Frasi su capitano
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“Mi fu dolce l'incontrarmi, | O bellissima, con te! | Triste, triste è separarmi | Come dall'anima mia, da te.”

citato in Aleksandr Sergeevič Puškin, La figlia del capitano, traduzione di Elsa Mastrocicco, Fratelli Fabbri Editori, 1968

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“Ho vissuto con Facchetti cento e più partite in azzurro, io attaccante lui capitano. Giorni belli e meno belli ma comunque con una costante: Giacinto era una persona straordinaria, pulita, onesta. Per noi tutti era un esempio, un punto di riferimento costante, era il nostro angelo.”

Luigi Riva (1944) dirigente sportivo e ex calciatore italiano

Origine: Citato in Un coro: giù le mani da Facchetti Riva: "Giacinto era un angelo" http://www.corriere.it/sport/11_luglio_05/scudetto-difesa-facchetti_aa156c14-a722-11e0-bbaa-d83a3b6f7958.shtml, Corriere.it, 5 luglio 2011.

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“Chi vincerà il suo appetito sarà un gran capitano.”

Le sottilissime astuzie di Bertoldo, Detti sentenziosi di Bertoldo innanzi la sua morte

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“L'unico legame tra le varie case della Juve è il nostro capitano, lui, Alessandro Del Piero, che ha voluto rimanere con noi ancora un anno per quello che sarà il suo ultimo anno in bianconero. A lui dedichiamo tutti un grande applauso.”

Andrea Agnelli (1975) imprenditore e dirigente sportivo italiano

Origine: Citato in Agnelli congeda Del Piero: "Un esempio, al suo ultimo anno" http://www.gazzetta.it/Calcio/Squadre/Juventus/18-10-2011/ahi-agnelli-saluta-piero-803340970022.shtml, gazzetta.it, 18 ottobre 2011.

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“Veri pirati noi siam | contro il sistema lottiam | ci esercitiamo a scuola | a far la faccia dura | per fare più paura.”

Edoardo Bennato (1946) cantautore, chitarrista e armonicista italiano

da Il rock di Capitan Uncino
Sono solo canzonette

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“Sono devoto a Capitan Uncino… finché continua a darmi da bere | non lo tradisco e fino all'inferno lo seguirò.”

Edoardo Bennato (1946) cantautore, chitarrista e armonicista italiano

da Dopo il liceo che potevo far
Sono solo canzonette

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“[Sull'impresa di Fiume]
Si deve dire che ci fu un uomo il quale prese ad un tratto in pugno tutto il destino dell'impresa. Fu il gigante che inarcò le spalle a sorreggere il peso immane di uno sforzo pauroso: quello necessario ad impugnare un revolver ed a spianarlo contro la fronte di un altro uomo, per la fulminea eliminazione dell'ostacolo insormontabile.
— Occorrono i camions? — interrogò egli.
— Per l'appunto.
— E vi disperate perché non ci sono?
— Precisamente.
— Allora, fermi tutti. Ci penso io!
Non disse altro. Non chiese nulla. Non esitò un istante. Balzò in automobile e si precipitò a rotta di collo verso Palmanova. […]
Furono a un tratto faccia a faccia: quegli che voleva i camions e quegli che doveva darli. Due capitani. Due italiani. […]
Alla breve luce di una lampada, entro l'angusto spazio di una cameretta uso baracca, la polemica fu subito troncata da un gesto di minaccia. L'ufficiale di d'Annunzio sollevò il pugno armato di rivoltella all'altezza di quella fronte curva nel diniego inesorabile. E le parole della intimazione furono scandite nel silenzio con la voce tronca che mozza il respiro.
— O tu cedi o io sparo!
L'altro impallidì. Poi disse:
— Cedo alla violenza.
Non si sentiva di morire per 40 camions. E poi, quegli che lo fronteggiava non era un austriaco. Gli brillavano sul petto tre medaglie d'argento. E coteste tre medaglie ne aspettavano un'altra: d'oro. Era dunque un eroe autentico. Ed era precisamente il capitano degli arditi Ercole Miani, triestino, conquistatore del Vodice.”

