Frasi su guardia
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“E tu le sbarre | guardi nel sonno come allucinato | e ti canti le nenie del martirio.”

Alda Merini (1931–2009) poetessa italiana

Il dottore agguerrito nella notte
La Terra santa

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“Occhi nella notte | che cercano | e la notte che ti guarda | paziente | nell'attesa.”

Pietro Nigro (1939) poeta italiano

da Tu, la notte e il silenzio, vv. 5-9
Astronavi dell'anima

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“L'acqua che passa, l'acqua che scorre | come una nenia che non finisce, | io che la guardo come assopito | ci farei un tuffo tutto vestito.”

Giorgio Gaber (1939–2003) cantautore, commediografo e regista teatrale italiano

da Il signor G sul ponte, n. 8
Il signor G

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“Quando la Duse venne a Los Angeles, nemmeno l'età e la fine incombente poterono oscurare il fulgore del suo genio. L'accompagnava un'eccellente compagnia italiana. Prima della sua entrata in scena un giovane e bell'attore fornì una prestazione superba, tenendo magnificamente il palcoscenico. Come avrebbe fatto la Duse a superare la straordinaria prestazione di questo giovanotto?
Poi, dal fondo del palcoscenico, all'estrema sinistra, la Duse entrò in scena sbucando da un archivolto, piano piano, quasi senza farsi notare. Si fermò dietro un cestello di crisantemi bianchi che troneggiava su un pianoforte a coda e, silenziosamente, cominciò a rimetterli a posto. Un mormorio percorse la platea, e la mia attenzione lasciò immediatamente il giovane attore per concentrarsi sulla Duse. Ella non guardò né il collega né alcuno degli altri personaggi, ma continuò silenziosamente a disporre i fiori nel cestello e ad aggiungerne altri che aveva portato con sé. Quand'ebbe finito attraversò diagonalmente il palcoscenico, sedette in una poltrona accanto al caminetto e guardò il fuoco. Solo una volta fissò il giovanotto, e quell'occhiata racchiudeva tutta la saggezza e il dolore dell'umanità. Poi continuò ad ascoltare e a scaldarsi le mani: quelle mani così belle, così sensibili.
Dopo il veemente discorso di lui, ella parlò pacatamente guardando il fuoco. Non c'era traccia di istrionismo; la sua voce veniva dalle ceneri di una tragica passione. Non compresi una parola, ma mi resi conto di essere alla presenza della più grande attrice che avessi mai visto.”

Charlie Chaplin (1889–1977) attore, regista, sceneggiatore, compositore e produttore britannico

Origine: La mia autobiografia, pp. 232-3

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“"Invece di rubare il grano, potreste comprarlo. Quanto ve ne occorre? Avete ancora una gran quantità di cose considerate straordinariamente preziose dagli uomini. Potreste commerciare."
Filavandrel fece un sorriso sprezzante. "Con voi? Mai."
Geralt contrasse il viso in una smorfia, facendo screpolare il sangue rappreso sulla guancia. "Che il diavolo vi porti insieme con la vostra arroganza e col vostro disprezzo. Non volendo convivere, vi condannate da soli allo sterminio. Convivere, accordarsi, è la vostra unica possibilità."
Filavandrel si curvò in avanti, i suoi occhi brillarono. "Convivere alle vostre condizioni?" chiese con voce mutata, ma sempre calma. "Riconoscendo il vostro dominio? Perdendo la nostra identità? Convivere in qualità di cosa? Di schiavi? Di paria? Convivere con voi al di là dei muri con cui proteggete da noi le vostre città? Convivere con le vostre donne, e per questo salire al patibolo? Oppure guardare che cosa succede a ogni pie sospinto ai bambini risultato di una simile convivenza? Perché eviti il mio sguardo, strano umano? Come convivi col tuo prossimo, da cui sei comunque un po' diverso?"
Lo strigo lo guardò dritto negli occhi. "Me la cavo. In qualche modo me la cavo. Perché devo. Perché non ho altra via d'uscita. Perché in qualche modo ho sopraffatto dentro di me la superbia e l'orgoglio per la mia diversità, perché ho capito che la superbia e l'orgoglio, sebbene siano un'arma contro la diversità, sono un'arma miserevole. Perché ho capito che il sole brilla in maniera diversa, perché qualcosa cambia e io non sono l'asse di questi cambiamenti. Il sole brilla in maniera diversa e continuerà a brillare, non serve a niente bersagliarlo di pietre. Bisogna accettare i fatti, elfo, bisogna imparare a farlo."”

