Frasi su carta
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“La verità, in un processo, è di carta. Una parola la può bruciare.”

Giorgio Saviane (1916–2000) scrittore italiano

pag. 42
L'inquisito

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“Un uomo illustre dovrebbe far attenzione alle sue ultime parole… scriversele su un pezzo di carta e farle giudicare dai suoi amici. Certo non dovrebbe lasciare una cosa del genere all'ultima ora della sua vita.”

Mark Twain (1835–1910) scrittore, umorista, aforista e docente statunitense

Origine: Citato in Gabriele Pantucci, Che lingua corta, dal latino agli sms. Le comunicazioni in miniatura http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/07/28/che-lingua-corta-dal-latino-agli-sms.html, la Repubblica, 28 luglio 2010.

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“Testimone del prezzo di una passione | ho creato "La vetta del cielo", il mio regno | io l'imperatore filosofo come Marco Aurelio.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Sulla carta come nella vita, n. 7
In Ogni Dove

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“La pecora ne dà latte, formaggio, corda, carta, concime, e agnelli al maggio.”

Cristoforo Poggiali (1721–1811) bibliotecario, erudito ed ecclesiastico italiano

Origine: Proverbj, motti e sentenze ad uso ed istruzione del popolo, p. 217

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“La donazione è una scelta di civiltà che testimonia una piena adesione ai principi di solidarietà cui si ispira la Carta costituzionale.”

Donato Marra (1940) funzionario italiano

Origine: Citato in Alberto Custodero, Trapianti di organi, si cambia via libera anche in Italia alle donazioni samaritane http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/05/26/trapianti-di-organi-si-cambia-via-libera.html, la Repubblica, 26 maggio 2010, p. 20.

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“Quando le sinagoghe e i cimiteri ebraici devono essere sorvegliati come nei paesi islamici dove i mausolei cristiani ed ebraici sono distrutti perché la libertà di espressione e di fede non è un diritto costituzionale, questa è Eurabia. Il dialogo euro-arabo ha importato in Europa la tradizione anticristiana e antiebraica dell'islam inscritta nell'ideologia jihadista da tredici secoli. Quando in Europa critici dell'islam, musulmani e non musulmani, devono nascondersi o vivere sotto la protezione delle guardie del corpo, come Geert Wilders e molti altri, questa è Eurabia. Le celebri caricature di Flemming Rose, riprese anche da altri giornali, a cui hanno fatto seguito le minacce di morte al filosofo francese Robert Redeker, autore di un articolo, ritenuto blasfemo, apparso su Le Figaro il 19 settembre 2006, hanno esasperato l'opinione pubblica. Quando l'insegnamento nelle università, nella cultura, nell'editoria viene controllato in gran parte dalla Anna Lindh Foundation o dalla Alleanza delle civilizzazioni (strumento dell'Organizzazione della conferenza islamica, ndr), questa è Eurabia. Quando i bambini ebrei non possono frequentare una scuola pubblica senza essere aggrediti e i ragazzi ebrei sono minacciati per strada, o rapiti e uccisi come il francese Ilan Halimi, questa è Eurabia. Quando dimostrazioni islamiche di massa nelle città europee invocano la distruzione di Israele, questa è Eurabia. I nostri multiculturalisti non ci danno le chiavi per conciliare i valori della sharia con quelli della laicità europea, i contenuti della Carta islamica dei diritti umani con quelli della Dichiarazione universale, l'espandersi dell'imperialismo islamico e i principi di libertà e uguaglianza tra i popoli e tra i sessi.”

Bat Ye'or (1933) saggista egiziana

Origine: Citato in Giulio Meotti, L'eurabia è dentro di noi http://www.ilfoglio.it/articoli/2009/07/26/leurabia-e-dentro-di-noi___1-v-114624-rubriche_c154.htm, Il Foglio.it, 26 luglio 2009.

