Frasi su termine
pagina 7

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“Il sostantivo śaṭan ha dunque, in ebraico, il significato di «colui che si oppone», e di «avversario», anche nel senso generico di nemico di guerra. Cosí, nel libro dei Re, vengono indicati con tale termine i nemici di Salomone, mentre nei libri di Samuele śaṭan è sia Davide – in tal modo definito dai suoi antagonisti filistei – sia, in senso collettivo, i rivoltosi che si oppongono al ritorno di Davide stesso. In due passi la parola è poi impiegata nel senso tecnico di «colui che sostiene l'accusa in giudizio.»”

Giulio Busi (1960) filologo italiano

da Śaṭan שטן. Avversario, in Simboli del pensiero ebraico. Lessico ragionato in settanta voci, pp. 319-320.
Origine: [Nota presente nel medesimo testo da cui è tratta la citazione] I</small>Re <small>II.I4, II.23 e II.25</small>
Origine: [Ibid. nota precedente] <small>I</small>Sam. <small>29.4</small>
Origine: [Ibid. nota precedente] <small>I</small>Sam. <small>19.23

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“Così secondo opinione nacquero queste cose e ora sono
E da ora in poi cresceranno e avranno un termine;
ad esse gli uomini posero un nome come distintivo per ciascuna.”

Parmenide (-501–-470 a.C.) filosofo greco antico

frammento 19
Frammenti di alcune opere, Poema sulla natura

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“Al Tappone ha voluto festeggiare il suo 72° compleanno nel solco della tradizione: raccontando balle. Ha fatto la solita lista di processi a suo carico, esagerando un po' ("100 procedimenti, 900 magistrati che si sono occupati di me e del mio gruppo, 587 visite della polizia giudiziaria, 2500 udienze, 180 milioni di euro per le parcelle di avvocati e consulenti") e senza rendersi conto che anche un decimo di quelle cifre in qualunque altro paese avrebbe catapultato il premier, se non in galera, almeno fuori da Palazzo Chigi. Ha ripetuto di essere "sempre stato assolto", mentre ha avuto 6 prescrizioni perché lui stesso ha dimezzato i termini di prescrizione (controriforma del falso in bilancio e legge ex-Cirielli) e 2 assoluzioni perché "il fatto non costituisce più reato" in quanto lui stesso l'ha depenalizzato (sempre il falso in bilancio). Ha raccontato che la legge Alfano è "comune ad altri Paesi europei", mentre non esiste democrazia al mondo che preveda l'immunità per il premier (Grecia, Portogallo, Francia e Israele la contemplano solo per il capo dello Stato). E s'è dimenticato di spiegare come mai, appena passato il Dolo Alfano, il suo avvocato on. Niccolò Ghedini annunciò che lui non l'avrebbe usato perché voleva essere assolto, mentre ora pretende di applicarlo pure al coimputato Mills con la sospensione urbi et orbi del processo.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

I padrini ricostituenti, 30 settembre 2008
l'Unità

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“Alla parola "moralità", il Cavaliere chiama Bonaiuti e chiede un dizionario: dev'essere un termine australiano, comunque arcaico.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

