Frasi su giorno
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“Io avevo già deciso da un mese prima. Mica avevo deciso, figurati, tre giorni prima. "Ma come? Tre giorni prima hai detto male di Berlusconi". L'ho detto apposta. Ma non hai capito un cazzo di niente. Io già avevo deciso, io già avevo deciso, già avevo deciso.”

Antonio Razzi (1948) politico italiano

citato in La compravendita dei parlamentari http://www.youtube.com/watch?v=63ywHKrI1sM, 50:24, 7 dicembre 2011, Gli intoccabili, La7

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“Verrà un giorno in cui il 1° aprile 1933 e le settimane successive saranno richiamati alla memoria di tutti i tedeschi soltanto come una penosa vergogna. […] Signor Cancelliere del Reich, protegga la Germania proteggendo gli ebrei!”

Armin Theophil Wegner (1886–1978) militare, attivista e scrittore tedesco

Origine: Dalla sua lettera ad Adolf Hitler del 20 luglio 1933; citato in Valeria Gandus, Armenia, Wegner: il "giusto" che denunciò la strage. E sfidò il nazismo scrivendo a Hitler: “Basta persecuzioni degli ebrei” http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/02/armenia-wegner-il-giusto-che-denuncio-la-strage-e-sfido-il-nazismo-scrivendo-a-hitler-basta-persecuzioni-degli-ebrei/1638943/, Il Fatto Quotidiano.it, 2 maggio 2015.

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“Pensi, ogni giorno mi facevo a piedi il percorso di tre autobus: da casa mia alla palestra Fulgor. Non avevo soldi.”

Patrizio Oliva (1959) pugile italiano

Origine: Dall'intervista di Riccardo Signori, Oliva: "Estirpiamo i ragazzi dall'ambiente che li rovina" http://www.ilgiornale.it/news/oliva-estirpiamo-i-ragazzi-dallambiente-che-li-rovina.html, il Giornale.it, 28 gennaio 2009.

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“Un medico al giorno toglie il male di torno.”

Henry; p. 151
Il mondo nuovo

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“Ma già vedi agli Iblei le ombre della sera | e tutt'intorno farsi muta la campagna | e stanco avviarsi al riposo il giorno…”

Pietro Nigro (1939) poeta italiano

da Mi guarda il vecchio fico, vv. 9-11
Il deserto e il cactus

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“Le nazionali tolgono i giocatori migliori ai club per circa 60 giorni all'anno. Rappresenta sicuramente una cosa unica nel suo genere. Immaginatevi un'azienda privata che presta i suoi migliori dipendenti ogni anno per una causa comune.”

Andrea Agnelli (1975) imprenditore e dirigente sportivo italiano

Origine: Da un' intervento rilasciato in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2015-2016 del Collegio di Milano;citato in Agnelli vs FIFA: "Assurdo che le nazionali tolgano i migliori giocatori ai club" http://www.goal.com/it/news/4962/nazionali/2016/01/30/19820552/agnelli-vs-fifa-assurdo-che-le-nazionali-tolgano-i-migliori?ICID=HP_BN_1?utm_source=facebook.com&utm_medium=referral&utm_campaign=itfb, Goal.com, 30 gennaio 2016.

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“Terra, terra silenziosa. | Silenziosa, | con la pelle bruciata, la statura nuda, | perdona, Hiroshima… | Perdona ogni passo | che sfiora una tua ferita, rompe una cicatrice… | Perdona uno sguardo | che ti fa male anche se t'accarezza… | Perdona qualsiasi parola | che smuove l'aria in cui cerchi | i tuoi bambini, | popoli di bambini perduti per sempre. | Non c'è | non può esistere | una tomba! Vento c'è… vento… vento… | È la loro voce | che risuona | di giorno in giorno più debole | soltanto nel ricordo.”

Eugen Jebeleanu (1911–1991) Scrittore e traduttore Rumeno

da Il primo incontro
Origine: In Il sorriso di Hiroshima, brano pubblicato nella rivista L'Europa letteraria del dicembre 1961, traduzione di Dragos Vranceanu e Franco Costabile; citato in Giuseppe Passarello, Voci del tempo nostro, antologia di letture moderne e contemporanee, Società editrice internazionale, Torino, 1968, p. 904.

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“Lascia che sia fiorito, | Signore, il suo sentiero | quando a Te la sua anima | e al mondo la sua pelle | dovrà riconsegnare | quando verrà al Tuo cielo | là dove in pieno giorno | risplendono le stelle.”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

da Preghiera in gennaio, n. 1
Volume I
Origine: Il brano è dedicato a Luigi Tenco. Preghiere dalle canzoni.

