Frasi su cenno

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema cenno, cosa, tempo, vita.

Frasi su cenno

Eduardo De Filippo photo
Gianni Rodari photo
Charles Dickens photo
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann photo
John Steinbeck photo
Edith Södergran photo
Franz Kafka photo
Francesco Alberoni photo
Giuseppe Pontiggia photo
Thomas Stearns Eliot photo
Sergej Luk'janenko photo
Enrico Ameri photo
Manlio Sgalambro photo
Hermann Hesse photo

“Chi ama come si dovrebbe amare, diventa poeta ed eroe per un sorriso, per un cenno, per una parola di colei che ama.”

Hermann Hesse (1877–1962) scrittore, poeta e aforista tedesco

Origine: Aforismi, p. 68

Italo Svevo photo
Terry Pratchett photo

“Per un cammello sordo un cenno della testa vale quanto un bastone appuntito.”

Terry Pratchett (1948–2015) scrittore e glottoteta britannico

Serie del Mondo Disco, 14. Tartarughe Divine (1992)

Rainer Maria Rilke photo

“E tutto tacque. Eppure in quel tacere s'avanzò nuovo inizio, cenno e mutamento.”

Rainer Maria Rilke (1875–1926) scrittore, poeta e drammaturgo austriaco

Origine: Da Sonetti a Orfeo, Garzanti Libri, 2006.

Cesare Pavese photo
Cesare Pavese photo
Ernst Jünger photo
Camillo Boito photo
Mária Margita Alacoque photo

“È per amore di Voi solo, o mio Dio, che mi sottometto a scrivere, al fine di obbedirvi, domandandovi perdono se ho opposto resistenza ai vostri voleri. Ma poiché solo Voi conoscete la grande ripugnanza che m'ispira, Voi solo potete darmi la forza di superarla, avendo io accolto questa obbedienza come un vostro cenno…. O mio supremo bene, fate che io non scriva nulla se non per la vostra maggiore gloria e per la mia maggiore vergogna.”

Mária Margita Alacoque (1647–1690) monaca e mistica francese

da Autobiografia, cap. I, par. 1
Origine: La Santa scrisse l'autobiografia in obbedienza a Padre Claudio la Colombière che le impose di scrivere tutto quello che avveniva nella sua anima, nonostante la sua estrema ripugnanza nell'eseguire quest'ordine.

Brendan Behan photo

“Fratelli e sorelle,» cominciò e, veloce come un lampo, si lanciò in un aspro attacco al governo di Dublino, spiegando come lo amareggiasse che la legge sul controllo delle assunzioni in Irlanda del Nord non avesse tagliato fuori un vasto numero di feniani. «Tra noi c'è la feccia di Dublino,» disse, e io applaudii insieme agli altri. «Se ne dovranno andare.»

«Ascoltate, ascoltate,» feci eco insieme alle masse.
Alla fine, con la schiuma alla bocca e con grande professionalità, rivelò l'asse cospiratorio tra il Cremlino e il Vaticano.
«Li ho entusiasmati, non credi?» disse quandò tornò al suo posto.
«Senza dubbio, signore,» risposi.
Pensai che stesse per svenire. «Cristo, di dove sei?»
«Di Dublino, signore.»
«Ah, ovvio, sei uno dei fratelli di Dublino.»
«Sono un fratello di tutta l'umanità,» dissi.
«Intendi dire che sei un orangista?»
«No,» replicai, «sono un ex soldato dell'IRA.»
«E sei anche cattolico?» mormorò la parola come se non fosse in grado di pronunciarla.
«Un gran numero di persone a Dublino ha dei seri dubbi su cosa sia io in realtà, signore, ma dal suo punto di vista sono un cattolico, come anche mio padre e mia madre. Tutti nella mia famiglia lo sono sempre stati, ma non dirò che sono bravi cattolici. L'unica cosa certa, in ogni modo, è che nessuno di loro è mai stato protestante. E oltre a ciò, glielo dico con assoluta certezza: alle prossime elezioni lei verrà eletto, ne stia certo. Non vedo come la gente del Nord potrà mai acquisire più buon senso di quella del Sud, e qui sono riuniti già abbastanza coglioni per riuscire a eleggerla.»

