Frasi su animali
pagina 21

Peter Singer photo
Ambrose Bierce photo
Susanna Tamaro photo
Mary Midgley photo
Giamblico photo
Wayne Pacelle photo
Philip K. Dick photo

“Certa gente perde una creatura amata e tira dritto e sposta il proprio affetto su un'altra. Ma è doloroso. Troppo doloroso. L'amore supera l'istinto. Quando ami smetti di vivere per te stesso. Vivi per un'altra persona. La sofferenza è l'emozione più forte che un uomo o un bambino o un animale possano provare. E' una buona sensazione. La sofferenza ti spinge a lasciare te stesso. Esci dal tuo piccolo e limitato guscio. E non puoi soffrire se prima non hai amato. La sofferenza è l'esito finale dell'amore, perché è amore perduto. È il completamento del ciclo dell'amore: amare, perdere, soffrire, lasciare e lasciarsi, poi amare di nuovo. Soffrire è la consapevolezza che dovrai essere solo, e al di là di questo non c'è nulla, perché essere solo è il destino ultimo, definitivo di ogni creatura vivente. Ecco cos'è la morte: la grande solitudine. La conoscenza della mancanza di coscienza. Quando moriremo non ce ne accorgeremo, perché morire è perdere tutto quanto. Ma soffrire è morire ed essere vivi allo stesso tempo. L'esperienza più assoluta, più totale che si possa provare. È troppo. Il corpo arriva quasi a distruggersi, con tutti quei sussulti, quelle contorsioni. Ma io voglio provare dolore. Versare lacrime. La sofferenza ti unisce di nuovo a ciò che hai perso. E' una fusione. Te ne vai anche tu con la cosa o la persona amata che scompare. In un certo senso, ti dividi da te stesso e l'accompagni, fai con lei una parte del viaggio. La segui sin dove ti è concesso spingerti. Ma alla fine, la sofferenza se ne a e tu torni in sintonia con il mondo. Senza l'altro. E riesci ad accettarlo. Che altra scelta abbiamo? Piangi, continui a piangere, perché non torni mai del tutto indietro dal posto in cui sei andato con l'altro. Un frammento che si è staccato dal tuo cuore pulsante è ancora là. C'è una lesione. Una ferita che non guarisce mai. E se ti succede una volta e un'altra e un'altra volta ancora, col tempo se ne va una parte troppo grande del tuo cuore e non riesci più a soffrire. E allora tu stesso sei pronto a morire. Salirai la scala in diagonale e qualcun altro resterà indietro a soffrire per te.”

Flow My Tears, the Policeman Said

“Di solito non parlo con gli sconosciuti. Non mi piace parlare con chi non conosco. E non per via della famosa frasa Non Dare Confidenza Agli Sconosciuti che ci ripetono continuamente a scuola, che tradotto vuol dire non accettare caramelle o un passaggio da uno sconosciuto perché vuole fare sesso con te. Non è questo che mi preoccupa. Se un estraneo mi toccassse lo colpirei immediatamente, e io so colpire molto forte. Come per esempio quella volta che ho preso a pugni Sarah perché mi aveva tirato i capelli e l’ho fatta svenire e le è venuta una commozione cerebrale e avevano dovuto portarla al pronto soccorso. E poi ho sempre con me il mio coltellino svizzero che ha una lama a seghetto in grado di tranciare le dita a un uomo.
Non mi piacciono gli estranei perché non mi piacciono le persone che non conosco. Sono difficili da capire. È come essere in Francia, dove andavamo qualche volta in campeggio quando mio madre era ancora viva. E io odiavo la Francia perché se entravo in un negozio o in un ristorante o andavo in spiaggia non capivo quel che dicevano, e la cosa mi terrorizzava.

Ci metto un sacco di tempo per abituarmi alle persone che non conosco. Per esempio, quando c’è una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali e qual è il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.”