da Chi vuol essere milionario, 13 dicembre 2007

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“Negli ultimi decenni in Italia è divenuta corrente l'abitudine a discutere se il termine nicciano di Übermensch debba essere tradotto come Superuomo o come Oltreuomo. A questo rispettabile quesito filologico si unisce spesso anche un'inutile e fuorviante diatriba politica, sul fatto cioè che il termine Superuomo è di "destra", mentre il termine Oltreuomo è di "sinistra". Questa diatriba è ideologica, non filosofica. Si tratta di una diatriba interminabile, che rischia di non cogliere mai il centro storico del problema. Infatti Nietzsche, che, come persona, ai suoi tempi era ideologicamente piuttosto di "destra", come filosofo (che è la sola cosa che conta) non è né di destra né di sinistra, in quanto ha di mira soprattutto una critica radicale dell'intera cultura borghese, cui Hegel, aveva a suo tempo conferito un profilo "ideale" non coincidente con il capitalismo e con la sua dimensione economica. In una fase storica in cui il capitalismo si globalizza e si universalizza nel mondo intero, ed è perciò del tutto post-borghese (e post-proletario), la filosofia di Nietzsche non cambia di natura, ma muta di funzione. Quando si trattava di bastonare i proletari rivoluzionari, lo Übermensch era un Superuomo. Una volta bastonati e resi innocui i proletari, quando si tratta di sciogliere e distruggere gli ultimi resti dell'eticità borghese hegeliana, lo Übermensch può diventare un innocuo ed educato Oltreuomo. È questa la chiave storica per affrontare il segreto di Nietzsche.”

Costanzo Preve (1943–2013) filosofo e saggista italiano

Origine: I Secoli Difficili, p. 96

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“Dal luogo in cui era stato rinchiuso in attesa della condanna, Socrate è invitato dai discepoli a fuggire. Ma la sua risposta è perentoria: "Vi ho insegnato per tutta la vita a ubbidire alle leggi e voi mi invitate a trasgredirle al termine della mia esistenza. Quello che avevo da insegnarvi ve l'ho comunicato. Il mio ciclo si è concluso". Non c'è traccia d'angoscia, senso di disperazione, malinconia per una vita giunta alla fine, c'è solo coerenza tra un insegnamento e una vita. Anche la drammaticità del momento viene asservita alle esigenze dell'insegnamento per renderlo più persuasivo, più efficace. E se il momento è vigilia di morte, lo si affronti in tutta dignità. "Ma infine, Socrate, dicci in quale modo dobbiamo seppellirti?", incalzano i discepoli. "Come volete", rispose. E, ridendo tranquillamente, proseguì: "O amici, io non riesco a convincere Critone che il vero Socrate è quello che ora qui discute con voi e non quello che, da qui a poco, egli vedrà morto”

Umberto Galimberti (1942) filosofo e psicoanalista italiano

Fedone 115 e). I discepoli lo pregano di attendere, come altri avevano fatto, il tramonto del sole. Ma Socrate vuole evitare di rendersi ridicolo aggrappandosi alla vita quando ormai non ce n'è più. Beve d'un fiato il veleno "senza temere, senza alterare il colore né l'espressione del viso, ma, guardando com'era solito i discepoli con i suoi occhi da toro, disse: 'Che ne pensi? Con questa bevanda è lecito fare libagione a qualcuno o no?'" (Fedone 117 b). Indi riprese a passeggiare finché non sentì le gambe pesanti, allora si sdraiò, e quando le parti del corpo cominciarono a farsi fredde disse: "'Critone, dobbiamo un gallo ad Esculapio; dateglielo e non dimenticatevené. 'Sarà fatto', rispose Critone, 'ma vedi se hai qualcos'altro da dire'. A questa domanda Socrate non rispose più nulla" (Fedone 118 a).

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“Luglio. Caldo. In città i due termini sono sinonimi, significano la stessa cosa. […] Caldo e Luglio, due gemelli nati per far soffrire la gente.”

Ed McBain (1926–2005) scrittore e sceneggiatore statunitense

Origine: Da Lo spettacolo è finito.

