea absolutely does not permit us to aggress against any country. A small and weak country does not usually go and swallow a big country. World history records that it is only the reactionary ruling classes of big countries, those of the Hitler type, who invent pretexts to provoke and accuse small countries of encroachment, and then use these pretexts to justify their own aggression and expansionism.
Variante: Il nostro popolo non nutre alcuna ostilità verso nessuno, né abbiamo alcuna intenzione di comettere aggressioni o espandere il nostro territorio in quello d'un altro. Non vogliamo nemmeno un centimetro di terra che appartiene a qualcun altro. Il nostro è un paese piccolo con una popolazione piccola. Il sistema politico della Kampuchea Democratica non ci permette assolutamente di assalire un altro paese. Un paese piccolo e debole, di norma, non va a inghiottire un paese grande. La storia mondiale ci dimostra che solo la classe dirigente reazionaria dei paesi grandi, tipo quella di Hitler, inventa pretesti per provocare e accusare i paesi piccoli di trasgressione, per poi usare tali pretesti per giustificare la sua propria aggressione ed espansionismo.

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“[…] Egli fu per il suo tempo quello che lo psicanalista è per il nostro: a suo modo non denunciava anche lui «il disagio della civiltà»? (In tutte le epoche confuse e raffinate, un Freud tenta di alleggerire le anime). Più che con Socrate, è con Epicuro che la filosofia scivolò verso la terapeutica. Guarire e soprattutto guarirsi, questa era la sua ambizione: benché volesse liberare gli uomini dalla paura della morte e da quella degli dèi, provava egli stesso sia l'una che l'altra. L'atarassia di cui si fregiava non costituiva la sua esperienza ordinaria: la sua «sensibilità» era notoria. Quanto al disprezzo per le scienze, disprezzo che gli è stato in seguito rimproverato, sappiamo come sovente sia proprio dei «cuori feriti». Questo teorico della felicità era un malato: vomitava, a quanto pare, due volte al giorno. In mezzo a quali miserie doveva dibattersi per aver tanto odiato i «turbamenti dell'anima»! Quel poco di serenità che riuscì a conquistare, senza dubbio la riservò ai suoi discepoli, i quali, riconoscenti e ingenui, gli crearono una reputazione da saggio. Siccome le nostre illusioni sono ben più deboli di quelle dei suoi contemporanei, intravediamo agevolmente il rovescio del suo Giardino…”

Emil Cioran (1911–1995) filosofo, scrittore e saggista rumeno

La tentazione di esistere
Variante: [... ] Egli fu per il suo tempo quello che lo psicanalista è per il nostro: a suo modo non denunciava anche lui « il disagio della civiltà»? (In tutte le epoche confuse e raffinate, un Freud tenta di alleggerire le anime). Più che con Socrate, è con Epicuro che la filosofia scivolò verso la terapeutica. Guarire e soprattutto guarirsi, questa era la sua ambizione: benché volesse liberare gli uomini dalla paura della morte e da quella degli dèi, provava egli stesso sia l'una che l'altra. L'atarassia di cui si fregiava non costituiva la sua esperienza ordinaria: la sua «sensibilità» era notoria. Quanto al disprezzo per le scienze, disprezzo che gli è stato in seguito rimproverato, sappiamo come sovente sia proprio dei «cuori feriti». Questo teorico della felicità era un malato: vomitava, a quanto pare, due volte al giorno. In mezzo a quali miserie doveva dibattersi per aver tanto odiato i «turbamenti dell'anima»! Quel poco di serenità che riuscì a conquistare, senza dubbio la riservò ai suoi discepoli, i quali, riconoscenti e ingenui, gli crearono una reputazione da saggio. Siccome le nostre illusioni sono ben più deboli di quelle dei suoi contemporanei, intravediamo agevolmente il rovescio del suo Giardino...

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“[Su Jimi Hendrix] È sufficiente osservare i video delle sue performance per capire che lui possedeva una mente legata al nostro mondo con un filo sottile come quello che trattiene quei palloncini colorati che una volta liberati volano verso il sole.”

Carlo Zannetti (1960) chitarrista, cantautore e scrittore italiano

Origine: Da Jimi Hendrix, l'uomo timido che baciava il cielo http://www.ilpopoloveneto.it/notizie/musica/2017/02/25/30163-jimi-hendrix-luomo-timido-baciava-cielo, Il Popolo Veneto.it, 25 febbraio 2017.