Alzò il braccio come per interrompermi ma io non avevo ancora finito. «Ho notato che non ha fatto cenno alla disoccupazione del Nord,» e lo guardai dritto negli occhi, forte com'ero del coraggio vichingo, o gaelico, conferitomi dalla fiaschetta di whiskey che tenevo in tasca.
Il reverendo sembrò lievemente sorpreso ma non arrabbiato; per me, in quel momento, non faceva alcuna differenza. «La parte che preferisco nei discorsi degli orangisti e dei ministri di fede protestante estremisti, è la denuncia dell'asse cospiratorio tra il Vaticano e il Cremlino. Le dirò di più,» continuai. «Se le capitasse di visitare il mondo, perché esiste un mondo al di fuori dell'Irlanda del Nord e del Sud, e stesse su un palco a tenere un comizio a Parigi, Londra, Roma, New York o in qualche altra grande capitale, tutti i presenti morirebbero dal ridere. Credo che il suo sia un angolo di visuale strabiliante. Il nativo Irlandese protestante è l'unica persona sulla faccia della terra tanto perspicace da riuscire a scorgere la minaccia congiunta di Stalin e papa Pio XII.”

Brendan Behan (1923–1964) drammaturgo e scrittore irlandese

Confessioni di un ribelle irlandese

Nikolaj Vasiljevič Gogol photo
Charles Robert Maturin photo

“Una mattina, nell'attraversare il salottino per recarsi nel suo studio, mi prese per il braccio e mi interrogò con voce quasi severa:
— Voi pregate?
— Raramente — Rispondo cosí per non dire brutalmente di no. Allora Tolstoj si sedette davanti alla tavola e, fissando le carte senza vederle, continuò con voce pensosa:
— Ogni volta che penso alla preghiera, mi torna alla mente un incidente, accaduto tanto tempo fa, prima ancora del mio matrimonio. Qui, nel villaggio, conoscevo una donna, una donna malvagia e disonesta (e a un tratto si lasciò sfuggire un forte sospiro quasi isterico, che bruscamente interruppe).
— Ho trascorso male la mia esistenza… Lo sapete?…
— Con un cenno del capo cercai di tranquillizzarlo e di esortarlo a continuare.
— Costei organizzava per me degli incontri con donne simili a lei, ed ecco che una volta, in una notte profonda e tenebrosa, traversai il villaggio e gettai un'occhiata nel suo vicolo […].
«Tutto era deserto intorno, non il minimo rumore, non una luce nel villaggio. Solo in basso, dalla sua finestra, traspariva un fascio di luce.
«Mi avvicinai allora a quella finestra, tutto era calmo e non c'era nessuno nella piccola isba. La lampada ardeva dinanzi alle immagini sacre e lei, completamente sola, in piedi, si faceva il segno della croce e pregava, pregava inginocchiandosi poi, prosternandosi fino a terra, si rialzava e pregava ancora e si prosternava di nuovo.
«Restai a lungo nell'oscurità a osservarla. Aveva molti peccati sulla coscienza… Lo sapevo, ma come pregava!
«Quella sera non ho voluto disturbarla.
«Ma per che cosa poteva pregare con tale fervore?» disse pensieroso […].”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

Origine: Devoto a Tolstoj, pp. 98-99

Frank McCourt photo

“Bisogna essere ricchi perché un prete ti faccia almeno un cenno di saluto con la testa, a meno che non sia un francescano.”