“Sappiamo che esiste un animalismo classico, potremmo dire animalista, che sostiene i diritti di tutti gli esseri senzienti e combatte la discriminazione sottolineando la continuità biologica e psicologica tra l'uomo e gli altri animali. C'è poi un animalismo che potremmo definire ambientalista. In questo caso si insiste sul danno arrecato all'ambiente dagli allevamenti intensivi, sullo spreco di risorse come acqua e cereali dovuto all'alimentazione carnivora e così via. Io sostengo anche la causa di un animalismo che definisco umanista. Da un lato, a chi mi fa notare che nessun animale ha raggiunto risultati paragonabili a quelli umani in termini di intelligenza e creatività, rispondo che è indiscutibilmente vero, ma che proprio questa superiorità accresce i doveri umani. Noblesse oblige dicono i francesi, non oblesse exempte. La nobiltà, il rango, comportano più obblighi, non più privilegi. E quindi aggiungo un altro elemento al mio animalismo umanista, la pietà per il boia. […] E il mio pensiero va a quegli operai che lavorano nei mattatoi, spesso persone senza tutele, ricattabili, magari immigrati messicani negli Stati Uniti senza permesso di soggiorno. A loro viene delegato il compito di uccidere, passando giornate intere immersi nella merda e nel sangue. È da questo pensiero che nasce la mia proposta, che nessun parlamento vorrà mai esaminare, di istituire un "servizio carnefice" obbligatorio per i carnivori: almeno una settimana all'anno da passare lavorando in un mattatoio. Io credo che dobbiamo liberare la nostra umanità dalle sue barbarie. Anche questa è una possibile finalità per la lotta animalista.”

Luigi Lombardi Vallauri (1936) filosofo italiano
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“Fu Gino Raya, nel 1926, a porsi per primo in termini spregiudicati il problema del realismo tempiano.”

Origine: Citato in Antonio Aniante, La Fiera Letteraria, n. 17, aprile 1973.

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“Passò molto tempo. Gallardo non sapeva con certezza se avesse dormito o no. Tutto a un tratto risuonò la voce di doña Sol a scuoterlo da quella pesante somnnolenza. Aveva lasciato da parte la sigaretta dalle azzurre spirali e, con voce sommessa dava risalto alle parole, imprimendovi appassionati tremori, cantava accompagnandosi al piano.
Il torero tese gli orecchi per capire qualcosa... Neanche una parola. Erano canzoni straniere. «Accidenti! Perché non un tango o una soleà…? E poi si vorrebbe che un cristiano non si addormentasse!»
Doña Sol posava le dita sui tasti, mentre i suoi occhi vagavano in alto, gettando indietro il capo, mentre il petto solido le tremava con i sospiri musicali.
Era la preghiera di Elsa, il lamento della bionda vergine che pensava all'uomo forte, il bel guerriero invincibile per gli uomini, dolce e timido con le donne.
Pareva sognare mentre cantava, imprimendo alle parole fremiti passionali e gli occhi le si riempivano di lacrime di commozione. L'uomo semplice e forte, il guerriero, forse era lì, dietro di lei… Perché no?
Non aveva l'aspetto leggendario dell'altro, era rude e goffo, ma lei vedeva ancora, con la lucidità di un saldo ricordo, la gagliardia con cui pochi giorni prima era corso in suo aiuto, la sorridente fiducia con cui aveva lottato contro un animale feroce, così come gli eroi wagneriani lottavano contro draghi terrificanti. Sì, era lui il suo guerriero.
E, scossa dai talloni fino alla radice dei capelli da un timore voluttuoso, dandosi anticipatamente per vinta, credeva di intuire il dolce pericolo che si avvicinava alle sue spalle. Vedeva l'eroe, il paladino levarsi lentamente dal divano con quei suoi occhi arabi fissi su di lei; ne sentiva i cauti passi, percepiva le mani di lui posarsi sulle sue spalle; poi un bacio infuocato sulla nuca, marchio di passione che la segnava per sempre, facendola sua schiava… Ma la romanza terminò senza che accadesse niente, senza sentire sulla schiena altra pressione che non fosse quella dei suoi fremiti di timoroso desiderio.”

