Frasi su guaio

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema guaio, essere, vita, stato.

Frasi su guaio

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“Io sono Valentino Rossi, non mi sembra giusto che io debba correre con la moto più lenta e che per giunta si rompe sempre. L'unica cosa che mi manca è mettermi la divisa da meccanico che usano in Giappone e vedere cosa fare per far andare più forte la moto… Il guaio di oggi proprio non ci voleva, meritavo di fare due o tre punti e quindi arrivare al secondo posto.”

Valentino Rossi (1979) pilota motociclistico italiano

Origine: Citato in Rossi: "Ho sofferto per nulla Non è giusto correre così" http://www.repubblica.it/2007/03/motori/motogp/stagione-2007/motori-rossi-2007-parla/motori-rossi-2007-parla.html, Repubblica.it, 4 novembre 2007.

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“Tutti i medici tradizionali credevano nelle persone, e i pazienti parlavano loro della propria natura. La natura veniva sperimentata, veniva sentita, odorata, assaporata dalle persone. Come lo spettatore, nel teatro greco, veniva educato a «sentire» l'attore, così il medico – quasi partecipasse a una tragedia greca – veniva educato, attraverso la mimesis (una simpatia che diventa sentire l'altro), a sentire la tragica vicenda di quella persona che sedeva dinanzi a lui e che, nella sua condizione umana, si era trovata in qualche guaio, in qualche contrarietà; e la natura cercava di guarire se stessa. Il concetto di salute non esisteva; esisteva solo l'idea di una natura più o meno capace di guarire costantemente se stessa. E ciò che il medico faceva, con il consiglio, con l'empatia, col potere della parola – la parola che risanava – e forse con pillole di coralli macinati o di mercurio, che sono altamente tossiche, come diremmo oggi, consisteva nell'incoraggiare la natura, nel rafforzare la natura, a compiere la propria azione guaritrice. Oggi ci è difficile pensare in questo modo alla funzione del medico. Pensiamo sempre che egli usi qualche strumento della sua professione per fare qualcosa al sistema o al sottosistema che c'è nel paziente, e che lui, non il paziente, conosce.”

Ivan Illich (1926–2002) scrittore, filosofo, sociologo, teologo

Origine: Pervertimento del cristianesimo, p. 90

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“L'importante è comunicare con il pubblico. Il resto conta molto poco. Il guaio è che in Italia ci sono ancora troppi cantanti alla Claudio Villa.”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

Origine: Da Marcello D'Antoni, Intervista polemica con Lucio Battisti. «Canto i motivi che mi piacciono. L'opinione del pubblico non mi interessa.», Sogno, n. 28, 13 luglio 1969.

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“È una cosa lunga, Avdot'ja Romànovna. Si tratta… come posso spiegarvelo?… Si tratta di una specie di teoria, secondo la quale io ritengo, per esempio, che un delitto sia lecito, se lo scopo essenziale è buono. Una sola cattiveria e cento buone azioni! Naturalmente, per un giovane con molti meriti e con un amor proprio smisurato è anche spiacevole sapere che, per esempio, se avesse solo tremila rubli, tutta la sua carriera, tutto il suo avvenire e lo scopo della sua vita assumerebbero un aspetto diverso; e intanto quei tremila rubli non ci sono. Ag­giungete, poi, l'esasperazione provocata dalla fame, da un'abi­tazione angusta, dagli stracci, dalla chiara consapevolezza della sua bella posizione sociale e anche di quella della sorella e della madre. Ma soprattutto la vanità, l'orgoglio e la vanità, accompagnati magari, lo sa Iddio, da inclinazioni buone…. Io non lo accuso, non pensatelo nemmeno, vi prego; e poi, non è affar mio. C'entrava anche una sua teoria personale, una teoria così e così, secondo la quale gli uomini si dividono in mate­riale grezzo e individui speciali, cioè individui per i quali, data la loro posizione elevata, la legge non vale; anzi, sono loro che fanno le leggi per gli altri uomini, per il materiale, per la spazzatura. Non c'è male, una teoria così e così: une thèorie comme une autre. Napoleone lo ha terribilmente affascinato; cioè, con più precisione, lo ha affascinato l'idea che moltissimi uomini geniali non abbiano badato a una cattiveria singola e siano passati oltre, senza stare a pensarci. A quanto sembra, si è immaginato di essere anche lui un uomo geniale, ossia ne è stato convinto per un certo tempo. Ha sofferto molto e soffre ancora, pensando che ha saputo formulare la teoria, ma che non è riuscito a passare oltre senza stare a pensarci, e che, quindi, non è un uomo geniale. […] oggi tutte le cose si sono arruf­fate; del resto, non sono mai state molto in ordine. I russi, in generale, hanno una mentalità molto larga, Avdot'ja Romà­novna, larga come il loro paese, e sono molto inclini alle fantasti­cherie, al disordine; però, è un guaio avere una mentalità larga senza essere particolarmente geniali.”