Frank McCourt (1930–2009) scrittore statunitense

Origine: Che paese, l'America!, Citazioni varie, p. 138

Ian Fleming photo
Franz von Papen photo
Renzo De Felice photo
Mike Oldfield photo
Terenzio Mamiani photo

“Ed egli evoca nuovi spiriti di più sublime natura, i quali entrano a uno a uno dentro la torre.
Spirito del mare. Che vuoi?
Barone. Sapere l'essenza del bene e la fonte della felicità.
Spirito del mare. Perché lo chiedi al mare?
Barone. Perché tu sai o puoi sapere ogni cosa; tu nei silenzj della notte tieni misteriosi colloquj con la luna e con le stelle che in te si riflettono; e tu pur ricevi nell ' ampio tuo seno i fiumi tutti del mondo, i quali ti raccontano le geste antiche dei popoli e le più antiche vicende dei continenti per mezzo a cui essi fluiscono senza posa.
Spirito del mare. lo non so nulla (sparisce).
Barone. Che tu venga malmenato in eterno dallo spirito delle procelle, e che i tuoi membri immortali sieno rotti e squarciati mai sempre dalle taglienti creste degli ardui scogli.

La coda del cavallo bianco dell' Apocalisse. Che vuoi?
Barone. Sapere in che consiste il bene, e dove è la fonte della felicità.
La coda. Perché lo chiedi a me?
Barone. Tu sai la fine ultima delle cose, e tu comparirai poco innanzi della consumazione del secolo.
La coda. Quando io comparirò, io ondeggerò nelle sfere, simile alla caduta del Niagara e più tremenda della coda delle comete. Ogni mio crine rinserra un destino; e ogni mio moto è un cenno di oracolo; ò trascorsi tutti i cieli di Tolomeo e i cieli di Galileo e i cieli di Herschel; ò lambita con la mia criniera la faccia delle stelle, e l'ò distesa sulle penne de' turbini; molte cose ò conosciute, ma non quel che tu cerchi: io non so nulla (sparisce).”

Terenzio Mamiani (1799–1885) filosofo, politico e scrittore italiano

IX.
Prose letterarie, Avvertenza

Giulio Cesare Vanini photo
Agostino d'Ippona photo
Titta Ruffo photo
Yukio Mishima photo
Lauro de Bosis photo
Torquato Tasso photo
A. C. H. Smith photo

“Il Ciambellano fece una profonda quanto ironica riverenza all'onnisciente Imperatore. Protendendo il braccio offrì Kira al trono cominciando nel contempo un lungo e minuzioso sproloquio su come fosse riuscito a scovarla e a catturarla grazie alla sua abilità e scaltrezza. Avrebbe voluto continuare aggiungendo un'agghiacciante descrizione del destino degli Skeksis se lui non fosse riuscito nell'impresa, quando fu interrotto dal Maestro delle Cerimonie.
– Kelffinks Krakweekah! – strillò, indicando Kira, e si passò un artiglio di traverso alla gola per indicare quello che si proponeva di farle. Il Maestro delle Cerimonie aveva già fatto un passo avanti per afferrare la vittima destinata al sacrificio, quando il Generale dei Garthim lo fermò alzando lo scettro.
Il Maestro delle Cerimonie rimase dov'era, ma sfoderò egualmente il lungo e acuminato coltello sacrificale, che tenne pronto mentre fissava il Generale dei Garthim. Gesto e occhiata erano inequivocabili.
Intanto, il Ciambellano non era rimasto solo a guardare, e aveva cominciato a protestare: il Ghelfling era suo prigioniero e spettava a lui decidere cosa farne.
Il Generale dei Garthim chiamò a sé con un cenno lo Scienziato, e gli mormorò qualcosa a bassa voce. Lo Scienziato annuì più volte. Poi il Generale dei Garthim si rivolse all'assemblea e dichiarò: – Kelffinks na Rakkash!
Non tutti gli Skeksis approvarono la decisione. Qualcuno dubitava dell'abilità dello Scienziato. L'Artista, per esempio, aveva già pensato a come poteva servirsi della testa di Kira. Il Buongustaio pregustava già il sapore del resto del corpo, e tutti sapevano perfettamente quali erano le vere intenzioni del Generale dei Garthim. Forse, il vecchio Imperatore era morto per mancanza di vliya Ghelfling. Adesso, se lo Scienziato avesse trovato il modo di allevare i Ghelfling in cattività, con una produzione regolare di vliya, la salute del nuovo Imperatore non avrebbe più avuto nulla da temere, e lui sarebbe rimasto per sempre saldamente sul trono. Ma, come stava blaterando in quel momento il Maestro delle Cerimonie, lo Scienziato era capace solo di ottenere qualche risultato con i Podling, e basta. Inoltre, tutti lo consideravano un pazzo che si era automutilato. Non sarebbe stato meglio per tutti, chiese il Maestro delle Cerimonie, festeggiare la loro raggiunta salvezza col coltello sacrificale che lui impugnava?
Al Generale dei Garthim non piaceva come si stavano mettendo le cose. Lui stesso non nutriva un'eccessiva stima nei confronti dello Scienziato, però riteneva che gli altri lo stimassero. Quale di loro si sarebbe tagliato una mano o una gamba per puro amore della scienza?”