The Curious Incident of the Dog in the Night-Time

Gerald Durrell photo
Joe R. Lansdale photo
Jenny Offill photo

“«Una volta» disse mia madre «non esisteva il buio totale. Persino di notte, la luna era luminosa quanto il sole. L’unica differenza stava nella luce, che era blu. Vedevi tutto per chilometri e chilometri e non faceva mai freddo. Si chiamava crepuscolo».
«Perché crepuscolo?».
«Perché è una parola in codice per cielo blu». Mi ero ricordata che si diceva codice blu quando moriva qualcuno, e anche questo aveva a che fare con il cielo.
Un giorno Dio aveva chiamato il pipistrello per dargli una cesta da portare sulla Luna. La cesta era piena di buio, ma Dio non aveva detto al pipistrello cos’era, solo “Portala sulla luna, poi quando torni ti spiego tutto”. Così il pipistrello parte in cerca della luna con la cesta in groppa. Mentre vola verso il cielo, la luna lo vede e si nasconde dietro una nuvola. Il pipistrello è stanco, e si ferma a riposare. Depone la cesta e va in cerca di qualcosa da mangiare. Mentre è a caccia, arrivano altri animali (più che altro lupi e cani, e anche un tasso con una zampa rotta). Pensando che nella cesta ci sia del cibo, gli animali alzano il coperchio, ma dentro c’è solo il buio, e loro non l’hanno mai visto. I cani e i lupi cercano di tirarlo fuori e di giocarci, ma gli guizza tra i denti e scivola via. In quel momento torna il pipistrello, apre la cesta e la trova vuota. Gli altri animali spariscono nella notte e il pipistrello si alza in volo per andare a riprendere il buio. Lo vede dappertutto, ma non riesce proprio a infilarlo di nuovo nella cesta. Per questo il pipistrello ancora oggi dorme tutto il giorno e vola di notte. Cerca sempre di riprendere il buio.”

Jenny Offill (1968)

Le cose che restano

Umberto Eco photo

“Il cretino non parla neppure, sbava, è spastico. Si pianta il gelato sulla fronte, per mancanza di coordinamento. Entra nella porta girevole per il verso opposto."
"Come fa?"
"Lui ci riesce. Per questo è cretino. Non ci interessa, lo riconosci subito, e non viene nelle case editrici. Lasciamolo lì."
"Lasciamolo."
"Essere imbecille è più complesso. È un comportamento sociale. L'imbecille è quello che parla sempre fuori del bicchiere.
"In che senso?"
"Così". Puntò l'indice a picco fuori del suo bicchiere, indicando il banco. "Lui vuol parlare di quello che c'è nel bicchiere, ma com'è come non è, parla fuori. Se vuole, in termini comuni, è quello che fa la gaffe, che domanda come sta la sua bella signora al tipo che è stato appena abbandonato dalla moglie. Rendo l'idea?"
"Rende. Ne conosco."
"L'imbecille è molto richiesto, specie nelle occasioni mondane. Mette tutti in imbarazzo, ma poi offre occasioni di commento. Nella sua forma positiva, diventa diplomatico. Parla fuori del bicchiere quando la gaffe l'hanno fatta gli altri, fa deviare i discorsi. Ma non ci interessa, non è mai creativo, lavora di riporto, quindi non viene a offrire manoscritti nelle case editrici. L'imbecille non eice che il gatto abbaia, parla del gatto quando gli altri parlano del cane. Sbaglia le regole di conversazione e quando sbaglia bene è sublime. Credo che sia una razza in via di estinzione, è un portatore di virtù eminentemente borghesi. Ci vuole un salotto Verdurin, o addirittura casa Guermantes. Leggete ancora queste cose voi studenti?"
"Io sì."
"L'imbecille è Gioacchino Murat che passa in rassegna i suoi ufficiali e ne vede uno, decoratissimo, della Martinica. 'Vous êtes nègres?" gli domanda. E quello: "Oui mon général!". E Murat: "Bravò, bravò, continuez!" E via. Mi segue? Scusi ma questa sera sto festeggiando una decisione storica della mia vita. Ho smesso di bere. Un altro? Non risponda, mi fa sentir colpevole. Pilade!"
"E lo stupido?"
"Ah. Lo stupido non sbaglia nel comportamento. Sbaglia nel ragionamento. È quello che dice che tutti i cani sono animali domestici e tutti i cani abbaiano, ma anche i gatti sono animali domestici e quindi abbaiano. Oppure che tutti gli ateniesi sono mortali, tutti gli abitanti del Pireo sono mortali, quindi tutti gli abitanti del Pireo sono ateniesi."
"Che è vero."
"Sì, ma per caso. Lo stupido può anche dire una cosa giusta, ma per ragioni sbagliate.”