Piero Belli (1882–1957) giornalista e scrittore italiano

da La notte di Ronchi, pp. 19-22

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“[Su Tiger Woods] C'è poco da fare: ai giocatori normali, giornate di questo genere capitano una volta ogni due anni. Per lui è quasi la norma: meglio allora alzare bandiera bianca, davanti a una superiorità così schiacciante.”

Jack Nicklaus (1940) golfista statunitense

Origine: Citato in Riccardo Romani, Tiger, futuro da presidente https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2000/agosto/22/Tiger_futuro_presidente_co_0_0008225234.shtml, Corriere della sera, 22 agosto 2000

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“[Su Javier Zanetti] Il capitano ha una voce incredibile, un carisma unico. Lo invito tra 10-15 anni, cioè quando smetterà, a inserirsi all'interno di Elio e le Storie Tese, c'è bisogno di uno come lui!”

Elio (cantante) (1961) cantante, compositore e polistrumentista italiano

Citazioni di Elio
Origine: Citato in Aspettando Prima Serata: Zanetti, Elio e le Storie Tese http://www.inter.it/aas/news/reader?N=59597&L=it, Inter.it, 28 settembre 2012.

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“[Macalda Scaletta e Alaimo da Lentini durante l'accoglienza riservata da Messina a Pietro III d'Aragona] Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue galee e quattro taride del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne.”

Bernat Desclot cronista catalano

cap. XCVI, pp. 840-41
Origine: In una prima redazione della Crònica, gli attributi di Macalda erano «leale (leyal) e gentile». In seguito, il «leyal», non più utilizzabile in maniera neutra dopo la caduta in rovina per presunte istigazioni e complotti, fu rimosso e sostituito con «bella» (Ferran Soldevila i Zubiburu, Pere II el Gran: el desafiament amb Carles d'Anjou, Estudis Universitaris Catalans, IX (1915-1916). Monografia pubblicata in ritardo, con separata tiratura, il 1919 (ora in: Ferran Soldevila i Zubiburu, El desafiament de Pere el Gran amb Carles d'Anjou, Barcelona, 1960)

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“Bene, come vuoi: mettiti in posizione | e vedrai come trafiggerò la tua persona.”

Jakov Borisovic Knjažnin (1740–1791) traduttore e drammaturgo russo

Origine: Citato in Aleksandr Sergeevič Puškin, La figlia del capitano, traduzione di Elsa Mastrocicco, Fratelli Fabbri Editori, 1968.

