Frasi su secolo
pagina 16

John Pilger photo

“Sembra che Pol Pot concepisse sé stesso come un erede dell'impero di Angkor Wat, i cui sovrani regnavano da questi templi durante il decimo secolo. Nell'ideologia dei Khmer Rossi, il comunismo veniva raramente menzionato. Invece, c'era «Angka», ovvero «l'Organizzazione», che esigeva la schiavitù in una società agraria senza città o macchine.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

It seems that Pol Pot imagined himself as an heir to the empire of Angkor Wat, whose kings ruled from these temples in the tenth century. In Khmer Rouge ideology, communism was seldom mentioned. Instead, there was the "angka" or "organisation", which demanded slavery in an agrarian society without towns or machines.
Variante: Sembra che Pol Pot si vantava da erede dell'impero di Angkor Wat, i cui re regnavano su questi templi durante il decimo secolo. Nell'ideologia dei Khmer Rossi, il comunismo veniva appena menzionato. Invece, c'era «Angka», ovvero «l'Organizzazione», che insisteva sulla schiavitù in una società agraria senza città o macchine.

Umberto Eco photo
Ramón Gómez De La Serna photo

“Il Colosseo in rovina è come una tazza sbreccata della colazione dei secoli.”

Ramón Gómez De La Serna (1888–1963) scrittore e aforista spagnolo

Origine: Mille e una greguería, Greguería‎s‎, p. 28

Bob Dole photo
Albert Sánchez Piñol photo
Claude Lévi-Strauss photo

“Verrà un giorno in cui l'idea che per nutrirsi gli uomini del passato allevavano e massacravano degli esseri viventi, mettendo in mostra nelle vetrine le loro carni dilaniate, ispirerà senza dubbio la stessa repulsione provata dai viaggiatori del XVII e XVIII secolo nei confronti dei pasti cannibalici dei selvaggi americani, africani, o dell'Oceania.”

Claude Lévi-Strauss (1908–2009) antropologo e etnologo francese

Origine: Da La leçon de sagesse des vaches folles, 2001; citato in Matthieu Ricard, Sei un animale!, traduzione di Sergio Orrao, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, p. 77. ISBN 978-88-200-6028-2

Haile Selassie photo
Saddam Hussein photo

“Il petrolio è un dono concesso alla nazione araba da Dio, d'usare dopo secoli di povertà, arretratezza e servitudine per incrementare il suo tenore di vita, sviluppare le sue condizioni economiche, sociali e culturali, e per sviluppare il suo proprio potere per affrontare le sfide e i complotti che l'ostacolano.”

Saddam Hussein (1937–2006) politico iracheno

Variante: Il petrolio è un dono concesso alla nazione araba da Dio, da usare – dopo secoli di povertà, arretratezza e servitù – per elevare il suo tenore di vita, sviluppare le sue condizioni economiche, sociali e culturali, e consolidare il suo proprio potere per affrontare le sfide che lo assillano i complotti che lo circondano.

Carlo Azeglio Ciampi photo

“[…] se alziamo lo sguardo lassù, sopra il colonnato, vediamo le sedici statue delle Regioni dell'Italia, quante erano un secolo fa. Qui accanto a noi, nel basamento della statua di Vittorio Emanuele II, sono raffigurate le città d'Italia che furono capitali e le antiche Repubbliche marinare. Chi volle questo monumento lo pensò dedicato all'Italia intera, perché l'Italia è fatta delle sue cento città, delle sue Regioni, delle sue Province, dei suoi Comuni.”

Carlo Azeglio Ciampi (1920–2016) 10º Presidente della Repubblica Italiana

Origine: Dal discorso tenuto in occasione dell'inizio dell'anno scolastico 2000/2001 e della riapertura del Vittoriano, 24 settembre 2000. Riportato in Quirinale.it http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=13020.

