Frasi su fabbrica
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“Ho comprato una Fiat perché in omaggio c'era una fabbrica.”

Rocco Barbaro (1955) comico e cabarettista italiano

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“Le carceri italiane rappresentano l'esplicazione della vendetta sociale nella forma più atroce che si sia mai avuta: noi crediamo di aver abolito la tortura, ma i nostri reclusori sono essi stessi un sistema di tortura; noi ci vantiamo di aver cancellato la pena di morte dal codice penale comune, ma la pena di morte che ammanniscono, goccia a goccia, le nostre galere è meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice. Le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti o scuole di perfezionamento dei malfattori.”

Filippo Turati (1857–1932) politico e giornalista italiano

Origine: Discorso di Filippo Turati alla Camera del 18 marzo 1904; citato da Walter Verini in Camera dei deputati della Repubblica Italiani – XVII Leglislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea – Seduta n. 46 del 4 luglio 2013 http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?idLegislatura=17&sezione=assemblea&tipoDoc=pdf&idseduta=046 – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ferranti ed altri; Costa: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (A.C. 331-927-A).. Roma, 4 luglio 2013.

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“[Paul Valéry] Fa a volte bei versi, ma li fabbrica con la macchina dell'intelletto… Ma anche l'intelletto suo è disorganico, frammentario. È un dilettante dell'intelligenza.”

Benedetto Croce (1866–1952) filosofo, storico e politico italiano

Origine: Citato in Giovanni Titta Rosa, Una visita di Croce, La Fiera Letteraria, n. 5, 14 marzo 1971.

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“[Su Ferdinando II delle Due Sicilie] Frugale, laborioso, sollecito, niente a giuoco, niente a cacce, né a corse o a feste avea pensiero; tutto al governo. Niuno negherà essere splendido il suo primo decennio. Pace profonda, quiete e sicurezza, libertà civile, prosperità molta. Brevemente si costruirono strade, edifizii comunali, lazzaretti, case di bagni minerali, prigioni col sistema penitenziario, scuole per sordomuti, ospizii ed asili per indigenti e orfanelli e reietti e folli, porti a Catania, a Marsala, a Mazzara, e moli a Terranova e a Girgenti; s'istituirono consigli edilizii, monti pecuniarii e frumentarii, compagnie di Pompieri, opificii, nuove accademie, nuove cattedre all'università, nuovi collegi, nuovi licei. Si bonificavan terre paludose, si davano alla coltura terre boscose, e 800 mila moggia del Tavoliere di Puglia; si facevan ponti di ferro e di fabbrica su' fiumi, fanali a gas, fari alla Fresnel, ed ogni novella invenzione qui primamente in Italia era attuata. Si stipulavan trattati di commercio, si creavan guardie civiche per Napoli e per le provincie, e guardie d'onore a cavallo. Que' dieci anni fur benedetti anche ne' campi. Ubertose messi, mercati grassi, miti prezzi, comune l'agiatezza; un movimento d'industria, un crescer di popolazione, un incremento di tutte cose buone; sicché non credo il reame avesse tempi più gai e lieti di quelli.”

Giacinto de' Sivo (1814–1867) scrittore e storico italiano

da Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Vol. 1 p. 95

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“L'italiano: totalitario in cucina, democratico in parlamento, cattolico a letto, comunista in fabbrica.”