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“In molte opere di mano dove c'è qualche pericolo o di fallare o di rompere ec., una delle cose piú necessarie perché riescano bene è non pensare al pericolo e portarsi con franchezza. […] Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si può errare, ma avendo sempre avanti gli occhi l'esempio di chi ha errato e di chi erra, e però pensando sempre al pericolo (e con ragione perché vediamo il gusto corrotto del secolo che facilissimamente ci trasporterebbe in sommi errori, osserviamo le cadute di molti che per certa libertà di pensare e di comporre partoriscono mostri, come sono al presente, per esempio, i romantici) non ci arrischiamo di scostarci, non dirò dall'esempio degli antichi e dei classici, che molti pur sapranno abbandonare, ma da quelle regole (ottime e classiche ma sempre regole) che ci siamo formate in mente, e diamo in voli bassi, né mai osiamo di alzarci con quella negligente e sicura e non curante e dirò pure ignorante franchezza, che è necessaria nelle somme opere dell'arte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo di farne delle ottime, e ne facciamo delle mediocri, non dico già mediocri di quella mediocrità che riprende Orazio, e che in poesia è insopportabile, ma mediocri nel genere delle buone cioè lavorate, studiate, pulitissime, armonia espressiva, bel verso, bella lingua, Classici ottimamente imitati, belle imagini, belle similitudini, somma proprietà di parole, (la quale soprattutto tradisce l'arte) insomma tutto, ma che non son quelle, non sono quelle cose secolari e mondiali, insomma non c'è piú Omero, Dante, l'Ariosto, insomma il Parini, il Monti sono bellissimi ma non hanno nessun difetto. (9–10; 1898, Vol. I, pp. 86-87)”

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“Le inezie – come la Vita – e il Sole, le Riconosciamo in Chiesa, ma l'Amore che le avvilisce, non avendo Alleato, muore senza una Parola. (a Susan Gilbert Dickinson, verso il 1878, 427)”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

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Variante: Le inezie – come la Vita – e il Sole, le Riconosciamo in Chiesa, ma l'Amore che le avvilisce, non avendo Alleato, muore senza una Parola. (a Susan Gilbert, verso il 1878, 427)

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“Tropici, e Formaggi, e Fate! Grazie alle "Mille e una notte". (a Mrs. Henry Hills, verso il 1881, 698)”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

Lettere

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“Noi, il popolo, fummo negati persino il diritto di nominare la parola pace o partigiani della pace, e tutti coloro connessi con loro finivano a soffrire in prigione, come se fosse un crimine imperdonabile. Ma ora che il popolo è stato liberato dalla schiavitù e dopo l'alba di 14 luglio, questa Repubblica e i suoi figli sono stati liberati e sono stati sin d'allora in marcia verso la via della libertà.”

Abd al-Karim Qasim (1914–1963) militare e politico iracheno

Principles of 14th July revolution
Variante: A noi, al popolo, fu negato persino il diritto di nominare la parola pace o partigiani della pace e chiunque fosse connesso con loro doveva soffrire in prigione, come se fosse un crimine imperdonabile. Ma ora, dopo che il popolo è stato liberato dalla schiavitù e che è sorta su di noi l'alba del 14 luglio, questa Repubblica e i suoi figli sono stati liberati e sono stati sin d'allora in marcia verso la via della libertà.

“Venuta la guerra, Bombacci ed i suoi furono travolti dai suoi gorghi impetuosi. La considerarono la guerra proletaria per eccellenza ed a suo favore si batterono. E quando dopo la nascita della Repubblica Sociale Italiana, l'antico barbuto e lunghichiomato tribuno comunista partì da Roma verso il Nord, egli non ignorava che lassù soltanto la morte lo avrebbe atteso. Ad un amico che lo consigliava a riflettere sull'opportunità di attendere, rispose stanco ed accorato: «Caro mio, già una volta sono stato tacciato di tradimento. Due volte traditore, no. Io parto. Sarà quel che sarà.»”

Cesare Rossi (1887–1967) politico e sindacalista italiano

Nicola Bombacci, l'apostata impiccato. Traditore due volte, no, p. 278
Personaggi di ieri e di oggi
Variante: Venuta la guerra, Bombacci ed i suoi furono travolti dai suoi gorghi impetuosi. La considerarono la guerra proletaria per eccellenza ed a suo favore si batterono. E quando dopo la nascita della Repubblica Sociale Italiana, l'antico barbuto e lunghichiomato tribuno comunista partì da Roma verso il Nord, egli non ignorava che lassù soltanto la morte lo avrebbe atteso. Ad un amico che lo consigliava a riflettere sull'opportunità di attendere, rispose stanco ed accorato: «Caro mio, già una volta sono stato tacciato di tradimento. Due volte traditore, no. Io parto. Sarà quel che sarà». (Nicola Bombacci, l'apostata impiccato. Traditore due volte, no, p. 278)
Origine: Repubblica Sociale Italiana, citata a volte come Repubblica di Salò. voce su Wikipedia.

