Frasi su giorno
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“Solitudine dura e cara, | compagna dei miei tardi giorni, | alla mensa d'erba amara, | al torbo vino dei ricordi, || soli siamo, tu ed io.”

Diego Valeri (1887–1976) saggista e poeta italiano

Solitudine
Origine: Citato in Frasi celebri della letteratura italiana, Vallardi, Milano, 1994, p. 344. ISBN 88-11-93614-4

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“Essere genitori è durissimo, ogni giorno hai un'occasione per fare qualcosa di sbagliato. Ma non si tratta di essere cattivi. Sono errori che nascono dall'amore.”

Jennifer Garner (1972) attrice e produttrice cinematografica statunitense

Origine: Citato in Enrica Brocardo, Jennifer Garner: «Internet? È un pericolo per i nostri figli» http://www.vanityfair.it/show/cinema/14/09/07/jennifer-garner-intervista-toronto, Vanityfair.it, 8 settembre 2014.

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“Ho sempre detto che mi piacerebbe tornare un giorno alla Samp e il direttore Leonardi lo sapeva sin da quest'estate. Il mio rapporto con quella città è particolare ed esula dal calcio. È come la nutella: quando uno la assaggia, un cucchiaio non può bastare.”

Antonio Cassano (1982) calciatore italiano

Origine: Dall'intervista Cassano: "Samp come la nutella, ma resto a Parma. Qui sto benissimo" http://www.repubblica.it/sport/calcio/serie-a/parma/2014/01/02/news/parma_cassano_conferenza_voci_mercato-74976412/, Repubblica.it, 2 gennaio 2014.

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“A scuola andavo male: volevo fare il preside, non lo studente. Da giovane mi piaceva molto cazzeggiare, a Livorno siamo così. E mi piace ancora: non si può vivere solo di lavoro. Quando sento gente che dice che bisognerebbe lavorare 24 ore al giorno penso: poi ti si fonde il cervello, ti scoppia la testa e non hai ottenuto un bel niente.”

Massimiliano Allegri (1967) allenatore di calcio ed ex calciatore italiano

Origine: Da un'intervista a El País; citato in Il blob: ad Allegri piace cazzeggiare, Maldini-Capello da mani addosso http://www.gazzetta.it/Calcio/11-12-2015/blob-ad-allegri-piace-cazzeggiare-maldini-capello-mani-addosso-1301260531884.shtml, Gazzetta.it, 12 dicembre 2015.

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“[Su Sorelle Materassi] Per la schiettezza nostrale dell'ispirazione, aggiungerò un documento infallibile: questo lavoro è stato citato all'ordine del giorno di Strapaese.”

Aldo Palazzeschi (1885–1974) scrittore e poeta italiano

Origine: Da un'intervista alla Gazzetta del Popolo, 1934; citato in Giacinto Spagnoletti, Palazzeschi, Longanesi & C., Milano 1971, p. 234.

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“O felice giorno.”

Antigono III Dosone (-263–-221 a.C.) re di Macedonia

citato in Plutarco, Vita di Cleomene, 30, 2; traduzione di Marcello Adriani, 1864

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“Pochi sono gli animali la cui storia sia stata adorna di tante favole, di tante straordinarie dicerie, come quella delle iene. Gli antichi stessi narravano di esse le più incredibili cose. Si asseriva che il cane il quale vedeva l'ombra d'una iena ne perdesse incontanente la voce ed i sensi; si assicurava che l'odiosa belva sapeva imitare la voce dell'uomo per meglio adescarlo, poi d'un tratto aggredirlo ed ucciderlo; si credeva che il medesimo individuo radunasse in sè i due sessi, e persino mutasse a piacimento di sesso, ora presentandosi come essere maschio, ora come femmina. Il più notevole si è che siffatte fiabe trovarono credito presso tutte le popolazioni che conebbero le iene. Gli Arabi principalmente sono ricchi di leggende sopra questi animali. Si crede da essi solamente che l'uomo diventi furioso mangiando cervella di iena; si sottera il capo della belva uccisa per togliere malvagi stregoni il mezzo di fare soprannaturali sortilegi. Persino si crede dai più, e con certezza, che le iene non son altro che stregoni travestiti, che di giorno vanno attorno in figura umana, ma di notte pigliano la maschera di iena e danno di ogni giustizia. Io stesso fui varie volte ammonito dai miei servi arabi con premura di non isparare sulle iene, e mi vennero narrate spaventose storie sulla potenza degli spiriti infernali mascherati.”