Umberto Eco (1932–2016) semiologo, filosofo e scrittore italiano
George Orwell photo
Erri De Luca photo
Christa Wolf photo
Italo Calvino photo
Giorgio Faletti photo
Henry David Thoreau photo
Alessandro Baricco photo
Leonard Cohen photo
Michel Houellebecq photo
Keith R. A. DeCandido photo
Henry David Thoreau photo
Ben Lerner photo
Marguerite Yourcenar photo
Jonathan Safran Foer photo
Rainer Maria Rilke photo

“Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò. Si devono avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

Álvaro Mutis photo
Halldór Kiljan Laxness photo

“I nostri animali hanno vite molto brevi da trascorrere con noi, e ne trascorrono la maggior parte ad aspettare che torniamo a casa ogni giorno.”

John Grogan (1958) giornalista e romanziere statunitense

Marley and Me: Life and Love With the World's Worst Dog

Paolo Rumiz photo
Fernando Pessoa photo
Grazia Deledda photo

“Questi elogi del tipo «te lo spiego io di cosa parla il tuo libro» sono tutti appunti che ho mandato agli amici a proposito dei loro libri. La mia tendenza è sempre quella di spingere il libro verso l’astratto, verso la tristezza, verso le tenebre, verso la duplicità, verso diciassette tipi di ambiguità. Mi sforzo sempre di leggere la forma come contenuto, lo stile come significato. In un certo senso il libro balbetta sempre sul suo stesso linguaggio. Dipingo sempre me stesso e l’autore come le uniche fonti di un’oscura sapienza, sono sempre il paladino della disperazione spensierata, volo sempre troppo alto. Metafisico è grande. Nella mia formulazione, il soggetto del libro non è mai quello che sembra. Dico spesso che secondo tutti il libro riguarda X ma in realtà riguarda Y. Leggo sempre il libro come un’allegoria, una tesi filosofica mascherata. Uno dei termini ricorrenti è esistenza, così come umano, animale, sesso, cazzo e violenza. Adoro gli avverbi potentemente ed enormemente e instancabilmente e infinitamente. Uso di continuo indagine ed esplorazione e scavo ed esame e rigoroso. Dove andrei a finire senza meditazione? Sotto sotto c’è sempre una storia d’amore tra me e l’autore: io che amo il libro e l’autore. La chiave è il candore: essere disposto a dire ciò che nessuno è disposto a dire. Il gesto di scrivere è sempre visto come un atto di coraggio (impavido imperversa). La vita è dura, e a volte perfino una noia: il linguaggio è una (piccola) consolazione. Nessun altro coglie quello che stai facendo: solo io ci arrivo. Siamo io e te, baby. Intimità. Urgenza. Solo noi capiamo la vita. Te lo spiego io il tuo libro, il testo. Te lo spiego io di cosa parla il tuo libro. La vita è una merda. Noi siamo delle merde. Solo questo ci salverà: questa dichiarazione.”