Delitto e castigo

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“Un guaio del nostro tempo è che la scienza è padrona e l'arte ancella.”

Luigi Pintor (1925–2003) giornalista, scrittore e politico italiano

Il nespolo

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“Il conte Mola: L'arte, come eterna, non dovrebbe avere età.
Salò: Ma il guaio è che poi, come donna, ama la moda.”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934

da Trovarsi, Mondadori
Citazioni di Jacopo marino

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“Il guaio degli ebrei è che non hanno alcun senso della natura. Tutti città e affari.”

Stephen Fry (1957) comico, attore e scrittore britannico

Origine: L'ippopotamo, p. 148

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“In Rome, Naples, et Florence en 1817 dice di trovarsi ad Ancona il 27 maggio e a Loreto il 30. In Rome, Naples, et Florence en 1817 del 1826, alla data 29 maggio 1817, dice di trovarsi a Reggio Calabria. La verità è che dai primi di maggio alla fine di luglio di quel 1817 se ne stette a Parigi. A Reggio Calabria non andò quell'anno, né mai andrà. La sua visione, dalle finestre dell'albergo di Reggio, delle case di Messina; il suo desiderio di attraversare quel braccio di mare e di arrivare in Sicilia – l'ottica, insomma, e lo stato d'animo, sembrano provenire da una lettera, che probabilmente non gli era ignota, di Paul Louis Courier (del 15 aprile 1806, appunto da Reggio): "Noi la vediamo come dalle Tuileries voi vedete il faubourg Saint-Germain; il canale non è, in fede mia, più largo; e tuttavia abbiamo difficoltà ad attraversarlo. Lo credereste? Se soltanto mancasse il vento, noi faremmo come Agamennone: sacrificheremmo una fanciulla. Grazie a Dio, ne abbiamo in abbondanza. Ma non abbiamo una sola barca, ecco il guaio. Ci dicono che arriveranno; e fino a quando avrò questa speranza, credetemi, signora, che non volgerò lo sguardo indietro, verso i luoghi dove voi abitate, anche se tanto mi piacciono. Voglio vedere la patria di Proserpina, e sapere perché il diavolo ha preso moglie proprio in quel paese."”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

Stendhal e la Sicilia in Fatti diversi di storia letteraria e civile, Opere 1984.1989, p. 696, Bompiani

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“Il guaio nell'arrivare puntuali agli appuntamenti è che non c'è mai lì nessuno ad apprezzarlo.”

