Frasi su figura
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“Nella figura di Celestino, il papa del "gran rifiuto", Silone ha riscatenato e rappresentato, l'eterno dramma del cristiano, che è nel mondo ma non deve essere del mondo.”

Giancarlo Vigorelli (1913–2005) giornalista, scrittore e critico letterario italiano

Citato in Qualche giudizio critico, Ignazio Silone, L'avventura di un povero cristiano, Oscar Mondadori, Milano, 2006, p. XVIII

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“L'autore della commedia sono io. Ma l'autore figura anche come personaggio nella commedia (come nelle commedie di Pirandello) [la parentesi è di Putnam, non mia].”

Massimo Piattelli Palmarini (1942) professore di scienze cognitive, linguista, epistemologo italiano

Variante: L’autore della commedia sono io. Ma l’autore figura anche come personaggio nella commedia (come nelle commedie di Pirandello)[la parentesi è di Putnam, non mia]{la parentesi quadra è di Piattelli Palmarini}.
Origine: Ritrattino di Kant a uso di mio figlio, Capitolo 6, Una breve passeggiata tra i ritrattini di alcuni postkantiani famosi, p. 95

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“Il Pontefice [Benedetto XVI] gode del mio massimo rispetto personale, come figura che unisce una grande cultura a una grande sensibilità. L'opera che ha svolto per il dialogo fra le fedi è notevole.”

Barack Obama (1961) 44º Presidente degli Stati Uniti d'America

2009
Origine: Citato in Marco Tosatti, Obama parla del Papa http://www.lastampa.it/2009/07/03/blogs/san-pietro-e-dintorni/obama-parla-del-papa-TUZ1o3nA7vOVfXr1gtO2JM/pagina.html, Lastampa.it, 3 luglio 2009.

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“La notizia della scomparsa di Margherita Hack mi rattrista molto. È stata una figura straordinaria, amata dai giovani per la sua capacità di spiegare la scienza con grande semplicità e prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia.”

Emma Bonino (1948) politica italiana

Origine: Citato in Margherita Hack morta a 91 anni: l'astrofisica tra ricerca e diritti civili http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/29/morta-margherita-hack-trieste-astrofisica-aveva-91-anni/641222/, Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2013.

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“Non vi è cosa più divina della bellezza, la quale, non appartenendo al corpo e non avendo principio o esistenza se non nello spirito e nella ragione, può essere svelata e appresa da questa parte più divina di noi, quando essa contempla se stessa, unico oggetto degno di lei.”

Anthony Ashley Cooper, III conte di Shaftesbury (1671–1713) politico, filosofo e scrittore inglese

citato in Eugenio Spedicato, La strana creatura del caos: idee e figure del male nel pensiero della modernità, Donzelli Editore, Roma 1997. ISBN 88-7989-348-3
Citazioni di Shaftesbury

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“[Su Escluso il cane] Il cane, più prende bastonate più ti è fedele: una figura politicamente assurda per i tempi che viviamo. La canzone nasce da questa considerazione.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

Origine: Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, p. 37

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“I negozi sono popolati da quelle figure mitologiche metà donna metà bastarde.”

Geppi Cucciari (1973) comica e conduttrice televisiva italiana

27 gennaio 2007

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“Cossiga? Mi pare una brutta figura. Un caso più unico che raro: non denuda il re, aumenta l'opacità.”

Enrico Deaglio (1947) giornalista e scrittore italiano

Citazioni di Enrico Daglio

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“Petrarca […] una delle più amabili figure nella schiera degli eroi dello spirito, soffusa in tutti i tempi del soffio incantato del romanticismo e circondata dall'aureola del genio.”

