Frasi su mosca
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“Parlare senza dir niente mantiene giovani.”

Giorgio Forattini (1931) disegnatore italiano

da La mosca al naso, Rizzoli, 1980

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“Di solito, all'inizio dell'autunno, la mamma partiva per Mosca con i bambini che andavano ancora a scuola. Mio padre, mia sorella e io restavamo a Jasnaja Poljana ancora qualche mese. Facevamo una vita da Robinson sull'esempio di nostro padre. Tenevamo la casa sole, senza l'aiuto di domestici, e preparavamo pasti strettamente vegetariani.
Un giorno ci annunciarono l'arrivo di una nostra zia, amica di tutti, alla quale volevamo molto bene. Sapendo che la zia apprezzava la buona tavola e particolarmente la carne, ci chiedevamo che cosa fare.
Preparare il «cadavere», chiamavamo così la carne, ci faceva orrore. Mentre discutevo la faccenda con mia sorella venne papà. Messo al corrente dei nostri dubbi, ci rassicurò, promettendoci di occuparsi del menu della zia.
«Quanto a voi,» disse, «preparate il pranzo come al solito.»
La zia, bella, allegra, piena di vita come sempre, arrivò quel giorno stesso. Venuta l'ora passammo nella sala da pranzo. E cosa vi trovammo? Al posto della zia c'era un enorme coltello da cucina e, attaccato alla seggiola con una cordicella, un pollo vivo. La povera bestia si dibatteva trascinandosi il sedile.
«Sappiamo che ti piace mangiare gli esseri viventi,» disse papà, «così ti abbiamo procurato questo pollo. Ma nessuno di noi vuole commettere un assassinio: quel coltello omicida è a tua disposizione per compierlo.»
«Un'altra delle tue burle!» esclamò zia Tatiana scoppiando a ridere. «Tania! Maša! Sciogliete subito quella povera bestia e ridatele la libertà.»
Ci affrettammo a obbedire alla zia. Liberato il pollo, venne servito quanto avevamo preparato per il pasto: maccheroni, legumi e frutta.”

Tat'jana L'vovna Tolstaja (1864–1950) attivista russa

Origine: Anni con mio padre, p. 187

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“Finalmente, dopo sette anni di esilio a Gorky, l'impavido Andrei Sacharov è tornato a Mosca. Speriamo che Gorbaciov ci resti.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

24 dicembre 1986
il Giornale, Controcorrente – rubrica

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“S'era nell'agosto; ed in Iscaricabarilopoli, città moscosissima, nessuno rimembrava di aver mai visto negli agosti precedenti tanta copia di mosche, tal quantità di mosconi, tanti stuoli di moscerini, tali turbe di mosconcini, tal novero di mosconacci, tal moltitudine di mosconcelli, tanta folla di moschette, tanta adunanza di moscini, tanto popolo di moschettone, tanta frequenza di moscherelli, tanto spesseggiar di moscherini, tanto concorso di moschini, tanto esercito di mosciolini e tanta folta di moscioni. Scaricabarilopoli era tutta un moscaio. I signori salariavano persone apposta per moscare con gli scacciamosche, le ventole, le roste, i ventagli, i paramosche: per ogni stanza si tenevan tre o quattro piattelli con carta moschicida, cinque o sei acchiappamosche prussiani; ed il suolo era bruno per gl'innumerevoli cadaveri moscherecci. Ma non pareva, che quello sterminio le diminuisse: e le moscaiuole e i guardavivande non bastavano a riparare i cibi e le provviste. La povera gente pappava mosche in ogni pietanza. Anzi, il dottissimo Dummkopf, professore a Gottinga, nella Filosofia e Storia comparata della culinaria e della gastronomia, volume quarto, capitolo sessagesimoquinto, pagina seicentonovantotto della settima edizione, annotata dall'egregio Zeitverlust, racconta, che, abituandovisi, le trovarono finalmente gustose; e che gli Scaricabarilesi son tuttora moschivori ed educano ed ingrassano apposta in certi loro moschili sciami, o gregge di insetti. Cosa, della quale non può dubitarsi, vedendola affermata da due tali rappresentanti della scienza tedesca!”

Vittorio Imbriani (1840–1886) scrittore italiano

Origine: Da Mastr'Impicca.