Antonio Amurri (1925–1992) scrittore e paroliere italiano

Qui lo dico e qui lo nego

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“Vent'anni fa, Leopold Mapple era il giovane scienziato più brillante del nostro corso per studenti superdotati all'Istituto di Scienze di Londra. Era un ragazzone di cento chili, roseo e ben vestito. Lo si sarebbe potuto prendere per un ricco rampollo nullafacente: invece era lo scienziato più importante nella ricerca sulla fisica subatomica. Ma era anche il più inveterato gaudente, mangione, bevitore, tabagista, donnaiolo e cultore di ogni altra cosa dai più chiamata vizio. Spesso veniva richiamato dal nostro rettore, gran lucertolone calvinista, ad un atteggiamento più morale, ma Apple gli rispondeva sempre: "Sono uno scienziato e ho studiato con attenzione il mondo: e dico mai, nelle mie osservazioni, né col microscopio, né con con la camera a bolle, né con le analisi chimiche, né coi raggi X ho mai visto apparirmi una cosa chiamata 'morale'. Era infatti Leopold Mapple, l'uomo più radicalmente ateo, più rigidamente materialista, più lontano da qualsiasi sbavatura filosofica o mistica, che io avessi conosciuto. Per lui tutto era materia, numero, osservazione, confronto, realtà: su tutto il resto egli spargeva abbondantemente la sua risata fragorosa, ben conosciuta in tutte le birrerie londinesi. "C'è un solo mezzo", egli ripeteva spesso, "per elevarsi da questa terra: ed è possedere una velocità superiore a 11,45 chilometri al secondo: tutto il resto è carburante per la superstizione e l'ignoranza." E a questo suo monolitico approccio all'esistenza, egli si manteneva coerente. Radunava un gruppo di amici, io, il dottor Hyde, e Bohr, e Fermi e Jacobson e ci trascinava nella Londra notturna. Mangiava e beveva smodatamente: "Nulla teoria, sine hosteria,"diceva e aggiungeva: "Certo non ci si ciba in fondo che di molecole, ma tra un piatto di idrogeno e un pasticcio di maiale, c'è una bella differenza." E a chi gli diceva che diventa sempre più grasso, rispondeva: "Nell'Universo, le cose grosse sono più rare delle piccole: pochi elefanti, molte zanzare, pochi grandi stelle, tanti pianetini." Insomma, un tipo piuttosto bizzarro, l'avrete capito: ma l'eccezionale bravura scientifica e l'allegria contagiosa, lo rendevano simpatico a tutti. Piaceva anche alle donne, anche se lui ripeteva spesso:"Considero ogni parola detta a letto, oltre le sei, come una conferenza, e come tale mi riservo di abbandonarla." Questo suo carattere gli causava anche qualche guaio, come una volta, quando vide alcuni bambini fermi davanti a un presepe sotto Natale. Subito volle spiegare loro: uno, che Gesù Bambino non poteva essere nato seminudo nella capanna perché sarebbe morto assiderato entro pochi minuti, due, che la Madonna non poteva averlo partorito restando vergine perché la fecondazione artificiale è stata inventata quasi duemila anni dopo, e tre, che se veramente sulla capanna fosse arrivata una cometa avrebbe ridotto tutta la Palestina a una voragine fumante. Inoltre i pastori che arrivavano con le pecore probabilmente non erano venuti per regalarle, ma per venderle come è loro abitudine, e che i tre re magi erano la più grande delle fandonie perché mai nella storia un re si è fatto una cammellata nella notte per andare a portare dei doni a un bambino nudo, magari a una bambina di sedici anni sì, ma a un neonato mai nei secoli dei secoli amen e dopo, siccome i bambini erano piuttosto choccati, li portò tutti in una pasticceria e offrì loro una montagna di kraffen dicendo: prendete e mangiate, eccovi dio infinitamente buono nella sua santa trinità di crema, marmellata di arance e cioccolato. Fu denunciato dai genitori, e si guadagnò una nota di biasimo dal rettore, che però non lo espulse perché proprio in quei mesi Mapple stava ultimando un esperimento straordinario: era riuscito a costruire una camera a bolle speciale dove era sicuro di scoprire la terza forza elementare, la forza che, diceva, sta all'origine di tutte, e non è né onda né particella, qualcosa di completamente diverso, e definitivo. "Farò l'ultimo strip-tease alla cosiddetta materia," ci disse, troneggiando tra macerie di lattine di birre, a una festa organizzata la sera prima dell'esperimento. "E quello che resterà alla fine, sarà il principio: altroché Buddha e Javeh e Visnù e altri figuri metà uomo e metà cane e splendenti e resuscitanti e volanti e sibilanti su e giù per il cielo. Basta con il traffico aereo degli impostori! Quello che troveremo al termine del mio esperimento, sarà Dio a tutti gli