Frasi su marito
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“Ho sempre pensato che nessun lutto fosse pari a quello di un marito o di una moglie, ma io sento difficile credere che ve ne sia uno più grande, o un dolore più grande, del mio.”

John Henry Newman (1801–1890) teologo e filosofo inglese

Origine: Newman si riferisce alla morte di padre Ambrose St John, suo collaboratore e grande amico al punto che, per volontà di Newman, sono stati sepolti insieme. Questo particolare ha fatto pensare ad alcuni all'esistenza di una relazione omosessuale fra i due.

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“L'avete voluto, l'avete voluto, Giorgio Dandin, l'avete voluto!”

Molière (1622–1673) commediografo e attore teatrale francese

da George Dandin o il marito confuso, I, 7

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“Se piú che crini avesse occhi il marito, | non potria far che non fosse tradito.”

canto XXVIII, ottava LXXII, versi 7-8
Orlando furioso

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“La bellezza può essere trascurata, ma il denaro, quando si vuol trovare marito, è il mezzo infallibile!”

Lope De Vega (1562–1635) poeta, drammaturgo

Atto I, Scena Decima
San Giacomo il Verde

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“Il marito ideale rimane celibe.”

Oscar Wilde (1854–1900) poeta, aforista e scrittore irlandese
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“La freddezza inalterabile, il crudele piacere della vendetta finiscono per muovere il nostro sdegno; tanto che per avere un marito servo, l'insulso scioglimento ci soddisfa poco o punto.”

Johann Wolfgang von Goethe (1749–1832) drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e…

Varie
Origine: Citato in Gerolamo Bottoni, prefazione a Carlo Goldoni, La locandiera, Carlo Signorelli Editore, Milano, 1934.

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“L'omicidio, come tutti possono osservare leggendo le storie recenti e i giornali di ogni mattina, è sempre più fiorente tra i popoli di razza bianca. Qualunque motivo o pretesto è buono per sopprimere i nostri simili: la gelosia o la politica, la vendetta o il lucro, la punizione dei delinquenti o l'amore non corrisposto, la speranza di un premio o l'accecamento del furore, l'assillo del guadagno sognato o il sadismo sessuale, senza contare le carneficine di massa delle insurrezioni, delle fucilazioni e delle invasioni e neppure quegli omicidi gratuiti e perfetti venuti di moda attraverso la letteratura europea negli ultimi decenni.
Si vedono ogni giorno innamorati che uccidono le amanti, mogli che uccidono i mariti, mariti che uccidono le mogli, padre che uccidono i figli, figli che uccidono i genitori, fratelli che ammazzano i fratelli, ladri che ammazzano i derubati, criminali che sopprimono i polizziotti, polizziotti che sopprimono i criminali e perfino fanciulli e adolescenti che per gioco o per gola di pochi soldi strangolano e sgozzano i loro coetanei. Gli stati non sono meno risolutamente omicidi dei cittadini che li compomgono: le guerre di sterminio sono ancora frequenti e in quasi tutti i paesi cristiani i codici ammettono solennemante il diritto di contravvenire a uno dei più antichi e perentori comandamenti di Dio. Anche ai tempi nostri come in quelli delle «Soirées de St. Petersbourg» di Giuseppe de Maistre c'è sulla terra un perenne «ruissellement de sang.»”

pagg. 92-93
La spia del mondo, I figli del quinto giorno

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“Più noi amiamo e meno dobbiam lasciar scorgere a un uomo, soprattutto al marito, l'intensità del nostro affetto. Chi ama di più diventa schiavo e, peggio, è abbandonato presto o tardi.”

Honoré De Balzac (1799–1850) scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

Origine: All'insegna del gatto che gioca alla palla, p. 99

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“La donna è spesso il punto debole del marito.”

James Joyce (1882–1941) scrittore, poeta e drammaturgo irlandese

Origine: Citato in Elena Spagnol, Citazioni, Garzanti, 2003.

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“Bellezza (s. f.). Il mezzo con cui una donna conquista l'amante e terrorizza il marito.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 37
Dizionario del diavolo

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“Quanti s'occupano di nozze che non furono fissate
faticano invano: bisogna che per un marito
colei che è migliore ed irreprensibile venga in casa.”

Euripide (-480–-406 a.C.) tragediografo ateniese

frammento 501
Frammenti di alcune opere, Melanippe incatenata

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“I mariti sono come il fuoco. Si estinguono appena non li tieni sotto controllo.”

Zsa Zsa Gabor (1917–2016) attrice ungherese naturalizzata statunitense

citato su Newsweek, New York, 28 marzo 1960

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“Quanti mariti ho avuto? Miei o delle altre?”

Zsa Zsa Gabor (1917–2016) attrice ungherese naturalizzata statunitense

Origine: Citato in Gino e Michele, Matteo Molinari, Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano, Arnoldo Mondadori Editore, 1997.

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“Posso fidarmi del fatto che mio marito non si addormenta in pubblico, di solito applaude nei momenti giusti.”