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“Non so quanto la tv australiana avesse investito sul mondiale 2006, né come abbia reagito a un'eliminazione all'ultimo secondo dell'ottavo di finale, per un calcio regalato da un arbitro spagnolo a un terzino italiano colto da svenimento. Ma scommetterei in maniera più elegante, e più sportiva, di quella che la Rai scelse di cavalcare nell'infausto 2002 coreano. […] Durò un paio di giorni, per la verità, anche lo scarico di responsabilità da parte della squadra, sotto forma di tiro al bersaglio dell'arbitro Moreno. Ma poi, salvo qualche eccezione, il comune senso del pudore, prima ancora del fair play, riprese il sopravvento e si cominciò a riconoscere che se gli arbitraggi rassicuranti, oltre che davvero imparziali, sono oggettivamente diversi, ancor più diverse sono le congiure. Quando una squadra deve perdere, secondo quanto cercarono di farci credere [I giornalisti RAI], non arriva a giocarsi due match-ball come quelli di Vieri e Gattuso a pochi minuti dalla fine. La fermano prima, alla maniera di Aston in Cile. La Rai invece, impavida, andò avanti per settimane. E più passavano i giorni, più grosse le sparava. Sino a quella, davvero memorabile, dell'azione per danni alla Fifa. Il presupposto era, ovviamente, che Byron Moreno fosse il braccio armato di Blatter, investito della missione di far andare avanti, a qualunque costo, la squadra di casa. In buona sostanza, tuonò con supremo sprezo del ridicolo un avvocato dell'ufficio legale della Rai, chiederemo a Zurigo il rimborso totale di quanto è stato pagato per i diritti, cioè settanta milioni di euro, il rimborso delle spese di produzione per la trasferta in Corea e Giappone, e i danni derivati dalla caduta negativa della pubblicità. Mancavano giusto un paio di divisioni da ammassare al confine di Chiasso. I programmi sportivi dedicati al mondiale, che ovviamente continuava, amplificarono i toni, e più di un quotidiano cadde in tentazione. Si arrivò a leggere che la causa avrebbe fatto giurisprudenza a livello mondiale, al pari della sentenza Bosman: quando l'unico rimando possibile era, con tutta evidenza, a capitan Fracassa. […] La sera del 9 gennaio 2003, Raidue portò nei propri studi in esclusiva mondiale nientemeno che il famigerato Byron Moreno. E a chi affidare la faccia? A Enzo Biagi no, perché era già in vigore l'editto di Sofia, a Minoli nemmeno, Tosatti forse aveva un impegno. Sicché prese in prestito da Sky, senza alcun diritto di riscatto, l'intramontabile José Altafini. Civile la conversazione. Ma inserita nell'ambito di uno show dal titolo Stupido Hotel, mai come in quel caso un nome una garanzia. Così l'arbitro ecuadoregno entrò in scena dalla porta girevole con una valigetta piena di soldi, rispose punto per punto alle domande non proprio asfissianti dell'intervistatore, concluse argomentando sottilmente che quella sera a Daejon era stata l'Italia, non lui, a sbagliare la partita, e fu congedato da un simpatico gavettone sulle note del coro del Nabucco: che per una rete in quota Lega rappresentava, con tutta evidenza, l'inno nazionale. Una serie di interpellanze parlamentari non riuscirono a chiarire né la ragione di quella straordinaria partecipazione, né l'entità del compenso ricevuto da Moreno, dall'ordine comunque di alcune decine di migliaia di dollari. Fatto sta che, grazie alla sportività della Rai, l'ex nemico pubblico numero uno ebbe l'opportunità di dimostrare che i buffoni, semmai, erano altrove. E il cerchio finalmente si chiuse.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

cap. La cultura della sconfitta

“Sono nato granata. E sono venuto grande a pane e Toro. Aveveo cinque anni la prima volta che mio padre mi portò con sé al Filadelfia, ricordo le battaglie di capitan Bearzot e di Lancioni, le volate di Bertoloni e Crippa, padre, mica figlio, le parate di Panetti e Rigamonti, qualche gol di Jeppson e Virgili. […] Inevitabile, in queste ultime stagioni, coltivare un debole per il Chievo, farsi catturare da certe geometrie straordinarie della Roma, chiedere asilo politico al calcio inglese in cerca di emozioni quantitative, e a quello spagnolo per il ramo qualitativo. […] In stagioni normali l'indice di sgradimento vede al primo posto la Juventus, per ragioni cromosomiche dunque indipendenti dalla mia volontà, seguite dalle altre due appaiate: facciamo quaranta, trenta, trenta. Ma per un certo tempo al quaranta è salito il Milan, per ragioni politiche altrettanto indipendenti dalla mia volontà. Mentre oggi la maggioranza relativa spetta all'Inter perché se chiagne e fotte un napoletano mi diverte; un milanese, meno. E così l'outing è completo. […] Oggi ce n'è un altro. Non un altro funerale, per fortuna. Un altro Torino, come un altro Napoli, un'altra Fiorentina, e chissà quante altre ancora ne verranno. Benvenute a tutte, anzi, bentornate. Questa disinvolta riesumazione ha un nome, si chiama Lodo Petrucci. Sulle ceneri della vecchia società può nascerne una nuova, dalla sera alla mattina, a patto di accettare la perdita di categoria e di adempire a poche altre formalità. Sarà che ho smarrito la fede. Ma ho come la sensazione che un paese che se ne frega di chi perde il lavoro ma legifera in tutta fretta per chi perde il tifo, sia a sua volta un paese a perdere.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

cap. Complimenti per la trasmissione

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“Capitan Harlock: Tadashi. Costruite una nuova Storia, una Storia che parta da voi.
Tadashi: Lo faremo, Harlock.”

