Frasi su superbo
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“Ho pensato a lungo e profondamente alla carica di ministro degli esteri e ho deciso di offrirla a Peter Carrington che – come sono sicuro che sarai d'accordo – farà un lavoro superbo.”

Margaret Thatcher (1925–2013) primo ministro del Regno Unito

da Edward Heath, "Il corso della mia vita" p. 574, Hodder and Stoughton, 1998

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“Non c'è bisogno che vi ricordi [discorso di Kien ai libri della sua biblioteca] in modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva quanto vicini siano odio e amore. La storia d'un paese che tutti noi in egual misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi attenzioni e dell'affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un crimine di proporzioni mitiche, perpetrato contro di voi da un sovrano diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell'anno 213 avanti Cristo, per ordine dell'imperatore cinese Shi Hoang-ti − un brutale usurpatore che ebbe l'ardire di attribuire a se stesso il titolo di "Primo, Augusto, Divino" − vennero bruciati tutti i libri esistenti in Cina. Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri; quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte divinatoria, agricoltura e arboticoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s'era meritato? Morì, è vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte dell'imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro dell'impero che egli aveva rivestito per più di trent'anni. Fu incatenato, gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi delitti. Oltre all'assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in questo modo il supplizio dura più a lungo; l'ultimo pensiero di questa belva assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto, nessuna famiglia a mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l'ha fatto, proprio quella storia che l'indegna canaglia, più tardi finita come ho detto, aveva voluto distruggere.”

1981, pp. 98-99
Auto da fé

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“Perdonare quelli che si sottomettono e sconfiggere i superbi.”

VI, 853
Parcere subiectis et debellare superbos.
Eneide

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“In faccia ai maligni e ai superbi | il mio nome scintillerà, | dalle porte della notte il giorno si bloccherà.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da La donna cannone, n. 1
La donna cannone

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“Il governo della Repubblica può essere superbo dell'esercito che ha preparato.”

Joseph Joffre (1852–1931) generale francese

citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 670

“Amare Dio, soprattutto. Ciascuno deve dire con tutto il cuore:"Lo amo più di tutti gli altri."”

Giuseppe Allamano (1851–1926) presbitero italiano

E non è mica superbia!
La vita spirituale

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“La gloria del superbo presto si trasforma in disonore!”
Cito ignominia fit superbi gloria.

Publilio Siro scrittore e drammaturgo romano

Sententiae

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“La superbia andò a cavallo e tornò in yacht.”

Marcello Marchesi (1912–1978) comico, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Il dottor Divago, 100 neoproverbi, p. 172

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“[La vicenda biografia di Macalda Scaletta] Della vita di que' baroni ci è saggio la storia di Macalda di Scaletta. Vedova di un Guglielmo d'Amico, esigliato al tempo degli Svevi, era andata profuga in abito di frate Minore, stette a Napoli, a Messina, e da Carlo d'Angiò ricuperò i beni confiscati al marito. Sposatasi ad Alaimo di Lentini, uno de' più fervorosi nel Vespro, tradì i Francesi che a lei, come beneficata da Carlo, rifuggiavano in Catania, della qual città suo marito fu fatto governatore. Quand'egli andò alla guerra di Messina, essa ne tenne le veci; e sui quarant'anni, pure ancor bella, generosa net donare, vestiva piastre e maglie; e con una mazza d'argento alla mano, emulava i cavalieri ne' cimenti guerreschi. Di sua onestà chi bene disse, chi ogni male. Aspirò agli amori di re Pietro, lo accompagnò, gli chiese ricovero; ma egli non volle comprenderla, di che essa pensò vendicarsi.
Alaimo fu poi fatto maestro giustiziere, e valse a reprimere i molti che reluttavano alla nuova dominazione, e acquistò tal reputazione che eccitò la gelosia dell'infante don Giacomo. La crescevano i superbi portamenti di Macalda, la quale tenevasi alta fin con Costanza, e non volea dirle regina, ma solo madre di don Giacomo; se compariva alla Corte, era per isfoggiare abiti e gioie. Contro ogni decenza, volle in un convento passar la gravidanza e il parto, sol per godere l'amenità del luogo : Costanza fu a visitarla, e n'ebbe accoglienze sgarbate; offri di levar al battesimo il neonato, e Macalda rispose non voler esporlo a quel bagno freddo, poi tre giorni appresso vel fece tenere da popolani. Costanza, mal in salute, si fece portare in lettiga da Palermo al duomo di Monreale; e Macalda essa pure, per le strade della città e fin a Nicosia in lettiga coperta di scarlatto, di che fu un gran mormorare. Re Giacomo viaggiava con trenta cavalli di scorta; e Macalda con trecento, e volea far da giustiziere, e apponeva a re Pietro di avere mal compensato coloro, che del resto l'aveano domandato compagno e non re.
Alaimo condiscendeva alla moglie, e dicono le giurasse non dar mai consigli a danno de' Francesi, anzi procurarle il ritorno in Sicilia. Se il facesse noi sappiamo; certo i re aragonesi gli si avversarono, fors'anche per la solita ingratitudine a chi più beneficò. Giacomo finge spedire Alaimo in gran diligenza a suo padre in Catalogna per sollecitarne ajuti : Alaimo va, è accolto con ogni maniera di cortesia; ma appena egli partì, la plebe di Messina, sollecitata dal Loria, lo grida traditore, affollasi alla sua casa ad ammazzare i Francesi prigionieri di guerra che vi tenea, e così quelli che stavano nelle carceri e che egli aveva salvati. Macalda accorse per sostenere i suoi fautori, ma vide il marito dichiarato fellone e confiscatigli i beni, Matteo Scaletta fratello di lei, decapitato; ella stessa chiusa in un castello, forse vi lini la vita. Alaimo, dopo alquanti anni, fu rimandato verso la Sicilia, e come fu in vista della patria isola, buttato in mare.”