Leo Longanesi (1905–1957) giornalista, pittore e disegnatore italiano

Milano, 11 agosto 1956
La sua signora

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“Quando la catastrofe distrugge abitazioni coltivazioni e fabbriche e piomba nella inattività popolazioni lavoratrici, essa indubbiamente distrugge una ricchezza. Ma non è possibile rimediarvi con un prelievo sulla ricchezza altrove esistente, come con la miserabile operazione di razzolare in giro pastrani vecchi, quando la propaganda, raccolta e trasporto costano assai più del valore del logoro indumento.
Quella ricchezza sparita era accumulo di lavoro passato, secolare. Per eliminare l'effetto della catastrofe occorre una massa enorme di lavoro attuale, vivente. Se quindi della ricchezza diamo la definizione non astratta, ma concreta e sociale, essa ci appare come il diritto in certi individui formanti la classe dominante di prelevare sul lavoro vivo e contemporaneo. Nella nuova mobilitazione di lavoro si formeranno nuovi redditi e nuova ricchezza privilegiata; e l'economia capitalista non offre nessun mezzo di «spostare» ricchezza altrove accumulata per sanare il vuoto fatto in quella sarda o veneta, come non si potrebbe pigliar pari pari gli argini del Tevere per ristabilire quelli inghiottiti dal Po.
Ecco perché è una cretinata l'idea di fare un prelievo patrimoniale contro i titolari di campi e case e officine intatti, per ripristinare quelli sconvolti.
Centro del capitalismo non è la titolarità su tali immobili, ma un tipo di economia che consente prelievo e profitto su quanto in cicli incessanti crea il lavoro dell'uomo, e subordina a quel prelievo l'impiego di questo lavoro.”

Amadeo Bordiga (1889–1970) politico italiano

Omicidio dei morti, Sul filo del tempo LXXXIV, da Battaglia Comunista, n. 24 del 19-31 dicembre 1951

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“[Rai 3 è] la più grande fabbrica di depressione al mondo! Rai 3: puttanate incredibili! Voi… voi vi sintonizzate su Rai 3 e avrete atti di camorrismo giornalistico, […] di aggressioni personali, di imbecillità […] ma tutto non ingenuo, tutto parte delle lobby radical chic del paese.”

Vincenzo De Luca (1949) politico italiano

in merito alla trasmissione Report, durante la festa nazionale di Scelta civica a Salerno, 27 settembre 2015
Origine: Visibile in De Luca: ‘Rai3, camorrismo giornalistico. Fabbrica depressione, puttanate incredibili’ http://bc.ilfattoquotidiano.it/rtmp/1328010481001/2015/09/1328010481001_4512762857001_4512579109001.mp4, ilFattoQuotidiano.it, 27 settembre 2015.

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“fabbriche di proteine alla rovescia.”

Frances Moore Lappé (1944) attivista e scrittrice statunitense
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“Vedemmo l’eco artificiale che dicono essere stato fatto fabbricar da Dionisio in una prigione, dove teneva molti schiavi, perchè si sentisse ciò ch’essi colà dentro parlavano; e parmi, se non fallo, che di tal fabbrica fosse artefice Archimede. È in vero una delle più belle cose ch’io abbia visto al mondo, ed anche degli artifizii che l’arte abbia saputo inventare, imitando così bene la natura che fa un eco bellissimo che replica le parole ed i detti interi, imita i suoni e i canti perfettissimamente, come alla presenza nostra con diversi instromenti si provò; e se si batte con una verga qualche panno grosso steso, rende tanto rimbombo ch’imita i colpi delle più grosse artiglierie; e che tutto questo faccia cosi bene una grotta formata non dalla natura, ma dall’artificio umano, è certo cosa strana e mostra il grandissimo ingegno di colui che l’inventò e lo seppe fare. Non è da tacere che la fabbrica del concavo di questa grotta è fatta e cavata appunto nella forma del concavo d’una orecchia umana, donde l’artefice debbe pigliar l’invenzione che, come la voce percotendo nell’orecchie fabbricate in quel modo rende suono e si sente, cosi si vede per isperienza che percotendo colà in quel grande ed artifizioso orecchio, intagliato a mano nella dura pietra, fa il medesimo effetto di rendere il suono, benchè gli altri echi naturali non sappiamo che siano in caverne in tal modo fabbricate. Vedemmo presso al luogo dell’eco i gran vani sotterranei cavati per stanza e prigione dei sopraddetti schiavi, e sopra quelli, nell’alto il luogo del palazzo di Dionisio in bellissimo sito che scuopriva da lunge la terra e ‘l mare.”

Pietro Della Valle (1586–1652) scrittore italiano

Il pellegrino

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“Signore delle chiese e dei santi, | Signore delle suore e dei preti | prova ad esserlo, se credi, | anche dei cortili, delle fabbriche, | delle puttane, dei ladri.”

