Frasi sulla speranza
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“La "speranza concreta" di cui parlava Papa Francesco deve avere mura e tetti: possono essere di mattoni o di tela ma se sono un muro e un tetto smettono di essere parole e diventano una casa o cominciano a somigliarle davvero.”

Mauro Leonardi (1959) giornalista italiano

Origine: Da «Bene la Chiesa che a Ventimiglia dà casa ai migranti» http://www.huffingtonpost.it/mauro-leonardi/ventimiglia-chiesa-migranti-_b_10202900.html, Huffington Post.it, 30 maggio 2016.

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“Le belle frasi in punto di morte le hanno sempre pronunciate i posteri.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

Origine: Aforismi, p. 13

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“Datemi un appiglio ancora | ad eternare il presente. | Ho solo speranze d' armonie di cieli ignoti.”

Pietro Nigro (1939) poeta italiano

da Ho solo speranze d' armonie, vv. 19-21
L' attimo e l' infinito

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“La Tunisia considera con realismo la situazione in Libia e rifiuta ogni intervento militare nel Paese. […] Siamo in contatto con il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, ma anche con il governo dell'ovest della Libia, nella speranza di arrivare ad una soluzione.”

Beji Caid Essebsi (1926–2019) politico e avvocato tunisino

Origine: Citato in Libia: Tunisi dice no ad opzione militare http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2015/05/02/libiatunisi-dice-no-ad-opzione-militare_2ac55124-d71f-46c8-9b35-437674ef8c21.html, Ansa.it, 2 maggio 2015.

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“La poesia, essendo una manifestazione della lingua, e perciò per sua essenza dialogica, può essere un messaggio nella bottiglia, lanciato nella fiducia, certo non sorretta da ferma speranza, che la corrente la spinga comunque in qualche luogo, ad una terra; terra del cuore forse. Le poesie si dirigono verso qualcosa. Che cosa? Qualcosa di aperto, occupabile, il tu a cui si può parlare, forse una realtà a cui si può rivolgersi.”

Paul Celan (1920–1970) poeta rumeno

dal discorso pronunciato per il conferimento del Premio di Letteratura di Brema
Origine: Citato in Poesia tedesca contemporanea, a cura di Giacomo Cacciapaglia, Newton Compton Editori, Roma, 1980, p. 69.
Origine: Con diversa traduzione a pp. 35-36 de La verità della poesia.

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“Arriva un momento in cui il coraggio deve essere più forte della comodità e la speranza deve prendere il posto della rassegnazione.”

Matteo Renzi (1975) politico italiano

Origine: Citato in Il logo della “campagna elettorale” di Matteo Renzi http://www.ilpost.it/2012/09/11/logo-primarie-matteo-renzi/, il Post.it, 11 settembre 2012.

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“Le speranze nascono quando i sogni si allungano.”

Isabella Santacroce (1970) scrittrice italiana

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“L'Europa deve riprendere a crescere, a sviluppare la propria integrazione. Soltanto così potrà continuare ad alimentare speranze per le nuove generazioni.”

Sergio Mattarella (1941) 12º Presidente della Repubblica Italiana

2015
Origine: Citato in Mattarella a Berlino: “L'Europa deve cambiare passo per tornare a crescere” http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/02/mattarella-berlino-leuropa-cambiare-passo-per-tornare-crescere/1468062/, Il Fatto Quotidiano.it, 2 marzo 2015.

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“L'ebraismo non può disperare della fedeltà di Dio, è prigioniero della speranza. Ma anche noi siamo legati a questa speranza.”

Carlo Maria Martini (1927–2012) cardinale e arcivescovo cattolico italiano

Israele, radice santa

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“Le telecamere di Gomorra sono state spietate, catturando la realtà per quella che è. Storcere il naso significa non dare alcuna speranza a quelle periferie. L'ammalato per curarsi veramente ha bisogno di essere consapevole di ciò che ha. Deve saperlo per decidere come salvarsi.”