Vicente Blasco Ibáñez (1867–1928) scrittore, sceneggiatore e regista spagnolo

Origine: Sangue e arena, pp. 115-116

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“Benche intorno a' corpi gravi diversissime cose si potessero considerare, tutte belle, et tutte curiose, però non cercaremo altro, se non che forte di linea sia quella, per la quale si move esso grave, mercé prima dall'interna gravità, poi del proiciente, e finalmente dell'uno et dell'altro accoppiati insieme, per vedere, se vi havessero che fare le Settioni Coniche, et quali siano quando ciò sia vero.
Dico adunque, se noi consideraremo il moto del grave fatto per la sola interna gravità, in qualcunque modo poi ella si operi, che quello sarà sempre indrizzato verso il centro universale delle cose gravi ciò è verso il centro della terra, et universalmente conspirare tutti i gravi a questo centro, poiché si veggono in tutti i luoghi della superficie terrestre scendere non impediti a perpendicolo sopra l'Orizonte […].
Dico piú oltre, che considerato il mobile che da un proiciente viene spinto verso alcuna parte, se non havesse altra virtú motrice, che lo cacciasse verso un'altre banda, andarebbe nel luogo segnato dal proiciente per dritta linea, mercè della virtú impressali pur per dritta linea, dalla quale drittura non è ragionevole, che il mobile si discosti, mentre non vi è altra virtú motrice, che ne lo rimova, e ciò quando fra di duoi termini non sia impedimento; come per esempio una palla d'Artiglieria uscita dalla bocca del pezzo, se non havesse altro, che la virtú [motrice] impressali dal fuoco, andarebbe a dare di punto in bianco nel segno posto a drittura della canna, ma perche vi è un altro motore, che è l'interna gravità di essa palla, quindi avvienne, che da tal drittura sia quella sforzata deviare, accostandosi al centro della terra. […]
Dico ancora, che quel proietto non solo andarebbe per dritta linea nel segno opposto, ma che in tempi eguali passarebbe pur spatij eguali della medesima linea, mentre che il mobile fosse a tal moto indifferente; e mentre ancora il mezzo non li facesse qualche resistenze, poiche non ci farebbe causa di ritardarsi, ne di accelerarsi. […] Si che il grave, mercè della interna gravità, non anderà se non verso il centro della terra, ma quello, mercè della virtú impressali, potrà incaminarsi verso ogni banda.”

Bonaventura Cavalieri (1598–1647) matematico italiano

da Lo Specchio Ustorio, pp. 153 sgg.; citato in Koiré 1979, pp. 300 sgg.

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“Resta fermo che il termine «liberale» nasce da un'auto-designazione orgogliosa, che ha al tempo stesso una connotazione politica, sociale e perfino etnica. Siamo in presenza di un movimento e di un partito che intendono chiamare a raccolta le persone fornite di un'«educazione liberale» e autenticamente libere, ovvero il popolo che ha il privilegio di essere libero, la «razza eletta» – per dirla con Burke –, la «nazione nelle cui vene circola il sangue della libertà». Tutto ciò non è stupefacente. Come è stato chiarito da eminenti studiosi delle lingue indoeuropee, «liberi» è una «nozione collettiva», è un segno di distinzione che compete ai «ben nati» e solo a loro. Proprio per questo, al di fuori della comunità dei liberi e dei ben nati, la servitù o la schiavitù non solo non è esclusa ma è perfino presupposta. Agli occhi di Cicerone, alla testa dei liberi populi è Roma, che pure procede alla schiavizzazione in massa dei popoli sconfitti e considerati indegni della libertà. In modo analogo, nell'Inghilterra liberale del XVIII secolo, una canzone divenuta assai popolare (Rule Britannia) così inneggia all'impero che ha da poco strappato alla Spagna l'asiento, il monopolio della tratta dei neri: «Questo fu il suo privilegio divino, / che gli angeli cantarono in coro: / Oh Britannia, comanda alle onde, / Mai gli inglesi saranno schiavi».”