Giorgio Gaber (1939–2003) cantautore, commediografo e regista teatrale italiano

da Preghiera, n. 14
Il signor G

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“[Mina] È una grande donna. E nello stesso tempo è ingenua. Io ho per lei un affetto immenso che deriva dalla tenerezza che mi ispira Mina. Pensi che lei, quando mi vede, non fa che darmi dei consigli perché crede che alla mia età io sia ancora inesperta. È il solo essere al mondo i cui pregi sono più affascinanti dei difetti. Chi conosce Mina se ne innamora. Ma lei non vuole farsi conoscere perché ha paura, perché è scottata da tutte le fregature che ha preso ogni volta che ha dato fiducia a qualcuno. È una grande donna, insicura, sì, ma che ha dimostrato coraggio quando è stato necessario, e soprattutto generosa. Ha superato lo choc della morte del fratello giovanissimo, quella di un marito da cui si era da poco separata… […] Ricordo quindici anni fa, quando era diventata una cantante di successo e ha scoperto di aspettare un bambino, ha deciso di mettere al mondo il figlio, nonostante in quell'epoca essere una ragazza madre fosse ancora scandaloso. E la televisione l'ha messa al bando: a Mina è stato proibito di esibirsi in TV e ha dovuto ricominciare da sola, con i dischi e le serate, senza il veicolo pubblicitario dello spettacolo televisivo. Poi, c'è stato il fallimento del padre, che aveva una fabbrica di oggetti in plastica. E Mina ha dovuto pagare lei i debiti fino all'ultima lira: 970 milioni. L'ultimo assegno che staccò la ridusse con 70.000 lire di debito con la banca. Ecco perché divento una belva quando sento criticare Mina: tasse ne ha pagate più del dovuto: il successo, gli errori, tutto.”

Lina Volonghi (1916–1991) attrice italiana

Origine: Da Mina come va? "Ho paura", Gente, 8 luglio 1978.

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“Torino non era una copia in piccolo di Parigi anche perché, a differenza di questa, non fu città di sommosse, di barricate. È una città che produce eccentrici, solitari, genialoidi e talora tipi geniali, outsider, scrittori e pittori isolati, qualche anarchico ma teorico, di rado bombarolo, provoca omicidi e suicidi (per questi ultimi, una delle più alte, se non la più alta, percentuale italiana, in triste gara con Trieste, la città al confine opposto), ma la massa è di gente pacata, di sudditi, spesso brontoloni e ipercritici ma, alla fine, obbedienti. Nella sua storia non cacciò mai i suoi duchi e poi re, non complottò contro di essi. A differenza di Parigi, periodicamente sulle barricate, Torino insorse solo due volte. Ed entrambe non per fumosi obiettivi ideologici, ma per la concretezza del pane: nel 1864 quando, a tradimento, giunse il trasferimento della capitale; e nel 1917, quando lo Stato chiedeva di digiunare con le razioni di guerra e al contempo di faticare a ritmi accelerati nelle fabbriche che producevano per il fronte. Movimento ci fu anche negli ultimi giorni dell'aprile del 1945. Ma, pure qui, per una questione molto concreta: soprattutto per impedire la distruzione di impianti industriali, dal cui lavoro sarebbe dipesa la vita futura. Ancora una volta, al mito della «lotta di classe», prevalse la consapevolezza, dettata dal buon senso, che gli interessi degli imprenditori coincidevano con quelli dei dipendenti. Senza fabbriche, niente guadagni per il padrone; ma neanche pane per i lavoratori.”

cap. III
Il mistero di Torino

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“Perché reggono l'intero peso. | Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi. | Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare. | Perché portano via. | Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta. | Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali. | Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica. | Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare. | Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura. | Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin. | Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante. | Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio. | Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo. | Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella. | Perché non sanno accusare e non impugnano armi. | Perché sono stati crocefissi. | Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio. | Perché, come le capre, amano il sale. | Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.”

