Frasi sulle montagne
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“L'aspra montagna oltre se stessa ascende, | e si tramuta in cielo.”

Giovanni Bertacchi (1869–1942) poeta e critico letterario italiano

Origine: Citato in Francesco Flora, IL Flora, Storia della letteratura italiana, cinque volumi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1972, vol. V, p. 658.

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“Dal tempo della divisione avvenuta dopo l'ultima Grande Congiunzione, un avvenimento di tantissimo tempo prima, gli Skeksis avevano abbandonato gli urRu a se stessi nella loro valle. Avevano dovuto fare così: l'oggetto e la sua immagine speculare potevano unirsi solo annullandosi a vicenda. Inoltre gli Skeksis non avevano mai avuto bisogno degli urRu, vecchi visionari, privi di senso pratico e ossessionati solo dalla loro vita collettiva interiore, i cui valori erano diametralmente opposti a quelli degli Skeksis.
Poco dopo la divisione, gli Skeksis avevano scoperto che, scheggiando il Cristallo, potevano intrappolare energie malvagie che, a livello molecolare, erano visibili solo nella sfumatura più cupa che il Cristallo aveva assunto. Dopo alcune ricerche, lo Scienziato aveva spiegato che il Cristallo possedeva una connessione a spirale nella sua struttura, da cui derivava la proprietà di far ruotare il piano di polarizzazione di un raggio di luce polarizzata. Quando i tre soli erano congiunti direttamente al di sopra di esso, emanavano una forza polarizzata tale da svolgere la spirale, rischiarare il colore del cristallo e produrre un raggio focalizzato della massima concentrazione. Ma se il Cristallo fosse stato scheggiato, il collegamento a spirale sarebbe rimasto intatto. La luce della Grande Congiunzione avrebbe irradiato d'energia solo gli Skeksis, ma di un'energia tutta particolare, oscura, piena di malvagità.
Gli Skeksis si erano avvantaggiati di questa cognizione e ne avevano approfittato tenendo sotto il loro controllo il Cristallo nella fortezza, che avevano ricavato dalla montagna che lo conteneva. Attraverso le linee di energia che circondavano il pianeta, essi avevano trasmesso incessantemente impulsi dannosi, fomentando la miseria e la debolezza e risucchiando per i loro fini tutte le energie geodinamiche. Il lampo che Jen aveva visto era stato concentrato sulle Pietre Erette e di lì rinviato al castello. Gli Skeksis controllavano i punti nevralgici del pianeta mediante l'agopuntura terrestre. Per tutti questi motivi essi avevano sempre ignorato gli urRu. Le spie di cristallo non li avevano mai sorvegliati, né erano stati fatti oggetto delle scorrerie dei Garthim. All'infuori delle Pietre Erette, nulla, in quella valle remota, avrebbe potuto costituire una minaccia per la tirannia degli Skeksis. La valle degli urRu era un'enclave di nozioni, la provincia delle nuvole, nient'altro.”

Dark Crystal

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“Los Angeles mi ha incantato quando ero bambino con la sua energia, e penso che lo faccia anche alla gente. C'è qualcosa del deserto, l'elettricità, le palme, che promette che tutto è possibile. Mi colpì come fosse una tonnellata di mattoni e nel 1973 mi trasferii a L. A., che era un animale completamente diverso rispetto al 2015. Ma c'è quel filo che non ha perso, ovvero, qui è dove vieni ad esplorare il tuo sogno: che tu lo voglia o no, il sogno diventa realtà, fallisci miseramente o qualcosa del genere, oppure trovi un altro sogno che non pensavi nemmeno ti stesse aspettando, questo filo è rimasto. Do merito all'incantevole atmosfera di questo posto, la natura intrinseca di Los Angeles e della sua valle, le sue montagne, il suo deserto e i suoi coyoti. È una specie di magico inganno.”

Anthony Kiedis (1962) cantante statunitense

Los Angeles put a spell on me as a kid with its energy, and I think it does that to people. There's something about the desert, the electricity, the palm trees, just the promise that anything is possible. That hit me like a ton of bricks, and by 1973 I made my way to L.A., which was a completely different animal at that time relative to 2015. But there is that thread that it hasn't lost, which is, this is where you come to explore your dream; whether or not the dream comes true, you fail miserably or somewhere in between, or you find another dream you didn't even know was waiting for you, that thread maintains. I give credit to the enchanting vibe of this place, the inherent nature of Los Angeles and its valley, its mountains, its desert and its coyotes. It's kind of a magical trickery.