Alfred Edmund Brehm (1829–1884) biologo e scrittore tedesco

Origine: La vita degli animali, Volume 1, Mammiferi, p. 500

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“Mi hanno detto che l'addomesticamento con i gatti è molto difficile.
Non è vero. Il mio mi ha addomesticato in un paio di giorni.”

Bill Dana (1924–2017) attore, comico, sceneggiatore

Origine: Citato in Alessandro Paronuzzi, José e Renzo Kollmann, Non dire gatto..., Àncora Editrice, Milano, 2004, p. 62. ISBN 88-514-0219-1

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“Due insieme! | Spirino i venti al sud, spirino i venti al nord, | e bianco spunti il giorno, nera la notte cali, | a casa, o fiumi e montagne lontano da casa, | sempre cantando, non badando al tempo, | mentre noi due insieme.”

Fuor della culla che perenne dondola, p. 324
Foglie d'erba, Relitti marini
Origine: Questa strofa viene letta nel film Non c'è due senza quattro (1984). «Soffino pure i venti del nord, | nasca il giorno o cali la notte, | a casa, o sui fiumi e montagne lontane, | cantando ed obliando il passare del tempo, | mentre noi due stiamo insieme.»

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“Non conto mai le sigarette che fumo ogni giorno, altrimenti mi innervosirei e fumerei di più.”

Zdeněk Zeman (1947) allenatore di calcio ceco

Origine: Da un'intervista; citato in Aiello Stefano, Zdenek Zeman: un allenatore senza frontiere e nel suo sito ufficiale http://www.zeman.org/zeman-pag.php?PagID=4.

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“Il giorno prima di lasciare San Francisco feci quattro passi per Market Street, dove m'imbattei in una botteguccia con la vetrina coperta da una tenda e un cartello che diceva: «Fatevi leggere la fortuna sulle mani e sulle carte. Un dollaro». Entrai, un po' imbarazzato, e mi trovai di fronte a una donna rubiconda sulla quarantina che uscì da una stanza interna masticando un boccone del pasto interrotto. Con aria noncurante m'indicò un tavolino addossato al muro opposto alla vetrina, e senza guardarmi disse: «Prego, si accomodi». Poi sedette davanti a me. I suoi modi erano bruschi. «Mescoli queste carte e tagli il mazzo tre volte, poi metta le mani sul tavolo col palmo in alto, per favore.» Voltò le carte e le sparse sul tavolo, le studiò, poi mi guardò le mani. «Lei sta pensando a un lungo viaggio, il che significa che presto lascerà gli Stati Uniti. Ma vi tornerà fra breve per dedicarsi a un'altra attività… diversa da quella che fa ora.» Qui la donna esitò e parve confondersi. «Be', è quasi la stessa, però è diversa. Vedo un enorme successo coronare questa nuova iniziativa; lei ha davanti a sé una carriera straordinaria, ma non so dirle quale sia.» Per la prima volta alzò lo sguardo su di me, poi mi prese la mano. «Oh sì, ecco tre matrimoni: i primi due non riusciranno, ma lei giungerà alla fine dei suoi giorni felicemente ammogliato e con tre figli.» (Qui sì che si sbagliava!) Poi tornò a studiarmi la mano. «Sì, farà una fortuna eccezionale, è una mano da soldi la sua.» Scrutandomi in viso, disse: «Morirà di broncopolmonite all'età di ottantadue anni. Un dollaro, prego. Ha qualche domanda da fare?».
«No» dissi ridendo «mi pare che basti.»”