Domenico Losurdo (1941–2018) filosofo italiano

cap. VIII, 1, p. 242

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“Proprio l'atteggiamento anti-classico, con cui gli opposti diventano i termini diadici di una tensione esistenziale fino ad una tragica identificazione («Dioniso contro il Crocifisso» diventerà 'Dioniso crocifisso'), costituisce lo stigma profondo di una filosofia in cui la «magia degli estremi» si risolve nella magia di una lotta a cui non è risparmiato l'orrore d'un sanguinoso campo di battaglia, di una atroce autodafé. […] Sia in Jean Paul che in Nietzsche, la follia centrifuga in cui si disgrega l'edificio cosmico, la polverizzazione ontologica, la rottura di tutte le coordinate discendono dall'assenza di un centro di gravità costituito appunto da un Summum Ens.”

Ferruccio Masini (1928–1988) germanista, critico letterario e traduttore italiano

da Parte seconda, cap. quinto, L'autodafé del nichilismo, p. 171
Lo scriba del caos
Origine: Il riferimento è a Jean Paul, Discorso di Cristo morto dall'alto dello universo, in cui si afferma che Dio non è, in app. a F. Masini, Nichilismo e religione in Jean Paul, Bari, 1974, pp. 107 ss. [Jean Paul, Rede des toten Christus, in Werke, a cura di N. Miller e G. Lohmann, 6 voll., München, 1959-1963, II, pp. 266-271]. Lo scriba del caos, nota a p. 172.

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“[…] come concepire la pena, come ordinare il carcere? Pura retribuzione, o vendetta, della comunità lesa nel suo diritto di sicurezza e di tranquillità, oppure anche tentativo di promuovere e di favorire la liberazione del condannato dalla scelta delinquenziale? Se non ci si abbandona a un istinto sommario ma si vuole riflettere secondo razionalità, bisogna riconoscere che la seconda alternativa, per quanto complessa e difficile, difende meglio, più a fondo, l'interesse collettivo. Il pianeta carcere con i suoi abitanti non può essere considerato qualcosa di siderale, di «totalmente altro» da noi che ne stiamo fuori. È una parte della società che, a causa dei suoi comportamenti antisociali, dei reati commessi violando le leggi, sconta la pena inflitta al termine di un processo non solo legittimo ma doveroso, inderogabile. Dunque la società libera non può lavarsene le mani come se non la riguardasse, deve, al contrario, farsene carico. […] non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose (la prevenzione, di cui tanto si parla, non è delegabile interamente agli organi di polizia, è compito di tutti […]).”

Mario Gozzini (1920–1999) scrittore, politico e giornalista italiano

cap. 1, 2: p. 6
La giustizia in galera?

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“Al termine del viaggio un uomo che muore deve dire alla vita: «È solo questo? Se avessi saputo!»”

Xavier Forneret (1809–1884) poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo

Citato in Dictionnaire des citations, sous la direction de Robert Carlier, Jean-Louis Lalanne, Pierre Josserand e Samuel S. de Sacy, Citato in Maurice Toesca, Un homme heureux

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“Appare evidente che investire nella prevenzione primaria non rende in termini elettorali. I risultati si percepiscono nel lungo periodo e non sono spendibili subito, mentre al politico interessano proposte di immediata attuazione. Inoltre, la prevenzione è globale e non genera interessi economici focalizzati ai pochi gruppi di potere.”

Luigi Gaetti (1959) politico e medico italiano

Origine: Citato in Senato della Repubblica Italiana – Legislatura XVII – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 235 del 23 aprile 2014. Roma, 23 aprile 2014.