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“Le croci sulle cime? Quelle esistenti lasciamole. Ma non installiamone altre. Sulle cime solo gli ometti di sassi e nient’altro. Le vette delle montagne non devono essere sfruttate per dei messaggi.”

Reinhold Messner (1944) alpinista italiano

Origine: Ctato in Reinhold Messner: "Basta croci e messaggi in montagna. Solo omini di pietra" http://www.mountlive.com/reinhold-messner-basta-croci-e-messaggi-in-montagna-solo-omini-di-pietra/, mountlive.com, 26 luglio 2015.

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“Una stanza o è piena di cose, o è piena di idee. La mia è così priva di tutto che fa eco, è un po' come stare in cima a una montagna. L'essenzialità è fondamentale per non essere distratti dalle cose terrene. In parte è un modo per alimentare le proprie ossessioni, nel vuoto si moltiplicano più facilmente.”

Maurizio Cattelan (1960) artista italiano

Origine: Dall'intervista di Francesca Pini La guerra, l'amore e le brutture dell'arte. La crisi, Renzi, Grillo, anche Marzullo. La ricetta? «Seguire l'esempio di Ratzinger», Sette, 17 ottobre 2014.

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“Il Kenya è stato benedetto non soltanto con una immensa bellezza, nelle sue montagne, nei suoi fiumi e laghi, nelle sue foreste, nelle savane e nei luoghi semi-deserti, ma anche con un'abbondanza di risorse naturali. La gente del Kenya apprezza grandemente questi tesori donati da Dio ed è conosciuta per la propria cultura della conservazione, che le rende onore.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Origine: Durante il discorso tenutosi in Kenya in occasione del suo viaggio in Africa nel novembre 2015; citato in Il Papa atterra a Nairobi, al via la visita in Africa http://www.iltempo.it/esteri/2015/11/25/papa-francesco-atterra-in-kenya-allarme-sicurezza-degli-007-1.1483017, IlTempo.it, 25 novembre 2015.

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“L'abitato superiore, con necropoli di incinerati che rivelano la presenza di guerrieri-pastori giustificata da necessità di difera della strada rivierasca che vi passava, era chiamato in dialetto Crées, nome celtico pure, indicante la presenza di abitazioni in pietra; quello inferiore, con sepolture più tarde di inumati era invece Piaàg, di probabile derivazione latina da plaga. Ebbene, la popolazione del primo villaggio era estroversa, allegra, malleabile, piuttosto variabile nelle opinioni e nei rapporti sociali, a costituzione familiare in cui l'uomo faceva sentire maggiormente la propria podestà; alla sera le vie del paese erano animate sino alla mezzanotte; al mattino, in compenso, gli uomini si levavano tardi e andavano al lavoro sulla montagna a giorno fatto; non era raro il caso che sue bisticciassero oggi, venendo anche alle mani, e che domani li si incontrasse a braccetto. Al contrario la gente di sotto era piuttosto taciturna, sensibilmente introversa. Se nasceva uno screzio tra famiglie, ne veniva un'avversione che durava talora per generazioni. La donna era più considerata che nell'altro villaggio e il marito le si rivolgeva con il "voi", anziché col "tu" come lassù. Al mattino – e io ho fra i ricordi della mia fanciullezza il battere a notte sul selciato sotto le mie finestre degli scarponi di chi passava – gli uomini andavano al lavoro prima che baluginasse l'alba; alla sera, viceversa, dopo le otto le vie del paese diventavano deserte. La parola data era sempre mantenuta e assai difficile era far mutar parere. […] I diversi caratteri dei due paesi portarono, all'inizio di questo secolo, a comportamenti assai diversi di fronte alla depressione in atto. Mentre la gente di sotto emigrava piuttosto che contrarre un debito, quelli di sopra ipotecarono con facilità anche le terre, allorché accennò il ruttiamo e, buoni muratori quali erano, costruirono case d'affitto procurandosi denaro a prestito. Rimontarono la china mentre, di sotto, il paese, un tempo più fiorente per territorio ricco di campi e di boschi, si spopolava.”