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“Una meravigliosa serenità, simile a questo dolce mattino di primavera, mi è scesa nell'anima e io ne godo con tutto il mio cuore. Sono solo e sono lieto di essere vivo in questo luogo creato per anime come la mia. Sono così felice, mio caro, così perduto nel senso di questa serena esistenza che la mia arte ne soffre. Ora non saprei disegnare nemmeno una linea, eppure non sono mai stato un pittore così grande come in questi momenti. Quando la bella valle effonde intorno a me i suoi vapori e il sole alto investe l'impenetrabile tenebra di questo bosco e solo qua e là qualche raggio riesce a penetrare in questo sacrario, e io mi stendo nell'erba alta accanto al torrente e, così vicino alla terra, scopro le piante più diverse e più singolari; quando sento vicino al mio cuore il brulichio del piccolo mondo in mezzo agli steli, le innumerevoli, incomprensibili figure dei bruchi e degli insetti e sento la presenza dell'Onnipotente che ci ha creati secondo la Sua immagine, l'alito del Supremo Amore che ci porta e ci sostiene in un'eterna beatitudine; quando, oh, amico mio!, i miei occhi si smarriscono in questa vertigine e l'universo e il cielo riposano nella mia anima come la figura di una donna amata, io provo allora l'angoscia di un desiderio e penso: oh, se tu potessi esprimere tutto questo, se potessi effondere sulla carta lo spirito di ciò che in te vive con tanta pienezza e con tanto calore, in modo da farne lo specchio della tua anima, come la tua anima è lo specchio del Dio infinito! Amico mio, io mi sento morire e soccombo alla forza e alla magnificenza di queste immagini!”

10 maggio; 1998, p. 9
I dolori del giovane Werther, Libro primo

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“Quando la gotta fa visita a uno dei miei piedi, devo stare per forza seduto. Non riesco a mettermi nemmeno un calzino e non posso appoggiare sullo stesso piede neppure un foglio di carta sottile. Alla fine tutto quello che posso fare è guardarlo, imprecare contro di esso e battere i pugni sulla superficie dura più vicina in attesa che gli antinfiammatori che mi ha prescritto il medico facciano effetto.”

Frank Bruni (1964) giornalista statunitense

Origine: Dal suo blog; citato in Francesco Tortora, L'ex re dei critici gastronomici ha la gotta http://www.corriere.it/cronache/12_marzo_24/bruni-gastronomia-gotta-americani_63550cd6-75b1-11e1-88c1-0f83f37f268b.shtml, Corriere.it, 24 marzo 2012.

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“Il lavoro di Bill Watterson ha qualcosa di mistico. Ciò che abbiamo di fronte non è una qualunque striscia a fumetti. Possiede quella particolare dimensione riconosciuta un tempo in Krazy Kat di George Herriman e, più tardi, in Pogo di Walt Kelly. Il che è stato, comunque, molto tempo fa: dopo di loro non c'è stato più niente di simile nel mondo del cartoon. Ora abbiamo Calvin & Hobbes. In questa striscia non ci sono personaggi finti o sdolcinati. Il ragazzino è decisamente e irresistibilmente pestifero. La madre e il padre (i nomi non sono necessari) vivono a fianco della loro discendenza chiedendosi con perenne e agitato stupore che cosa abbiano fatto per meritarsi un figlio del genere. Il bambino, da parte sua, vive per un buon 70 per cento del suo tempo in un mondo parallelo popolato dalle creature indicibili della sua fantasia, e per il resto del tempo in un mondo reale popolato da altre creature indicibili (la maestra, la bambina, il bullo). E trova scampo da questo secondo mondo rifugiandosi nel primo. E poi c'è il tigrotto di pezza. È un animo nobile e molto più intelligente del bambino, di cui, con sarcastica e affettuosa saggezza, tempera l'esuberanza. Ci sono un sacco di strisce a fumetti in giro, alcune buone, altre passabili, la maggior parte semplicemente roba di secondo piano. Tutti hanno il loro cast di personaggi, più o meno indovinati, tenuti insieme dal dialogo, a volte buono, a volte no. Sono pochissimi quelli che posseggono quella magia particolare che li fa reggere il confronto con il meglio del passato. Guardando al lavoro dei nostri due paragoni, Herriman e Kelly, possiamo vedere un connubbio tra sceneggiatura e segno grafico che si trova raramente al giorno d'oggi, la sensazione che le parole migliorino il disegno e che il disegno faccia lo stesso con il testo, che la fusione attentamente miscelata di questi due ingredienti possa creare quell'incanto che rivela il genio. Volete la magia? L'alchimista Watterson ha portato avanti un lavoro che, per acume, carattere e profondità, è portentoso in rapporto alla sua giovane età. Gli auguro lunga vita e possano i poteri della sua stregoneria non venir mai meno. Volete la magia? Questa è una raccolta di ricette dello stregone per trasformare della semplice carta e del semplice inchiostro in oro puro. Lasciate che umilmente vi presenti Calvin (il bambino) e Hobbes (il tigrotto). Questo libro è magico.”

