Frasi su primo
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“Disneyland è un modello perfetto di tutti gli ordini dei simulacri messi insieme alla rinfusa. È in primo luogo un gioco di illusioni e fantasmi […].”

Jean Baudrillard (1929–2007) filosofo e sociologo francese

La processione dei simulacri, p. 59
Simulacri e impostura

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“Ogni creatura del mondo, | come un libro e una pittura, | è per noi specchio, | fedele segno della nostra vita, | della nostra sorte, | del nostro stato, | della nostra morte. | Il nostro stato dipinge la rosa, | del nostro stato glossa elegante, | commento della nostra vita, | che mentre rifiorisce nel primo mattino come fiore | sfiorisce sfiorito per la vecchiaia della sera. | Così il fiore respirando spira, | mentre delira in pallore morendo al nascere; | insieme vetusta e nuovissima, | insieme vecchia e giovane | la rosa marcisce nascendo.”

Alano di Lilla teologo e filosofo francese

da De planctu naturae, traduzione di A. Varvaro, Letterature romanze del Medioevo, Il Mulino, Bologna, 1985.
Origine: Citato (più estesamente) in A. Tocco, G. Domestico, A. Maiorano e A. Palmieri, Parole nel tempo, [Testi, contesti, generi e percorsi attraverso la letteratura italiana, 1A, Dalle origini al Trecento], Loffredo Editore, Napoli, p. 56. ISBN 9788875642082

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“Rimane per molti versi il primo profeta del nostro tempo […]. Non c'è oggi nessuno che abbia il profondo discernimento e la forza morale di Tolstoj.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Dall'intervista Peace Must Be Waged, Survey Graphic, agosto 1934; citato in Einstein on Peace, a cura di Otto Nathan e Heinz Norden, Simon and Schuster, New York, 1960, p. 261.
Origine: Pensieri di un uomo curioso, p. 59

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“Nel primo attacco che sferrammo sul fronte russo ci rendemmo conto subito che avevamo a che fare con soldati essenzialmente diversi dai francesi e dai belgi: quasi invisibili, trincerati con una perizia consumata, e risoluti! Subimmo perdite considerevoli.”

Günther Blumentritt (1892–1967) generale tedesco

Origine: Il riferimento è alla Prima guerra mondiale. Storia di una sconfitta, p. 382.
Origine: Citato in Basil Henry Liddell Hart, Storia di una sconfitta, p. 382

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“Questa si trasmuta di femmina in maschio, e dimentica il primo sesso, e fura per invidia l'ova all'altre, ma i nati seguitano la vera madre.”

Leonardo Da Vinci (1452–1519) pittore, ingegnere e scienziato italiano

Pernice; 1979, p. 65
Bestiario o Le allegorie

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“Ama il prossimo tuo come te stesso. — Il primo prossimo è sé medesimo.
Benissimo. Cominciamo dunque con l'amar noi stessi.”

Ardengo Soffici (1879–1964) scrittore italiano

13 gennaio, p. 13
Giornale di bordo
Origine: Il riferimento è alle parole di Gesù nel Vangelo secondo Matteo, 19, 19: "Ama il prossimo tuo come te stesso".

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“Carnera era un mito annebbiato, eco lontana dell'età del jazz e del Charleston.”

Nantas Salvalaggio (1923–2009) scrittore italiano

da L'Epopea di Primo Carnera

“Fu lui il primo a creare un'arte che osservava il mondo esterno con ottimismo e in maniera oggettiva, rompendo con l'espressionismo astratto preoccupato soltanto della sensibilità e tormento poetico intimista dell'artista. Fu una rivoluzione.”

Ivan Karp (1926–2012)

citato in Corriere della Sera https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/26/Vidi_tele_sul_pick_Pensai_co_9_100126057.shtml, 25 gennaio 2010

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“Il Primo Concerto per Piano di Čajkovskij è come la prima frittella, un flop.”

Nicolai Soloviev (1846–1916)

(citato in Novoye Vremia, Sanpietroburgo, 13 novembre 1875)
Tchaikovsky's First Piano Concerto, like the first pancake, is a flop.
Origine: Citato in Christopher Cerf e Victor Navasky, The Experts Speak, p. 200.

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“Non ho mai preso le rockstar ad esempio | sono un mix di lavoro e talento | il primo è il 70% per davvero.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da L'uomo senza qualità, n. 1
L'Uomo Senza Qualità