Bruno Migliorini photo
Henry De Montherlant photo
Massimo Piattelli Palmarini photo
Saddam Hussein photo

“Sia lodato Dio onnipotente for tutto ciò che è stato realizzato, e congratulazioni a voi, grandi iracheni, per quanto avete ottenuto. Meritate giustamente il bene e la gloria. Siete un popolo che ha offerto tanto alla vita. Migliaia di anni fa, avete offerto grandi civiltà all'umanità e acceso la torcia della scienza e della conoscenza. Insieme agli altri figli della vostra grande nazione araba, avete contribuito, con grande merito, a propagare grandi messaggi celesti. Attraverso secoli di declino, voi, i vostri padri e i vostri avi avete vissuto per secoli sotto l'oppressione, la tirannia, l'arretratezza e la povertà. I vostri nemici credevano che avevate perso la vostra opportunità storica per sempre. Ma malgrado tutte le sofferenze che avete subito durante quelle fasi oscure della vostra storia, avete dimostrato d'essere un popolo vivo, che siete i figli d'una nazione viva e vigorosa, e che siete i discendenti di quei grandi antenati, i famosi capi, costruttori, artefici storici della civiltà e Messaggeri.”

Saddam Hussein (1937–2006) politico iracheno

Praise be to Almighty God for all that has been realized and congratulations to you, great Iraqis, on what you have achieved. You rightly deserve good and glory. You are a people which has offered a lot to life. Thousands of years ago, you offered great civilizations to humanity and lit the torch of science and knowledge. Together with other sons of your great Arab nation, you contributed – with great distinction – to spreading the great heavenly messages. Throughout eras of decline, you, your fathers and grandfathers lived for centuries under oppression, tyranny, backwardness and poverty. Your enemies thought that you had lost your historical opportunity for ever. But – despite all that you suffered during those dark stages of your history – you have proved that you are a living people, that you are the sons of a living and vigorous nation, and that you are the descendants of those great ancestors, the well-known historical leaders, constructors, originators of civilization and Message-bearers.
Variante: Sia lodato Dio onnipotente for tutto ciò che è stato realizzato, e congratulazioni a voi, grandi iracheni, per quanto avete ottenuto. Meritate giustamente il bene e la gloria. Siete un popolo che ha offerto tanto alla vita. Migliaia di anni fa, avete offerto grandi civiltà all'umanità e acceso la torcia della scienza e della conoscenza. Insieme agli altri figli della vostra grande nazione araba, avete contribuito, con grande merito, a propagare grandi messaggi celesti. Attraverso secoli di declino, voi, i vostri padri e i vostri avi avete vissuto per secoli sotto l'oppressione, la tirannia, l'arretratezza e la povertà. I vostri nemici credevano che avevate perso la vostra opportunità storica per sempre. Ma malgrado tutte le sofferenze che avete subito durante quelle fasi oscure della vostra storia, avete dimostrato d'essere un popolo vivo, che siete i figli d'una nazione viva e vigorosa, e che siete i discendenti di quei grandi antenati, i famosi capi, costruttori, artefici storici della civiltà e Messaggeri.

Saddam Hussein photo
Kwame Nkrumah photo
Henry De Montherlant photo

“La signorina de Bauret si sentiva portata alle lettere e alle arti, ma la sua cultura letteraria aveva come punto di partenza la fine del XIX secolo: in una parola non esisteva. La ragazza vedeva e spiegava il cosmo attraverso le manie di qualche autore alla moda; per esempio credeva sinceramente che, bambino, l'uomo è innamorato della madre; o, se qualcuno confessava d'aver avuto voglia di spingere un passante sotto il tram, ella diceva: "Avete letto troppe volte le Nourritures terrestres"; al che l'altro spalancava tanto d'occhi, ignorando, beninteso, perfino il titolo del libro. Proclamava che un pagliaccio del cinema a nome Charlot era un genio. Quando si abbandonava a una fantasticheria, la chiamava "monologo interiore". Quando de Coantré le diceva che lo zio Octave non voleva guardare in faccia la realtà, ella traduceva nel suo gergo: "Non vuol sottomettersi all'oggetto". Eccetera. A venticinque anni tale infantilismo spirituale le conferiva quella sorta d'imbecillità caratteristica del sedicenne che comincia a studiare filosofia e scopre l'anima umana e l'umano pensiero nei manuali di Paulin Malapert. Inutile dire che in politica la signorina de Bauret aveva idee progressiste. L'autentica tara della signorina de Bauret, tara in parte dell'età e in parte dell'epoca, consisteva nel fatto che per lei novità era sinonimo di valore. È questo un indice sicuro di barbarie.”