Leiji Matsumoto (1938) fumettista e animatore giapponese

Capitan Harlock serie classica Space Pirat, Episodio 42, Addio pirata dello spazio

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“C'è gente convinta che un romanzo debba spiegare tutto. Che il romanzo debba essere il riparatore della vita e delle sue incoerenze. Ma la vita è mai stata coerente? E perciò pensa che lo scrittore occupi questa posizione centrale nello spazio e nel tempo per dare un inizio e un finale alle storie (ma lei conosce qualche storia che abbia un finale, una cosa che si dovrebbe chiamare finale, finale-finale?), collegare riempire vuoti e dissipare zone d'ombra; spiegare i comportamenti dei personaggi.
C'è chi crede che il romanzo abbia una funzione divulgativa e una vocazione pedagogica. Niente di più lontano dalla verità. Il romanzo non è fatto per mettere ordine nel caos. Il romanzo non è fatto per mettere ordine in un beneamato cazzo. Il romanzo non è nato per dare soddisfazione agli amanti dell'ordine. È fatto per divertirsi con le vertigini, per creare casino, per goderne, per rimestarlo.
Non si tratta di rispondere a domande ma di farne altre, sempre nuove, sempre più inquietanti.
Il romanzo, come la realtà reale, come le storie che conosciamo tutti e che ci capitano sempre, è pieno di parentesi, buchi, ellissi che ballano saltellando da una parte e dall'altra senza desiderare concretizzarsi, senza voglia di spiegarsi.
Credo di essere ben lontano dall'illusione che quando la vita diventa profondamente incoerente arrivi il romanzo a metterci una pezza.
D'altra parte non dobbiamo lamentarci troppo. Il romanzo è certamente il guercio in questo luminoso deserto messicano in cui abbondano i ciechi.”

Paco Ignacio Taibo II (1949) scrittore spagnolo

parte XIII, cap. II
Ritornano le ombre

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“Siete qui per celebrar la conquista del Diluvio? Come mai celebrate una vittoria che vi ha lasciati conquistati? Poiché, col soggiogar i propri abissi, Noè non ha soggiogato i vostri, ma ha solo indicato la via per farlo. E guardate, i vostri abissi son pieni di collera e minacciano di farvi affondare. Se non avete superato il vostro Diluvio, voi non siete degni di questo Giorno. Ognuno di voi è un diluvio, un'arca e un capitano. Ma fino a che non sarà giunto il giorno in cui potrete sbarcar su una terra vergine ed appena lavata, non abbiate fretta di celebrar la vostra vittoria. Voi vorrete sapere come ha fatto l'Uomo a divenir un diluvio per se stesso. Ebbene, allorché il Divino Volere Supremo spaccò Adamo in due – sì da fargli conoscer se stesso e realizzar la sua identità con l'Uno – questi divenne un maschio ed una femmina; un Adamo maschio ed un Adamo femmina. Egli fu allora inondato di desideri, che erano il prodotto del Dualismo; desideri così numerosi, così variati nel colore, così immensi nella grandezza, così sregolati e così prolifici, che fino al giorno d'oggi l'Uomo è un relitto sulle loro onde. Un'onda non fa a tempo a sollevarlo ad altezze vertiginose, che un'altra lo trascina sul fondo. E ciò perché i suoi desideri sono appaiati, così come è appaiato egli stesso. E sebbene, in realtà, due opposti non fan che completarsi a vicenda, all'ignorante essi appaiono in conflitto e mai disposti a dichiarar un momento di tregua. È questo il diluvio che l'Uomo è chiamato a fronteggiar ora per ora, giorno per giorno, attraverso la sua lunga ed ardua vita dualistica. È questo il diluvio le cui possenti sorgenti, sgorgando dal cuore, trascinan voi nella loro precipitosa corsa. È questo il diluvio il cui arcobaleno non adornerà il vostro cielo prima che quest'ultimo abbia sposato la vostra terra e si sia identificato con essa. È da quando Adamo seminò se stesso in Eva che gli uomini stanno raccogliendo trombe d'aria e diluvi. Quando le passioni di un certo tipo predominano, la vita degli uomini viene a trovarsi sbilanciata; allora gli uomini vengono inghiottiti da un diluvio o dall'altro affinché l'equilibrio possa esser ristabilito.”