Il guardiano degli innocenti

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“Caro direttore [Indro Montanelli], sono quasi 6 anni che non ci sentiamo. Da quel 22 luglio 2001 quando, dopo avere speso gli ultimi respiri a mettere in guardia gli italiani dal virus Berlusconi, te ne volasti in cielo. Ora che sei in Paradiso, immagino che tu abbia di meglio da fare che occuparti dell'Italia: in 92 anni di vita, hai già dato. Ma qui succedono cose talmente strane che devo proprio raccontartele. Intanto Berlusconi non c'è più, al governo intendo. Ma non è che si noti molto. Anzi, forse torna. Il vaccino non ha funzionato. Ora c'è di nuovo Prodi, almeno fino a un paio di minuti fa c'era. Non sappiamo. Si parla, tanto per cambiare, di crisi della politica. E in quel vuoto s'infilano indovina chi? La Confindustria e il Vaticano. Come diceva Totò, quando vedo un buco ci entro. Tu eri un laico risorgimentale a 24 carati, ma due papi, Roncalli e poi Woytjla, ti vollero conoscere perché eri molto rispettoso della religione. Un po' meno di certi Preti e di certi Vescovi che s'impicciavano di politica. Dicevi: "Aborro i preti, esseri autoritari e prepotenti. Quando qualcuno mi dice che stiamo andando verso il fascismo, vorrei quasi rispondere: magari! Il fascismo è brutto, ma passa. Invece andiamo incontro a forme di vita clericale, anzi ci siamo dentro, perché non abbiam saputo amministrare il nostro libero esame. Abbiamo liquidato la coscienza, dandola in appalto al prete. Ecco dove nasce il più macroscopico difetto degli italiani: la mancanza di una coscienza morale. Non siamo religiosi: siamo cattolici per comodità, abitudine, tradizione, non per coscienza. Il problema di Dio gli italiani non se lo pongono. Perciò non siamo mai stati una Nazione: l'unico Stato che conosciamo è quello Pontificio". Ecco, ci siamo dentro fino al collo adesso, direttore. I cattolici liberali si sono estinti. Già tu rimpiangevi De Gasperi, "un democristiano che credeva in Dio e non aveva bisogno di fare il bigotto, forse perché era nato in Austria. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". Oggi con Dio ci parlano in pochi, persino tra i cardinali. In compenso tutti parlano con i preti e i cardinali. Ma anche con Andreotti, che a 90 anni è sempre un bijou: è vivo e lotta insieme a noi. Il Papa invece è cambiato: Woytjla non c'è più, ora c'è Ratzinger. Quando dice no alle coppie di fatto, si mettono tutti sull'attenti. Quando invece dice che il capitalismo non è molto meglio del socialismo, quando dice che bisogna salvaguardare l'occupazione, privilegiare i poveri, gli ultimi, difendere l'ambiente da uno sviluppo scriteriato, parlano d'altro e fanno finta di non sentire. Un giorno, di recente, ha detto addirittura che bisogna cacciare i corrotti dalla politica, e lì anche i politici più bigotti sono diventati anticlericali: come si permette di impicciarsi in affari che non gli riguardano? Ti parlo dallo studio di Santoro, che è tornato in tv dopo 5 anni di riposo, diciamo così: l'ultima volta che in Rai si sentì la tua voce fu da Biagi e da Santoro, entrambi i programmi furono subito chiusi. Stiamo per trasmettere un reportage della Bbc sulla pedofilia nel clero, già visto su internet da alcune decine di milioni di persone nel mondo e 3-4 milioni in Italia. Mi dirai: "dov'è il problema, già ai miei tempi tutti volevano una Rai modello Bbc". Appunto: adesso hanno visto cosa fa la Bbc e gli è passata la voglia. Persino la Cei ha detto: "Nessuna censura, discutiamo pure con equilibrio". La censura la invocano i politici e alcuni papaveri Rai, che sono più papisti del Papa. C'è un tale Landolfi, lo stesso capo della