Charlie Chaplin (1889–1977) attore, regista, sceneggiatore, compositore e produttore britannico

Origine: La mia autobiografia, pp. 155-156

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“Tutta la nostra politica, da molti anni a questa parte, ha avuto carattere eminentemente femminile. Lo stesso Risorgimento è stato operato in gran parte con l'astuzia, l'arrendevolezza, il doppio gioco: il virile vi ha avuto funzione episodica, ha dovuto vestire colori romantici per introdursi nella storia della liberazione italiana. […] E tutto il miserando tentativo di imposizione pseudosocialista, fu un episodio della femminilità alla riscossa: era una rivoluzione fatta di dispettosa iracondia anziché di maschia collera; e in fondo ad esso v'era un programma di dedizione e di asservimento. Sarebbe interessante esaminare tutta la storia d'Italia da questo punto di vista strettamente psicologico; cioè come sequela di battaglie della maschilità contro la femminilità, con alterne vittorie. Chi oggi volesse partecipare alle più vive lotte del giorno, dovrebbe tener conto di questo: che stiamo assistendo, soprattutto, al risollevarsi e riprendersi di tutta la virilità assopita e distratta nelle braccia della politica femmina che governò la guerra e i suoi primi risultamenti. Il parlamento è il risultato, e la personificazione, e il simbolo più pieno e preciso che possiamo immaginare, di tutti i caratteri della femmina-tipo che per tanto tempo ha dominato la nostra vita. E s'intende per parlamento qualche cosa che trascende ampiamente i confini di Montecitorio. Assisteremo al grottesco di una lotta tra lo Stato-femmina e la Nazione-maschio? Queste lotte di sessi qualche volta finiscono con un atto di fecondazione. Ma è da tener presente che nel caso nostro la femmina non è più atta a concepire.”

Massimo Bontempelli (1878–1960) scrittore, saggista e giornalista italiano

Origine: La donna del Nadir, pp. 239-240

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“Io penso che è tutto un destino nella vita, non è soltanto uno che corre in automobile; se uno deve morire, a un certo punto… se è il destino che deve morire quel giorno, muore sia se va a correre in automobile o che non vada a correre in automobile.”

Lorenzo Bandini (1935–1967) pilota automobilistico italiano

Origine: Da uno stralcio di un'intervista dal documentario Storia di Lorenzo Bandini. Video https://www.youtube.com/watch?v=nvtSR2rQT0o disponibile su Youtube.com.

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“Nessuno consegue i beni rapidamente, mentre ognuno è colpito dai mali giorno dopo giorno.”

Esopo (-620–-564 a.C.) scrittore e favolista greco

da I Beni e i Mali, 1
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“Che mai vi può essere di più bello dello scrivere e del leggere? e conoscer le cose del mondo antico, e parlare con coloro che nasceranno un giorno, e far nostro ogni tempo, e passato e futuro?”

Pier Paolo Vergerio il Vecchio (1370–1444) umanista e pedagogista italiano

De ingenuis moribus
Origine: Citato in Eugenio Garin, L'umanesimo italiano, Filosofia e vita civile nel Rinascimento, Edizione speciale per Il Giornale, Biblioteca Storica, Società Europea di Edizioni, p. 99. ISBN 771124883725

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“Il giorno del Big Bang non è lontano. Il denaro, nella sua estrema essenza, è futuro, rappresentazione del futuro, scommessa sul futuro, rilancio inesausto sul futuro, simulazione del futuro ad uso del presente. Se il futuro non è eterno ma ha una sua finitudine, noi, alla velocità cui stiamo andando proprio grazie al denaro, lo stiamo vertignosamente accorciando. Stiamo correndo a rotta di collo verso la nostra morte come specie. Se il futuro è infinito ed illimitato, lo abbiamo ipotecato fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. L'impressione infatti è che, per quanto veloci si vada, anzi propri in ragione di ciò, questo futuro orgiastico arretri costantemente davanti a noi. O forse, in un moto circolare, niciano, einsteniano, proprio del denaro, ci sta arrivando alle spalle gravido dell'immenso debito di cui lo abbiamo caricato. Se infine, come noi pensiamo, il futuro è un tempo inesistente, un parto della nostra mente, come lo è il denaro, allora abbiamo puntato la nostra esistenza su qualcosa che non c'è, sul niente, sul Nulla. In qualunque caso questo futuro, reale o immaginario che sia, dilatato a dimensioni mostruose e oniriche dalla nostra fantasia e dalla nostra follia, un giorno ci ricadrà addosso come drammatico presente. Quel giorno il denaro non ci sarà più. Perché non avremo più futuro, nemmeno da immaginare. Ce lo saremo divorato.”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Origine: Da Il denaro, sterco del demonio, Marsilio, 1998.