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“Iura novit curia? L'interrogativo, più che lecito, è doveroso di fronte al principio di diritto affermato dalla I Sezione penale della Corte di cassazione nella presente sentenza (così definita dalla stessa Corte, anche se parrebbe trattarsi di una ordinanza), a proposito dei criteri di computo dei termini di durata della custodia cautelare fissati per le diverse fasi del giudizio, con particolare riguardo all'incidenza su tale computo dei giorni in cui si sono tenute le udienze. […] Perché mai la Corte di cassazione sia incorsa in un simile sbandamento interpretativo, tanto più in una vicenda processuale di estrema delicatezza, che di per sé avrebbe richiesto il massimo di ponderazione da parte dei giudici della I Sezione penale (i quali, invece, non sembrano essersi impegnati come avrebbero dovuto, almeno a giudicare dalla frettolosità e dalla modestia della motivazione addotta a sostegno della loro pronuncia), è un quesito cui non saprebbe darsi una risposta soddisfacente. Probabilmente la Corte è stata sviata, oltreché dall'andamento della discussione di fronte alla Corte d'assise d'appello, e dall'erronea impostazione già emergente dalle ordinanze impugnate), anche dalla sorprendente assenza di iniziativa mostrata dal rappresentante della procura generale, che nel chiedere l'annullamento delle medesime ordinanze non si è neppure prospettato — a quanto pare — il problema della necessaria neutralizzazione ope legis dei giorni di udienza ai sensi dell'art. 297, 4° comma c. p. p. Senonché tutto ciò non basta a giustificare il contenuto approssimativo e superficiale della decisione annotata, almeno per chi creda ancora nella Corte di cassazione quale «organo supremo della giustizia», cui compete di assicurare «l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge». Il bilancio è mortificante, come sempre quando capita — e non è la prima volta, sebbene si tratti fortunatamente di episodi isolati — di registrare errori di diritto tanto vistosi da parte della Corte di cassazione. Ed allora, se è permesso riprendere l'interrogativo con cui si sono aperte queste brevi osservazioni «a caldo», occorre davvero domandarsi fino a che punto sia consentito ai giudici della Corte regolatrice di ignorare il diritto di cui dovrebbero essere i massimi tutori: o forse si deve ritenere che, almeno per certi giudici, debba ormai valere l'inedito brocardo per cui ignorantia legis excusat?”

Vittorio Grevi (1942–2010) giurista e editorialista italiano

da Una erronea interpretazione in tema di congelamento dei giorni di udienza ai fini dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio, In Giurisprudenza italiana, 1991, Disp. 5a, Parte II

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“In altri termini, più forte della ragione è, nell’uomo comune, la paura d’usarla. […] Ma è così: l’uomo […] si china alle contraddizioni grottesche e alle buffe scappatoie. […] Una selva di domande s’affaccia in un momento; e l’una è legata all’altra, sì che non puoi dire: comincio da questo punto o da quello… È un bene la vita? è un male? Se è un bene, perché viene a cessare? Se è un male, perché c’è dato? E ancora: se è un male, perché tanta sua parte è bella e buona? E se è un bene, perché vedo tanto male intorno a me e anche dentro di me? Che cosa mi si offre, in compenso di questo male, così che io possa dire in piena coscienza: “Sì, la vita è, in fondo, solamente un bene”? E che cosa, soprattutto, mi verrà dato al posto del bene che dovrò cedere da un momento all’altro? Ho bisogno di sapere “se ciò che qualcuno ci prende,/ c’è qualch’altro che ce lo rende!” (G. Pascoli, Commiato, in Canti di Castelvecchio).
Quest’idea del compenso fa apparir chiaro che il problema di cui stiamo parlando coincide con quello, notissimo, della felicità: tormento vano della ragione umana e suo scoglio invalicabile. Dunque anche il Pensiero con la maiuscola […] non sa rispondere agli enigmi della vita e della morte. La risposta verrà solamente dal Verbo, fattosi carne e “sapienza nostra” (S. Paolo, 1a Corinzi, 1, 30): vera sapienza, antagonista vittoriosa di quella umana, che è “stoltezza dinanzi a Dio” (Id., 3, 19).”

Franco Fochi (1921–2007) linguista e saggista italiano

Origine: La festa turbata, p. 22

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“Ogni psicologia che sceglie come sua meta l'anima deve parlare in termini immaginativi.”