Origine: Gli scapoli, pp. 88-89

Rudolf Steiner photo

“Infine, venne il tempo in cui fu lecito parlare del contenuto dell'antichissima saggezza in un linguaggio comprensibile a più larghe masse. All'incirca dall'ultimo terzo del secolo decimonono in poi si poté parlare in forma più o meno palese intorno all'antichissima sapienza del mondo, e solo perché, appunto nei mondi spirituali, avvennero dati fatti, fu per così dire concessa ai custodi dei misteri la possibilità di lasciar trapelare qualcosa dell'antichissima saggezza.”

Rudolf Steiner (1861–1925) filosofo, esoterista e pedagogista austriaco

2010, p. 12
Gerarchie spirituali e loro riflesso nel mondo fisico – Zodiaco, Pianeti e Cosmo
Variante: Infine, venne il tempo in cui fu lecito parlare del contenuto dell'antichissima saggezza in un linguaggio comprensibile a più larghe masse. All'incirca dall'ultimo terzo del secolo decimonono in poi si poté parlare in forma più o meno palese intorno all'antichissima sapienza del mondo, e solo perché, appunto nei mondi spirituali, avvennero dati fatti, fu per così dire concessa ai custodi dei misteri la possibilità di lasciar trapelare qualcosa dell'antichissima saggezza. (p. 12, 2010)

Pol Pot photo

“Il nostro inno nazionale non è opera di uno o due compositori, è l'opera del nostro intero popolo, che lo ha scritto col suo proprio sangue, sangue che ha generosamente versato lungo i secoli.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Our national anthem is not the work of one or two composers, it is the work of our whole people, who wrote it with their own blood, blood which our people generously shed over the centuries.
Variante: Il nostro inno nazionale non è opera di uno o due compositori, è l'opera del nostro intero popolo, che lo ha scritto col suo proprio sangue, sangue che ha generosamente versato lungo i secoli.

Indro Montanelli photo
Paolo Di Paolo photo
Mohammad Reza Pahlavi photo
Enver Hoxha photo
André Maurois photo
Jeanne de Vietinghoff photo
Max Jammer photo
Bruno Migliorini photo
Salvator Rosa photo

“In ogni secolo corotto son le case de' ricchi frequentate dai savi.”

Salvator Rosa (1615–1673) pittore, incisore e poeta italiano

466; p. 56
Il teatro della politica

Massimo Piattelli Palmarini photo
Enver Hoxha photo
Ernst Hans Josef Gombrich photo

“[Chiedendo la soppressione della Ménagerie du Jardin des Plantes] L'umiliazione degli animali non è più tollerabile di quella delle persone. Proprio come un secolo fa, e ancora di più, vengono esibiti gattopardi, puma e tigri che sono, in realtà, morti viventi.
Sono disperati, ma soprattutto deprivati. Hanno perso il verde delle foglie degli alberi e dei prati così come la terra che calcavano. Le grandi zampe dei predatori, dai cuscinetti così delicati, si feriscono sul duro cemento. I rapaci si trascinano nei loro stessi escrementi. I fenicotteri rosa rimestano l'acqua delle fogne. […] In prigione, l'uomo perde la sua libertà; in una gabbia l'animale perde anche lo spazio in cui organizzava la sua esistenza in tutta la sua complessità: il suo comportamento viene sconvolto, la sua psiche scossa. Non trova altra via d'uscita che la follia, spesso misericordiosa. Ecco perché l'orso continua il suo vorticoso viavai lungo quel muro che lambisce con il muso. L'elefante si dondola senza tregua. Un giovane lupo si strappa le unghie. I prigionieri degli zoo, fatta salva qualche eccezione, sono dei malati mentali, ossessionati dalla loro condanna, frustrati, ansiosi e aggressivi.
Quest'ospedale psichiatrico, che sfrutta la sofferenza animale, non merita né il nostro tempo né le eminenti personalità da museo che lo amministrano. Il serraglio del Jardin des Plantes è solo un'enclave anacronistica e scandalosa, dove, nel cuore di Parigi, si possono vedere, per soli tre franchi, animali infelici, costruzioni traballanti e piastrelle rotte.
Sbarazzatevi di tutto ciò e piantate dei fiori!”