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“I vietnamiti vengono condannati per aver cacciato via i Khmer Rossi assassini. I tanzaniani furono condannati per aver spodestato il mostruoso Idi Amin? Certo che no! Bisogna chiarire perché i vietnamiti sono intervenuti in Cambogia: dopo il 1975, il Vietnam fu costantemente attaccato dai Khmer Rossi che, col sostegno di diecimila cinesi, massacrarono i villaggi di frontiera vietnamiti. Una trinità diabolica, composta da Pol Pot, dalla Cina e dall'America, dichiara che il Vietnam è un' agente della Russia. Chiunque conosca i vietnamiti, feroci nazionalisti che hanno combattuto praticamente da soli contro gli invasori per trent'anni, sa che questo è risibilmente falso. Ma la minaccia cinese e l'attuale rifiuto di fornire assistenza sta spingendo sia il Vietnam che la Cambogia sempre di più verso le braccia aperte dell'Unione Sovietica. Sia i cambogiani che i vietnamiti stanno combattendo per sopravvivere come non mai.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

The Vietnamese are condemned for driving out the Khmer Rouge killers. Were the Tanzanians condemned for throwing out the hideous Idi Amin? Of course not! It should be explained why the Vietnamese came here to Cambodia: after 1975, Vietnam was under constant attack by the Khmer Rouges, who massacred Vietnamese border villages and were supported by 10,000 Chinese. An unholy trinity of Pol Pot, China and America say that Vietnam is an agent of Russia. Anyone who knows the fiercely nationalistic Vietnamese, who have stood virtually alone against invaders for thirty years, knows this to be laughably untrue. But the Chinese threat and the present denial of aid is pushing both Vietnam and Cambodia deeper into the waiting arms of the Soviet Union. Both the Cambodians and the Vietnamese are fighting for their survival as never before.

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“Il nostro intero popolo, il nostro Esercito Rivoluzionario, tutti i nostri quadri e i nostri soldati vivono in un sistema collettivo attraverso un sistema d'appoggio comunale, che viene migliorato giorno dopo giorno. Questo è un passo vittorioso verso la soluzione delle contraddizioni tra le città e la campagna, tra gli operai e i contadini, tra i lavoratori manuali e intellettuali, tra i quadri e le masse, tra l'infrastruttura economica e la sovrastruttura.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Variante: Il nostro popolo intero, il nostro Esercito Rivoluzionario, tutti i nostri quadri e i nostri soldati vivono in un sistema collettivo attraverso un sistema d'appoggio comunale, che si migliora giorno dopo giorno. Questo è un passo vittorioso verso la soluzione delle contraddizioni tra le città e la campagna, tra gli operai e i contadini, tra i lavoratori manuali e gli intelettuali, tra i quadri e le masse, tra l'infrastruttura economica e la superstruttura.

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“[Sull'esultare dopo un gol togliendosi la maglia] Non so se fui il primo nel mondo, ma sicuramente in Italia sì. Nel 1986 in un Roma-Juventus mi tolsi la maglia dopo un gol perché volevo consegnarla ai tifosi. È un gesto simbolico, la maglia è di tutti coloro che sono legati ad una squadra di calcio. […] Non si può punire chi agita la maglia verso i propri tifosi, è un gesto che viene da dentro.”

Roberto Pruzzo (1955) dirigente sportivo, allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Da un'intervista al Corriere dello Sport - Stadio; citato in Roma, Pruzzo: "Fui il primo a esultare togliendomi la maglia. La regola è da cambiare" http://www.asromalive.it/2012/11/roma-pruzzo-fui-il-primo-a-esultare-togliendomi-la-maglia-la-regola-e-da-cambiare/, Asromalive.it, 6 novembre 2012.

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“Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Fu una guerra particolare, poiché nessun paese aveva mai fatto esperienza d'un simile bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sganciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto in modo del tutto sproporzionato rispetto ai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono nella capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente, ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e i combattimenti erano finalmente terminati. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la forza entro un ora dal loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e gli zoppi abbandonati ai margini della strada, e tutti in marcia sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, quale mai si era vista prima. I nuovi leader della Cambogia chiamarono il 1975 l'«Anno zero», l'alba di un'era in cui non ci sarebbero state famiglie, né sentimenti, né espressioni d'amore o di sofferenza, né medicine, né ospedali, né scuole, né libri, né istruzione, né vacanze, né musica, né canzoni, né posta, né moneta: solo fatica e morte.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