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“Parlare tutto il giorno senza dire nulla è la Via. Tacere tutto il giorno e ciò nonostante dire qualcosa non è la Via.”

Bodhidharma (483–540) monaco buddhista indiano

Origine: Discorso del risveglio, p. 91

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“I giorni di Castro sono contati.”

George H. W. Bush (1924–2018) 41º presidente degli Stati Uniti d'America
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“La Juventus è una società solida, incredibilmente forte con un dna preciso: lì impari a capire, sin dal primo giorno, il significato della parola vittoria; rinnovando ad ogni allenamento la fame e la voglia di non mollare mai. Il Milan è un grandissimo club con tradizione storica e tantissime vittorie, ma mi ha impressionato di più l'ambiente di Torino.”

Emerson Ferreira da Rosa (1976) calciatore brasiliano

Citazioni di Emerson
Origine: Dall'intervista di Romeo Agresti, Emerson a Goal: "Numeri incredibili per la Juventus, il Milan è fallimentare" http://www.goal.com/it/news/1942/esclusivo/2016/05/20/23719542/emerson-a-goal-numeri-incredibili-per-la-juventus-il-milan-%C3%A8, Goal.com, 20 maggio 2016.

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“Passa un giorno, passa l'altro | Mai non torna il prode Anselmo, | Perché egli era molto scaltro | Andò in guerra e mise l'elmo…”

Giovanni Visconti Venosta (1831–1906) scrittore italiano

1-4
La partenza del crociato, ovvero il prode Anselmo

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“Nei giorni scorsi alcuni media hanno sparso fantasie – non riesco a trovare nessun'altra parola – sul mio cattolicesimo segreto, citando la mia visita al Sacro Convento, dove giacciono i resti di san Francesco. Per concludere, e per evitare ogni equivoco, lasciatemi dire che sono stato e rimango un ateo.”

Michail Gorbačëv (1931) politico sovietico

Origine: Citato in Gorbaciov: ero e resto ateo http://www.lastampa.it/2008/03/28/blogs/san-pietro-e-dintorni/gorbaciov-ero-e-resto-ateo-hzJHyGDTIHnLBgbkzTSh2O/pagina.html, Lastampa.it, 28 marzo 2008.

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“Gioacchino poi che vidde possibile ogni delitto a' briganti, fece legge che un generale avesse potere supremo nelle Calabrie su di ogni cosa militare o civile per la distruzione del brigantaggio. Il generale Manhès, a ciò eletto, passò il seguente ottobre in apparecchi, aspettando che le campagne s'impoverissero di frutta e foglie, aiuti a' briganti per alimentarsi e nascondersi; e dipoi palesò i suoi disegni. Pubblicate in ogni comune le liste de' banditi, imporre a' cittadini di ucciderli o imprigionarli; armare e muovere tutti gli uomini atti alle armi; punire di morte ogni corrispondenza co' briganti, non perdonata tra moglie e marito, tra madre e figlio; armare gli stessi pacifici genitori contro i figli briganti, i fratelli contro i fratelli; trasportare le gregge in certi guardati luoghi; impedire i lavori della campagna, o permetterli col divieto di portar cibo; stanziare gendarmi e soldati ne' paesi, non a perseguire i briganti, a vigilare severamente sopra i cittadini. Nelle vaste Calabrie, da Rotonda a Reggio, cominciò simultanea ed universale la caccia al brigantaggio.
Erano quelle ordinanze tanto severe che parevano dettate a spavento; ma indi a poco, per fatti o visti o divulgati dalla fama e dal generale istesso, la incredulità disparve. Undici della città di Stilo, donne e fanciulli (poiché i giovani robusti stavano in armi perseguitando i briganti), recandosi per raccorre ulivi ad un podere lontano, portavano ciascuno in tasca poco pane, onde mangiare a mezzo del giorno e ristorare le forze alla fatica. Incontrati da' vigilatori gendarmi, dei quali era capo il tenente Gambacorta (ne serbi il nome la istoria), furono trattenuti, ricercati sulla persona, e poiché provvisti di quel poco cibo, nel luogo intesso, tutti gli undici uccisi. Non riferirò ciò che di miserevole disse e fece una delle prese donne per la speranza, che tornò vana, di salvare, non sé stessa, ma un figliuolo di dodici anni. […]
Lo spavento in tutti gli ordini del popolo fu grande, e tale che sembravano sciolti i legami più teneri di natura, più stretti di società; parenti e amici dagli amici e parenti denunziati, perseguiti, uccisi; gli uomini ridotti come nel tremuoto, nel naufragio, nella peste, solleciti di sé medesimi, non curanti del resto dell'umanità. Per le quali opere ed esempi viepiù cadendo i costumi del popolo, le susseguenti ribellioni, le sventure pubbliche, le tirannidi derivavano in gran parte dal come nel regno surse, crebbe e fu spento il brigantaggio. Questa ultima violenza non fu durevole: tutti i Calabresi, perseguitati o persecutori, agirono disperatamente; e poiché i briganti erano degli altri di gran lunga minori, e spicciolati traditi, sostenitori d'iniqua causa, furono oppressi. Sì che, di tremila che al cominciare di novembre le liste del bando nominavano, né manco uno solo se ne leggeva al finire dell'anno; molti combattendo uccisi, altri morti per tormenti, ed altri di stento, alcuni rifuggiti in Sicilia, e pochi, fra tante vicissitudini di fortuna, rimasti, ma chiusi in carcere. (Libro VII, Regno di Gioacchino Murat”