Reality Hunger: A Manifesto

Matthieu Ricard photo
Johannes Crell photo
Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio photo
Aymeric Caron photo
Matthieu Ricard photo
Ellen Lee DeGeneres photo
Guy de Maupassant photo
Jean-Baptiste Jeangène Vilmer photo
Lara Gut photo
Alberto Ronchey photo

“Zbigniew Brzezinski, il giovane e celebre professore di scienze politiche alla Columbia University, giunge a conclusioni analoghe [a quelle di John Kenneth Galbraith] allorché osserva che l'America è oggi in uno stato di transizione fra dell'industria convenzionale e un'età che egli definisce tecnetronica: «In una società industriale, il modo di produzione passa dall'agricoltura all'industria sostituendo l'azione dell'uomo presso la macchina all'uso della forza umana e animale. Nella società tecnetronica, l'azione dell'uomo alle macchine è sostituita dall'automazione e dalla cibernetica… Nella società industriale, la guida passa dallélite rurale-aristocratica a quella urbana ‹plutocratica›… Nella società tecnetronica post-industriale, la preminenza del potere finanziario o della plutocrazia, è insidiata a causa d'una leadership politica sempre più influenzata da uomini che posseggono perizia e talento intellettuale di tipo nuovo. La conoscenza diviene uno strumento di potere.» (XIII. Il grattacielo di Babele”

Alberto Ronchey (1926–2010) giornalista italiano

L'America «post-industriale»), pp. 208-209
Atlante ideologico
Variante: Zbigniew Brzezinski, il giovane e celebre professore di scienze politiche alla Columbia University, giunge a conclusioni analoghe dell'industria convenzionale e un'età che egli definisce tecnetronica: «In una società industriale, il modo di produzione passa dall'agricoltura all'industria sostituendo l'azione dell'uomo presso la macchina all'uso della forza umana e animale. Nella società tecnetronica, l'azione dell'uomo alle macchine è sostituita dall'automazione e dalla cibernetica... Nella società industriale, la guida passa dall'élite rurale-aristocratica a quella urbana ‹plutocratica›... Nella società tecnetronica post-industriale, la preminenza del potere finanziario o della plutocrazia, è insidiata a causa d'una leadership politica sempre più influenzata da uomini che posseggono perizia e talento intellettuale di tipo nuovo. La conoscenza diviene uno strumento di potere.» (XIII. Il grattacielo di Babele (L'America «post-industriale», pp. 208-209)
Origine: Z. Brzezinski, America in the technetronic age, «Encounter», gennaio 1968. [N.d.A., p. 209]

Alfred Edmund Brehm photo
Claude Aveline photo
Han Kang photo
Matthieu Ricard photo
James Harrington photo

“L'Uomo è un essere sì fisico, che morale, composto di sensi materiali, e di facoltà puramente spirituali. Egli è un essere animale, e filosofico.”

James Harrington (1611–1677) filosofo e scrittore britannico

cap. IV, 5; p. 44
Aforismi politici

Dick Gregory photo

“Quando vedo gli animali tenuti in cattività nei circhi, mi fa pensare alla schiavitù. Gli animali da circo simboleggiano il dominio e l'oppressione che abbiamo combattuto per così tanto tempo. Portano le stesse catene e gli stessi ferri.”

Dick Gregory (1932–2017) attivista statunitense

Origine: Citato in Matthieu Ricard, Sei un animale!, traduzione di Sergio Orrao, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, p. 244. ISBN 978-88-200-6028-2

Anna Maria Ortese photo
Aron Ra photo

“La maggior parte delle persone considerano gli pterosauri come "dinosauri volanti". Da piccolo, mi ricordo di come gli altri ragazzi li chiamavano "uccelli-dinosauri", sebbene non fossero né dinosauri né uccelli. Il primo problema è che la conoscenza sulla vita preistorica tenuta da molte persone si limita a ciò che hanno visto in pochi pezzi di plastica in un gioco di bambini preistorico. Tipicamente, non solo ritengono che tutti questi siano dinosauri, ma potrebbero persino pensare che rappresentino tutti gli animali fossili conosciuti. Non hanno idea di quanto siano ricchi i reperti fossili.
Most people think of pterosaurs as "flying dinosaurs."”