At 7:30 AM on April 17, 1975, the war on Cambodia was over. It was a unique war, for no country has ever experienced such concentrated bombing. On this, perhaps the most graceful and gentle land in all of Asia, president Nixon and mister Kissinger unleashed 100,000 tons of bombs, the equivalent of five Hiroshimas. The bombing was their personal decision. Illegally and secretly, they bombed Cambodia, a neutral country, back to the Stone Age, and I mean Stone Age in its literal sense. Shortly after dawn on April 17, the bombings stopped and there was silence. Then, out of the forest, came the victors, the Khmer Rouges, whose power had grown out of all proportion to their numbers. They entered the capital Phnom Penh, a city most of them had never seen. They marched in disciplined Indian file through the long boulevards and the still traffic. They wore black and were mostly teenagers, and people cheered them, nervously, naively. After all, the bombing, the fighting, was over at last. The horror began almost immediately. Phnom Penh, a city of 2.5 million people, was forcibly emptied within an hour of their coming, the sick and wounded being dragged from their hospital beds, dying children being carried in plastic bags, the old and crippled being dumped beside the road, and all of them being marched at gunpoint into the countryside and towards a totally new society, the likes of which we have never known. The new rulers of Cambodia called 1975 "Year Zero", the dawn of an age in which there would be no families, no sentiments, no expressions of love or grief, no medicines, no hospitals, no schools, no books, no learning, no holidays, no music, no songs, no post, no money, only work and death.
Variante: Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Era una guerra particolare, poiché nessun paese aveva sofferto d'un tale bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sguanciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto fuori proporzione dai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono la capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero, ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente ed ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e le sparatorie erano finiti. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la foza entro un ora del loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e zoppi lasciati per la strada, tutti marciati sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, mai vista prima. I nuovi leader di Cambogia nominarono 17 aprile «Anno zero», l'alba di un' era in cui non ci sarebbero state famiglie, niente sentimenti, nessuna espressione d'amore o lutto, niente medicine, niente ospedali, niente scuole, niente libri, niente istruzione, niente vacanze, niente musica, niente canzoni, niente posta e niente denaro: solo fatica e morte.

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“La città è un mostro che ti divora, nel lezzo dei gas di scarico e nell'indifferenza della gente che rivolge lo sguardo verso di te solo per buttarti addosso le sue frustrazioni.”

Alda Teodorani (1968) scrittrice italiana

Origine: Da Il sangue dell'anima in Il mio vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave, Il Giallo Mondadori, 2009.

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“Perdere ciò che non abbiamo mai posseduto può sembrare un'eccentrica Privazione ma il Presumere ha la sua parte di Afflizione proprio come l'Esigere. (a Susan Gilbert, verso il 1874, 429”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

Lettere
Variante: Perdere ciò che non abbiamo mai posseduto può sembrare un'eccentrica Privazione ma il Presumere ha la sua parte di Afflizione proprio come l'Esigere. (Susan Gilbert Dickinson, verso il 1874, 429

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“E’ importante sottolineare che la Jugoslavia titista non è più sull’orlo della voragine, ma è già dentro. I conflitti politici e nazionalisti tra i vari clan di questo paese sono evidenti e lo saranno ancor di più in avvenire. La crisi economica ha raggiunnto la sua punta massima. La Jugoslavia è indebitata fino al collo, e i debiti non si possono assolvere contrattandone di nuovi. Essa è afflitta da una forte disoccupazione, l’inflazione è galoppante e i prezzi salgono vertiginosamente diventando inaccessibili agli operai comuni.
Il clan granserbo è potente, ma per motivi tattici è costretto a lasciare la gestione degli affari al clan croatosloveno che ha maggiori possibilità di stabilizzare la situazione attraverso un’apertura verso l’Occidente. Attualmente l’Occidente sta seguendo con grande preoccupazione il riavvicinamento dei granserbi all’Unione Sovietica.
La popolazione di Kosova e gli altri albanesi che vivono nei loro territori in Jugoslavia continuano ad essere oggetto di una feroce repressione. Intanto essi stanno intensificando la loro resistenza, si difendono in modo energico e si oppongono con risolutezza alle ingiustizie e al terrore dei granserbi, dei macedoni e dei montenegrini. La giusta resistenza degli albanesi di Kosova ha fatto di questa questione un preoccupante problema internazionale a disfavore della Jugoslavia. Nonostante ciò, proseguono il terrore e i tentativi di denazionalizzione degli albanesi. Ma i serbi non riusciranno mai a realizzare i loro disegni nefandi.”

Enver Hoxha (1908–1985) politico albanese

Origine: Le superpotenze, pp. 646-647

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“[…] spetta al popolo stesso della Kosova di decidere e sarà esso che deciderà del suo futuro. Tito […], oltre che seguire una politica antimarxista verso la Kosova, ha cercato di annettersi anche l'Albania. Ciò apparve chiaro quando Tito tentò di dislocare le sue divisioni in Albania. Noi ci opponemmo a quest'azione.”

Stalin (1879–1953) uomo politico sovietico

Origine: Citato in Enver Hoxha, Con Stalin. Ricordi, traduzione conforme alla pubblicazione in albanese della Casa Editrice «8 Nëntori», seconda edizione Tirana 1982, Roma 1984, p. 146.

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