Erri De Luca (1950) scrittore, traduttore e poeta italiano

da Elogio dei piedi
Origine: Da Altre prove di risposta, Edizioni Libreria Dante & Descartes, Napoli, 2008, p. 77; citato in Adriano Labbucci, Camminare, una rivoluzione, Donzelli Editore, 2011, pp. 5-6 https://books.google.it/books?id=-MzwMpHm9Y0C&pg=PA5. ISBN 8860366283

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“Abbiamo edifici più alti ma temperamenti più corti, strade più larghe ma punti di vista più ristretti; spendiamo di più ma abbiamo di meno; compriamo di più, ma gustiamo di meno; abbiamo case più grandi e famiglie piccole; più comodità, ma meno tempo; abbiamo più lauree ma meno buon senso; più conoscenza ma meno criterio; più specialisti, ma ancora più problemi; abbiamo più gadgets ma meno soddisfazione; più medicine, ma meno benessere; assumiamo più vitamine ma vediamo meno risultati. Beviamo troppo; fumiamo troppo; spendiamo troppo incautamente; ridiamo troppo poco; guidiamo in maniera spericolata; ci arrabbiamo troppo; rimaniamo alzati fino a tardi; ci svegliamo troppo stanchi; leggiamo troppo poco, guardiamo troppo la TV e preghiamo raramente.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori; voliamo con aerei più veloci per arrivare presto, per fare meno e tornare prima; firmiano più contratti solo per realizzare meno profitti; parliamo troppo; amiamo troppo poco e mentiamo troppo spesso; abbiamo imparato a condurre un'esistenza, ma non una vita; abbiamo aggiunto anni alla vita, non vita agli anni. Abbiamo raggiunto la Luna e ne siamo tornati, ma abbiamo problemi ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino; abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non quello interiore; abbiamo fatto cose più grandi, ma non migliori; abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima; abbiamo separato l'atomo, ma non il nostro pregiudizio; scriviamo di più, ma impariamo di meno; pianifichiamo di più, ma realizziamo di meno; facciamo aerei più veloci, ma linee più lunghe; abbiamo imparato ad affrettarci, ma non ad aspettare; abbiamo più armi ma meno pace; redditi maggiori ma meno moralità; più feste, ma meno divertimento; più cibo ma meno appagamento; più conoscenze, ma meno amicizie; più fatica me meno successo. Costruiamo più computer per contenere più informazioni e produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno; guidiamo macchine più piccole che hanno grandi problemi; costruiamo grandi fabbriche che producono di meno. Ci siamo allargati nella quantità, ma accorciati nella qualità. Questi sono i tempi dei fast food e della digestione lenta; uomini alti ma con carattere debole; profitti esorbitanti e relazioni poco profonde. Questi sono i tempi di pace nel mondo, ma di guerriglia domestica; più piacere e meno divertimento; francobolli più costosi, ma spedizioni più lente; più varianti di cibo, me meno nutrizione. Questi sono i giorni dei due stipendi in famiglia, ma più divorzi; questi viaggi brevi, pannolini usa e getta, soggiorni di cartone, moralità usa e getta, esperienze di una notte, fisici sovrappeso, pillole che fanno tutto dal rallegrarti, a prevenire, rilassare o uccidere. E' una epoca in cui c'e' molto in vetrina e poco in magazzino.”

Words Aptly Spoken (1995)

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“Quella di far partecipare un libro allo Strega è una decisione che riguarda la casa editrice. Ogni casa editrice può presentarne uno alla commissione che prende i romanzi in esame. E già solo sentirsi dire dalla propria casa editrice che ha deciso di candidare il tuo romanzo, e non un altro, allo Strega è un'enorme soddisfazione. Poi a quel punto tutto sta nelle mani della Fondazione Bellonci, che decide quali sono i dodici candidati alla corsa effettiva. Quel giorno mi chiamò Laura Guidi, che è a capo della comunicazione di Giunti e mi disse: "prepara le valigie che andiamo a Benevento". È lì che c'è la fabbrica dello Strega, ed è lì che avviene la presentazione dei dodici candidati che danno inizio alle danze. Quel giorno non sono salita solo sul palcoscenico di un bellissimo teatro al centro di Benevento, ma anche su un piedistallo. […] Non avevo molte speranze di farcela, ed è stata questa la vera emozione: scoprire di potercela fare anche se tutto ti fa presagire il contrario. Solo per la forza del libro, per quanto ci credi, per quanto ti è costato. L'apice dell'emozione l'ho raggiunto lì. Per me è stato quello il traguardo. La sera della finale ero tranquilla e soddisfatta. Forse per questo sono arrivata ultima? Forse per ottenere qualcosa bisogna davvero crederci, e il mio premio era stare lì, non chiudere vittoriosa. Il mio premio era sapere che un finalista, con un libro che è stato tanto amato dal pubblico e che ha aiutato tante donne e tanti uomini in difficoltà, ha già vinto abbastanza.”