Philippe Diolé (1908–1977)

Origine: Da Prisons dans un jardin, Le Figaro, 11 giugno 1974; citato in Matthieu Ricard, Sei un animale!, traduzione di Sergio Orrao, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, pp. 245-246. ISBN 978-88-200-6028-2

Kwame Nkrumah photo

“Prima che sulla coppia, Eyes wide shut è né più né meno che un film sulla borghesia - ieri e oggi, dopo Barry Lyndon e l'89 di duecento e passa anni fa - e dunque, visto che il potere è sempre saldo nelle mani di questa classe, assistita o appena contrastata, oggi come oggi, solo da poteri più esoticamente criminali di essa, è un film sul potere, […] il Potere Borghese e Maschile sul corpo della donna e del ricco sul corpo del povero. […] Che cos'è questo film, in definitiva, se non una classica storia di "presa di coscienza", che a metà pone il protagonista di fronte a una crisi e lo costringe a cominciare a vedere? Con procedimenti non immemori di Hitchcock e di Lang, Bill è ora mosso nelle sue azioni dal senso di colpa, che però non è "cattolico" come nei due maestri, o metafisico alla Kafka, o psicoanalitico-edipico-freudiano, bensì precisamente e chiaramente sociale. E il clou ne sarà la conversazione con Ziegler (Pollack), il borghese cinico che sa e che ha scelto e che è "dentro" la grande rete nascosta del potere. Quello che prima era tutto freddezza di professionista acciuffadenari che esorcizza la morte e il male con il censo e il sesso, cambierà, sarà un'altra persona e un altro medico. […] È poco? È tantissimo almeno da dentro il mondo borghese di cui Kubrick parla e da cui proviene e in cui si era nevroticamente installato. Se i Bill e Alice del mondo lo capissero tutti, il mondo sarebbe diverso. […] A fine secolo, Kubrick non rinuncia quindi a "farci la morale" e noi gliene siamo grati, anche perché ci lascia qualcosa in cui credere. Di fronte a questo, che la prima lettura del film sia per i Bill e Alice del mondo meno godibile… affari loro. Chi ha occhi per vedere veda, sia pure tra sonno e veglia, e gli altri dormano pure l'immenso meschino complice doppio sogno del consumo e del consenso.”

Goffredo Fofi (1937) saggista, attivista e giornalista italiano
Michele Ainis photo
Ernst Hans Josef Gombrich photo
Antonio Giolitti photo
Maya Tiwari photo
Alessandro Manzoni photo
Henry De Montherlant photo
Alberto Ronchey photo

“[…] il paese nativo della famiglia Bocchini da secoli si chiamava San Giorgio alla montagna, ma siccome i suoi colleghi ed amici solevano canzonarlo dicendogli: «Senti uomo della montagna… Vieni qua, montanaro…», Don Arturo fece fare un Decreto con cui quel nome veniva cambiato in quello più ambito e meno equivoco di San Giorgio del Sannio. (Arturo Bocchini, il superdittatore giocondo, ovvero la storia della polizia fascista. Le oneste origini familiari, p. 209)”