Vigilanza che nel 2001 ti accusò di linciare Berlusconi e chiese addirittura a Ciampi di intervenire per la tua intervista a Biagi a ridare dignità al servizio pubblico, che 10 giorni fa già sapeva che avremmo imbastito un processo mediatico contro la Chiesa: una specie di Nostradamus. E ha aggiunto: "Non sono queste le finalità del servizio pubblico, non è per questo che i cittadini pagano il canone". Lui li conosce uno per uno, gli telefona tutti i giorni per sapere che cosa vogliono. Poi c'è Fassino, che una volta era comunista, però ha studiato dai gesuiti: ora parla come don Abbondio e ci invita al massimo equilibrio e alla massima prudenza. Fini l'altra sera ha annunciato a "Ballarò" che il nostro programma non andrà mai in onda: deve averglielo detto in sogno l'Arcangelo Gabriele, ma era un imitatore: infatti siamo in onda. Casini chiese un programma riparatore che raccontasse tutto il bene che fa la Chiesa nel mondo. Potrebbe commissionarlo ai suoi uomini alla Rai, che sono un po' più numerosi di quelli che aveva la Dc una volta, però la Dc aveva anche il decuplo dei suoi voti; oppure potrebbe chiederlo a Buttiglione, che ha mezza famiglia in Rai e l'altra mezza a Mediaset; invece chiede a noi. Tu dirai: che c'entrano i politici con la libera informazione? Da quando i giornalisti prendono ordini dai segretari di partiti? Ecco, il problema è che ormai non se lo domanda più nessuno. Trovano tutto ciò molto normale. I politici non si accontentano di lottizzare la Rai: vogliono fare i palinsesti e i critici televisivi; prima o poi condurranno direttamente programmi e si intervisteranno da soli. Ricordi Giuliano Ferrara? L'avevi lasciato ateo. Bene, adesso è rimasto ateo ma è diventato anche clericale, nel frattempo. Dice che il reportage Bbc è una schifezza. E lui se ne intende. C'è perfino chi pretendeva che mostrassimo in anticipo all'editore una scaletta sicura prima di decidere se mandarci in onda oppure no. Come se l'amministratore della Fiat Marchionne volesse leggere gli articoli della Stampa o De Benedetti quelli della Repubblica, prima di mandare in stampa i giornali. Anche questo, è un po' strano, è passato sotto silenzio, come una cosa normale. La nostra categoria non ha brillato, ma questa per te non è una novità: già 30 anni fa tu scrivevi che "il giornalismo italiano è servo per vecchia abitudine: i potenti vogliono il monumento equestre e il piedistallo, e noi glielo diamo". Non ti dico gli intellettuali sedicenti liberali: tutti zitti, o addirittura solidali con i censori. Sono quelli che tu definivi "una grossa camorra al servizio di ogni potere". L'altro giorno, rileggendo i tuoi ultimi articoli, mi è capitata una lettera a Franco Modigliani, Nobel dell'Economia, in cui tu parlavi della corruzione e dicevi: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, dietro l'esempio e sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni… Un popolo italiano consapevole della propria identità e ben deciso a difenderla, non c'è. E non c'è perché, nei secoli in cui questa coscienza nazionale maturava nel resto dell'Occidente, in Italia veniva soffocata da una Chiesa timorosa che il cittadino soppiantasse il fedele e creasse un potere temporale laico contrapposto al suo". Questo scrivevi sulla prima pagina del Corriere della Sera non 1000 anni fa, 6 anni fa. Oggi passeresti per un nemico della fede, della famiglia, dell'Occidente, forse per un fiancheggiatore di Al Qaeda. Non è che potresti prenderti una libera uscita e tornare giù un po' da noi per un paio di giorni, non di più? Ci manchi tanto, e non sai quanto. Ciao, direttore.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