Pietro Pensa (1906–1996) ingegnere e dirigente d'azienda italiano

Origine: Noi gente del Lario, p. 496

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“Due insieme! | Spirino i venti al sud, spirino i venti al nord, | e bianco spunti il giorno, nera la notte cali, | a casa, o fiumi e montagne lontano da casa, | sempre cantando, non badando al tempo, | mentre noi due insieme.”

Fuor della culla che perenne dondola, p. 324
Foglie d'erba, Relitti marini
Origine: Questa strofa viene letta nel film Non c'è due senza quattro (1984). «Soffino pure i venti del nord, | nasca il giorno o cali la notte, | a casa, o sui fiumi e montagne lontane, | cantando ed obliando il passare del tempo, | mentre noi due stiamo insieme.»

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“Finché le forze lo permettono, il povero mortale deve sempre scalare nuove montagne.”

Fausto Cercignani (1941) filologo, critico letterario e poeta italiano

p. 20

“"L'Ucraina è il granaio della Russia", balbetto lo studente. "Le miniere russe, il carbone, il ferro sono sparsi nelle montagne degli Urali, e il petrolio si trova nel Caucaso. A Dniepropetrovsk si trovano le fabbriche più grandi del mondo… In Crimea regna sempre la primavera. Il sottosuolo russo nasconde ricchezze incalcolabili.”

Romain Gary (1914–1980) scrittore francese

Educazione europea
Origine: Educazione Europea, Neri Pozza, 4 ed., dicembre 2012, pag. 203. Edizione originale Education Europeenne, Gallimard, 1956.
Origine: Frasi pronunciate dal personaggio Karminkel.

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“A Ulisse, personaggio pagano interpretato dal cristiano Dante, nel suo libero e coraggioso vagare su una superficie orizzontale, manca la spinta ideale verso l'alto. Quando l'asse verticale e le sue coordinate spaziali gli si presentano alla fine della vita (il «turbo», «la montagna bruna e alta quanto veduta non avea alcuna»), il loro significato resta per lui incomprensibile e il movimento della nave dall'alto verso il basso, causa della sua morte gli viene imposto da una forza che egli non è in grado di riconoscere. Al contrario per Dante personaggio ad essere imposto da una realtà terrena che gli appare caotica e catastrofica e della quale gli sfugge il significato non negativo di profonda trasformazione di un'epoca di trapasso, è il movimento secondo l'asse orizzontale: la partenza da Firenze, il vagare di corte in corte, la proibizione di fare ritorno. Lo slancio verso l'alto, il suo movimento lungo l'asse verticale, è strettamente legato all'esperienza tutta terrena del movimento orizzontale imposto dall'esilio che a Dante personaggio minacciosamente si prepara – come parte della sua missione e del suo grande destino – e che Dante autore vive durante la stesura della Commedia: immane sforzo per ristabilire, in un tentativo «a cui  pongono mano cielo e terra», quell'equilibrio che rendeva l'uomo parte integrante di un'armonica costruzione cosmica e insieme mezzo per sollevarsi al di sopra del caos di un mondo fortemente squilibrato e diviso nella divina perfezione dell'Empireo.”

Jurij Michajlovič Lotman (1922–1993) linguista e semiologo russo

da Testo e contesto: semiotica dell'arte e della cultura, a cura di Simonetta Salvestroni, Laterza, Roma-Bari, 1980.
Origine: Citato in A. Tocco, G. Domestico, A. Maiorano e A. Palmieri, Parole nel tempo, [Testi, contesti, generi e percorsi attraverso la letteratura italiana, 1A, Dalle origini al Trecento], Loffredo Editore, Napoli, p. 345. ISBN 978887564209-9

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“[Su Maratea Inferiore] È situata alle falde di un monte a settentrione. Gode di un vago orizzonte, e di aria niente insalubre, sebbene da novembre fino a gennaio non gode affatto del sole venendo impedito dall'altezza della montagna.”