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“Avevo una madrina stravagante che in una delle sue visite decise di rimediare a tutte le sue precedenti dimenticanze e di farmi un regalo sul serio. Fui così accompagnato da tutta la famiglia in un'elegante libreria di Plymouth, dove mi venne detto che potevo scegliere sei libri a mio piacimento. Non ci misi molto: volevo una sgargiante serie di Billy Bunter. Gli adulti mi dissero che non andava affatto bene, e mi propinarono un bell'assortimento di libri edificanti di Arthur Ransome sulle avventure all'aria aperta di intrepidi ragazzi inglesi. Per vendetta, furono per sempre lasciati alla polvere in cima al mio scaffale. E neppure mai aperti, finché riuscii artatamente ad abbandonarli in uno dei tanti traslochi della mia famiglia. Così, del tutto ignaro, persi l'occasione di fare la conoscenza di un autore che, secondo il corrispondente a Mosca del «Manchester Guardian», nel 1918 aveva rivelato i «trattati segreti» il cui ruolo nella Prima Guerra Mondiale era stato tanto importante, e che aveva avuto, per giunta, un flirt con la segretaria di Trockij. (Questa scoperta fatta in seguito mi stupì, come avrebbe certamente stupito moltissimo i miei parenti che mi avevano costretto a prendere Ransome.) Mia madre fu irritata per tutto il giorno: «Sciocchino, – disse.”

Christopher Hitchens (1949–2011) giornalista, saggista e critico letterario britannico

Zia Pam era talmente ben disposta che avresti potuto avere facilmente un bell'orologio da polso se lo avessi chiesto».
Ma non volevo un maledetto orologio. Volevo essere lasciato in pace con una pila di libri di mia scelta. (p. 73)
Hitch 22. Le mie memorie

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“Sarà chiamato l’incontro di Cuba, quello tra Francesco, e il patriarca di Mosca, Kirill. I leader delle due più grandi Chiese tradizionali, cattolica e russa, non possono non parlarsi. Il mondo globalizzato, per certi versi, si unisce: la distanza tra le Chiese è un non senso o, di più, uno scandalo.”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

Con data
Origine: Da Andrea Riccardi: Francesco e Kirill, l'incontro che cambia la storia http://www.famigliacristiana.it/articolo/francesco-e-kirill-lincontro-di-cuba-che-cambia-la-storia.aspx, Famigliacristiana.it, 13 febbraio 2016.

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“[Sull'assassinio di Boris Nemcov. ] Lo scopo di chi ha commesso questo omicidio era probabilmente spaventare l’opposizione. Un assassinio politico spesso ha invece l’effetto opposto, proprio come è successo in questo caso. Quando la risposta ad una certa attività politica arriva dalle armi, la gente comincia a reagire, a muoversi, a realizzare l’ingiustizia e cominciano le proteste, proprio come è successo a Mosca.”

Péter Balázs (1941) politico, diplomatico e economista ungherese

Origine: Dall'intervista Péter Balázs: “L’omicidio di Nemtsov avrà un forte impatto politico” http://it.euronews.com/2015/03/02/peter-balazs-l-omicidio-di-nemtsov-avra-un-forte-impatto-politico/, Euronews.com, 2 marzo 2015.

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“Il professor Brancaccio è un po' una mosca bianca tra noi, nel senso che è marxista. Parola ampiamente riabilitata, anzi direi che ci è a tutti professore visto come stanno andando le cose nel mondo.”

Giuliano Ferrara (1952) giornalista, conduttore televisivo e politico italiano

Origine: Da Il disegno Fiat nel programma radiofonico Parliamo con l'elefante, Radio 24, 4 maggio 2009; disponibile su EmilianoBrancaccio.it http://www.emilianobrancaccio.it/2009/05/04/ferrara-il-disegno-fiat/.

“Le bugie di Putin, le viltà d'Europa. Tra due mesi arriva il freddo. La Russia riscalda l'UE col gas, l'Ucraina con i tank. Zitti e…mosca!”

Leonardo Coen (1948) giornalista italiano

Origine: Da un tweet https://twitter.com/leocoen/status/505286988657082368, 29 agosto 2014.

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“Ricordate che oggi non ci sarebbe la marcia su Mosca, marcia che sarà infallibilmente vittoriosa, se vent'anni prima non ci fosse stata la marcia su Roma, se primi tra i primi non avessimo alzata la bandiera dell'antibolscevismo.”