Mikha'il Nu'ayma (1889–1988) scrittore e poeta libanese

Origine: Il libro di Mirdad, pp. 254-255

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“[Alla domanda: "Ha delle storie preferite [di Wolverine]?"] Arma X, per esempio… Non avevo mai compreso cosa fosse finché non l'ho letta un paio di volte. Da un punto di vista puramente storico, l'avevo sempre considerata al di sotto delle cose di Miller, prima che mi rendessi conto che era stata realizzata prima che Miller sviluppasse quel suo stile. Ha esercitato un'influenza enorme su un sacco di gente. In Arma X c'è un approfondimento notevole per questo personaggio e nessuno lo aveva mai fatto prima, ed è proprio ciò che voglio fare. È un tizio con un olfatto diverso dal nostro e un udito che gli permette di sentire cose diverse dagli altri. Windsor-Smith ha capito perfettamente il lato animale di Wolverine, pur continuando a conservarne l'umanità negli occhi, nello sguardo. Anch'io voglio continuare a farlo il più elastico e sfaccettato possibile, perché una delle cose che capitano con questi personaggi tosti e un po' carogne è che spesso finiscono con l'essere scritti troppo seriamente. Credo che anche il lato "samurai" di Wolverine sia estremamente interessante. È uno dei buoni che spera e che lotta sempre per il meglio e che per tutta la vita ha sempre ricevuto fregature. Ma la cosa che fa di lui un eroe è che non ha perso la speranza: ancora collabora con gli X-Men e li ha molto a cuore, perché è convinto che nessuno dovrebbe avere paura per come è fatto.”

Mark Millar (1969) fumettista scozzese

Intervista su Wolverine

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“[…] il capitano, che nel rugby non è una fascia bianca al braccio del più pagato: lì il capitano è il cuore e i marroni della squadra, uno che quando pensi mi arrendo lo guardi e ti senti un verme.”

Alessandro Baricco (1958) scrittore e saggista italiano

Origine: Da Rugby, bellezza della sconfitta http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/03/19/rugby-bellezza-della-sconfitta.html, la Repubblica, 19 marzo 2000.

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“Io mi vergogno di essere uomo, capitano! Io do le dimissioni da uomo!”