dalla coperina di Annozero, 31 maggio 2007
Annozero

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“Non si può capire nulla di Napoleone se non si vede in lui un poeta, un incomparabile poeta in azione. Il suo poema è tutta la sua opera, e non c'è chi l'uguagli.”

Léon Bloy (1846–1917) scrittore, saggista e poeta francese

da cap. XIV La guardia indietreggia!..., p. 135
L'anima di Napoleone

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“Freccia tremante: dove colpire? | Guardo dovunque, | cerco qualcosa, | sono disintegrato dagli occhi | e l'istante mi reintegra. | Terribile tanta inquietudine: | io sono diecimila frecce affamate. | Potessi conficcarmi nella carne del mondo | e giacessi oramai | nella polvere, spezzato.”

Lőrinc Szabó (1900–1957) poeta e traduttore ungherese

da Inquietudine
Origine: Citato in Lirica ungherese del '900, a cura di Paolo Santarcangeli, Guanda, Parma, 1962; riportato in Le cronache di Civitas https://books.google.it/books?id=He8eAQAAMAAJ, Volume 14, Civitas, 1963, p. 173.

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“Non guardare per terra a ogni passo: solo chi guarda lontano troverà la via.”

Dag Hammarskjöld (1905–1961) 2º segretario generale delle Nazioni Unite

Origine: Tracce di cammino, p. 41

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“Un fanciullo amava molto il pollo e aveva gran paura dei lupi. Una sera, mentre dormiva sul suo letto, fece un sogno: egli era solo nella foresta e cercava funghi. A un tratto, un lupo balzò da una macchia e si gettò su di lui. Spaventato, il fanciullo si mise a gridare: «Aiuto! Aiuto! Mi vuol mangiare!».Il lupo gli disse: «Aspetta a gridare: io non ti mangerò, voglio soltanto discutere con te».
E il lupo si mise a parlare come fosse un uomo.
Disse: «Tu hai paura che io ti mangi. Ma tu? Non ti piacciono forse i polli?».
«Sì!».
«Eppure li mangi, perché? Essi sono vivi come te, i piccoli polli. Va a vedere la mattina, come li pigliano, come il cuoco li porta in cucina e taglia loro il collo, e ascolta la loro madre gridare perché le hanno tolto i suoi piccini. Non hai mai osservato tutto questo?».
«No», rispose il fanciullo.
«No, davvero? Ebbene, guarda meglio! Del resto, per ora, sono io che ti mangerò. A modo tuo, tu non sei altro che un piccolo pollo: è deciso, ti mangerò».
Il lupo si gettò sul fanciullo che gridò spaventato: «Ahi! Ahi! Ahi!».
E si svegliò.
Da quel giorno, egli smise di mangiar carne: fosse di bue, di montone o di pollo.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

Origine: Favola registrata da Tolstoj il 19 luglio 1908 con un fonografo inviatogli in dono da Thomas Edison nello stesso anno, e pubblicata nel 1909 sulla rivista Il faro. Traduzione di Gianfranco Giorgi; citato in Perché sono vegetariano, pp. 16-17.

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“Guarda la paura in faccia e cesserà di turbarti.”

Sri Yukteswar (1855–1936) astrologo e mistico indiano

Origine: Citato in Rotondi 1981, p. 17, § 20.