Marco D'Amore (1981) attore italiano

Origine: Dall'intervista di Monica Scozzafava, Marco d'Amore: «Gomorra è un set reale, e mia nipote non la guarda» http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/16_giugno_01/marco-d-amore-gomorra-set-reale-mia-nipote-non-guarda-e94f0502-27bf-11e6-bd00-656250328c92.shtml, CorrieredelMezzogiorno.corriere.it, 1° giugno 2016.

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“Perciò ha usato una di quelle frasi fatte apposta per rimanere nel personale Wikiquote, la collezione delle citazioni memorabili che ciascuno di noi si porta dietro per la vita. Come un patrimonio e un fardello al tempo medesimo.”

Pippo Russo (1965) sociologo, saggista e giornalista italiano

Origine: Da Il nucleare emotivo http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/04/24/il-nucleare-emotivo.html, la Repubblica, 24 aprile 2011.

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“[Alba] È questa l'ora che pare possibile | ogni speranza umana, e il nostro esilio | d'una segreta melodìa s'indora.”

Carlo Martini (critico letterario) (1908–1978) critico letterario italiano, poeta italiano

da I miei amici dell'alba, L'allegro racconto dei viventi, Il girasole, Rieti, 1952
Citazioni di Carlo Martini

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“Amici senza speranza, usano la testa per cercare la testa!”

Bodhidharma (483–540) monaco buddhista indiano

Origine: Citato in Lin-chi, Non puoi piantare un chiodo nel cielo, a cura di Fabrizio Rondolino, Oscar Mondadori, 2012, p. 47.

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“Gioacchino poi che vidde possibile ogni delitto a' briganti, fece legge che un generale avesse potere supremo nelle Calabrie su di ogni cosa militare o civile per la distruzione del brigantaggio. Il generale Manhès, a ciò eletto, passò il seguente ottobre in apparecchi, aspettando che le campagne s'impoverissero di frutta e foglie, aiuti a' briganti per alimentarsi e nascondersi; e dipoi palesò i suoi disegni. Pubblicate in ogni comune le liste de' banditi, imporre a' cittadini di ucciderli o imprigionarli; armare e muovere tutti gli uomini atti alle armi; punire di morte ogni corrispondenza co' briganti, non perdonata tra moglie e marito, tra madre e figlio; armare gli stessi pacifici genitori contro i figli briganti, i fratelli contro i fratelli; trasportare le gregge in certi guardati luoghi; impedire i lavori della campagna, o permetterli col divieto di portar cibo; stanziare gendarmi e soldati ne' paesi, non a perseguire i briganti, a vigilare severamente sopra i cittadini. Nelle vaste Calabrie, da Rotonda a Reggio, cominciò simultanea ed universale la caccia al brigantaggio.
Erano quelle ordinanze tanto severe che parevano dettate a spavento; ma indi a poco, per fatti o visti o divulgati dalla fama e dal generale istesso, la incredulità disparve. Undici della città di Stilo, donne e fanciulli (poiché i giovani robusti stavano in armi perseguitando i briganti), recandosi per raccorre ulivi ad un podere lontano, portavano ciascuno in tasca poco pane, onde mangiare a mezzo del giorno e ristorare le forze alla fatica. Incontrati da' vigilatori gendarmi, dei quali era capo il tenente Gambacorta (ne serbi il nome la istoria), furono trattenuti, ricercati sulla persona, e poiché provvisti di quel poco cibo, nel luogo intesso, tutti gli undici uccisi. Non riferirò ciò che di miserevole disse e fece una delle prese donne per la speranza, che tornò vana, di salvare, non sé stessa, ma un figliuolo di dodici anni. […]
Lo spavento in tutti gli ordini del popolo fu grande, e tale che sembravano sciolti i legami più teneri di natura, più stretti di società; parenti e amici dagli amici e parenti denunziati, perseguiti, uccisi; gli uomini ridotti come nel tremuoto, nel naufragio, nella peste, solleciti di sé medesimi, non curanti del resto dell'umanità. Per le quali opere ed esempi viepiù cadendo i costumi del popolo, le susseguenti ribellioni, le sventure pubbliche, le tirannidi derivavano in gran parte dal come nel regno surse, crebbe e fu spento il brigantaggio. Questa ultima violenza non fu durevole: tutti i Calabresi, perseguitati o persecutori, agirono disperatamente; e poiché i briganti erano degli altri di gran lunga minori, e spicciolati traditi, sostenitori d'iniqua causa, furono oppressi. Sì che, di tremila che al cominciare di novembre le liste del bando nominavano, né manco uno solo se ne leggeva al finire dell'anno; molti combattendo uccisi, altri morti per tormenti, ed altri di stento, alcuni rifuggiti in Sicilia, e pochi, fra tante vicissitudini di fortuna, rimasti, ma chiusi in carcere. (Libro VII, Regno di Gioacchino Murat”