Cesare Rossi (1887–1967) politico e sindacalista italiano

Personaggi di ieri e di oggi
Variante: [... ] il paese nativo della famiglia Bocchini da secoli si chiamava San Giorgio alla montagna, ma siccome i suoi colleghi ed amici solevano canzonarlo dicendogli: «Senti uomo della montagna... Vieni qua, montanaro...», Don Arturo fece fare un Decreto con cui quel nome veniva cambiato in quello più ambito e meno equivoco di San Giorgio del Sannio. (Arturo Bocchini, il superdittatore giocondo, ovvero la storia della polizia fascista. Le oneste origini familiari. p. 209)

Mark Twain photo
Friedrich Nietzsche photo
Ryszard Kapuściński photo
Luciano Ligabue photo
Bruno Migliorini photo
Ippolito Nievo photo
Alberto Methol Ferré photo
Richard Spencer photo
Pol Pot photo

“Le forze produttive, specialmente i lavoratori che rappresentano il 90% della popolazione, sono completamente emancipate. Stanno subendo una trasformazione e ora si stanno sviluppando in un movimento tremendamente forte di produzione, pieno d'entusiasmo, di vitalità, d'iniziativa e di spirito creativo. Questa forza immensa, addormentata per secoli a causa dell'oppressione per mano delle varie classi sfruttatrici, si è risvegliata e con coraggio e vigore sta entrando in azione.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

The forces of production, especially the laboring people representing 90% of the population, are completely liberated. They are undergoing a transformation and are now developing into a tremendous strong movement of production, full of enthusiasm, vitality, intitiative and creative spirit. This immense force, which was sleeping for centuries because of its oppression at the hands of the various exploiting classes, has awakened and is bravely and vigorously moving into action.

Marshall McLuhan photo
Mario Praz photo
Alessandro Manzoni photo
Louis-ferdinand Céline photo
Ernst Hans Josef Gombrich photo
Giovanni Raboni photo
Alberto Moravia photo
Haile Selassie photo
Antonio Tajani photo
Pol Pot photo

“Le forze produttivi, specialmente il proletariato che rappresenta il 90% della popolazione, sono state totalmente liberate. Stanno subendo una trasformazione e ora si stanno sviluppando in un movimento tremendamente forte di produzione, pieno d'entusiasmo, di vitalità, d'iniziativa e di spirito creativo. Questa forza immensa, addormentata per secoli a causa dell'oppressione da parte delle varie classi sfruttatrici, si è svegliata e si sta recando con coraggio e vigore verso l'azione.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Citazioni tratte dai discorsi
Variante: Le forze produttive, specialmente i lavoratori che rappresentano il 90% della popolazione, sono totalmente liberate. Stanno subendo una trasformazione e ora si stanno sviluppando in un movimento tremendamente forte di produzione, pieno d'entusiasmo, di vitalità, d'iniziativa e di spirito creativo. Questa forza immensa, addormentata per secoli a causa dell'oppressione da parte delle varie classi sfruttatrici, si è svegliata e si sta recando con coraggio e vigore verso l'azione.

Mohammad Reza Pahlavi photo
Giosue Carducci photo
Bruno Migliorini photo
Mohammad Reza Pahlavi photo
Emilio Sereni photo
Paul B. Preciado photo