effetti di legge: ciò da cui tutto è composto, e creato, e causato: una particella, un'onda, una relazione. Non lancerà fulmini, nel suo nome nessun profeta sarà costretto a massacri, non avrà bisogno di travestirsi da toro di legno per scopare: sarà una formula, tutto lì. Gioiosa, semplice, tangibile, consistente, divulgabile nelle scuole, utilizzabile in industria. Ragazzi quel giorno andrò dal rettore e gli dirò: 'faccia mettere questa formula nel presepe al posto di Gesù Bambino. E vedrà se giuseppi e marie e pastori e pecorelle e reganti cammellari e angeli trombettieri non ci faranno la figura dei fessi!" Noi scoppiammo a ridere, qualcuno era un po' scandalizzato, ma Mapple ci travolse, beveva e cantava e petava come un cavallo gridando: "In interiore hominis vox veritatis!" e passammo in rassegna tutte le bettolacce di Sub-Chelsea e per contare i tappi di birra fatti saltare Bohr disse che ci sarebbe voluta un'equazione complessa, e tornammo a casa ubriachi fradici. Il giorno dopo, fragoroso come sempre, Mapple arrivò all'Istituto per l'esperimento. "Bene," disse "ora prendiamo un bell'atomo grassotto e prendiamolo a cazzotti finché non gli cascano giù tutti gli elettrodentoni." Era questo un suo modo colorito di definire gli esperimenti subatomici. Un giovane tecnico si calò nella grande camera a bolle, dentro la quale sarebbe avvenuto il bombardamento, fino all'ultima particella. Quella mattina Mapple era particolarmente euforico, e ben farcito di birra. Non si accorse che il tecnico si era sdraiato a terra per controllare la temperatura del suolo. Così lo chiuse senza accorgersene dentro la camera e iniziò il bombardamento. L'esperimento durò otto giorni: per quel tempo, il reparto restò chiuso a tutti. Il nono giorno ecco arrivare Mapple in smoking, reduce dalla solita notte di baldoria. C'eravamo tutti con lui, mentre si avviava alla camera nucleare: "Ragazzi", egli gridava, facendo roteare il bastone d'avorio, "le nuvole di duemila anni di incensi religiosi stanno finalmente per dissolversi. Migliaia di preti invaderanno gli uffici di disoccupazione in tutto il mondo. Nessun bambino verrà mai più atterrito da purgatori e inferni! Le marmellate in cima agli armadi verranno sterminate, senza paura di ritorsioni. Nelle chiese risuonerà, liberatorio, il tintinnio dei brindisi. Suore nude si concederanno a rabbini infoiati, ex voto, ex stole, ex messali, tiare, sottanoni e paramenti e ultime cene tutto brucerà, nello stesso fuoco in cui la chiesa ha bruciato i libri, gli eretici, i villaggi degli infedeli. L'ultima crociata è giunta! L'umanità è salva! Cristo è disceso in terra, anzi è sempre stato lì, e io ve lo mostrerò! La causa causarum, la sacra particula, il colui da cui, il primo motore, l'ordo initialis, l'uovo cosmico, il fabbro celeste, il danzatore eterno, l'occhio del Buddha, il kkien, il waugwa, il primo bit, il supremo artefice! Presto a voi in tutto il suo scientifico splendore! Seguitemi!" E noi lo seguimmo, eccitati, fin davanti la porta sigillata della camera dell'esperimento, e trattenemmo il fiato insieme a lui, quando lui aprì la porta e vide… vide… Vide il tecnico, con la barba lunga, i capelli incolti, con il viso scavato da otto giorni di digiuno, e il camice bianco strappato, che alzava al cielo le mani bruciate dalle ustioni radioattive e gridava: "Sono qui! Sono io, Mapple, finalmente mi hai trovato!" Descrivere il viso di Mapple in quel momento, non mi è possibile: diventò bianco come un marmo, gli occhi sembrarono uscirgli dalle orbite, ed egli lanciò un urlo, un urlo che fece tremare i vetri dell'Istituto, e i nostri cuori. "Nooooooooooooooooo!" Fuggì, travolgendo tutti. Nessuno di noi riuscì a raggiungerlo per spiegargli cos'era veramente successo. Sparì nel nulla e riapparve solo dopo molti giorni, la barba lunga, gli occhi rossi: capimmo subito che era uscito di senno. "Mapple," cercammo di spiegargli "quello che hai visto era solo il tecnico dell'Istituto, rimasto chiuso nella tua camera atomica per otto giorni!" "No amici," egli disse con voce ispirata, "era Dio! In fondo a ogni atomo c'è Dio." Due mesi dopo partì, con questa strana astronave, nello spazio. Da quel giorno egli vola per le galassie, portando la Religione ovunque, nelle stazioni spaziali, nei pianeti, nelle astronavi: non c'è culto o rito o confessione che egli non conosca e commerci. Cosi sia.”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano
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“Il guaio di essere uno scrittore è che la scrittura è più importante della vita.”