Cesare Cantù (1804–1895) storico, letterato e politico italiano

Vol. IV, cap. CII, p. 177
Storia degli Italiani

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“La superbia scava abissi di odio tra i sottomessi e i soprastanti, continuamente pungolati, quest'ultimi, dall'insana smania di eccellere.”

Cesare Marchi (1922–1992) scrittore, giornalista e personaggio televisivo italiano

prefazione, p. 9
Quando siamo a tavola

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“Da dentro ai miei pensieri spiccan voli | or l'aquile superbe, or gli usignoli.”

Michele Marzulli (1908–1991) poeta, pittore e scrittore italiano

da Mi accade a volte di sognare, vv. 14-15, p. 16
C'è sempre un po' di buio

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“Oh, meglio un bacio lungo e profondo, | Che le superbe glorie del mondo!”

Giuseppe Aurelio Costanzo (1843–1913) letterato, poeta e docente italiano

Baciami, baciami, baciami ancora

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“(Che) non torri superbi e forti mura, | Non larghe fosse, non fiumi vicini | Fan da' nimici una città sicura, | Ma la fede e il valor de' cittadini.”

Niccolò Forteguerri (1674–1735) accademico e presbitero italiano

VIII, 17
Ricciardetto
Origine: Citato in Harbottle, p. 380.

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“L'America non pensa di doversi svegliare perché è e si sente sveglissima e, anche se deve sacrificare qualcosa della propria immagine sull'altare dell'impopolarità, non cambierà l'indirizzo dei propri interessi legati alla produzione e al mercato delle armi. Gli indignati che il popolo americano annovera sono pochi, poco ascoltati e poco compresi. Gli eventi, ormai non più così rari, di stragi sparpagliate in scuole o cinema non vengono collegati alla facilità di possedere armi quanto alla "stranezza" della psicologia degli assassini. L'alibi è sempre potente e rasserenante. Nessun americano, credo, considera neppure l'ipotesi della cosiddetta corresponsabilità politica. I pianti pubblici dei loro governanti sono sufficienti ad alimentare lo stupore comune e la condivisione dell'orrore. Una legislazione sul possesso di armi che, per non andare tanto lontano, basterebbe somigliasse a quella italiana sarebbe sufficiente a calmierare il fiorire di arsenali domestici. Ma, purtroppo, credo che non legifereranno in questo senso. I cowboy si toglievano il cinturone soltanto entrando nel saloon. L'America intera non può degradarsi a saloon perché vive nella convinzione della propria superiorità morale e civile. Una strage di bambini non può intaccare o intralciare una tale colpevole superbia. Vergogna!”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

da Vanity Fair, n. 1, 9 gennaio 2013
Citazioni di Mina

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“La superbia è l'unica dote apocalittica che forse giova.”

Irene Papas (1926) attrice greca

Origine: Citato in Rodolfo Giammarco, Cerco sulla scena i conflitti dell' anima, la Repubblica, 8 agosto 1998.