“Ci fu un tempo, non tanto lontano, in Occidente, in cui il carattere laico e moderno del presidente iracheno era apprezzato, se non proprio esaltato. Il confronto con Khomeini concedeva un notevole vantaggio a Saddam Hussein. Di fronte alla rivoluzione islamica di Teheran, esportatrice di un oscurantismo inquietante, la classica dittatura di Bagdad, senza propositi missionari, sembrava un argine non solo accettabile ma provvidenziale. È capitato a molti di noi di scrivere o di pensare qualcosa del genere durante la guerra Iran-Iraq. L'Iraq non era proprio una diga democratica, questo no, questo nessuno ha osato dirlo: ma un utile sbarramento laico e moderno, ossia efficiente, sì: un argine, appunto, in grado di contenere un fanatismo come quello iraniano ansioso di ricondurre le società musulmane ai secoli più bui della loro storia, e di aggredire attraverso il terrorismo gli infedeli dell'Occidente europeo e americano. Al contrario degli ayatollah iraniani, i dirigenti del partito Baas iracheno non erano considerati una minaccia alla stabilità del Golfo, vale a dire del mercato del petrolio. Khomeini costruiva moschee, Saddam Hussein scuole e ospedali e caserme. Egli dedicava, è vero, una particolare attenzione a quest'ultime ed anche alle prigioni, come del resto faceva Khomeini, ma, al contrario di Khomeini, era al tempo stesso favorevole all'emancipazione delle donne, alle quali a Bagdad non veniva imposto il ciador. Quando negli acquitrini della Mesopotamia meridionale, dove si incontrano il Tigri e l'Eufrate, furono scoperti nel 1984 migliaia di giovani iraniani uccisi dai gas iracheni, la nostra morale non fu affatto scossa. L'utilità di Saddam Hussein, in quanto diga del fondamentalismo musulmano, placava le nostre coscienze. Soltanto quattro anni dopo, quando i gas furono usati per mattare la città curda di Halabja, ci furono alcune reazioni.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Ci fu un tempo, non tanto lontano, in Occidente, in cui il carattere laico e moderno del presidente iracheno era apprezzato, se non proprio esaltato. Il confronto con Khomeini concedeva un notevole vantaggio a Saddam Hussein. Di fronte alla rivoluzione islamica di Teheran, esportatrice di un oscurantismo inquietante, la classica dittatura di Bagdad, senza propositi missionari, sembrava un argine non solo accettabile ma provvidenziale. E' capitato a molti di noi di scrivere o di pensare qualcosa del genere durante la guerra Iran-Iraq. L'Iraq non era proprio una diga democratica, questo no, questo nessuno ha osato dirlo: ma un utile sbarramento laico e moderno, ossia efficiente, sì: un argine, appunto, in grado di contenere un fanatismo come quello iraniano ansioso di ricondurre le società musulmane ai secoli più bui della loro storia, e di aggredire attraverso il terrorismo gli infedeli dell' Occidente europeo e americano. Al contrario degli ayatollah iraniani, i dirigenti del partito Baas iracheno non erano considerati una minaccia alla stabilità del Golfo, vale a dire del mercato del petrolio. Khomeini costruiva moschee, Saddam Hussein scuole e ospedali e caserme. Egli dedicava, è vero, una particolare attenzione a quest' ultime ed anche alle prigioni, come del resto faceva Khomeini, ma, al contrario di Khomeini, era al tempo stesso favorevole all'emancipazione delle donne, alle quali a Bagdad non veniva imposto il ciador. Quando negli acquitrini della Mesopotamia meridionale, dove si incontrano il Tigri e l'Eufrate, furono scoperti nel 1984 migliaia di giovani iraniani uccisi dai gas iracheni, la nostra morale non fu affatto scossa. L' utilità di Saddam Hussein, in quanto diga del fondamentalismo musulmano, placava le nostre coscienze. Soltanto quattro anni dopo, quando i gas furono usati per mattare la città curda di Halabja, ci furono alcune reazioni.

Loretta Napoleoni photo

“Il modo migliore per ricordare ed onorare la vita dell'ultimo grande eroe del XX secolo è prenderlo da esempio. Mandela come Ghandi prima di lui e Martin Luther King hanno combattuto battaglie reputate ai tempi impossibili, e lo hanno fatto sfidando la visione del mondo tradizionale espressa dall'opinione pubblica, in nome dell'eguaglianza tra gli uomini.”

Loretta Napoleoni (1955) economista e saggista italiana

Origine: Da Nelson Mandela e la lotta alla moderna apartheid economica https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/07/nelson-mandela-e-la-lotta-alla-moderna-apartheid-economica/804316/, Ilfattoquotidiano.it, 7 dicembre 2013.