Pablo d'Ors (1963) scrittore e critico letterario spagnolo

Il debutto

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“L'ansia è l'interesse che si paga su un guaio prima che esso arrivi.”

William Ralph Inge (1860–1954) docente, scrittore, religioso (prete anglicano)

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“Dicono che Al Capone facesse anche del bene. Il guaio è che scendeva in strada e sparava alla gente. Roy Keane sta diventando l'Al Capone del Manchester United.”

Brian Clough (1935–2004) calciatore e allenatore di calcio inglese

Origine: Citato in Giancarlo Gavalotti, Keane alla sbarra, rischia sei mesi http://archiviostorico.gazzetta.it/2004/settembre/23/Keane_alla_sbarra_rischia_sei_ga_10_0409237768.shtml, La Gazzetta dello Sport, 23 settembre 2004.

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“Il mio guaio è che spesso non mi ricordo più come la penso.”

Pino Caruso (1934–2019) attore italiano

Ho dei pensieri che non condivido

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“Il teatro d'avanguardia è il teatro di domani. Il guaio è che te lo fanno vedere oggi.”

Pino Caruso (1934–2019) attore italiano

Ho dei pensieri che non condivido

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“Il comico Beppe Grillo ha dato vita al consueto paradosso di chi dice di voler fare "antipolitica". In realtà il suo è stato un riuscito rito liberatorio, versione civilizzata di quelli celebrati presso certe tribù primitive dove lo stregone che aveva sbagliato o abusato veniva linciato dai suoi ex fedeli e, in qualche caso, mangiato. Grillo ha colto l'ondata di risentimento che c'è nel paese mettendo a bollire in un unico calderone richieste sacrosante e altre di chiaro sapore qualunquistico. È vero che grida vendetta vedere in parlamento dei condannati a pene definitive. Ma prendersela in blocco con le case degli onorevoli è invece demagogia; nel mucchio ci sono autentiche situazioni di privilegio accanto ad altre legittime che risalgono a decenni fa. Attaccare in blocco i partiti è una sciocchezza. I partiti sono stati i tiranti, i tendini di un paese molto diviso, spesso hanno garantito loro, in mancanza d'altro, una riconoscibilità nazionale. Non i partiti in sé ma la loro degenerazione, la loro trasformazione in macchine elettorali o di sottogoverno, è la malattia politica da curare; così come la presa soffocante d'una politica degenerate sulla vita di singoli cittadini e delle loro imprese. Il guaio per Grillo, e per tutti noi, è che quando s'è consumato il rito liberatorio, dopo aver ucciso lo stregone o avergli gridato in piazza un vituperio, l'antipolitica non conta più niente e non porta a niente. L'antipolitica raccoglie un sintomo, lo interpreta, lo potenzia ma non ha nessuna terapia da proporre. Fino a quando non diventa essa stessa politica. È questo il paradosso.”

Corrado Augias (1935) giornalista italiano

da la Repubblica dell'11 settembre 2007

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“[Sulla miniserie Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu] Nella fiction non si è parlato di cocaina; era molto presente in quegli anni e in quel giro dove Rino finì negli ultimi anni e fu anche responsabile della sua tragica fine. La storia ha ignorato il vero guaio di Rino, la cocaina.”

Antonello Venditti (1949) cantautore italiano

Origine: Antonello Venditti fu poi querelato dalla sorella di Rino, Anna Gaetano, per via di queste dichiarazioni. Il procedimento a carico di Venditti è stato poi archiviato in quanto non si è evidenziato un intento denigratorio nelle parole del cantante.
Origine: Citato in Gaetano, sorella querela Venditti http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/articoli/articolo393844.shtml, Tgcom24, 27 dicembre 2007.

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“[Su John McEnroe diciassettenne] Se è il nostro miglior giovane siamo in un grosso guaio. È leggerino!”