James Hillman (1926–2011) psicoanalista, saggista e filosofo statunitense

Re-visione della psicologia

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“Manders: Ha l'impressione che letture di questo genere la rendano migliore o più felice?
Signora: Mi sembra che mi diano una specie di serenità.
Manders: Curioso. In che modo?
Signora: Ci trovo come la spiegazione e la conferma di molte cose alle quali ho già riflettuto per conto mio. Questa appunto è la cosa strana, signor pastore… in quei libri, in fondo, non c'è nulla di nuovo; nulla più di quel che il mondo pensa e crede in generale. Ma il fatto è che il mondo non se ne rende conto e non vuole confessarselo.
Manders: Oh, per l'amor di Dio! Crede sul serio che il mondo…
Signora: Certo che lo credo.
Manders: Sì, ma non in questo paese? Non qui da noi?
Signora: Ma sì, anche qui da noi.
Manders: Bene, le garantisco che…!
Signora: D'altronde che cosa ha da obiettare contro questi libri?
Manders: Obiettare? Non vorrà già credere ch'io mi sia mai dato all'esame di opere di quel genere?
Signora: In altri termini, lei non conosce affatto ciò che condanna?
Manders: Ho letto abbastanza di quel che si scrive intorno a questi libri per disapprovarli.
Signora: Sì, ma la sua opinione personale…
Manders: Cara signora Alving, nella vita vi sono casi in cui bisogna fidarsi dell'opinione altrui. Così è in questo mondo; ed è bene che sia così. Altrimenti che ne sarebbe della società umana?”

Henrik Ibsen (1828–1906) scrittore, drammaturgo e poeta norvegese

1959, p. 21
Gli spettri
Origine: Helene Alvig

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“Le leggi siano scritte in lingua patria, nel proprio Stato e con termini i più naturali, i più chiari ed i più brevi che si possa.”

Carlo Antonio Broggia (1698–1767) economista italiano

Origine: Biblioteca Comunale di Palermo, ms. 2 Qq. D. 115, f. 62.
Origine: Citato in Raffaele Ajello, Arcana Juris, Diritto e politica nel Settecento italiano, p. 382

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“Il termine (lord Kelvin) nel suo grande lavoro Dissipation of Energy (1852).”

Charles Singer (1876–1960)

da Breve storia del pensiero scientifico, traduzione di Flora Tedeschi Negri, Einaudi, 1961, p. 343

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“La teologia è il tentativo di spiegare l'inconoscibile nei termini di ciò che non vale la pena conoscere.”

Henry Louis Mencken (1880–1956) giornalista e saggista statunitense

Trattato sugli dei

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“"Grazie alla scienza abbiamo imparato a calibrare numeri, dosi e funzioni, evitando ogni sofferenza all'animale… bisogna evitare di manipolare la realtà inventandosi la pratica (inesistente) della vivisezione" asserisce Elena Cattaneo […] Ma l'esistenza stessa delle deroghe, sempre più di frequente accordate, per testare senza anestesia, proprio affinché l'animale provi dolore, contrasta irrimediabilmente con tali affermazioni, e, più in generale, l'intera sperimentazione animale si basa su interventi che impongono atroci sofferenze fisiche e psicologiche […] La realtà di laboratorio descritta dall'onorevole Cattaneo parla di pochi animali trattati magnificamente in contesti ameni […] Purtroppo però video, immagini, testimonianze dirette e le stesse pubblicazioni scientifiche ci descrivono una realtà opposta. Come credere, allora, al resto? Quale senso e valore attribuire all'esortazione, rivolta agli "animalisti", ad accettare una diagnosi ineluttabile (la vivisezione non può tramontare) da parte di una scienza che, contraddizione in termini, rifiuta il progresso? È come se l'imprenditoria contemporanea perorasse l'utilizzo degli schiavi, prendendo a modello il Colosseo o le piramidi.”

Margherita D'Amico (1967) scrittrice e giornalista italiana

Origine: Da La scienza che vuol rimanere all'era degli schiavi http://richiamo-della-foresta.blogautore.repubblica.it/2016/02/11/la-scienza-che-vuol-rimanere-allera-degli-schiavi/, richiamo-della-foresta.blogautore.repubblica.it, 11 febbraio 2016.

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