Aron Ra (1962)

When I was a boy, I remember the other kids called them "dinosaur-birds", but they were neither dinosaurs or birds. The first problem is that most people don't know any more about the fossil record than what they've seen in a few plastic pieces in a prehistoric playset. Not only do they typically think that all these things are dinosaurs, they might even think that these are all the fossil forms that are known. They have no idea how rich the fossil record is.
Origine: Da Pterosaurs are Terrible Lizards https://www.youtube.com/watch?v=3_htQ8HJ1cA, YouTube, 3 dicembre 2013

Rudolf Steiner photo
Giuseppe Cruciani photo

“I fasciovegani hanno un obiettivo molto chiaro, molto esplicito quanto pericoloso: forgiare un uomo nuovo, cambiare la mentalità degli esseri viventi del pianeta, annullare le diversità in nome dell'uguaglianza assoluta tra individuo e animale.”

Giuseppe Cruciani (1966) giornalista, conduttore radiofonico e conduttore televisivo italiano

Origine: Da I fasciovegani, La Nave di Teseo Editore, settembre 2017. ISBN 978-88-9344-239-8

Matthieu Ricard photo
Salvator Rosa photo

“Gl'animali senza fiele, benché abino l'armi, non aspirano alla vendetta.”

Salvator Rosa (1615–1673) pittore, incisore e poeta italiano

487; p. 58
Il teatro della politica

Robert Mugabe photo
David Friedrich Strauß photo
Mauro Leonardi photo
Matthieu Ricard photo
Rudolf Steiner photo
Leonardo Bonucci photo
Dacia Maraini photo

“Per questo è una viltà senza nome abbandonare un cane per strada. È come se un genitore lasciasse in mezzo a un marciapiede un figlio piccolo. E per giunta bisogna dire che il figlio a volte "capita" senza averlo voluto, ma un cane non capita mai per caso. C'è un atto di volontà nel mettersi in casa un animale domestico che implica una responsabilità purtroppo non sentita da tutti.”

Dacia Maraini (1936) scrittrice italiana

Variante: Per questo è una viltà senza nome abbandonare un cane per strada. E' come se un genitore lasciasse in mezzo a un marciapiede un figlio piccolo. E per giunta bisogna dire che il figlio a volte "capita" senza averlo voluto, ma un cane non capita mai per caso. C'è un atto di volontà nel mettersi in casa un animale domestico che implica una responsabilità purtroppo non sentita da tutti. (pp.18-19)
Origine: Storie di cani per una bambina, pp. 18–19

Dacia Maraini photo

“[Chiedendo la soppressione della Ménagerie du Jardin des Plantes] L'umiliazione degli animali non è più tollerabile di quella delle persone. Proprio come un secolo fa, e ancora di più, vengono esibiti gattopardi, puma e tigri che sono, in realtà, morti viventi.
Sono disperati, ma soprattutto deprivati. Hanno perso il verde delle foglie degli alberi e dei prati così come la terra che calcavano. Le grandi zampe dei predatori, dai cuscinetti così delicati, si feriscono sul duro cemento. I rapaci si trascinano nei loro stessi escrementi. I fenicotteri rosa rimestano l'acqua delle fogne. […] In prigione, l'uomo perde la sua libertà; in una gabbia l'animale perde anche lo spazio in cui organizzava la sua esistenza in tutta la sua complessità: il suo comportamento viene sconvolto, la sua psiche scossa. Non trova altra via d'uscita che la follia, spesso misericordiosa. Ecco perché l'orso continua il suo vorticoso viavai lungo quel muro che lambisce con il muso. L'elefante si dondola senza tregua. Un giovane lupo si strappa le unghie. I prigionieri degli zoo, fatta salva qualche eccezione, sono dei malati mentali, ossessionati dalla loro condanna, frustrati, ansiosi e aggressivi.
Quest'ospedale psichiatrico, che sfrutta la sofferenza animale, non merita né il nostro tempo né le eminenti personalità da museo che lo amministrano. Il serraglio del Jardin des Plantes è solo un'enclave anacronistica e scandalosa, dove, nel cuore di Parigi, si possono vedere, per soli tre franchi, animali infelici, costruzioni traballanti e piastrelle rotte.
Sbarazzatevi di tutto ciò e piantate dei fiori!”