Pancho Segura (1921–2017) tennista e allenatore di tennis ecuadoriano

Origine: Citato in Enos Mantoani, Nemo propheta in patria... http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/02/07/454873-nemo_propheta_patria.shtml, Ubitennis.com, 6 febbraio 2011

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“I calzoni strazzonati della politica erano un grosso guaio, ma dopotutto la cosa che importanza aveva?”

Il mare della fertilità, Lo specchio degli inganni (La decomposizione dell'angelo)

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“Il guaio delle bugie è che devi continuare a raccontarne altre per tenerle in piedi.”

Stan Nicholls (1949) scrittore inglese

La guerra degli Orchi – I Figli del Lupo

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“Oh, mio marito l'apprezzava, la mia bellezza. E come! Il guaio è che aprezzava anche quella di tutte le altre.”

Allan Prior (1922–2006) scrittore, sceneggiatore

Origine: Breve gloria di Mister Miffin, p. 226

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“Ti scrivo mentre tu sei da qualche parte a comprare la Coca-Cola. È la prima volta in vita mia che scrivo una lettera a qualcuno seduto accanto a me su una panchina. Ma se non facessi così dubito che riuscirei a farti arrivare quello che ti voglio dire. Perché tu non ascolti niente di quello che dico, prova a dire che non è vero. “Se può interessarti, oggi tu hai fatto una cosa molto grave nei miei confronti. Non ti sei neanche accorto che ho cambiato pettinatura. Piano piano, con sacrificio, avevo aspettato che mi crescessero i capelli e lo scorso week-end finalmente mi sono fatta fare un taglio femminile. Ma tu non ci hai fatto neanche caso. Ero così sicura di essere carina nella mia nuova pettinatura che non vedevo l'ora di farti una sorpresa, tanto più che era la prima volta che ci vedevamo da tanto tempo. E tu non te ne sei nemmeno accorto! Ti rendi conto di che vuoi dire? Figuriamoci, se è per questo probabilmente non sapresti dire neanche com'ero vestita. Ma guarda che io sono una donna. Per quanti pensieri tu possa avere, potresti almeno degnarmi di uno sguardo. Sarebbe bastato poco. Se solo mi avessi detto, non dico tanto, qualcosa tipo “Carina, questa pettinatura‟, ti avrei lasciato fare come volevi, immergerti nei tuoi pensieri quanto volevi. “Perciò sto per dirti una bugia. Ti dirò che ho un appuntamento a Ginza con mia sorella. Non è vero. Pensando di restare stanotte a dormire da te mi ero portata perfino il pigiama. Sì, se lo vuoi sapere nella mia borsa ci sono pigiama e spazzolino da denti. Mi viene da ridere, se penso a quanto sono cretina. A te l'idea di invitarmi a casa tua non ti ha sfiorato nemmeno. Ma non importa. Visto che ci tieni tanto a startene da solo fregandotene altamente di me, rimani pure da solo e pensa a tutti i tuoi problemi quanto vuoi senza nessuna interferenza da parte mia. “Il guaio è che non riesco nemmeno ad avercela con te. Mi sento soprattutto sola. In fondo sei sempre stato gentile con me mentre io per te non ho fatto niente. Tu sei sempre chiuso nel tuo mondo e ogni volta che io provo a bussare e a chiamarti tu mi lanci al massimo un'occhiata e subito ti richiudi in te stesso. “Eccoti che torni con la Coca-Cola. Vieni verso di me tutto sprofondato nei tuoi pensieri. Quanto vorrei che inciampassi! Ma non inciampi, ti siedi accanto a me come prima e bevi la tua Coca. Avevo un residuo di speranza che tornando notassi qualcosa e dicessi: “Di' un po‟, ma hai cambiato pettinatura?‟ Invece niente. Se te ne fossi accorto anche in ritardo avrei strappato questa lettera e ti avrei detto: “Dai, andiamo a casa tua. Ti cucinerò una cena favolosa e poi andremo a letto felici e contenti‟. Ma tu sei ottuso come un pezzo di legno. Sayonara.
P. S. La prossima volta che ci vediamo a lezione evita di rivolgermi la parola.”

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“Il guaio di Scalfari non è che dice quel che pensa. Il guaio di Scalfari è che pensa quel che dice.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

Origine: Citato in Paolo Granzotto, Montanelli, p. 173.

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