Pat Oliphant (1935)

dalla prefazione di Bill Watterson, C'è qualcosa che sbava sotto il letto, Comix, 1997. ISBN 9788881930197

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“In occasione della nona Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia, istituita per iniziativa del Parlamento Europeo nel 2007, desidero incoraggiare quanti in questi anni si sono battuti e continuano a battersi contro ogni forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale delle persone. […] Il principio di uguaglianza, sancito dalla nostra Costituzione e affermato nella Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea, non è soltanto un asse portante del nostro ordinamento e della nostra civiltà. Esso costituisce un impegno incessante per le istituzioni e per ciascuno di noi. Rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana è una responsabilità primaria, dalla quale discende la qualità del vivere civile e della stessa democrazia. […] Le discriminazioni, le violenze morali e fisiche, non sono solo una grave ferita ai singoli, ma offendono la libertà di tutti, insidiano la coesione sociale, limitano la crescita civile. Dobbiamo promuovere il rispetto delle differenze laddove invece la diversità scatena reazioni intolleranti. E dobbiamo parlarne con i giovani, perché purtroppo continuano a registrarsi atti di bullismo contro ragazze e ragazzi, che talvolta spingono alla disperazione. Si tratta di espressioni di disumanità insopportabili che vanno contrastate con un'azione educativa ispirata alla bellezza di una società aperta, solidale e ricca di valori. […] Contro l'inciviltà delle discriminazioni e delle violenze molta strada è stata fatta, eppure il cammino è ancora lungo. È il cammino di una libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nelle sfera personale come in quella affettiva. Libertà anche come responsabilità. È compito della società nel suo insieme abbattere i pregiudizi dell'intolleranza. E costruire al loro posto una cultura che assuma l'inclusione come obiettivo sociale, che applichi il principio di eguaglianza alle minoranze, che contrasti l'omofobia e la transfobia, perché la piena affermazione di ogni persona è una ricchezza inestimabile per l'intera comunità.”

Sergio Mattarella (1941) 12º Presidente della Repubblica Italiana

2015
Origine: Citato in Mattarella: «Gay, discriminazioni e violenze offendono libertà di tutti» http://www.corriere.it/politica/15_maggio_17/mattarella-gay-discriminazioni-violenze-offendono-liberta-tutti-cb145de4-fc73-11e4-9e3e-6f5f0dae9d63.shtml, Corriere.it, 17 maggio 2015.

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“Occorre prendere per il collo l'idea che viene a tiro e schiacciarla subito sulla carta.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

7 maggio 1891; Vergani, p. 46
Diario 1887-1910

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“I più pericolosi animali da preda della civiltà: le grandi bobine di carta da giornale.”

Joseph Roth (1894–1939) scrittore e giornalista austriaco

Origine: Da Tarabas; citato in Agenda letteraria 1995, a cura di Gianni Rizzoni, Edizioni CDE, Milano, 1994, p. 54.

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“Oggi andare in carcere significa, soprattutto per un giovane, affrontare un problema con i delinquenti e maturare nella capacità criminale. Il carcere è diventato una scuola di delinquenza, questa è la verità. Se vogliamo negare pure questo, allora vuol dire che neghiamo la realtà e possiamo comportarci come crediamo. Ma tutti in coscienza sappiamo che se quella è una scuola di delinquenza, fino a quando abbiamo la possibilità di cambiarla e farla diventare qualcos'altro, così come prevede la carta costituzionale, allora dobbiamo cercare veramente di evitare che quel delinquente, che delinque la prima volta e che si trova in una situazione soggettiva sicuramente favorevole alla possibilità di reinserimento nella società, non abbia il trauma del carcere. E non perché io voglio difendere chi delinque. Assolutamente.”