Lorenzo Giustiniani (1761–1824) letterato italiano

tomo V, p. 357 https://books.google.it/books?hl=it&id=ORrfeAbWVVkC&pg=PA357
Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli

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“Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana
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“Se ora penso agli anni di allora, mi colpisce quanto poco ci fosse in realtà da vedere, quante poche immagini illustrassero la vita e la morte nei Lager. Conoscevamo di Auschwitz il portale con la sua scritta, i pancacci di legno a più piani, i mucchi di capelli, occhiali e valigie; di Birkenau l'entrata con la torre, i corpi laterali e il passaggio per i treni; e da Bergen-Belsen ci venivano le montagne di cadaveri trovate e fotografate dagli alleati al momento della liberazione. Conoscevamo alcune testimonianze di detenuti, ma molti libri apparvero subito dopo la guerra e vennero ristampati solo negli anni Ottanta, visto che nel frattempo non rientrarono nei programmi delle case editrici. Ora ci sono così tanti libri e film che il mondo dei Lager è ormai parte dell'immaginario collettivo che completa il mondo reale. La fantasia lo conosce ormai bene, e a partire dalla serie televisiva Olocausto e da film come La scelta di Sophie e soprattutto Schindler's list si muove anche in quel mondo. E non ne prende solo atto, ma integra e abbellisce. Allora la fantasia stentava a muoversi; riteneva che allo sgomento di cui era debitrice al mondo dei Lager non si confacessero le movenze della fantasia. Quelle poche immagini che doveva alle foto degli alleati e alle testimonianze dei detenuti, le ha poi guardate riguardate, fino a farne dei cliché.”

The Reader

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“Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava. Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto. Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. 'Nel frattempo, voglio chiederti un favore,' concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio. 'Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.' Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio. 'Allora,' gli domandò questi, 'hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?' Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato. 'Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo,' disse il Saggio. 'Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.' Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d'arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d'arte era disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto. 'Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato?' domandò il Saggio. Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate. 'Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti,' concluse il più Saggio dei saggi. 'Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino.' Il ragazzo tacque. Aveva capito la storia del vecchio re: un pastore ama viaggiare, ma non dimentica mai le sue pecore.”

The Alchemist

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“Robert Lindet, ossessionato creatore di quella piovra che aveva la sua testa nel comitato di sicurezza generale e che stendeva le braccia, ventunmila!, su tutta la Francia attraverso i comitati rivoluzionari; Lebuef, sul quale Girey-Duprè scrisse nel suoquesto verso: «Lebouf vit Legendre et beugla»; Thomas Paine, americano, incline alla clemenza; Anacharsis Cloots, tedesco, barone, milionario, ateo, hébertiano, animo candido; l'integerrimo Lebas, amico dei Duplay; Rovère, una delle rare creature che godono della perfidia come uno può godere dell'arte per l'arte, il che avviene più frequentemente di quanto non si creda; Charlier, il quale voleva che si trattassero gli aristocratici con il; Tallien, elegiaco e feroce, dai cui amori nascerà il 9 termidoro; Cambacéres, un procuratore che diverrà principe; Carrier, un procuratore che si paleserà tigre; Laplanche, il quale esclamò un giorno: «Voglio che sia data priorità al cannone d'allarme»; Thuriot, che propose la votazioneda parte dei giurarti del tribunale rivoluzionario; Bourdon de l'Oise, che sfidò a duello Chambon, denunciò Paine e fu denunciato da Hébert; Fayau, il quale propose l'invio nella Vandea di «un'armata incendiaria»; Tavaux, che il 13 aprile tentò la mediazione tra Gironda e Montagna; Vernier il quale chiese che i capi girondini e quelli della Montagna andassero a servire la patria come semplici soldati; Rewbell, che si chiuse dentro Magonza assediata; Bourbotte, che ebbe il suo cavallo ucciso alla presa di Saumur; Guimberteau, che fu a capo dell'armata delle Côtes di Cherbourg; Jard-Panvilliers, il quale comandò le truppe della Côtes de la Rochelle; Lecarpentier, che comandò la squadra di Concale; Roberjot, vittima dell'imboscata di Radstadt; Prieur de la Marne, che si compiaceva di indossare sul campo di battaglia le sue vecchie spalline di comandante si squadrone; Levasseur de la Sarthe, il quale, con una sola parola, indusse al sacrificio Serrent, comandante del battaglione di Saint-Armand; Reverchon, Maure, Bernard de Saintes, Charles Richard, Lequinio, e, in testa a questo gruppo un Mirabeau che portava il nome di Danton. Estraneo a questi due gruppi e dominatore di entrambi, Robespierre.”