Eduard Norden (1868–1941) filologo e storico delle religioni tedesco

vol. II, p. 737
La prosa d'arte antica dal VI secolo a. C. all'età della Rinascenza

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“Velázquez, che deve molto ai maestri veneziani, alla fine paga il suo debito. Abbandonate le tonalità cupe della primitiva tavolozza, diviene uno dei maggiori coloristi del tempo suo. I suoi limiti erano piuttosto angusti, ma la conoscenza dei valori crebbe con gli anni, e nell'impiego dei bianchi e dei grigi-argento non ebbe rivali. Dove i veneziani avrebbero creato un contrasto stridente con rosso e rosa, con rosa e porpora, Velázquez, con non so quale misteriosa alchimia, li combinava insieme senza dissonanze, creando nuove armonie di colori. Dai veneziani apprese a rompere i rigidi contorni delle figure e a modellarne le forme con la luce, a correre sulla trama della tela con un pennelleggiare rapido, ponendo l'accento là dove era più necessario. Dal realismo degli "interni" all'impressionismo degli ultimi lavori, fu lungo e faticoso il cammino, il costante ostinato progresso di un artigiano, destinato a padroneggiare il proprio mestiere piuttosto che il successo senza fatica di un virtuoso.”

Elizabeth Du Gue Trapier (1893–1974) critica e storica dell'arte statunitense

da Velázquez, 1948
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“[…] Volevo guardare; ma i miei occhi erano sbarrati, fissi sulla strana figura che ora si dirigeva verso il bagno. Un bicchiere; una pasticca; capii. Volevo correre verso di lui, fermarlo; ma non potevo. Ero lì fermo, dovevo osservare tutta questa scena come solo spettatore. Provai ad urlare; ma la voce non venne. Giaceva lì su quel letto disfatto ansando. Un piccolo rivolo di sangue gli usciva dal naso. Forse sarei stato ancora in tempo, dovevo salvarlo, dovevo. […].”

Luigi Tenco (1938–1967) cantautore italiano

da Giaceva immobile, in Enrico De Angelis, Luigi Tenco. Io sono uno. Canzoni e racconti, p. 173
Citazioni tratte da racconti inediti
Origine: Da alcuni racconti lunghi, usciti dopo quarant'anni dai cassetti della Torre di Recco dove Tenco viveva. Enrico De Angelis, Luigi Tenco. Io sono uno. Canzoni e racconti, retro copertina.

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“Da 15 anni è irrevocabilmente accertato che l'assassinio di Calabresi fu organizzato nel servizio d'ordine di Lotta continua, ordinato da Giorgio Pietrostefani con l'assenso del leader Adriano Sofri e materialmente eseguito da Ovidio Bompressi, con la complicità di Leonardo Marino, che rubò e guidò l'auto durante l'agguato, e di altri fiancheggiatori miracolati dalla mancanza di prove certe. […] Eppure, nella fiction, queste quattro figure diventano invisibili. Non pervenute, se non nei titoli di coda che danno conto delle quattro condanne. Uno degli aspetti più positivi del film-tv di Graziano Diana è quello di mostrare la campagna d'odio che si scatenò contro Calabresi dopo la tragica fine alla questura di Milano dell'anarchico Pinelli, ingiustamente sospettato di aver avuto un ruolo nella strage di Piazza Fontana: prime pagine di Lotta continua e altri giornali, appelli di intellettuali, manifestazioni con slogan assassini. […] Ma il peccato originale della fiction è che mancano i volti e le imprese dei colpevoli. Non c'è la riunione in cui si decise l'omicidio, non c'è l'ordine di uccidere, non c'è il viaggio di Marino a Pisa dove Sofri gli confermò il mandato, non c'è il processo costellato dalle bugie degli imputati e ancor più dei falsi testimoni ingaggiati dalla nota lobby. Nulla di nulla: nel 2013, alla Rai, è ancora proibito. […] Eppure questo banalissimo rilievo nessuno degli ipercritici della libera stampa ha osato muoverlo. Strano, eh? Chissà come mai.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Il suicidio Calabresi, 11 gennaio 2014
Il Fatto Quotidiano