Pietro Colletta (1775–1831) patriota, storico e generale italiano

1808-1815), Capo II "Fatti di guerra e di brigantaggio, poi distrutto.", XXVII-XXVIII, Tip. e libreria Elvetica, Capolago, 1834
Storia del reame di Napoli

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“Come il caldo | che scioglie l'inverno, quel che resta del giorno | ha un sapore diverso.”

Max Gazzé (1967) cantautore e bassista italiano

da La Nostra Vita Nuova
Un Giorno

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“[Sulla Juventus nel 1934] Hanno creato un ambiente che, come una macchina per impastare tutti i caratteri, ne farne il tipo unico mai illuso e mai disperato, mai troppo ottimista e mai troppo pessimista. Mai agitato e mai placato.
Cadere nella macchina un Monti o un Cesarini, un Orsi o un Varglien, spiriti fieri magari protervi, ed escono ben presto come gli altri: impastati. Ricadde un Tiberti, un Ferrari, un Sernagiotto, un Ferrero o un Valinasso e ne esce fuori un momento sicuro con qualche fierezza.
Il 'super asso' diventa solo un asso, l'aspirante a campione diventa asso; uno cava, l'altro cresce, tutto si livella. L'educazione e naturale riservo fanno il resto: se entri e nel Circolo, un tipo in guanti bianchi riceve il tuo cappello, gli stucchi dorati t'impediscono di dir parolaccie. La stretta di mano sulla tetti all'orologio, non una mano sulla spalla. Nessun ordine del giorno, ma l'ordine con l'ora per il domani, firma carcame. Mai niente di nuovo. Un giocatore entra e capisce dov'è, cosa deve imparare, il senso delle distanze, il rispetto, quel formalismo che è pure necessario se tutti gli esserci si sono basati su quello.”

Carlo Bergoglio (1895–1959) giornalista, scrittore e disegnatore italiano

Origine: Da un articolo pubblicato nella rivista Guerin Sportivo del 2 maggio 1934; citato in Roberto Buttafarro, Giovanni De Luna e Marco Revelli, Un fenomeno in bianco e nero http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,26/articleid,0995_01_1986_0214_0028_13712178/, RAI 3, 16 settembre 1986, 59 min 58 s, (1ª puntata, in 53 min 32 s e ssq.).

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“Il vapore sibilava nel calorifero con il suo canto monotono, e dalle tubature sembrava parlare a Herman per consolarlo: «Tu non sei solo, sei un elemento dell'universo, un figlio di Dio, parte integrante del creato. La tua sofferenza è la sofferenza di Dio, il tuo struggimento è il Suo. Ogni cosa è giusta. Che la verità ti si riveli e ti colmi di gioia».
All'improvviso Herman sentì uno squittio. Il topo era uscito furtivamente nell'oscurità e si guardava attorno con cautela, come per il timore di un gatto in agguato nelle vicinanze. Herman trattenne il respiro. "Non aver paura, creatura santa, nessuno ti farà del male." La osservò avvicinarsi al piattino dell'acqua e berne un sorso, poi un secondo e un terzo e infine mettersi a rosicchiare pian piano il formaggio.
"Come potrebbe esistere una meraviglia più grande?" pensò Herman. "Ecco un topo, figlio di topi, nipote di topi, frutto di milioni, di miliardi di topi che sono vissuti, hanno sofferto, si sono riprodotti, e che adesso sono scomparsi per sempre, ma hanno lasciato un erede, l'ultimo, sembra, della sua stirpe. Eccolo lì che mangia. Che cosa penserà tutto il giorno nel suo buco? A qualcosa deve pur pensare. Ha una mente, un sistema nervoso; fa parte della creazione di Dio alla stessa stregua dei pianeti, delle stelle, delle lontane galassie."
Il topo alzò improvvisamente la testa e lo fissò con uno sguardo umano, pieno d'amore e di gratitudine. Herman immaginò che lo stesse ringraziando.”