Philippe Diolé (1908–1977)

Origine: Da Prisons dans un jardin, Le Figaro, 11 giugno 1974; citato in Matthieu Ricard, Sei un animale!, traduzione di Sergio Orrao, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, pp. 245-246. ISBN 978-88-200-6028-2

Giacomo Leopardi photo
Franco Battiato photo

“Dentro di me segni di fuoco, | è l'acqua che li spegne, | se vuoi farli bruciare | tu lasciali nell'aria, | oppure sulla terra.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da L'animale, n.9
Mondi lontanissimi

John Gay photo
Richard Ryder photo
Edward Bunker photo

“Animal Factory (2000) – Sceneggiatura”

Edward Bunker (1933–2005) scrittore, sceneggiatore e attore statunitense

Film

Franco Battiato photo

“L'uomo è l'animale più domestico e più stupido che c'è. (da Arabian song, n. 2, lato B)”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

Patriots

“Forse, anche adesso, il mio amore per gli animali è legato ai ricordi dell'infanzia, quando con i nonni, i vicini e tutti gli animali ci si ritrovava nella stalla a chiacchierare e raccontare. Il calore di una stalla è qualcosa di magico che nessuna stufa può regalare, è un abbraccio caldo e carico di odori di casa, di serenità. Ci si sente tutti uniti in un mondo magico di uomini e animali.”

Andrea Roncato (1947) attore, comico e personaggio televisivo italiano

Origine: Dall'intervista Andrea Roncato, tra humour, nostalgia e animali, la vita di un artista di successo http://www.petedintorni.it/vip-a-pet/764-andrea-roncato-tra-humour-nostalgia-e-animali-la-vita-di-un-artista-di-successo, petedintorni.it, 2015.

Matthieu Ricard photo
Aron Ra photo
Konrad Lorenz photo
Rudolf Steiner photo
Matthieu Ricard photo
Laura Boldrini photo

“Si chiamano Gaia e Gioia le agnelline di due mesi che oggi [quattro giorni prima di Pasqua] sono venute a Montecitorio insieme all'Enpa, l'Ente nazionale protezione animali. Ho deciso di adottarle a distanza, un gesto utile a salvare la vita a questi animali. […] Ho voluto fare la mia parte in questa campagna di sensibilizzazione perché credo che il rispetto delle tradizioni non ci obbliga a uccidere altri esseri viventi.”

Laura Boldrini (1961) giornalista e politica italiana

Origine: Da un post su Facebook, 12 aprile 2017; citato in Laura Boldrini adotta due agnellini e li porta a Montecitorio: "Li ho salvati dalla macellazione" http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/12/laura-boldrini-adotta-due-agnellini-e-li-porta-a-montecitorio-li-ho-salvati-dalla-macellazione/3517689/, ilFattoQuotidiano.it, 12 aprile 2017.

Henry De Montherlant photo
Clemente Alessandrino photo
Roger Ebert photo

“Che benedetto sollievo è la risata. [Il film] se ne frega delle buone maniere, dei valori, della correttezza politica e del decoro. Ci espone per quello che siamo, l'unico animale con il senso dell'umorismo.”

Roger Ebert (1942–2013) critico cinematografico statunitense

What a blessed relief is laughter. It flies in the face of manners, values, political correctness and decorum. It exposes us for what we are, the only animal with a sense of humor.

Anna Maria Ortese photo