Benito Mussolini (1883–1945) politico, giornalista e dittatore italiano

da Storia – idee, fatti, protagonisti, Vol. 3a, SEI
Citazioni tratte dai discorsi

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“[Enrico Berlinguer] Con il portoghese Cunhal e il francese Marchais è un vescovo della Chiesa rossa, che ha il suo Sommo Pontefice a Mosca.”

Franz-Josef Strauß (1915–1988) politico tedesco

Origine: Citato in Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Milano, Mondadori, 2006, p. 416. ISBN 88-04-54931-9

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“[…] quindi salgo subito in barca per andare a salutare, dovere di scrittore, i papiri dell'Anapo.
Si attraversa il golfo da una riva all'altra si scorge, sulla sponda piatta è spoglia, la foce di un piccolissimo fiume, quasi un ruscello, in cui si inoltra il battello.,
La corrente impetuosa è difficile da risalire. A volte si rema, volte ci si serve della gaffa fa per scivolare sull'acqua che scorre veloce tra due rive coperte di fiori gialli, minuscoli e splendenti, due rive d'oro.,
Vediamo canne sgualcite dal nostro passaggio che si impegnano essi rialzano, poi, con gli steli nell'acqua, degli iris blu, di un blu intenso, sui quali volteggiano innumerevoli libellule dalle ali di vetro, madreperlacee frementi, grandi come uccelli-mosca. Adesso, sulle due scarpate che ci imprigionano, crescono cardi giganteschi con voli voli smisurati, che allacciano le piante terrestri con le camere ruscello.,
Sotto di noi, in fondo all'acqua, di una foresta di grandi erbe ondeggianti che si muovono, galleggiano, sembrano notare nella corrente che le agita. Poi il Anapo si separa dall'antico Ciane, suo affluente. Procediamo tra le righe, aiutandoci sempre con una pertica. Il ruscello serpeggia con graziosi panorami, prospettive fiorite carine. Un'isola appare infine, piena di strani arbusti. Gli steli fragili e triangolari, alti da nove a dodici piedi, portano in cima ciuffi tondi di filamenti verdi, lunghi, essi e soffici come capelli. Sembrano teste umane divenute piante, gettate nell'acqua sacra della sorgente da uno degli dei pagani che vivevano lì una volta. È il papiro antico.,
I contadini, d'altronde, chiamano questa canna: parrucca.,
Eccone altri più lontano, un intero bosco. Fremono, mormorano, si chinano, mescolano le loro fronti pelose, le urtano, paiono parlare di cose ignote lontane.,
Non è forse strano che l'arbusto venerabile, che ci portò il pensiero dei morti, che fu gusto del genio umano, abbia, sul corpo infimo di arboscello, una grossa criniera folta e fluttuante, simile a quella dei poeti?”

Guy de Maupassant (1850–1893) scrittore e drammaturgo francese

Origine: Viaggio in Sicilia, p. 135

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“Il buon Poeta non m'annoja o stanca. Ma raro è il buon come una mosca bianca.”

Cristoforo Poggiali (1721–1811) bibliotecario, erudito ed ecclesiastico italiano

Origine: Proverbj, motti e sentenze ad uso ed istruzione del popolo, p. 51

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“Il Partito d'Azione è scomparso dalla scena della nostra storia politica appena vi si è affacciato. Gli azionisti hanno dato un contributo e hanno pagato un prezzo molto alto nella lotta di liberazione dell'occupazione tedesca e fascista del Norditalia. Non mi pare che siano ricordati con particolare gratitudine. Anzi, sono diventati un concetto – l'azionismo – non solo esecrabile, ma che in quanto tale si è trasformato in qualcosa che ha a che vedere esclusivamente con un atteggiamento di etica politica (questo sì ha dato e dà fastidio, a destra come a sinistra). "Azionista" racchiude tante e diverse cose: tutte brutte e ormai totalmente sganciate dalle persone e dalle azioni. L'azionismo è diventato una categoria dello spirito, una categoria culturale. Qual è l'immagine che si vuole dare dell'azionista, allora? Innanzitutto è un intellettuale elitario che, in fondo, disprezza la massa, vuole fare la lezione, per di più con la presunzione che sia per il suo bene. Poi, è una "mosca cocchiera", un'anima bella, un generale senza truppe. Infine. è un rigorista che vorrebbe portare nella politica l'etica dei princìpi e delle convinzioni, senza pragmatismi e compromessi. Insomma, dal punto di vista delle capacità politiche, è un pedagogo moralista e velleitario. Ce lo immaginiamo – questo "azionista" – anche come un tipo antropologico a sé: un vecchio trombone (se non nel corpo, nell'anima), magari un "professorone", un moralista che tratta quotidianamente con le grandi idee che non sporcano le mani, mentre gli altri si danno da fare e le mani se le sporcano e si compromettono (loro sì!) nella "feconda bassura" dell'esperienza (espressione kantiana), cioè della "vera vita": insomma, l'azionista è un morto vivente. Un vero disastro umano. In più, è anche un ipocrita perché, mentre incita gli altri all'azione (azionista, appunto) e a correre i rischi, lui se ne sta nella biblioteca di casa sua, oppure con gli amici, come lui "radical chic" che, se hanno un cane, ha il pedigree oppure, ostentatamente, è un cane di strada e coltivano rancore per il mondo e il popolo bue, a caviale e champagne (la gauche-caviar).”