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“Io guardo il fiume | crespe leggere passano sotto il sole malato | nient'altro, il fiume aspetta; | abbi pietà di quanti aspettano.”

Giorgos Seferis (1900–1971) poeta, saggista e diplomatico greco

Origine: Da Note per una settimana, p. 19.

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“Per capire una città bisogna conoscerne l'anima. Imbevuta del passato e in costante trasformazione, l'anima di una città rimane strettamente legata alla sua fisicità e alle azioni di quanti la amministrano. A volte ci si innamora o si ha disgusto di un posto dal primo momento : in un caso come nell'altro, è raro che questa prima impressione porti alla scoperta dell'anima. Le anime sono pudiche, rifuggono la ribalta e perfino la conversazione. Bisogna scovarle. Comunicano attraverso uno sguardo, un gesto, una parola. Quelle delle città comunicano attraverso le pietre, le piante, le strutture urbane, la folla e i singoli abitanti. La conoscenza di una città può avvenire per mezzo di libri, giornali, televisione, oltre che con l'osservazione diretta. Raramente, comunque, l'anima di una città si rivela per caso. Le città che si presentano al visitatore frontalmente, nella propria nudità, sono spesso false : costituiscono la difesa della città che sta sotto. Ciò non toglie che in certi casi la loro anima possa essere talmente forte e imperiosa da manifestarsi come tale al primo impatto.
In una città nuova, mi lascio andare ai sensi e al caso. Senza pensare a niente, cammino, mi guardo intorno, mi unisco a una piccola folla curiosa, prendo i mezzi pubblici, compro il cibo di strada e mangio nei posti meno frequentati. Faccio una sosta, seduta su una panchina in un parco, bevendo una bibita in un caffè o appoggiata alla facciata di un edificio, come una mosca su un muro : e da lì osservo, odoro, ascolto. Se sono fortunata, piano piano l'anima del luogo mi si rivela.”

Simonetta Agnello Hornby (1945) scrittrice italiana

La mia Londra

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Guardo l ' impossibile, vedo l ' improbabile, e sogno.. l ' incredibile.”

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“La bellezza è negli occhi di chi guarda.”

Oscar Wilde (1854–1900) poeta, aforista e scrittore irlandese
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“Hegel non è un pensatore debole; eredita da Schelling l'occhio da Sibilla che guarda dentro gli abissi.”

Hans Urs Von Balthasar (1905–1988) presbitero e teologo svizzero

Nello spazio della metafisica: L'epoca moderna.

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“Faust: "O lentamente, lentamente correte, o cavalli della notte!"
Le stelle ruotano, il tempo corre, l'orologio suonerà,
verrà il demonio e Faust sarà dannato.
Salirò fino a Dio! Chi mi trascina in basso?
Guarda, guarda, il sangue di Cristo allaga il firmamento!
Una sola goccia mi salverebbe, metà d'una goccia. Ah, mio Cristo,
non uncinarmi il cuore se nomino Cristo.
Lo dirò di nuovo. Risparmiami, Lucifero.
Dov'è ora? È scomparso. Vedo Dio
che stende il braccio e china la fronte minacciosa!”

'Faustus: "O lente, lente currite, noctis equi!"<br ></ref> The stars move still, time runs, the clock will strike,
The devil will come, and Faustus must be damn'd.
O, I'll leap up to my God! — Who pulls me down? —
See, see, where Christ's blood streams in the firmament!
One drop would save my soul, half a drop: ah, my Christ! —
Ah, rend not my heart for naming of my Christ!
Yet will I call on him: O, spare me, Lucifer! —
Where is it now? 'tis gone: and see, where God
Stretcheth out his arm, and bends his ireful brows!
La tragica storia del Dottor Faust, Atto V, Scena II
Origine: Verso ripreso da: Ovidio (Amores, I, 13, 40) (1994)

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