Simona Sparaco (1978) autore
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“Arturo Toscanini? Una fabbrica di note.”

Sergiu Celibidache (1912–1996) direttore d'orchestra romeno
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“Voglio la rivoluzione contro coloro che vogliono aprire le moschee e i centri islamici! E qui ci sono anche le gerarchie ecclesiastiche, che dicono "lasciate anche loro pregare"… No! Vanno a pregare nei deserti! Aprirò una fabbrica di tappeti e regaleremo i tappeti ma che vadano nei deserti!”

Giancarlo Gentilini (1929) politico italiano

da La Procura di Venezia indaga su Gentilini http://tribunatreviso.repubblica.it/dettaglio/articolo/1521850, La Tribuna di Treviso; Video su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=_WCZNQJkV3E, 14 settembre 2008

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“Berlusconi ha ragione: come è possibile che, possedendo tutto, gli sia impossibile controllare tutto ciò che possiede o crede di possedere in virtù del voto popolare, compresi i processi e le inchieste giudiziarie? E come mai non è possibile, da parte sua, padrone assoluto dei media, controllare il sistema televisivo e i programmi politici di approfondimento e di dibattito? Che ci sta a fare l'Agenzia per le comunicazioni, se non esegue i comandi che vengono dall'alto? Naturalmente Berlusconi ignora, volutamente, la complessità del sistema della comunicazione pubblica. Ai suoi occhi basterebbe una telefonata all'Innocenzi di turno per stroncare un programma come quello di Michele Santoro (o come il salotto di Floris o della Dandini), considerato da mesi una delle «fabbriche di odio» nei confronti del premier e del Popolo della Libertà. È una situazione disperata, quella di Berlusconi, che lo induce a gesti disperati, o almeno terribilmente disinibiti, nel senso che fanno a pezzi il tessuto generale delle istituzioni del nostro Paese. Il "padrone" non riesce più a comandare, il suo partito si sta sfaldando, e i vari cacicchi cercano un'area di autonomia personale e politica. Berlusconi teme una "sindrome francese" e una sostanziale non vittoria alle elezioni regionali. Paradossale situazione del padrone che non riesce a spadroneggiare fino in fondo, pur cercando di farlo in tutti i modi. C'è una contraddizione intrinseca nell'azione di Berlusconi, e la formula proprietaria o "padronale" la riassume tutta, senza risolverla. Ma la questione è: in una democrazia può il capo del governo rivolgersi come un padrone alle autorità di garanzia?”

Edmondo Berselli (1951–2010) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da La sindrome del padrone http://www.repubblica.it/politica/2010/03/17/news/la_sindrome_del_padrone-2706562/, Repubblica.it, 17 marzo 2010.

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“Qualcosa di eterno rimuginava nei tristi comignoli rossi delle fabbriche.”

Origine: Maggie Cassidy, p. 174

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“Lo so anch'io che nel mezzogiorno ci sono almeno due milioni di italiani che lavorano in nero: donne, giovani. Sento anch'io questa come un'enorme vergogna. Ma non sono sicuro, non sono sicuro che questo sia soltanto un problema di polizia di ispettorati del lavoro. Temo che non basti. Temo che non basti. Non sono sicuro che se li scopriamo avremo 7 mila miliardi di entrate in più. Io temo che se li scopriamo alcuni pagheranno le tasse, ma altri chiuderanno: avremo forse un milione di disoccupati in più in giro per il mezzogiorno. Allora, io lo capisco benissimo che questo pone un problema enorme, che questo pone un problema drammatico, e non chiedo certo al sindacato di legalizzare il lavoro nero, il lavoro precario, il sottosalario. Sarebbe assurdo. Ma penso che noi dovremmo preferire essere lì con quei lavoratori e negoziare, negoziare, quel salario per migliorarlo, quello; e negoziare i loro diritti, anziché stare fuori da quelle fabbriche con in mano una copia del contratto nazionale di lavoro.”