Gustavo Zagrebelsky (1943) giurista italiano
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“[Fabrizio] chiedeva perdono a Dio per molte cose; ma, fatto notevole, non pensò neppure ad annoverare tra i suoi peccati il progetto di diventare arcivescovo, per la semplice ragione che il conte Mosca era primo ministro e giudicava quel posto e i suoi svariati privilegi convenienti al nipote della duchessa. Fabrizio l'aveva desiderato senza eccessivo slancio, è vero, però ci aveva pensato spesso, proprio come avrebbe fatto per un posto di ministro o di generale. Non gli era mai passato per la testa che la sua coscienza potesse avere voce in capitolo nel progetto della duchessa: e questo è un esempio concreto della strana forma di religione imparata da Fabrizio presso i gesuiti di Milano. È una religione che toglie il coraggio di pensare alle cose che non rientrano nelle abitudini, e vede nell'esame di coscienza il più grave di tutti i peccati, perché rappresenta un passo avanti verso il protestantesimo. Per sapere di cosa si è colpevoli, bisogna chiederlo al prete, oppure leggere la lista dei peccati così come appare nei libri intitolati "Preparazione al sacramento della Penitenza". Fabrizio sapeva a memoria la lista dei peccati redatta in latino; l'aveva imparata all'Accademia Ecclesiastica di Napoli. Mentre la recitava, arrivato alla voce "delitto", si era accusato davanti a Dio di avere ucciso un uomo, anche se per legittima difesa. Aveva rapidamente elencato, ma senza farci attenzione, i diversi articoli relativi al peccato di simonia (procurarsi attraverso il denaro le dignità ecclesiastiche). Se gli avessero chiesto cento luigi per diventare primo gran vicario dell'arcivescovo di Parma, avrebbe respinto la proposta con sdegno; ma, pur non mancando di intelligenza né di logica, non gli venne mai in mente che impiegare a suo vantaggio l'autorità del conte Mosca fosse una simonia. E qui trionfa l'educazione gesuitica: abituare la gente a non fare attenzione a cose più chiare della luce del sole. Un francese cresciuto all'insegna dell'interesse personale e nutrito di ironia parigina avrebbe facilmente, e in buona fede, accusato Fabrizio di ipocrisia, proprio nel momento in cui il nostro eroe apriva il suo cuore a Dio con la più grande sincerità e la più profonda commozione.”