Giorgio Scerbanenco (1911–1969) scrittore italiano

Origine: Uomini ragno, p. 52

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“Un calcio a piede nudo ha una sua particolare efficacia, può avere perfino effetti superiori a quello di un calcio con la scarpa e tutto il viso di Paany si coprì di sangue, l'alluce di Adele la Speranza era entrato nell'occhio destro, del tutto, insieme con una spruzzata di kirsh. "Non sprecare la bottiglia – urlò lei – e basta picchiarlo se no sviene, non deve svenire!". Era saltata sul divano dove c'era la borsa dei suoi lavori a maglia, come una grossa scimmia lubrica salterellò di gioia sul divano, intorno alla borsa, le carni tremolanti; infine si curvò, sempre con gesti da scimmia, frugò nella borsa e ne tirò fuori una manciatina di ferri per lavorare a maglia, e il capitano cominciò a capire. La scimmia saltò giù dal divano, sul tavolino davanti il camino c'erano delle fettine di pane tutta mollica, impastò questa mollica nella parte posteriore di uno dei ferri formandone una specie di manico, poi mise il ferro tra le fiamme del caminetto, e intanto che si arroventava disse: "Adesso devi dire dove sono i soldi". "Dove glielo metti? In un occhio?" rise il bretone, in quel suo modo isterico che sembrava tossisse. "No, perché sviene, o muore; nel fegato, perché soffre ma non sviene, lo hanno fatto in Jugoslavia a qualche ufficiale tedesco. Tienilo. Dove sono i soldi?" "Non ho soldi" disse lui, laconicamente. Vide il ferro da maglia sparire tutto nel suo fianco destro, non aveva neppure più la forza né di gridare né di agitarsi, rantolò soltanto: "Susanna"."Susanna, oh Susanna – cantò lei e si agitò con mosse a strattoni, da macchina inceppata – al prossimo ferro lo dirai, dove sono i soldi". "Non muore mica, vero?" disse il bretone, se moriva non gli piaceva. "No – disse lei – e non sviene neppure, basta che il ferro non passi una vena, allora c'è emorragia interna, se no non muore, può andare avanti anche due o tre giorni". Puntò il ferro rosso contro il fianco del capitano: "Dove sono i soldi?" "Non ho soldi". Il dolore sempre più divorante cominciò a svegliarlo. Lei immerse tutto il ferro, tossì, e il bretone tenne forte il capitano che sussultò violentemente.”

Giorgio Scerbanenco (1911–1969) scrittore italiano

da Traditori di tutti

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“Conoscere Palladio, la Basilica, la Loggia del Capitanio e gli altri attraverso gli studi è una conoscenza imperfetta. Bisogna vederlo a Vicenza.”

Andrea Palladio (1508–1580) architetto, teorico dell'architettura e scenografo italiano

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“[Sul derby di Torino] C'era una volta il derby, verrebbe da dire. Una sfida che raccoglieva furori non soltanto calcistici, ma sociali ed economici, culturali. Già, che giorni e che emozioni! Gli anni settanta, ad esempio. La Juventus dominava l'Italia, ma spesso cadeva davanti ai cugini, che facevano di quell'appuntamento una ragione di vita e d'orgoglio. Da una parte, lo stile di Bettega e Capello, l'eleganza di Zoff, le acrobazie di Anastasi (idolo dei lavoratori della Fiat Mirafiori), la mutria severa di Beppe Furino, il palleggiare ironico di Causio, dall'altra l'agonismo e il ferro e il fuoco di Fossati, Cereser, Agroppi, capitan Ferrini, e là davanti i dioscuri Graziani&Pulici, ispirati da Claudio Sala, pronti a colpire. Il derby diventava, recuperando Jean-Paul Sartre, una metafora della vita. La Juve degli Agnelli, ma anche degli immigrati siciliani e calabresi, il Toro di Pianelli e degli impiegati piemontesi, di quelli che parlavano il dialetto duro e puro. La Juve dei tanti scudetti e il Toro che portava nelle vene, e porterà per sempre, il mito di capitan Valentino e degli altri eroi scomparsi nel rogo di Superga, e il rimpianto per la farfalla granata, Gigi Meroni. Due modi di essere.”