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“Nel settembre del 1997 Emma Bonino, commissario dell'Unione Europea chiese di visitare l'Afghanistan. I Talebani non avevano alcun obbligo di farla entrare poiché la Ue non riconosceva il loro governo. Tuttavia le diedero il visto e la trattarono con gentilezza e cortesìa come han sempre fatto con gli ospiti, anche durante il periodo drammatico dell'aggressione Usa dell'ottobre 2001, e com'è nella tradizione afgana. Emma poté visitare l'Afghanistan e vedere tutto quello che voleva. Il 28 settembre, seguita da un codazzo di 19 persone, fra delegati Ue, giornalisti, fotografi e cameramen, entrò in un ospedale di Kabul e si diresse dritta e di filato nel reparto femminile dove i fotografi cominciarono a fare i loro scatti e i cameramen a filmare. Un atteggiamento estremamente sciocco perché nella cultura islamica la riproduzione della figura umana è, in linea di massima, vietata. Basta guardare un tappeto persiano; è ornato con elementi vegetali, con animali, con pesci, ma non ci sono figure umane. E questo valeva tanto di più nell'Afghanistan talebano. Del resto anche da noi non si possono fotografare o filmare i degenti senza il loro consenso o l'autorizzazione dei dirigenti dell'ospedale. Arrivò il "Corpo per la promozione della virtù e la punizione del vizio", acchiappò la Bonino e gli altri e li portò al primo posto di polizia. Per un reato del genere era prevista la fustigazione con "le verghe sacre". Alla Bonino fu spiegato come andavano le cose da quelle parti e poco dopo fu rilasciata dai funzionari, perplessi e un poco disgustati. Avrebbero fatto meglio a fustigarla. Con le "verghe sacre", naturalmente. Forse avrebbe capito ciò che, da buona radicale occidentale, non ha mai capito: che anche la sensibilità e i costumi degli altri meritano rispetto. Lei invece ne volle fare un caso internazionale e, tornata a Bruxelles, ottenne che la Ue tagliasse i fondi umanitari per l'Afghanistan.”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano
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“Recentemente un discepolo pensoso (tale Critone) mi ha chiesto: "Maestro, come si può bene appressarsi alla morte?" Ho risposto che l'unico modo di prepararsi alla morte è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni.
[…] cerca soltanto di pensare che, al momento in cui avverti che stai lasciando questa valle, tu abbia la certezza immarcescibile che il mondo (sei miliardi di esseri umani) sia pieno di coglioni, che coglioni siano quelli che stanno danzando in discoteca, coglioni gli scienziati che credono di aver risolto i misteri del cosmo, coglioni i politici che propongono la panacea per i nostri mali, coglioni coloro che riempiono pagine e pagine di insulsi pettegolezzi marginali, coglioni i produttori suicidi che distruggono il pianeta. Non saresti in quel momento felice, sollevato, soddisfatto di abandonare questa valle di coglioni?"
Critone mi ha allora domandato: "Maestro, ma quando devo incominciare a pensare così?" Gli ho risposto che non lo si deve fare molto presto, perché qualcuno che a venti o anche trent'anni pensa che tutti siano dei coglioni è un coglione e non raggiungerà mai la saggezza. Bisogna incominciare pensando che tutti gli altri siano migliori di noi, poi evolvere poco a poco, avere i primi dubbi verso i quaranta, iniziare la revisione tra i cinquanta e i sessanta, e raggiungere la certezza mentre si marcia verso i cento, ma pronti a chiudere in pari non appena giunga il telegramma di convocazione.
Convincersi che tutti gli altri che ci stanno attorno (sei miliardi) siano coglioni, è effetto di un'arte sottile e accorta, non è disposizione del primo Cebete con l'anellino all'orecchio (o al naso). Richiede studio e fatica. Non bisogna accelerare i tempi. Bisogna arrivarci dolcemente, giusto in tempo per morire serenamente. Ma il giorno prima occorre ancora pensare che qualcuno, che amiamo e ammiriamo, proprio coglione non sia. La saggezza consiste nel riconoscere proprio al momento giusto (non prima) che era coglione anche lui. Solo allora si può morire.
[…] È naturale, è umano, è proprio della nostra specie rifiutare la persuasione che gli altri siano tutti indistintamente coglioni, altrimenti perché varrebbe la pena di vivere? Ma quando, alla fine, saprai, avrai compreso perché vale la pena”

Umberto Eco (1932–2016) semiologo, filosofo e scrittore italiano

anzi, è splendido) morire.
Critone mi ha allora detto: "Maestro, non vorrei prendere decisioni precipitose, ma nutro il sospetto che Lei sia un coglione". "Vedi", gli ho detto, "sei già sulla buona strada."
Origine: Da Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo, La bustina di Minerva, L'Espresso, 12 giugno 1997; citato in Umberto Eco: "Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo" http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/02/20/news/umberto-eco-come-prepararsi-serenamente-alla-morte-sommesse-istruzioni-a-un-eventuale-discepolo-1.251268, Espresso.repubblica.it, 20 febbraio 2016.

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“La razza è l'elemento biologico che, creando particolari affinità, condiziona l'individuazione del settore particolare della esperienza sociale, che è il primo elemento discriminativo delle particolarità dello Stato.”

Aldo Moro (1916–1978) politico e accademico italiano

Origine: Da Il diritto, 1944-1945: lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Universita di Bari, Cacucci, 1978.