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“7º I sostenitori del senso interno intendono per bello l'idea che certi oggetti suscitano nella nostra anima e per senso interno del bello la facoltà che abbiamo di accogliere questa idea; osservano che gli animali hanno delle facoltà simili ai nostri sensi esterni, e che anzi le hanno qualche volta superiori alle nostre; ma che non ce n'è nessuno che mostri quello che intendiamo per senso interno. Un essere, continuano, può dunque avere interamente la nostra medesima sensazione esterna, senza cogliere però le somiglianze e i rapporti tra gli oggetti; può anche discernere quelle somiglianze e quei rapporti senza sentirne un grande piacere; d'altra parte le pure e semplici idee della figura e delle forme, ecc., sono qualcosa di distinto dal piacere. Il piacere può trovarsi là dove le proporzioni non sono considerate né conosciute, e può mancare per quanta attenzione si rivolga all'ordine e alle proporzioni. Come chiameremo dunque questa facoltà che agisce in noi senza che sappiamo bene il perché? Senso interno.
8º Questa denominazione è fondata sul rapporto tra la facoltà che essa designa e le altre facoltà. Tale rapporto consiste principalmente nel fatto che il piacere che ci fa provare il senso interno è differente dalla conoscenza dei princìpi. La conoscenza dei princìpi può accrescerlo o diminuirlo; ma questa conoscenza non si identifica con esso né è la sua causa. Questo senso dà un piacere necessario; poiché la bellezza e la bruttezza di un oggetto rimangono sempre le stesse per noi anche se abbiamo tutte le intenzioni di giudicare diversamente. Un oggetto sgradevole non ci può parere bello per il solo fatto che è utile; un bell'oggetto, anche se è nocivo, non per questo ci sembra brutto. Prometteteci il mondo intero in ricompensa per costringerci a trovare bella la bruttezza e brutta la bellezza; aggiungete al premio le più terribili minacce, voi non porterete nessun cambiamento alle nostre percezioni e al giudizio del senso interno: la nostra bocca potrà lodare o biasimare a vostro piacere; ma il senso interno rimarrà incorruttibile.”

Denis Diderot (1713–1784) filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d'arte francese

2001, pp. 18-20
Trattato sul bello

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“Se dovessi descrivere Paolo Poli a qualcuno che non l'avesse mai visto, direi di lui che la sua figura è quella di un giovinetto esile: ignoro la sua età, ma ho l'idea che comunque resterà sempre come un esile giovinetto; che il suo linguaggio è un puro toscano; che i suoi spettacoli sono, in genere, parodie di romanzi o di commedie dell'Ottocento, o del primo Novecento, inframmezzate da canzoni; che quando canta alza nell'aria le sue lunghe braccia snodate e le mani fini e soavi, assomigliando a una bella ragazza, o a un cigno, o a un fiore dall'altissimo stelo; che suscita ilarità con la grazia, in un tempo in cui la comicità sembra poter nascere soltanto su note stridenti e odiose, da volti e gesti scomposti e ripugnanti. Lui è comico restando sé stesso, conservando i suoi tratti lindi e gentili. Non c'è tuttavia nulla di lezioso o vezzoso nella sua grazia: non c'è in lui nessuna civetteria, e nessuna timidezza, nei confronti della realtà. La sua grazia sembra rispondere a un'armonia intima, sembra sprigionarsi da un'intima e lucidissima intelligenza. Fra i suoi molteplici volti nascosti, c'è essenzialmente quello d'un soave, ben educato e diabolico genio del male: è un lupo in pelli di agnello, e nelle sue farse sono parodiati insieme gli agnelli e i lupi, la crudeltà efferata e la casta e savia innocenza.”

Natalia Ginzburg (1916–1991) scrittrice italiana

Origine: Da Nella farsa con soavità http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/Itemid,3/action,detail/id,0129_01_1970_0003_0003_4986732/, La Stampa, 4 gennaio 1970, p. 3.

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“[Canaletto] […] non vorrei vedere tanto in lui il precursore del paesaggio moderno, cioè copiato dal vero, quanto il creatore del genere tutto suo del paesaggio monumentale. La modestia di verista, con la quale egli si presenta, è solo iniziale; mentre, nel dar significato alle vedute e nel taglio del quadro e nella prospettiva, è un costruttore, come è un poeta della luce nel rattenerne nelle lontananze tutta la chiarità solare: levigatore di smalti alle volte come un olandese, addensatore talvolta impetuoso di masse di colore e anzi di grumi di colore, specie nelle figure dei suoi primi piani. Da recentissimi novatori lo ho udito citare, non senza compiacimento pur sentendo l'esagerazione, fra i pittori classici monumentali italiani, come Masaccio. […] Ma, se ai più non è ancora noto nella sua vera struttura e potenza, è perché la piacevolezza della veduta distrae dal considerarlo nel suo valore artistico e anche perché troppe tele passano per sue che non lo sono.”