Antonio Marotta (1947) politico italiano

Origine: Citato in Camera dei deputati della Repubblica Italiani – XVII Leglislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea – Seduta n. 46 del 4 luglio 2013 http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?idLegislatura=17&sezione=assemblea&tipoDoc=pdf&idseduta=046 – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ferranti ed altri; Costa: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (A.C. 331-927-A).. Roma, 4 luglio 2013.

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“Amo la naturalezza della vostra unione, la guardo con un sorriso, voi, in qualche misura, mi avete protetto da me stesso. Io non mi sono mai sentito "naturale", mi sono impegnato per esserlo, tentativi striduli, perché impegnarsi per essere naturali e già una sconfitta. Così ho accettato il modello che mi avete ritagliato nella carta velina dei vostri bisogni. Sono rimasto un ospite fisso in casa mia. Non mi sono indignato nemmeno quando in mia assenza, durante le giornate di pioggia, la cameriera ha spostato lo stenditoio con i vostri panni accanto al calorifero nel mio studio. Mi sono abituato a queste umide intrusioni senza ribellarmi. Sono rimasto sulla mia poltrona senza poter allungare troppo le gambe, ho posato il libro sulle ginocchia e mi sono fermato a guardare la vostra biancheria. Ho trovato in quei panni umidi una compagnia che forse superava quella delle vostre persone, perché in quelle trame sottili e candide io catturavo il profumo fraterno della nostalgia, di voi, certo, ma soprattutto di me stesso, della mia latitanza. Lo so, Angela, per troppi anni i miei baci, i miei abbracci sono stati goffi, stentati. Ogni volta che ti ho stretta, ho sentito il tuo corpo scosso da un fremito d'impazienza, se non addirittura di disagio. Non ti ci ritrovavi, ecco tutto. Ti è bastato sapere che c'ero, guardarmi in lontananza, come un viaggiatore appeso al finestrino di un altro treno, scialbato da un vetro. Sei una ragazza sensibile e solare, ma di colpo il tuo umore cambia, diventi rabbiosa, cieca. Ho sempre avuto il sospetto che questa ira misteriosa, dalla quale riaffiori sconcertata e un po' triste, ti sia cresciuta dentro per causa mia.
Angela, a ridosso della tua schiena incolpevole c'è una sedia vuota. Dentro di me c'è una sedia vuota. Io la guardo, guardo la spalliera, le gambe, e aspetto, e mi sembra di ascoltare qualcosa. È il rumore della speranza. Lo conosco, l'ho udito affannarsi nel fondo dei corpi e affiorare negli occhi delle miriadi di pazienti che ho avuto davanti, l'ho sentito fermarsi in stallo tra le mura della sala operatoria, ogni volta che ho mosso le mie mani per decidere il corso di una vita. So esattamente di cosa m'illudo. Nei grani di questo pavimento che ora si muovono lenti come fuliggine, come ombre morenti, m'illudo che quella sedia vuota si riempia anche per un solo lampo di una donna, non del suo corpo, no, ma della sua pietà. Vedo due scarpe décolletées color vino, due gambe senza calze, una fronte troppo alta. E lei è già davanti a me per ricordarmi che sono un untore, un uomo che segna senza cautela la fronte di chi ama. Tu non la conosci, è passata nella mia vita quando ancora non c'eri, è passata ma ha lasciato un'impronta fossile. Voglio raggiungerti, Angela, in quel limbo di tubi dove ti sei coricata, dove il craniotomo scassinerà la tua testa, per raccontarti di questa donna.”