Pietro Colletta (1775–1831) patriota, storico e generale italiano

1808-1815), Capo II "Fatti di guerra e di brigantaggio, poi distrutto.", XXVII-XXVIII, Tip. e libreria Elvetica, Capolago, 1834
Storia del reame di Napoli

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“Amo la naturalezza della vostra unione, la guardo con un sorriso, voi, in qualche misura, mi avete protetto da me stesso. Io non mi sono mai sentito "naturale", mi sono impegnato per esserlo, tentativi striduli, perché impegnarsi per essere naturali e già una sconfitta. Così ho accettato il modello che mi avete ritagliato nella carta velina dei vostri bisogni. Sono rimasto un ospite fisso in casa mia. Non mi sono indignato nemmeno quando in mia assenza, durante le giornate di pioggia, la cameriera ha spostato lo stenditoio con i vostri panni accanto al calorifero nel mio studio. Mi sono abituato a queste umide intrusioni senza ribellarmi. Sono rimasto sulla mia poltrona senza poter allungare troppo le gambe, ho posato il libro sulle ginocchia e mi sono fermato a guardare la vostra biancheria. Ho trovato in quei panni umidi una compagnia che forse superava quella delle vostre persone, perché in quelle trame sottili e candide io catturavo il profumo fraterno della nostalgia, di voi, certo, ma soprattutto di me stesso, della mia latitanza. Lo so, Angela, per troppi anni i miei baci, i miei abbracci sono stati goffi, stentati. Ogni volta che ti ho stretta, ho sentito il tuo corpo scosso da un fremito d'impazienza, se non addirittura di disagio. Non ti ci ritrovavi, ecco tutto. Ti è bastato sapere che c'ero, guardarmi in lontananza, come un viaggiatore appeso al finestrino di un altro treno, scialbato da un vetro. Sei una ragazza sensibile e solare, ma di colpo il tuo umore cambia, diventi rabbiosa, cieca. Ho sempre avuto il sospetto che questa ira misteriosa, dalla quale riaffiori sconcertata e un po' triste, ti sia cresciuta dentro per causa mia.
Angela, a ridosso della tua schiena incolpevole c'è una sedia vuota. Dentro di me c'è una sedia vuota. Io la guardo, guardo la spalliera, le gambe, e aspetto, e mi sembra di ascoltare qualcosa. È il rumore della speranza. Lo conosco, l'ho udito affannarsi nel fondo dei corpi e affiorare negli occhi delle miriadi di pazienti che ho avuto davanti, l'ho sentito fermarsi in stallo tra le mura della sala operatoria, ogni volta che ho mosso le mie mani per decidere il corso di una vita. So esattamente di cosa m'illudo. Nei grani di questo pavimento che ora si muovono lenti come fuliggine, come ombre morenti, m'illudo che quella sedia vuota si riempia anche per un solo lampo di una donna, non del suo corpo, no, ma della sua pietà. Vedo due scarpe décolletées color vino, due gambe senza calze, una fronte troppo alta. E lei è già davanti a me per ricordarmi che sono un untore, un uomo che segna senza cautela la fronte di chi ama. Tu non la conosci, è passata nella mia vita quando ancora non c'eri, è passata ma ha lasciato un'impronta fossile. Voglio raggiungerti, Angela, in quel limbo di tubi dove ti sei coricata, dove il craniotomo scassinerà la tua testa, per raccontarti di questa donna.”