Massimo d'Alema (1949) politico italiano, presidente del Consiglio dei Ministri dal 1998 al 2000

Origine: Dal congresso del PDS, Roma, 23 febbraio 1997; citato in Marco Simoni, Senza alibi: Perché il capitalismo italiano non cresce più, Marsilio Editori spa, p. 75 https://books.google.it/books?id=Km_wDQAAQBAJ&pg=PT75. ISBN 8831733605. Video disponibile su Dailymotion.com http://www.dailymotion.com/video/x2p01hh_d-alema-congresso-del-pds-febbraio-1997_fun.

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“Cosa successe il 7 aprile [1979]? Ci fu una grande retata disposta dall'allora sostituto Procuratore di Padova Pietro Calogero, magistrato, che fece arrestare i più importanti leader dell'Autonomia Operaia in tutta Italia, sostenendo che avevano un progetto comune strategico con le Brigate Rosse per cercare di sollecitare un'insurrezione, una rivolta, un fenomeno eversivo nei confronti dello Stato italiano, […] questo è il 7 aprile, Potere Operaio, Autonomia Operaia, Brigate Rosse, connivenze nelle università nei movimenti sindacali, nelle fabbriche, Toni Negri il più famoso tra gli arrestati di quell'operazione. […] Il 7 aprile questi signori di Autonomia Operaia ho detto Toni Negri ma c'erano anche Ibesci, Scalzone, Ferrari Bravo, Piperno, le associazioni sovversive, insurrezione armata contro lo Stato, alcuni vennero accusati di avere a che fare anche con il rapimento di Moro di qualche mese prima, si parlò di teorema Calogero che naturalmente ipotizzava che l'Autonomia fosse una specie di cervello che un'organizzazione molto più ampia, Autonomia Operaia Organizzata che poi si esplicitava in varie forme, […] Toni Negri è stato poi condannato in primo grado a 30 anni e in appello a 17, grazie a Pannella è stato eletto parlamentare così si è sottratto alla giustizia per 14 anni latitante in Francia e poi è rientrato in Italia e ha scontato un pezzettino della pena, Scalzone ha avuto una pena definitiva di 8 anni, altri hanno avuto pene minori, per alcuni le accuse sono cadute, per altri sono rimaste, come sempre nei processi, quindi non era affatto un teorema, era una cosa che poi è stata dimostrata con tanto di sentenze definitive.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Minority Gasparri, 20 dicembre 2010
BeppeGrillo.it
Origine: In realtà la Corte d'Assise d'Appello condannò Negri a 12 anni nel 1987.

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“Si fabbrica probità con tutti i generi di vizi; come si fa carta bianca con stracci di mille colori.”

Xavier Forneret (1809–1884) poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo

Citato in Dictionnaire des citations, sous la direction de Robert Carlier, Jean-Louis Lalanne, Pierre Josserand e Samuel S. de Sacy, Citato in Le petit philosophe de poche, Textes réunis par Gabriel Pomerand

“"L'Ucraina è il granaio della Russia", balbetto lo studente. "Le miniere russe, il carbone, il ferro sono sparsi nelle montagne degli Urali, e il petrolio si trova nel Caucaso. A Dniepropetrovsk si trovano le fabbriche più grandi del mondo… In Crimea regna sempre la primavera. Il sottosuolo russo nasconde ricchezze incalcolabili.”

Romain Gary (1914–1980) scrittore francese

Educazione europea
Origine: Educazione Europea, Neri Pozza, 4 ed., dicembre 2012, pag. 203. Edizione originale Education Europeenne, Gallimard, 1956.
Origine: Frasi pronunciate dal personaggio Karminkel.

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