Libro Primo – Capitolo XII
La Certosa di Parma

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“Considerare il diavolo un partigiano del Male e l'angelo un combattente del Bene significa accettare la demagogia degli angeli. La faccenda, in realtà, è più complessa.
Gli angeli sono partigiani non del Bene, ma della creazione divina. Il diavolo, invece, è colui che nega al mondo divino un senso razionale.
Come si sa, angeli e demoni si spartiscono il dominio del mondo. Tuttavia, per il bene del mondo non occorre che gli angeli abbiano il sopravvento sui demoni (come credevo quando ero bambino), ma che i poteri degli uni e degli altri siano all'incirca in equilibrio. Se nel mondo c'è un eccesso di senso incontestabile (dominio degli angeli), l'uomo soccombe sotto il suo peso. Se il mondo perde tutto il suo senso (dominio dei demoni), è altrettanto impossibile vivere.
Le cose che vengono private di colpo del loro senso presunto, del posto assegnato loro nel preteso ordine delle cose (un marxista formatosi a Mosca che crede agli oroscopi), provocano in noi il riso. All'origine, il riso appartiene dunque al diavolo. Vi è in esso qualcosa di malvagio (le cose si rivelano di colpo diverse da come volevano farci credere di essere), ma anche una parte di benefico sollievo (le cose sono più leggere di come apparivano, ci lasciano vivere più liberamente, smettono di opprimerci con la loro austera serietà).
Quando l'angelo udì per la prima volta il riso del maligno, restò sbalordito. Accadde durante un banchetto, la sala era gremita e i presenti durino conquistati uno dopo l'altro dal riso del diavolo, che era contagioso. L'angelo capiva benissimo che quel riso era diretto contro Dio e contro la dignità della sua opera. Sapeva di dover reagire subito, in un modo o nell'altro, ma si sentiva debole e inerme. Non riuscendo a inventare niente di nuovo, scimmiottò il suo rivale. Aperta la bocca, emise un suono intermittente, spezzato, alle frequenze più alte del suo registro vocale […], ma dandogli un significato opposto: Mentre il riso del diavolo alludeva all'assurdità delle cose, l'angelo, col suo grido, voleva rallegrarsi che tutto, quaggiù, fosse ordinato con ragione, ben concepito, bello, buono e pieno di senso.
Così l'angelo e il diavolo si fronteggiavano e, mostrandosi l'un l'altro la bocca spalancata, emettevano all'incirca lo stesso suono, ma ciascuno esprimeva col suo clamore cose radicalmente opposte. E il diavolo guardava l'angelo ridere e rideva ancora di più, ancora meglio e con più gusto, perché l'angelo che rideva era infinitamente comico.
Un riso ridicolo è un fallimento. Ciò non toglie che gli angeli abbiano ottenuto comunque un risultato. Ci hanno ingannati tutti con un'impostura semantica. Per indicare sia la loro imitazione del riso, sia il riso originale (quello del diavolo), c'è una parola sola. Ormai non ci rendiamo nemmeno più conto che la stessa manifestazione esteriore nascoste due atteggiamenti interiori assolutamente opposti. Esistono due tipi di riso e noi non abbiamo parole per distinguerli l'un l'altro.”

The Book of Laughter and Forgetting

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“La rivoluzione congolese non ha niente a che fare con quelle di Pechino, di Mosca o di Cuba. Non è fondata sulle teorie già esposte, né sulle dottrine straniere. È rivoluzionaria per la sua volontà di fare affidamento sulla popolazione e il suo scopo, che è quello di modificare il vecchio ordine delle cose. Ma si tratta di una rivoluzione veramente nazionale, essenzialmente pragmatica, nutrita dall'esperienza e identificando correttamente tutti gli aspetti della situazione del paese. Repudia totalmente il capitalismo e il comunismo, siccome egli, nella loro disputa per l'egemonia mondiale, hanno diviso le nazioni e i popoli in campi opposti.”

Mobutu Sese Seko (1930–1997) politico della Repubblica Democratica del Congo

Citazioni di Mobutu, Paroles du Président
Variante: La rivoluzione congolese non ha niente a che fare con quelle di Pechino, di Mosca o di Cuba. Non è fondata su teorie già esposte (confezionate, precostituite), né su dottrine prese in prestito. È rivoluzionaria per la sua volontà di fare affidamento sulla popolazione e per il suo scopo, che è quello di modificare il vecchio stato di cose. Ma si tratta di una rivoluzione veramente nazionale, essenzialmente pragmatica, nutrita dall'esperienza e che individua nel modo più esatto tutti gli aspetti della situazione del paese. Ripudia tanto il capitalismo quanto il comunismo, siccome l'uno e l'altro sistema, nella loro disputa per l'egemonia mondiale, hanno diviso le nazioni e i popoli in campi opposti.

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“Dopo due anni e mezzo di potere, i Khmer Rossi furono rovesciati dai vietnamiti nel Natale 1978. Nei mesi e negli anni che seguirono, Stati Uniti, Cina e i loro alleati, in particolare il governo Thatcher, sostennero Pol Pot ora in esilio in Thailandia. Era il nemico del loro nemico: il Vietnam, la cui liberazione della Cambogia non avrebbe mai potuto essere riconosciuta, perché venuta dalla parte sbagliata della guerra fredda. Per gli statunitensi, che ora sostenevano Pechino contro Mosca, era anche un regolamento di conti, dopo la loro umiliazione sui tetti di Saigon.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

Variante: Dopo due anni e mezzo di potere, i Khmer Rossi furono rovesciati dai vietnamiti nel Natale 1978. Nei mesi e negli anni che seguirono, gli Stati Uniti, la Cina e i loro alleati, in particolare il governo Thatcher, sostennero Pol Pot in esilio in Thailandia. Era il nemico del loro nemico: il Vietnam, la cui liberazione della Cambogia non avrebbe mai potuto essere riconosciuta, perché era venuta dalla parte sbagliata della guerra fredda. Per gli statunitensi, che ora sostenevano Pechino contro Mosca, era anche un regolamento di conti, dopo la loro umiliazione sui tetti di Saigon.