“Si parla molto di più del cinquantenario dell'indipendenza indiana a Londra che a Nuova Delhi o a Bombay. Là si ricorda l'inizio della ritirata imperiale, cominciata nell'agosto del '47 a Nuova Delhi e conclusasi neppure due mesi fa, il 1 luglio del '97, mezzo secolo dopo, a Hong Kong. Una lunga cavalcata nostalgica a ritroso. La Gran Bretagna ha la rievocazione facile. Non deve fare bilanci. Li ha già fatti. Se qualcuno, a Londra, vuol proprio tirare le somme, non gli riesce certo difficile sottolineare i risultati negativi di questi cinquant'anni postcoloniali dell'India. Così facendo, si può implicitamente rivalutare il tempo del Britsh Raj. È però un esercizio rischioso: è ridicolo giocare con la storia. La storia consente invece qualche considerazione su ciò che accadde realmente nell'estate del '47. Si può ricordare che l'impero britannico, seguendo un'abitudine (non solo) coloniale consolidata, si prodigò nell'accentuare l'ostilità tra indù e musulmani. Divise per governare. Si può altresì rammentare che gli inglesi se ne andarono (in anticipo sulla data prevista) come da una nave che affonda. Fu esemplare la decisione di decolonizzare, ma non certo il calendario precipitoso, dopo due secoli di dominio. Il 15 agosto '47 resta una data importante non solo perché ha visto nascere la 'più grande democrazia del mondo', ma perché ha dato il via al processo di decolonizzazione, che ha cambiato la faccia del mondo. Winston Churchill detestava l'India e gli indiani, e non lo nascondeva.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano
Giovanni Morelli photo
Gustavo Frizzoni photo
Vittorio Pica photo
Loretta Napoleoni photo
David Van Reybrouck photo
Pompeo Gherardo Molmenti photo
Marco Rizzo photo

“L'eurocomunismo, una delle peggiori forme di revisionismo del XX secolo, anche se consegnato alla pattumiera della storia, ha lasciato comunque una pesante eredità.”

Marco Rizzo (1959) politico italiano

Origine: Citato in Movimento Comunista Internazionale: serve l'Unità Ideologica, Politica e Organizzativa http://ilpartitocomunista.it/2015/02/02/movimento-comunista-internazionale-serve-lunita-ideologica-politica-e-organizzativa, Ilpartitocomunista.it; 2 febbraio 2015.

“Il clero sciita, che ha promosso e guida la rivoluzione islamica di Teheran, non è composto di vermi che si agitano nella sporcizia e nel fango, come diceva il defunto scià di Persia. Gli ayatollah, che lo hanno travolto quando sembrava all'apice della potenza, difendono l'umiliato orgoglio di un'antica nazione, la Persia, e una religione a lungo frustrata, che i loro predecessori non hanno saputo preservare e rispettare. Li difendono col fanatismo, con l'odio, con una crudeltà d'altri secoli, e con un pessimo gusto che arriva al punto di costruire nel cuore di Teheran una fontana da cui sgorga acqua tinta di rosso, per ricordare il sangue versato dai martiri della rivoluzione. Ma li difendono dopo i numerosi fallimenti dei laici, degli innovatori. La loro rivoluzione è contro il mondo moderno, contro le società occidentali, contro i pagani, dai quali per secoli sono stati presi a calci. È un orgoglio ferito che esplode irrazionalmente, con il conforto di una religione che ha conservato una carica, un'intensità che noi definiamo medievale. Senza tener conto di questo, non si può capire il fenomeno iraniano.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Il clero sciita, che ha promosso e guida la rivoluzione islamica di Teheran, non è composto di vermi che si agitano nella sporcizia e nel fango, come diceva il defunto scià di Persia. Gli ayatollah, che lo hanno travolto quando sembrava all'apice della potenza, difendono l'umiliato orgoglio di un' antica nazione, la Persia, e una religione a lungo frustrata, che i loro predecessori non hanno saputo preservare e rispettare. Li difendono col fanatismo, con l'odio, con una crudeltà d' altri secoli, e con un pessimo gusto che arriva al punto di costruire nel cuore di Teheran una fontana da cui sgorga acqua tinta di rosso, per ricordare il sangue versato dai martiri della rivoluzione. Ma li difendono dopo i numerosi fallimenti dei laici, degli innovatori. La loro rivoluzione è contro il mondo moderno, contro le società occidentali, contro i pagani, dai quali per secoli sono stati presi a calci. È un orgoglio ferito che esplode irrazionalmente, con il conforto di una religione che ha conservato una carica, un' intensità che noi definiamo medievale. Senza tener conto di questo, non si può capire il fenomeno iraniano.
Origine: Da La piaga iraniana http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/08/04/la-piaga-iraniana.html?ref=search, la Repubblica, 4 agosto 1987.