Origine: Non ti muovere, pp. 21-23

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] La sua ostinata deferenza al vero poté anzi confermarlo nella ingenua credenza che fosse "l'occhio della camera" a guardar lui e a suggerirgli tutto. Molte volte dovette incantarsi di fronte a quella "magia naturale"; e ciò che più lo sorprese fu di accorgersi che allo specchio non è punto necessaria la figura umana, se, uscita questa dal suo campo, esso seguita a specchiare il pavimento inclinato, l'ombra sul muro, il nastro caduto a terra. Che altro potesse conseguire a questa risoluzione di procedere dipingendo per specchiatura diretta della realtà, non è troppo difficile intendere. Ne conseguiva la tabula rasa del costume pittorico del tempo che, preparandosi gli argomenti in carta e matita per via di erudizione storica e di astrazione stilizzante, aveva elaborato una complessa classificazione del rappresentabile, dove, per meglio servire alla società di allora, non poteva che preferirsi l'aspetto della classe dominante. Ma il Caravaggio pensa invece alla vita comune, ai sentimenti semplici, all'aspetto feriale delle cose che valgono, nello specchio, come gli uomini. […] Anche il Caravaggio avvertiva il pericolo di ricadere nell'apologetica del corpo umano, sublimata da Raffaello o Michelangelo, o magari nel chiaroscuro melodrammatico del Tintoretto. Ma ciò che gli andava confusamente balenando era ormai non tanto il rilievo dei corpi quanto la forma delle tenebre che li interrompono. Lì era il dramma della realtà più portante ch'egli intravedeva dopo le calme specchiature dell'adolescenza. E la storia della religione, di cui ora si impadroniva, gli tornava come un seguito di drammi brevi e risolutivi la cui punta non può indugiarsi nella durata sentimentale delle trasparenze, anzi inevitabilmente s'investe del lampo abrupto della luce rivelante, fra gli strappi inconoscibili dell'ombra. Uomini e santi si sarebbero impigliati in quel tragico scherzo. Giacché, per restar fedeli alla natura del mondo, occorreva far sì che il calcolo dell'ombra apparisse come casuale, e non causato dai corpi; ove volesse esimersi dal riattribuire all'uomo la sua funzione umanistica dirimente, di eterno protagonista e signore del creato. Perciò il Caravaggio seguitò, e fu fatica di anni, ad osservare la natura della luce e dell'ombra incidentali. […] Chi non sa che il Tintoretto studiava al lume di lucerna, non già il vero, ma i modellini della Cappella Medicea? E che i modellini del Greco erano cere dove si stiravano in una poetica follia le ultime spire laocoontiche del disegno 'serpentinato'? Ma ora è la realtà stessa a venir sopraggiunta dal lume per 'incidenza': il caso, l'incidente luminoso, diventano causa efficiente della nuova pittura (o poesia). Non v'è Vocazione di Matteo senza che il raggio, assieme col Cristo, entri dalla porta socchiusa e ferisca quel turpe spettacolo dei giocatori d'azzardo. In effetto Caravaggio stagliò questa sua "descrizione di luce", questo poetico "fotogramma", quando l'attimo di cronaca gli parve emergere, non dico con un rilievo, ma con uno spicco, con un'evidenza così memorabile, invariabile, monumentale, come dopo Masaccio non s'era più visto.”

Roberto Longhi (1890–1970) storico dell'arte italiano

citato in Caravaggio, pp. 187-188
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“Tutte le settimane chiederò l'autorizzazione a Marotta per parlare, su carta semplice. Credo che noi non ci siamo mai lamentati degli arbitri. Non ci siamo mai lamentati e mai ci lamenteremo ad esempio di un fuorigioco, perché è sempre difficile da giudicare, così come dei rigori.”

Massimiliano Allegri (1967) allenatore di calcio ed ex calciatore italiano

Origine: Durante la cerimonia di consegna della Panchina d'oro 2011; citato in Allegri: "Serve serenità. Chiederò a Marotta..." http://www.gazzetta.it/Calcio/Squadre/Milan/27-02-2012/allegri-basta-rabbia-ci-vuole-serenita-81465063626.shtml, Gazzetta.it, 27 febbraio 2012.

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“La carta è paziente, ma il lettore non lo è.”

Joseph Joubert (1754–1824) filosofo e aforista francese

Da Carnets; citato in Le petit philosophe de poche, Textes réunis par Gabriel Pomerand

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“Si fabbrica probità con tutti i generi di vizi; come si fa carta bianca con stracci di mille colori.”

Xavier Forneret (1809–1884) poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo

Citato in Dictionnaire des citations, sous la direction de Robert Carlier, Jean-Louis Lalanne, Pierre Josserand e Samuel S. de Sacy, Citato in Le petit philosophe de poche, Textes réunis par Gabriel Pomerand

“La carta è brava ad ascoltare chi non può parlare.”

Laura Tangorra (1963) insegnante e scrittrice italiana

Solo una parentesi

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“Non mi riconosco totalmente in questa carta costituzionale. Avevo due anni quando è stata eletta l'Assemblea costituente. Ma le regole che ci sono vanno attuate anche da chi non ci crede: io ho giurato sulla Costituzione e non sgarro di una riga.”