Darwin Pastorin (1955) giornalista italiano

Origine: Citazione da Juve-Toro, il derby smarrito http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/280000/276268.xml?key=Darwin+Pastorin&first=101&orderby=1&f=fir, l'Unità, 25 ottobre 2008, p. 54

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“Le idee arrivano nei modi più impensati. Basta tenere gli occhi aperti. Qualche volta sul set capitano dei piccoli incidenti che mettono in moto l'immaginazione. Durante le riprese dell'episodio pilota dei Segreti di Twin Peaks, nella nostra troupe c'era un arredatore di nome Frank Silva. Mai e poi mai sarebbe dovuto comparire nella serie. Mentre giravamo alcune scene nella casa di Laura Palmer, Frank stava spostando dei mobili nella camera da letto della ragazza. Io mi trovavo nell'ingresso, sotto un ventilatore a soffitto. Una donna disse: "Frank, non spostare il cassettone davanti alla porta in quel modo. Non chiuderti dentro." Ebbi così una visione di Frank nella stanza. Lo raggiunsi di corsa e gli domandai: "Sei un attore?". Rispose: "Guarda caso sì", perché a Los Angeles sono tutti attori. Forse al mondo lo sono tutti. Così dissi: "Frank, in questa scena ci sarai tu". Girammo tre panoramiche della camera, due senza e una con Frank accucciato e immobile ai piedi del letto. Non avevo idea però di cosa significasse o a che cosa servisse questa scena. Di sera scesi al piano inferiore, stavamo girando la scena in cui la madre di Laura Palmer è sdraiata sul divano. Annientata dal dolore e dalla disperazione. Improvvisamente, vede qualcosa con l'occhio della mente e scatta a sedere di colpo, urlando. Sean, il cineoperatore, doveva manovrare la cinepresa e seguire il volto della donna mentre si alzava all'improvviso. Mi parve che avesse fatto un ottimo lavoro. Così dissi: "Stop! Perfetto, stupendo!". Sean dissentì: "No, per niente". "Perché?" "C'era qualcuno riflesso nello specchio." "Chi?" "Frank."”

Sono incidenti che capitano e mettono in moto l'immaginazione. Da cosa nasce cosa e se lasci fare ne nascerà un'altra completamente diversa.
In acque profonde

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“Questo converte il ferro in suo nutrimento; cova l'ova colla vista. Per l'arme, nutrimento de' capitani.”