Victor Hugo (1802–1885) scrittore francese
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“All'inizio dell'anno scolastico, mi capita di chiedere ai miei studenti di descrivermi una biblioteca. Non una biblioteca pubblica. No, il mobile, quello dove si mettono i libri. E loro mi descrivono un muro. Una scogliera di sapere, rigorosamente ordinata, assolutamente impenetrabile, una parete contro la quale non si può fare altro che rimbalzare.
- E un lettore? Descrivetemi un lettore.-
- Un vero lettore?-
- Se volete, anche se non so cosa intendete per vero lettore.-
I più - rispettosi- fra loro mi descrivono il Padreterno in persona, una specie di eremita antidiluviano, seduto da sempre su una montagna di libri dei quali avrebbe succhiato il senso fino a capire il perché di tutte le cose. Altri mi abbozzano il ritratto di un individuo affetto da autismo profondo, talmente assorbito nei libri da andare a sbattere contro tutte le porte della vita. Altri ancora mi fanno un ritratto in negativo, applicandosi a enumerare tutto ciò che un lettore non è: non è sportivo, non è vivace, non è simpatico, non gli piace né il mangiare, né il vestirsi, né le auto, né la tivù, né la musica, né gli amici… altri, infine, più - strateghi- erigono davanti al professore la statua accademica del lettore consapevole dei mezzi messi a disposizione dai libri per accrescere le sue conoscenze e affinare le sue facoltà intellettuali. Alcuni mescolano questi diversi registri, ma non ce n'è uno, uno solo che descriva se stesso, o un membro della sua famiglia o uno degli innumerevoli lettori che incrocia tutti i giorni sulla metropolitana.”

Comme un roman

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“Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare, e coloro che non hanno mai provato nulla di simile non le possono comprendere. Ci sono persone che mettono in gioco la loro esistenza per raggiungere la vetta di una montagna. A nessuno, neppure a se stessi, potrebbero realmente spiegare perché lo fanno. Altri si rovinano per conquistare il cuore di una persona che non ne vuole sapere di loro. E altri ancora vanno in rovina perché non sanno resistere ai piaceri della gola, o a quelli della bottiglia. Alcuni buttano tutti i loro beni nel gioco, oppure sacrificano ogni cosa per un'idea fissa, che mai potrà diventare realtà. Altri credono di poter essere felici soltanto in un luogo diverso da quello dove si trovano e così passano la vita girando il mondo. E altri ancora non trovano pace fino a quando non hanno ottenuto il potere. Insomma, ci sono tante e diverse passioni, quante e diverse sono le persone.
Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri.
Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo;
chi non ha mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch'era ora di dormire, dal momento che l'indomani mattina bisognava alzarsi presto;
chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d'improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano.
Fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che lui aveva sognato tanto spesso e che sempre aveva desiderato da quando era caduto in preda alla sua passione: una storia che non dovesse mai aver fine. Il libro di tutti i libri.”

The Neverending Story

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“Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni.”

Variante: Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni. (p. 117)
Origine: Ebano, p. 117

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“Ovunque, nelle zone più remote, nelle profondità delle foreste e sulle montagne, lungo le pianure e nelle città, la solenne proclamazione del Partito verrà salutata con grida di gioia.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Everywhere, in the most remote areas, in the depths of the forests and on the mountains, across the plains and in the towns, the solemn proclamation of the Party will be greeted with cheers of joy.

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“[…] il paese nativo della famiglia Bocchini da secoli si chiamava San Giorgio alla montagna, ma siccome i suoi colleghi ed amici solevano canzonarlo dicendogli: «Senti uomo della montagna… Vieni qua, montanaro…», Don Arturo fece fare un Decreto con cui quel nome veniva cambiato in quello più ambito e meno equivoco di San Giorgio del Sannio. (Arturo Bocchini, il superdittatore giocondo, ovvero la storia della polizia fascista. Le oneste origini familiari, p. 209)”

Cesare Rossi (1887–1967) politico e sindacalista italiano

Personaggi di ieri e di oggi
Variante: [... ] il paese nativo della famiglia Bocchini da secoli si chiamava San Giorgio alla montagna, ma siccome i suoi colleghi ed amici solevano canzonarlo dicendogli: «Senti uomo della montagna... Vieni qua, montanaro...», Don Arturo fece fare un Decreto con cui quel nome veniva cambiato in quello più ambito e meno equivoco di San Giorgio del Sannio. (Arturo Bocchini, il superdittatore giocondo, ovvero la storia della polizia fascista. Le oneste origini familiari. p. 209)

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