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“Sono la vittima di avvenimenti, una vittima degli americani, di Lon Nol, di Pol Pot, e ora dei vietnamiti e della disputa tra Pechino, Mosca e Hanoi.”

Norodom Sihanouk (1922–2012) re della Cambogia

I am the victim of events, a victim of the Americans, of Lon Nol, of Pol Pot and now of the Vietnamese and of the dispute between Peking and Moscow and Hanoi.
Citazioni tratte dalle interviste
Variante: Sono la vittima di avvenimenti, una vittima degli americani, di Lon Nol, di Pol Pot, e ora dei vietnamiti e della disputa tra Pechino, Mosca e Hanoi.

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“Dietro indicazione dei belgi, gli americani (la Cia) puntarono su Mobutu. Mobutu non si sarebbe mai rivolto a Mosca. Avrebbe fatto del Congo, diventato Zaire, una roccaforte antisovietica al centro dell'Africa. In questo senso fu un investimento proficuo per l'Occidente. Non lo fu altrettanto per il paese. Mobutu l'ha infatti saccheggiato, spogliato, rovinato.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Dietro indicazione dei belgi, gli americani (la Cia) puntarono su Mobutu. Mobutu non si sarebbe mai rivolto a Mosca. Avrebbe fatto del Congo, diventato Zaire, una roccaforte antisovietica al centro dell' Africa. In questo senso fu un investimento proficuo per l' Occidente. Non lo fu altrettanto per il paese. Mobutu l'ha infatti saccheggiato, spogliato, rovinato.

“Nei primi giorni di gennaio del 1980 fui fortunato. Kabul era invisibile. I carri armati sovietici appena arrivati, nei giorni di Natale, dall'Uzbekistan e dal Tagikistan sembravano elefanti galleggianti su un oceano immacolato, con le proboscidi, i cannoni, puntati contro il nulla. Perché la capitale era deserta. Le principali tribù a confronto in quelle ore, perlomeno a Kabul, erano comuniste. Da un lato i comunisti Khalq (popolo) e dall'altro i comunisti Parsham (bandiera). Ma lo schieramento non era cosi netto. La tragedia delle ultime settimane si era svolta con una mischia in cui era difficile distinguere le fazioni. Breznev aveva deciso di far intervenire l'Armata Rossa proprio per far cessare quella rissa tra compagni. Il segretario generale del partito sovietico era stato colpito dall'assassinio di Nuhr Mohammad Taraqi, suo amico personale. Taraqi era stato strangolato dagli uomini di Hafizullah Amin. Il quale sarebbe stato a sua volta fucilato dai sovietici, sostenitori di Babrak Karmal. Erano al tempo stesso faide personali e convulsioni rivoluzionarie, sulle quali pesavano le interferenze di Mosca.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Nei primi giorni di gennaio del 1980 fui fortunato. Kabul era invisibile. I carri armati sovietici appena arrivati, nei giorni di Natale, dall'Uzbekistan e dal Tagikistan sembravano elefanti galleggianti su un oceano immacolato, con le proboscidi, i cannoni, puntati contro il nulla. Perché la capitale era deserta. Le principali tribù a confronto in quelle ore, perlomeno a Kabul, erano comuniste. Da un lato i comunisti Khalq (popolo) e dall' altro i comunisti Parsham (bandiera). Ma lo schieramento non era cosi netto. La tragedia delle ultime settimane si era svolta con una mischia in cui era difficile distinguere le fazioni. Breznev aveva deciso di far intervenire l' Armata Rossa proprio per far cessare quella rissa tra compagni. Il segretario generale del partito sovietico era stato colpito dall'assassinio di Nuhr Mohammad Taraqi, suo amico personale. Taraqi era stato strangolato dagli uomini di Hafizullah Amin. Il quale sarebbe stato a sua volta fucilato dai sovietici, sostenitori di Babrak Karmal. Erano al tempo stesso faide personali e convulsioni rivoluzionarie, sulle quali pesavano le interferenze di Mosca.