Dark Crystal

Dante Alighieri photo
Salvatore Morelli photo

“Il primo monumento da ristaurare è l'uomo.”

Salvatore Morelli (1824–1880) scrittore, giornalista e politico italiano

citato in Virgilio Estival, Cenno critico-biografico, introduzione a Salvatore Morelli, La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale, p. XXXV

Kazuo Ishiguro photo
Vittorio Feltri photo
Giuseppe Garibaldi photo
Pëtr Dem'janovič Uspenskij photo
Andrzej Sapkowski photo
Raymond Benson photo
Ettore Romagnoli photo
Dino Buzzati photo
Dino Buzzati photo

“Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo. Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così continua il cammino in un'attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualcosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa in tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una all'altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alla nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa in tempo a tornare.”

The Tartar Steppe

Jasper Fforde photo
Silvana De Mari photo
David Foster Wallace photo
Philip Roth photo
Roberto Calasso photo
Knut Hamsun photo
Bernard Malamud photo
Jerry Calà photo

“La mia vendetta su tutti loro arrivò in un ristorante berlinese in cui era riunito il gotha della critica italiana. Entrai come un qualsiasi avventore, uno di loro mi vide, fece cenno a un collega, poi a un altro. Si girarono tutti, si alzarono in piedi e iniziarono ad applaudire. Uno di loro parlò a nome dei colleghi: «Ti chiediamo scusa per come ti abbiamo trattato finora». (14. Berlino sinfonica, p. 156)”

Jerry Calà (1951) attore italiano

Una vita da libidine
Variante: La mia vendetta su tutti loro arrivò in un ristorante berlinese in cui era riunito il gotha della critica italiana. Entrai come un qualsiasi avventore, uno di loro mi vide, fece cenno a un collega, poi a un altro. Si girarono tutti, si alzarono in piedi e iniziarono ad applaudire. Uno di loro parlò a nome dei colleghi: «Ti chiediamo scusa per come ti abbiamo trattato finora». (14. Berlino sinfonica)

Anna Maria Ortese photo
Vittorio Adorni photo

“[Durante il Giro d'Italia del 1968] Il momento arrivò dopo Auronzo verso Cortina: Vandenbossche, che era un bel cammello, attaccò un ritmo allegro veloce, dietro di lui Merckx, Gimondi, Zilioli e io, e il gruppo si frazionò. Ogni 500 metri Eddy si girava e mi guardava, ma io scuotevo la testa. Quando vidi che erano tutti cotti, finalmente feci cenno di sì, e Eddy scattò.”

Vittorio Adorni (1937) dirigente sportivo, ex ciclista su strada e conduttore televisivo italiano

Origine: Citato in Marco Pastonesi, Quel maggio del '68 - Vittorio Adorni, l'unico che poteva dare ordini a Merckx http://www.repubblica.it/sport/ciclismo/2018/05/25/news/maggio_del_sessantotto_adorni-197328207/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P1-S1.4-L, Repubblica.it, 25 maggio 2018.
Origine: L'episodio di corsa riferito da Vittorio Adorni è accaduto nel corso nella tappa che si concludeva alle Tre Cime di Lavaredo e che decise il successo finale di Eddy Merckx.