“La posta in gioco sono centinaia di migliaia di profughi hutu, fuggiti dal Ruanda nel timore di una rappresaglia, dopo il genocidio dei '94. Una massa umana in bilico sul confine, respinta dai tutsi: e di cui si servono invece, come di un ariete, i superstiti dell'ex regime di Kigali, autore del massacro, ora alla ricerca di una rivincita, con l'aiuto dello Zaire. Là il dramma ruandese può essere il detonatore che fa saltare quell'autentica polveriera tribale che è l'ex Congo belga. Un paese disegnato sulle frontiere coloniali, senza tener conto della storia – non scritta – di quelle regioni: e che adesso rischia, come già accadde al momento dell'indipendenza, di andare in frantumi e di destabilizzare l'intera Africa centrale. È al tempo stesso allucinante ed esemplare. A conclusione di un secolo che ha conosciuto la morte del colonialismo, e che ora, arrivato alla fine, assiste alla non tanto lenta rovina del continente nero, questo dramma ruandese è in definitiva il risultato di quello che gli scrittori africani riuniti a Roma, nella primavera del '59, denunciarono come uno dei più gravi peccati occidentali: l'avere accettato, senza discutere, e diffuso, la nozione di un popolo, quello africano, "senza cultura."”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Ed anche "senza storia", perché, appunto, la si tramandava per via orale. Partendo da questo principio, coloni e (spesso) missionari hanno creato una storia africana con un calco occidentale e hanno imposto la loro cultura come se prima ci fosse stato il vuoto. Ne sono uscite delle mostruosità.
Variante: La posta in gioco sono centinaia di migliaia di profughi hutu, fuggiti dal Ruanda nel timore di una rappresaglia, dopo il genocidio dei '94. Una massa umana in bilico sul confine, respinta dai tutsi: e di cui si servono invece, come di un ariete, i superstiti dell'ex regime di Kigali, autore del massacro, ora alla ricerca di una rivincita, con l'aiuto dello Zaire. Là il dramma ruandese può essere il detonatore che fa saltare quell'autentica polveriera tribale che è l'ex Congo belga. Un paese disegnato sulle frontiere coloniali, senza tener conto della storia – non scritta – di quelle regioni: e che adesso rischia, come già accadde al momento dell'indipendenza, di andare in frantumi e di destabilizzare l'intera Africa centrale. È al tempo stesso allucinante ed esemplare. A conclusione di un secolo che ha conosciuto la morte del colonialismo, e che ora, arrivato alla fine, assiste alla non tanto lenta rovina del continente nero, questo dramma ruandese è in definitiva il risultato di quello che gli scrittori africani riuniti a Roma, nella primavera del '59, denunciarono come uno dei più gravi peccati occidentali: l'avere accettato, senza discutere, e diffuso, la nozione di un popolo, quello africano, "senza cultura". Ed anche "senza storia", perché, appunto, la si tramandava per via orale. Partendo da questo principio, coloni e (spesso) missionari hanno creato una storia africana con un calco occidentale e hanno imposto la loro cultura come se prima ci fosse stato il vuoto. Ne sono uscite delle mostruosità.