“Non che quest'ultimo ispirasse eccessiva fiducia, ma come dittatore classico era senz'altro preferibile a una rivoluzione islamica che avrebbe potuto sconvolgere ampie e decisive regioni del pianeta. Tanto preferibile che nel settembre '80 la tentata invasione irachena dell'Iran, da cui scaturì la guerra del Golfo, non suscitò uno scandalo adeguato alla gravità dell'aggressione. Quella complice indulgenza, allora comprensibile se non proprio inevitabile, ha partorito un monster, secondo la brutale espressione di un senatore americano, o un nuovo voleur de Bagdad, secondo quella più poetica di un quotidiano francese. Un mostro o un ladro di Bagdad che dispone della forza militare più importante del Golfo e del mondo arabo, tra l'altro dotata di gas nervini come ben sanno le popolazioni civili curde, e in possesso di un arsenale atomico per fortuna ancora incompleto, ma non tanto lontano dall'esserlo. Una potenza costruita grazie agli aiuti paralleli se non congiunti o concertati di Mosca e di Washington, di Parigi e di Londra, e di tante altre capitali ansiose di vendere armi, tra le quali Roma, Varsavia, Praga, Il Cairo… Nella lista non manca il Kuwait che, per proteggersi da Khomeini, finanziò lautamente Saddam Hussein, sapendo benissimo che sotto le spoglie del protettore si nascondeva un lupo ansioso di fare dell'emirato un solo boccone. Ma tra lui e Khomeini non c'erano scelte.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Non che quest'ultimo ispirasse eccessiva fiducia, ma come dittatore classico era senz'altro preferibile a una rivoluzione islamica che avrebbe potuto sconvolgere ampie e decisive regioni del pianeta. Tanto preferibile che nel settembre '80 la tentata invasione irachena dell'Iran, da cui scaturì la guerra del Golfo, non suscitò uno scandalo adeguato alla gravità dell' aggressione. Quella complice indulgenza, allora comprensibile se non proprio inevitabile, ha partorito un monster, secondo la brutale espressione di un senatore americano, o un nuovo voleur de Bagdad, secondo quella più poetica di un quotidiano francese. Un mostro o un ladro di Bagdad che dispone della forza militare più importante del Golfo e del mondo arabo, tra l' altro dotata di gas nervini come ben sanno le popolazioni civili curde, e in possesso di un arsenale atomico per fortuna ancora incompleto, ma non tanto lontano dall'esserlo. Una potenza costruita grazie agli aiuti paralleli se non congiunti o concertati di Mosca e di Washington, di Parigi e di Londra, e di tante altre capitali ansiose di vendere armi, tra le quali Roma, Varsavia, Praga, Il Cairo... Nella lista non manca il Kuwait che, per proteggersi da Khomeini, finanziò lautamente Saddam Hussein, sapendo benissimo che sotto le spoglie del protettore si nascondeva un lupo ansioso di fare dell'emirato un solo boccone. Ma tra lui e Khomeini non c'erano scelte.
Origine: Da Il ladro di Bagdad http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/08/03/il-ladro-di-bagdad.html?ref=search, la Repubblica, 3 agosto 1990.

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“Se Mosca finì per accettare il regime parlamentare, continuò a rifiutare energicamente ed ostinatamente la democrazia sia formale sia sostanziale.”

Norberto Bobbio (1909–2004) filosofo, storico e politologo italiano

Origine: Da Introduzione a Gaetano Mosca, La classe politica, Editori Laterza, Bari, 1966, p. XXVIII.

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“Certo, la striscia di sangue sembra infinita, sia in Cecenia che a Mosca. Ma una soluzione militare non è praticabile. La forza ha dimostrato di non potere imporsi in alcun modo.”

Michail Gorbačëv (1931) politico sovietico

Origine: Citato in Gorbaciov: no alle accuse generiche http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0183_01_2004_0037_0003_1301179/, La Stampa, 7 febbraio 2004

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“Non ho fatto nulla di cui vergognarmi. Nulla che mi impedisse di guardare in faccia Dio. Non avrei fatto del male a una mosca.”

Charles Manson (1934–2017) Criminale statunitense

Origine: In AA.VV., Il libro del crimine, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018. ISBN 9788858019412