Leonardo Da Vinci (1452–1519) pittore, ingegnere e scienziato italiano

Struzzo; 1979, p. 59
Bestiario o Le allegorie

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“È una macchina diabolica, l'esercito, e il militarismo un ingranaggio mortale. Lo sai qual è la ricetta per fotter le reclute fin dal momento in cui arrivano alla caserma, Bernard? Prima si schierano sul piazzale coi loro abiti borghesi affinché ricordino d'appartenere a una società priva di uguaglianza, vale a dire un consorzio nel quale c'è chi veste bene e chi veste male. Poi gli si infila l'uniforme affinché si illudano d'accedere a un sodalizio di uguali, vale a dire un consorzio nel quale tutti vestono i medesimi panni. Subito dopo si rimbecilliscono con le esercitazioni e le marce che stroncano. E-marciando-cantate-così-tenete il passo. (Però il passo non c'entra, Bernard. C'entra che a cantare non pensano, e a non pensare non s'accorgono di venir fottuti.) Infine si cancella la loro personalità, la loro individualità. Perché il soldato non deve essere un individuo, una persona: deve esser parte d un nucleo perfetto che agisce all'unisono. E lo sai qual è l'ingrediente per ottenere un nucleo perfetto o quasi perfetto? L'odio. L'odio collettivo cioè diretto verso lo stesso bersaglio, e non il bersaglio rappresentato dal nemico che la guerra ti procura o ti procurerà: il bersaglio rappresentato da un paria coi gradi di sergente. Il sergente becero, ignorante, di cui subisci la tirannia che gli è stata delegata dal tenente al quale è stata delegata dal capitano al quale è stata delegata dal maggiore al quale è stata delegata dal colonnello al quale è stata delegata dal generale al quale è stata delegata dalla Macchina, a cui hanno insegnato a berciare come a un cantante si insegna a gorgheggiare do-re-mi-fa-sol-la. Sì, gli hanno insegnato a usare la voce per comandarti e sfotterti e umiliarti, Bernard. E lui la usa nel modo prescritto. «Sei laureato, tu? Bene, allora va' a pulire i cessi.» Al contadino e all'operaio, invece: «Razza di piercolo, da che fogna vieni? Non sai nemmeno contare, somaro?» Poi dispetti, addestramenti forzati, canagliate, fino a quando laureati e contadini e operai lo odiano in uguale misura, e il nucleo quasi perfetto è ottenuto. "Quasi" perché manca il tocco finale, l'ingrediente decisivo, e indovina qual è il tocco finale. L'ingrediente decisivo. È l'amore. L'amore concentrato sullo stesso bersaglio che stavolta è il tenente o meglio ancora il capitano. Insomma l'ufficiale buono, comprensivo, paterno, che ascolta e consola e magari si rivolge a te con il Lei. «È laureato, lei? Bravo, me ne rallegro. È contadino, lei? Bravo, me ne compiaccio. È operaio, lei? Bravo, me ne complimento.» Oppure: «Sì, la rampogna del sergente è stata eccessiva: lo rimprovererò a mia volta. Voglio essere un amico, per voi, in caso di bisogno rivolgetevi a me.» Bisogno? Che bisogno? Ormai l'unico bisogno di cui hanno bisogno è ricevere amore, darlo, e dall'odio per il sergente passano all'amore per il tenente o il capitano. Il-mio-capitano. Per il loro capitano accettano qualsiasi sacrificio, qualsiasi martirio, sono pronti a crepare. Con lui salteranno fuori dalla trincea, con lui si lanceranno contro la mitragliatrice che falcia, con lui uccideranno il nemico cioè il disgraziato che dall'altra parte della barricata ha subìto l'identico trattamento, con lui creperanno come bovi al macello. E questo, inutile dirlo, senza che sospettino d'esser le vittime d'un lurido imbroglio, le ruote di un ingranaggio ben oliato e ben collaudato. Perenne.”

I, IV, I; pp. 110–112
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“O Capitano! o mio Capitano!' sorgi, odi le campane, | sorgi, per te è issata la bandiera, per te squillano le trombe, | per te i fiori e ghirlande legate con i nastri – per te le nere rive, | perché te invoca la ondosa folla, volgendo il volto ansiosi; | ecco, o Capitano, o diletto padre, | con il braccio ti sostengo il capo, | non è che un sogno che, sopra il ponte, | sei caduto, freddo, morto.”

O Capitano! o mio Capitano!, p. 423
Foglie d'erba, In memoria del presidente Lincoln
Origine: Dedicata ad Abramo Lincoln, 16º Presidente degli Stati Uniti d'America.
Origine: La frase «O capitano, mio capitano» viene citata nel film L'attimo fuggente (1989). Il professor Keating (interpretato da Robin Williams), infatti, nelle fasi iniziali del film dice: «"O Capitano, mio Capitano!" Chi conosce questo verso? Nessuno. Non lo sapete? È una poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po' più audaci, "O Capitano, mio Capitano".» La frase viene poi ripresa anche in un episodio di How I Met Your Mother e in uno di Suits.

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“Gioca dove vedi.”

Devis Mangia (1974) allenatore di calcio italiano

dalla sua presentazione al Palermo, 1º settembre 2011; citato in Devis Mangia, capitano senza equipaggio di una nave non sua http://www.todayweb.it/index.php?q=node/2679, Todayweb.it, 19 dicembre 2011

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“Molti americani musulmani hanno servito valorosamente nel nostro esercito, e hanno fatto il sacrificio massimo. Il capitano Khan era uno di questi esempi coraggiosi. Il suo sacrificio – e quello di Khizr e Ghazala Khan – non sarà dimenticato. Punto.”

Paul Ryan (1970) politico statunitense

Origine: Da un comunicato; citato in I Repubblicani stanno un po' mollando Trump http://www.ilpost.it/2016/08/03/sostegno-repubblicani-trump/, ilPost.it, 3 agosto 2016.

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