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] Dalle esperienze luministiche dei suoi precursori, fra cui erano anche quel Lotto che il Lomazzo […] chiama "maestro del dare il lume" e quel Savoldo in cui il Pino esalta "le ingegnose descrittioni dell'oscurità", il Caravaggio scopre "la forma delle ombre": uno stile dove il lume, non più asservito, finalmente, alla definizione plastica dei corpi su cui incide, è anzi arbitro coll'ombra seguace della loro esistenza stessa. Il principio era per la prima volta immateriale; non di corpo ma di sostanza; esterno ed ambiente all'uomo, non schiavo dell'uomo […] Che cosa importasse questo nuovo stile nei confronti col Rinascimento ch'era invece partito dall'uomo, e vi aveva sopra edificato una superba mole antropocentrica, cui anche la luce era anodina servente, è facile intendere. All'artificio, al simbolo drammatico dello stile attendeva ora il lume medesimo, non l'idea che l'uomo poteva aver formato di se stesso. Ma quando in un battito del lume una cosa assommasse, e poiché non era più luogo a preordinarla nella forma, nel disegno, nel costume, e neppure nella rarità del colore, essa non poteva sortire che terribilmente naturale. Il dirompersi delle tenebre rilevava l'accaduto e nient'altro che l'accaduto; donde la sua inesorabile naturalezza e la sua inevitabile varietà, la sua incapacità di "scelta". Uomini, oggetti, paesi, ogni cosa sullo stesso piano di costume, non in una scala gerarchica di degnità…”

Roberto Longhi (1890–1970) storico dell'arte italiano

da Quesiti caravaggeschi, "Pinacotheca", 1928-1929; citato in Caravaggio, pp. 186-187

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“Qui sopra al mar Tirren fra rotti sassi, | che mostran che già fur superbe mura, | giunto son con Amor, ch'ogni sua cura | posta ha in seguirne a ciò ch'io non te lassi…”

Antonio Tebaldeo (1463–1537) poeta italiano

da Qui sopra al mar Tirren..; citato in I capolavori della poesia italiana, a cura di Guido Davico Bonino, CDE, 1972

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“Status sociale, cultura, ricchezza, persino salute: il contrario stesso di tutto questo in Marie-Bernarde Soubirous, detta Bernadette, quattordicenne (ma con lo sviluppo di una decenne, secondo i medici che la visitarono, e non ancora donna, a causa dell'alimentazione insufficiente); asmatica; sofferente di stomaco; chiusa nel suo silenzio di timida e di introversa; analfabeta e considerata da qualche suo parente stesso incapace di imparare alcunché; incolta anche in materia religiosa, tanto da ignorare persino il mistero della Trinità; figlia della famiglia più miserabile della città; residente nella cella della prigione comunale, sgomberata dalle autorità perché considerata insalubre per gli stessi detenuti; con il padre non solo fallito e con la fama – seppure abusiva – di fannullone e di beone, ma con anche alle spalle un soggiorno in prigione per un sospetto di furto: rilasciato dopo nove giorni, si lasciò cadere l'accusa tanto era inconsistente, ma senza procedere ad alcun giudizio, così da lasciargli addosso un sospetto infamante.
Rendiamocene conto: in tutto questo, solo gli occhi della fede possono scorgere una misteriosa conformità al Vangelo e, dunque, le stigmate della verità. Solo l'adesione a una prospettiva rovesciata rispetto agli «occhi della carne» può far sentire gli echi del Magnificat intonato da Colei di cui Bernadette Soubirous fu testimone: «…ha guardato l'umiltà della sua serva […]; ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati; ha rimandato i ricchi a mani vuote…»”

Lc 1, 48 e 51 ss.
Origine: Ipotesi su Maria, p. 92

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“Oh, mentre vivo, essere un signore della vita, non uno schiavo,' | affrontare la vita come un conquistatore possente, | non irritazioni né accidia, non più lamenti o critiche, o scherni, | a queste leggi superbe dell'aria, dell'acqua, della terra provare l'anima impervia, | e che nulla d'estremo potrà mai più soggiogarmi.”

Origine: Molti dei versi tratti da queste ultime strofe di Un canto di gaudi vengono fatti leggere a turno agli alunni dal professor Keating nel film L'attimo fuggente (1989).
Origine: Foglie d'erba, Un canto di gaudi, p. 231

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“Bruno gonfalone giovanile dei miei capelli | come fatua bandiera sulle fortezze cinte d'assedio, | ahi, schioccavi verso le stelle, | superbo, raggiante. | Che n'è di te? Cosparso d'argento pendi | mollemente sulla mia gran fronte | e sotto sorride, accorta e saggia, | la mia bocca, simile a labbra amare | di soldati in fuga.”

Dezső Kosztolányi (1885–1936) poeta, scrittore e giornalista ungherese

Origine: In Lirica ungherese del '900, introduzione e traduzione di Paolo Santarcangeli, Guanda, Parma, 1962, p. 56.
Origine: Citato in Folco Tempesti, La letteratura ungherese, traduzione di Paolo Santarcangeli, Sansoni/Accademia, Firenze/Milano, 1969, p. 210.

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