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“Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.”

cap. VIII
I promessi sposi

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“Eravamo finiti sul tappeto ai piedi del divano, e ancora resisteva, per un attimo ho avuto la sensazione d'essere vicino a una rivelazione, ma il suo volto era così acceso e straordinario, la sua bocca dischiusa nello sforzo di prender fiato, il corpo invitante di una sconosciuta posseduto con gli occhi all'alba, in quell'appartamentino popolare mentre il Fugazza saltava dai tetti, da non potermi chiedere grazia, anzi mi aiuta lei stessa a superare l'ultimo ostacolo, supina sul tappeto, ormai abbandonata, rassegnata a godere, felice di offrirsi come non s'è mai offerta, ti ha mai preso un uomo così? no, dice, nessuno; le braccia che di colpo mi rivendicano contro di sé; devi imparare ad obbedirgli quando ti cerca; sì, dice, imparerò; vergognosa di mostrarsi insanguinata alla luce del giorno, tutto il suo gran corpo sconfitto sotto di me, ormai sempre più partecipe, il campanello alla porta deve aver suonato, solo adesso lo sentiamo squillare di nuovo, limpidamente, mentre ci guardiamo sgomenti.
«Cosa fai, non apri?»
Un dito alle labbra mi fa segno di tacere, impudica scomposta incurante di come si mostra dopo avermi tanto resistito, una figura provocante che non avrei dimenticato, lo sguardo fisso all'anticamera nel timore di una chiave che sta girando nella serratura, strano che Pat non abbaiasse, deve averla lasciata in portineria prima di salire, un ultimo trillo del campanello le fa appena sbattere le ciglia, stringe con più forza la mano che era nella mia, finché un passo si allontana sul pianerottolo, rassegnato discende la scala.”

Origine: Notti e nebbie, p. 70-71

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“SOGNO DI EVELINA
– Addio?
Il treno si muoveva. Sembrava che quella di lei dovesse essere la cuccetta superiore, ma c'era una gran confusione su dove uno doveva dormire e con chi. Centinaia di uomini, donne, bambini, tutti i naufraghi di quel disgraziato esperimento, inclusi il signor Shawnessy, il "" perfessore "" e il Senatore si erano gettati alla caccia di un posto per dormire. Sembrava che quello fosse un grande esodo verso New York, proprio come il "" perfessore "" aveva detto nella sua lettera.
– Suppongo – disse il signor Shawnessy, aiutandola a salire nella sua cuccetta – col tempo tutto il processo sarà controllato alla meglio di adesso. Ma sembra che il controllore abbia perduto la lista dei viaggiatori.
In bianca camicia da notte, con i capelli sciolti, ella si afferrò alle sue mani.
– Ho aspettato con fede il tuo ritorno, mio signore.
Il treno rombava e gemeva passando come un proiettile lanciato a velocità pazzesca attraverso un paesaggio di prati, laghi, fiumi. Nel vagone semibuio e ondeggiante ella vide il viso amato e bellissimo e cercò di attrarlo nella cuccetta accanto a sé, ma c'era una gran confusione, perché scoprì che si trattava invece del viso del "" perfessore "", che guardava intensamente il suo, e il cui fiato sibilante si cambiò nel fischio del treno, un melanconico suono di dolore e d'addio, di rinuncia, di femminile sconfitta e di ricordo dei giorni scomparsi e dei giardini sfioriti che una volta erano stati colmi d'estate… Addio…”

Ross Lockridge (1914–1948)

Origine: L'albero della vita, p. 59

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“Non basta mandare i figli a scuola, bisogna accompagnarli sulla via degli studi, bisogna costruire giorno per giorno in essi la consapevolezza che a scuola si va non per conquistare un titolo, ma per prepararsi alla vita.”

Giovanni Leone (1908–2001) 6º Presidente della Repubblica Italiana

Origine: Dal Messaggio del Presidente della Repubblica per l'inizio dell'anno scolastico; riportato in Quirinale.it http://presidenti.quirinale.it/Leone/documenti/leo_disc_scuola_73.htm.

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“Un giorno d'improvviso m'apparve l'idea, che l'eco stava alla mia voce come l'immagine nello specchio alla mia persona visibile.”

Massimo Bontempelli (1878–1960) scrittore, saggista e giornalista italiano

da Mia vita morte e miracoli, in Racconti e romanzi, a cura di P. Masino, Mondadori, Milano, 1961, p. 931.

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