Gino Fogolari (1875–1941)

da Il Settecento italiano, 1932
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“È impensabile che l'alternativa dei progressisti alla figura di Emma Bonino sia la Gruber: una che, annunciando la candidatura, ha denunciato il 'pensiero unico' che regnerebbe in Rai. Ma come? È lei l'espressione del pensiero unico, che ancora oggi domina in Rai, nonostante gli addolcimenti e le troiaggini degli ultimi arrivati.”

Marco Pannella (1930–2016) politico e giornalista italiano

Origine: Dall'intervista Trent'anni dopo Pannella ancora provoca: "Il pacifismo è la peste del nuovo secolo" http://www.radicalparty.org/it/content/trent039anni-dopo-pannella-ancora-provoca-il-pacifismo-e039-la-peste-del-nuovo-secolo, Radicalparty.org, 13 maggio 2004.

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“Io quand'ero questore scoprii la sua tomba [di Archimede], sconosciuta ai Siracusani, cinta con una siepe da ogni lato e vestita da rovi e spineti, sebbene negassero completamente che esistesse. Tenevo, infatti, alcuni piccoli senari, che avevo sentito essere scritti nel suo sepolcro, i quali dichiaravano che alla sommità del sepolcro era posta una sfera con un cilindro. Io, poi, osservando con gl'occhi tutte le cose – c'è, infatti, alle porte Agrigentine una grande abbondanza di sepolcri – volsi l'attenzione ad una colonnetta non molto sporgente in fuori da dei cespugli, sulla quale c'era sopra la figura di una sfera e di un cilindro. E allora dissi subito ai Siracusani – c'erano ora dei principi con me – che io ero testimone di quella stessa cosa che stavo cercando. Mandati dentro con falci, molti ripulirono e aprirono il luogo. Per il quale, dopo che era stato aperto l'accesso, arrivammo alla base posta di fronte. Appariva un epigramma sulle parti posteriori corrose, di brevi righe, quasi dimezzato. Così la nobilissima cittadinanza della Grecia, una volta veramente molto dotta, avrebbe ignorato il monumento del suo unico cittadino acutissimo, se non lo fosse venuto a sapere da un uomo di Arpino.”

V, 23, 64-66
Cuius ego quaestor ignoratum ab Syracusanis, cum esse omnino negarent, saeptum undique et vestitum vepribus et dumetis indagavi sepulcrum. Tenebam enim quosdam senariolos, quos in eius monumento esse inscriptos acceperam, qui declarabant in summo sepulcro sphaeram esse positam cum cylindro. Ego autem cum omnia collustrarem oculis – est enim ad portas Agragantinas magna frequentia sepulcrorum – animum adverti columellam non multum e dumis eminentem, in qua inerat sphaerae figura er cylindri. Atque ego statim Syracusanis – erant autem principes mecum – dixi me illud ipsum arbitrari esse, quod quaererem. Immissi cum falcibus multi purgarunt et aperuerunt locum. Quo cum patefactus esset aditus, ad adversam basim accessimus. Apparebat epigramma exesis posterioribus partibus versiculorum dimidiatum fere. ita nobilissima Graeciae civitas, quondam vero etiam doctissima, sui civis unius acutissimi monumentum ignorasset, nisi ab homine Arpinate didicisset.
Philippicae, Tusculanae disputationes

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“Reazionari, invochiamo e propugnamo a viso aperto, contro i figuri demagogici la necessità del boia; cattolici, mentre le monarchie vacillano, difendiamo la Chiesa. La tolleranza è indifferenza: chi crede vuole che gli altri credano.”

Federigo Tozzi (1883–1920) scrittore italiano

da La nostra fede, La Torre, 6 novembre 1913; ora in Paolo Cesarini, Tutti gli anni di Tozzi, Editrice le balze, Montepulciano, 2002, p. 141

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