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“Ella vorrà molto bene ad Emil Dürr per la sua distinzione e il suo amore, e sarà assai sconvolta per la sua morte precoce, ma il nucleo del suo matrimonio ella lo vede così: «…che si è creati per ciò che Dio vuole e non per ciò che io voglio. […]» (G 241). Il secondo matrimonio con Werner Kaegi si presentò, nonostante l'«intensissima riflessione» (G 296), nuovamente in una specie di sorpresa (G 298), nuovamente la parte principale fu quella della compassione: «Avevo in modo del tutto impersonale l'impressione che lui avesse bisogno di una donna. E vorrebbe il bene, ma è così insicuro nella vita. All'idea che ha bisogno di me come donna non sono mai arrivata» (G 297). E un po' dopo: «Egli aveva bisogno di una donna; e se già mi ama, perché non dovrebbe avere me? E poi ci sono i figli (dal primo matrimonio di Emil)…» (G 299). L'unione a dispetto di un vero affetto non sarà molto facile. Il matrimonio non viene consumato, così che più tardi A. potrà fare il voto di verginità. Ma senza l'amichevole ospitalità di Werner Kaegi non sarebbero mai stati possibili il mio lavoro con A. e poi la mia dimora in Münsterplatz.”

Hans Urs Von Balthasar (1905–1988) presbitero e teologo svizzero

Origine: "G" sta per Geheimnis der Jugend, la seconda autobiografia di Adrienne, qui citata da Balthasar con i numeri di pagina dell'edizione originale (vol. VII delle opere postume, 1966).
Origine: Il nostro compito, pp. 24-25

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“La nostra professione è crudele perché possiamo prendere 199 decisioni giuste ma poi il primo sbaglio può essere fatale.”

Viktor Kassai (1975) arbitro di calcio ungherese

citato in Platini: «Gol fantasma? No alla tecnologia» http://www.corrieredellosport.it/calcio/euro_2012/2012/06/22-247492/Platini:+«Gol+fantasma?+No+alla+tecnologia», Corriere dello Sport.it, 22 giugno 2012

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“[Su Giorgio Morandi] Non ebbe mai un atelier nel senso pomposo del termine. Viveva e lavorava in una camera di media grandezza, una finestra della quale dava su un piccolo cortile ricoperto di verde […]. Qui si trovava anche la sua brandina, un vecchio scrittoio e il tavolo da disegno, una specie di libreria, il cavalletto e poi tutt'intorno su stretti scaffali l'arsenale, in attesa discreta, delle semplici cose che noi tutti conosciamo attraverso le sue nature morte: bottiglie, recipienti, vasi, brocche, utensili da cucina, scatole. Le aveva scovate chissà dove, per lo più da rigattieri, si era innamorato di ciascuna di esse, le aveva portate a casa una ad una, per poi disporre in fila questi trovatelli quali suoi compagni di stanza, in via sperimentale e con grandi speranze. Qui si trovavano dunque i suoi modelli veri e propri: le "cose" nel loro isolamento silenzioso, gli interlocutori del suo incessante dialogo. […] Quanto più essi diventavano parte del suo mondo abituale, dimostrando il proprio diritto di cittadinanza attraverso un crescente strato di polvere, tanto più gli stavano a cuore. Tutto ciò sembrava molto ordinato in modo piuttosto piccolo-borghese, relativamente ordinato; infatti attorno, davanti e dietro al cavalletto vi era abbastanza spesso una traccia evidente di inquietudine e di caos. Là si trovava una consolle a tre ripiani. Nel settore più basso, che poteva comprendere anche il pavimento, giaceva una confusione di quegli oggetti che l'avevano colpito a un primo esame ma che poi gli si erano dimostrati insufficienti per un discorso prolungato. Al piano di sopra si trovavano oggetti come comparse in attesa di una ancor possibile entrata in scena. Ma la scena, sulla quale comparivano i protagonisti scelti come interlocutori di un lungo dialogo, si trovava nell'ultimo ripiano, situato pressoché all'altezza degli occhi. Lì si trovavano queste cose scelte in tutta la loro imperturbabile solitudine; nelle mutevoli composizioni acquisivano una sconcertante personalità e cercavano anche di allacciare tra loro delle sottili relazioni dalle quali si costituiva pian piano, lenta-mente dalla loro prossimità, una compagine armonica. L'arrangiatore paziente era Morandi, che stava a vedere con dedizione ed ansia estreme il lento formarsi della comparsa delle cose; tutto ciò poteva durare dei giorni. […] E in questa comunicazione meditativa, che si faceva sempre più stretta, la distanza tra le cose e l'io contemplante era abolita […], sicché l'immagine infine raggiunta, la controimmagine che rispondeva al pittore, era al tempo stesso la sua autorappresentazione. Giunto a questo punto, Morandi si metteva a dipingere e trasponeva questa realtà, che egli aveva prefigurato con tanta cura, nella visualità del quadro, nella "seconda", più comprensiva realtà. Il vero e proprio atto pittorico durava spesso solo poche ore. Alcuni quadri mostrano chiaramente le tracce di una certa corsività nella pennellata. Sono segni di spontaneità, di un'estrema visione creatrice divampante come la fiamma di una candela che sprigiona l'ultimo guizzo.”

Werner Haftmann (1912–1999) storico dell'arte tedesco

Origine: Citato in Marilena Pasquali, Morandi, Art Dossier, n°50, Giunti, Firenze, ISBN 88-09-76143-X, pp. 6-8.

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