Francesco Speroni (1946) politico italiano

Origine: Citato in Speroni: ministro senza sede, ma gia' lavoro con Barbera https://web.archive.org/web/20151017122023/http://archiviostorico.corriere.it/1994/maggio/22/Speroni_ministro_senza_sede_gia_co_0_94052211661.shtml, Corriere della Sera, 22 maggio 1994.

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“Non ci accorgiamo subito, ma solo dopo, di quanto è importante la scelta né distratta, né casuale, di scrivere, di far durare le nostre visioni prima per noi, poi per qualcuno vicino e infine per tanti lontani e invisibili. Ma non è così semplice. A volte tutto questo diventa privilegio, abitudine, sopravvivenza. Scrivere non è necessariamente pubblicare, ripeto sempre. Ma ho scritto un solo libro e già soffro perché non riesco a pubblicarne un altro. E spesso mi irrito con quelli che vogliono entrare nel mio mondo, schernisco i miei compagni di desiderio, sono impaurito da questa orda di carta, da questa immigrazione di extracomunicanti. Perché volete entrare in questo mondo di premi farseschi, di parassiti accademici, di cretini televisivi elevati a saggisti e di saggisti che aspirano a diventare cretini televisivi? Perché, se ogni scrittore ben sa che un giorno, o tutta la vita, si sentirà sottovalutato e incompreso? Se un giorno deciderà di bruciare i suoi libri, e il giorno dopo vorrà segnare con una croce di sangue ogni volume non suo, acciocché l’Angelo Maceratore scenda e cancelli i suoi rivali dalla storia e dalle classifiche?
– E lei perché vuol vivere in questo difficile mondo? – disse il professor Virgilio.
– Giusto. Non perché non so fare altro. Ma perché non conosco niente di così confuso, inestricabile, e tuttavia sempre avventuroso.”

Achille piè veloce

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“Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana
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“Dove sono finiti gli yes dogs? e gli Hula-hoop? E le tartarughe Ninja? E la carta moschicida? E la democrazia?”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano

Margherita Dolce Vita

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“Come sapete la domanda che più spesso viene posta a noi scrittori, la domanda preferita è: perché scrive? Io scrivo perché sento il bisogno innato di scrivere! Scrivo perché non posso fare un lavoro normale, come gli altri. 
Scrivo perché voglio leggere libri come quelli che scrivo. 
Scrivo perché ce l'ho con voi, con tutti. Scrivo perché mi piace stare chiuso in una stanza a scrivere tutto il giorno.
 Scrivo perché posso sopportare la realtà soltanto trasformandola.
 Scrivo perché tutto il mondo conosca il genere di vita che abbiamo vissuto, che viviamo io, gli altri, tutti noi a Istanbul, in Turchia.
 Scrivo perché amo l'odore della carta, della penna e dell'inchiostro.
 Scrivo perché credo nella letteratura, nell'arte del romanzo più di quanto io creda in qualunque cosa. 
Scrivo per abitudine, per passione.
 Scrivo perché ho paura di essere dimenticato. 
Scrivo perché apprezzo la fama e l'interesse che ne derivano. Scrivo per star solo. Forse 
scrivo perché spero di capire il motivo per cui ce l'ho così con voi, con tutti. 
Scrivo perché mi piace essere letto.
 Scrivo perché una volta che ho iniziato un romanzo, un saggio, una pagina, voglio finirli. 
Scrivo perché tutti se lo aspettano da me.
 Scrivo perché come un bambino credo nell'immortalità delle biblioteche e nella posizione che i miei libri occupano negli scaffali. 
Scrivo perché la vita, il mondo, tutto è incredibilmente bello e sorprendente. 
Scrivo perché è esaltante trasformare in parole tutte le bellezze e ricchezze della vita. 
Scrivo non per raccontare una storia ma per costruirla. 
Scrivo per sfuggire alla sensazione di essere diretto in un luogo che, come in un sogno, non riesco a raggiungere. 
Scrivo perché non sono mai riuscito ad essere felice. 
Scrivo per essere felice.”

Orhan Pamuk (1952) scrittore e saggista turco

My Father's Suitcase: The Nobel Lecture

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