Origine: Non ti muovere, pp. 21-23

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“Speranza – Forse avremo anche in Italia la TV libera. Meglio tardi che RAI.”

Gino Patroni (1920–1992) giornalista e scrittore italiano

da Crescete e mortificatevi, Rizzoli, Milano 1975

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“Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone.”

Dione (-409–-354 a.C.) tiranno greco antico

da una lettera a Platone; in Platone, Lettera VII, 328a

“In principio, quando l'universo fu creato dal nulla, subito si sbriciolò per mancanza di coesione. Simili a migliaia di minuscoli tasselli, in apparenza privi di ogni scopo e significato, tutti i pezzi erano identici per forma e dimensione, pur differendo nel colore e nella struttura. Noi non abbiamo la minima idea di quale fosse il mosaico originale, nessuna traccia o disegno a guidarci… Non possiamo sapere a cosa somiglierà… No, finché l'ultimo tassello non sarà rimesso al suo posto… Tre strumenti abbiamo a disposizione per completare quest'opera: totale non interferenza, controllo di ogni singolo atto, alternanza di poteri fino al raggiungimento di un equilibrio soddisfacente. Nessuno dei tre metodi, può avere successo senza il concorso degli altri due; questo dobbiamo accettarlo come un principio basilare, altrimenti non potremmo spiegarci gli eventi è passati… Il problema è tuttora irrisolto; ma noi procediamo per gradi. Un progresso è seguito da una battuta d'arresto e dalla perdita di qualcosa, che sarà poi riconquistata e perfezionata nella nuova ondata di progresso. La differenza tra il mosaico e l'Universo è che un mosaico è un disegno statico, immobile: la raffigurazione della Morte. Noi non tendiamo ad un tempo in cui tutto sarà immoto, ma ad un tempo in cui tutto sarà in movimento armonico col tutto: roccia pianta pesce uccello animale e uomo. Non è mai stato, né mai sarà un compito facile. Ma la via costruita nella speranza risulta più agevole al viandante di quella tracciata nella disperazione, anche se entrambe conducono alla stessa meta.”

Le luci di Atlantide

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“Ho il sospetto che il voto per Berlusconi, dal 1994 al 2006, sia stato in parte motivato da una speranza: agire d'autorità e semplificare il Paese, renderlo più americano nei meccanismi quotidiani. È andata male, anche se per motivi che non possiamo spiegare qui.”

Beppe Severgnini (1956) giornalista italiano

Origine: Da USA, Ufficio Semplificazione Assoluta http://www.corriere.it/solferino/severgnini/06-10-26/01.spm, Corriere della Sera, 26 ottobre 2006.

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“23 La noia mortale è la grande speranza dei depressi.”

Franz Krauspenhaar (1960) scrittore e poeta italiano

Forforismi

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“Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.”

cap. VIII
I promessi sposi

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“Faccio molti concerti per i gay. Mi vesto da fatina perché loro mi vogliono ancora così. Creamy è un simbolo. Una bambina maschiaccio che con la bacchetta magica si trasforma in prima donna. È l'ideale della trasformazione. Molti di loro sono cresciuti con questa speranza. Quando canto Creamy o Sailor Moon i gay si commuovono.”

Cristina D'Avena (1964) cantante, attrice e conduttrice televisiva italiana

Origine: Citato in Cristina D'Avena: "Oggi mi vesto da fatina per i gay e faccio piangere i punkabbestia" http://www.huffingtonpost.it/2014/07/20/cristina-davena_n_5603264.html, huffingtonpost.it, 20 luglio 2014.

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