L'uomo che scriveva lettere; 2005, p. 716
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“Vide i busti e i profili dei soldati che cavalcavano di fianco alla carrozza, e la folla lungo il percorso: i pugni alzati, e facce stravolte con le bocche spalancate a insultare e a maledire e a invocare una morte, la sua morte! Proseguendo verso Porta San Gaudenzio, s'accorse che per non sentire quelle grida bastava non ascoltarle. Guardava i volti e i corpi degli uomini là fuori come avrebbe guardato dei pesci in una boccia divetro; li vedeva lontani ed anche strani, anzi si meravigliava di non aver mai fatto caso a quei dettagli che ora le sembravano così assurdi; di non essersi mai stupita in precedenza di quelle forme, considerandole – come tutti – inevitabili, e assolutamente sensate! Di averle sempre credute… normali! Quei cosiddetti nasi, quelle orecchie…. Perché eran fatte così? Quelle bocche aperte con dentro quei pezzi di carne che si muovevano. Che insensatezza! Che schifo! E quell'esplosione incontenibile di odio, da parte di individui che fino a pochi giorni prima non sapevano nemmmeno che lei esistesse e ora volevano il suo sangue, le sue viscere, reclamavano d'ammazzarla loro stessi, lì sul momento e con le loro mani… C'era forse un senso, una ragione in tutto questo? E se non c'era, perché accadeva? Ecco, pensava: io sto qui, e non si perché sto qui; loro gridano, e non sanno perché gridano. Le sembrava di capire, finalmente!, qualcosa della vita: un'energia insensata, una mostruosa malattia che scuote il mondo e la sostanza stessa di cui sono fatte le cose, come il mal caduco scuoteva il povero Biagio quando lo coglieva per strada. Anche la tanto celebrata intelligenza dell'uomo non era altro che un vedere e non vedere, un raccontarsi vane storie più fragili d'un sogno: la giustizia, la legge, Dio, l'inferno…”

cap. 30, p. 291
La chimera

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“L'abitato superiore, con necropoli di incinerati che rivelano la presenza di guerrieri-pastori giustificata da necessità di difera della strada rivierasca che vi passava, era chiamato in dialetto Crées, nome celtico pure, indicante la presenza di abitazioni in pietra; quello inferiore, con sepolture più tarde di inumati era invece Piaàg, di probabile derivazione latina da plaga. Ebbene, la popolazione del primo villaggio era estroversa, allegra, malleabile, piuttosto variabile nelle opinioni e nei rapporti sociali, a costituzione familiare in cui l'uomo faceva sentire maggiormente la propria podestà; alla sera le vie del paese erano animate sino alla mezzanotte; al mattino, in compenso, gli uomini si levavano tardi e andavano al lavoro sulla montagna a giorno fatto; non era raro il caso che sue bisticciassero oggi, venendo anche alle mani, e che domani li si incontrasse a braccetto. Al contrario la gente di sotto era piuttosto taciturna, sensibilmente introversa. Se nasceva uno screzio tra famiglie, ne veniva un'avversione che durava talora per generazioni. La donna era più considerata che nell'altro villaggio e il marito le si rivolgeva con il "voi", anziché col "tu" come lassù. Al mattino – e io ho fra i ricordi della mia fanciullezza il battere a notte sul selciato sotto le mie finestre degli scarponi di chi passava – gli uomini andavano al lavoro prima che baluginasse l'alba; alla sera, viceversa, dopo le otto le vie del paese diventavano deserte. La parola data era sempre mantenuta e assai difficile era far mutar parere. […] I diversi caratteri dei due paesi portarono, all'inizio di questo secolo, a comportamenti assai diversi di fronte alla depressione in atto. Mentre la gente di sotto emigrava piuttosto che contrarre un debito, quelli di sopra ipotecarono con facilità anche le terre, allorché accennò il ruttiamo e, buoni muratori quali erano, costruirono case d'affitto procurandosi denaro a prestito. Rimontarono la china mentre, di sotto, il paese, un tempo più fiorente per territorio ricco di campi e di boschi, si spopolava.”

Pietro Pensa (1906–1996) ingegnere e dirigente d'azienda italiano

Origine: Noi gente del Lario, p. 496

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“Se una febbre non abbandona il paziente nei giorni dispari, di solito è dispari.”

Ippocrate di Coo (-460–-370 a.C.) filosofo, medico

IV, 60; p. 46
Aforismi

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