Margaret Thatcher (1925–2013) primo ministro del Regno Unito

Variante: Posso fidarmi del fatto che mio marito non si addormenta su una piattaforma pubblica, di solito applaude nei momenti giusti.
Origine: Citato nell' articolo del sole24ore n°152928 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-08/ecco-frasi-celebri-margaret-152928.shtml

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“[su Margherita di Valois] La giovane sposa, figlia di Enrico II, era la perla della co­rona di Francia, Margherita di Valois, che con affettuosa fa­miliarità il re Carlo IX chiamava sempre mia sorella Margot. Certo, accoglienze tanto lusinghiere non erano mai state più meritate di quelle che si facevano in quel momento alla nuova regina di Navarra. Margherita a quel tempo aveva appena vent'anni, e già era oggetto delle lodi di tutti i poeti che la paragonavano alcuni all'Aurora altri a Venere citerea. Era in realtà la bellezza senza rivali di quella Corte nella quale Ca­terina de' Medici aveva riunito, per farne le proprie sirene, le più belle donne che aveva potuto trovare. La giovane sposa aveva i capelli neri, il colorito brillante, gli occhi voluttuosi velati da lunghe ciglia, la bocca rossa e fine, il collo elegante, il corpo tornito e snello e, perduto in una pianella di seta, un piede di bambina. I francesi cui apparteneva, erano fieri di vedere sbocciare nella loro terra un così splendido fiore e gli stranieri di passaggio per la Francia ripartivano abbagliati dalla sua bellezza se l'avevan soltanto vista, storditi dalla sua cultura se avevano parlato con lei. Certo è che Margherita era non soltanto la più bella, ma anche la più colta delle don­ne del suo tempo; si citava la frase di un dotto italiano che le era stato presentato e dopo aver parlato con lei un'ora in ita­liano, in spagnolo, in latino e in greco, l'aveva lasciata dicen­do nel suo entusiasmo:
«Vedere la Corte senza vedere Margherita è non vedere né la Francia, né la Corte».
Così i panegirici non mancarono al re Carlo IX e alla gio­vane regina di Navarra; si sa quanto gli ugonotti siano fecon­di. Inevitabilmente, allusioni al passato e domande per l'av­venire furono accortamente insinuate in mezzo a quegli indi­rizzi al re; ma a tutte le allusioni egli rispondeva con le sue labbra pallide e il suo sorriso astuto:
«Nel dare mia sorella Margot a Enrico di Navarra, io do il mio cuore a tutti i protestanti del regno».
La frase rassicurava gli uni e faceva sorridere gli altri poi­ché aveva in realtà due sensi: uno paterno e del quale in buo­na coscienza Carlo IX non voleva sovraccaricare il suo pen­siero; l'altro ingiurioso per la sposa, per il marito e anche per chi lo pronunciava, poiché ricordava alcuni sordi scandali con i quali la cronaca di Corte aveva già trovato il modo di lordare la veste nuziale di Margherita di Valois.”

Alexandre Dumas (padre) (1802–1870) scrittore francese

pp. 26-27

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“[sessi/>] Le donne mi ringraziano ancora oggi per aver aumentato la loro autostima. Molte trovarono il coraggio di chiedere quello che non avevano mai chiesto prima. Nel '73 una donna negli States non poteva neppure avere una carta di credito senza la firma del marito o del padre.”

Billie Jean King (1943) tennista statunitense

Origine: Citato in Ubaldo Scanagatta, Billie Jean King, con lei il tennis diventò donna http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2012/09/20/775122-billie_jean_king_tennis_divento_donna.shtml, Ubitennis.com, 22 settembre 2012.

“[Il Monti nella Proposta dètte al Perticari dell' ingegno divino, sul che il Torti fece le seguenti osservazioni] Fino a qual punto avete potuto così obbliare voi stesso, e tutte le regole di ciò che conviene? Ma v'è anche di più. Egli è il suocero di Giulio, siete ancora voi stesso che avete stampato in faccia al pubblico, e col vostro nome le precise parole che si leggono alla pagina CXX, con cui lo dichiarate un'uomo divino; quel divino ingegno del Perticari. Una tale espressione, indecente nella vostra bocca, quando non fosse ridicola in quella d'ogni altro equivale, esattamente a questa: il divino marito di mia figlia. Qual rispetto dovrà il pubblico al domestico diploma di divinità spedito dal suocero al proprio genero? Siete voi che scrivete così? Quando Alessandro partecipò ad Olimpia sua madre, che egli era stato fatto già Dio ed acclamato per fìglio di Giove, quella buona regina benché donna, e madre tenera ebbe pietà della follìa di suo figlio, e si burlò di quella ridicola apoteosi. Non dimeno il gran Macedone era il conquistatore della terra; cento popoli vinti adoravano il suo nome; era il mondo attonito che ardeva gl'incensi avanti alla sua immagine. Ma mostrateci i titoli luminosi, le conquiste, i trofei letterari che hanno divinizzato il vostro piccolo Giulio?”

Francesco Torti (1763–1842) critico letterario italiano

Origine: Dante rivendicato: Lettera al sig. Cavalier Monti, p. 146

“Quando due persone si sposano diventano agli occhi della legge una sola persona, e quest'unica persona è il marito!”

Shana Alexander (1925–2005) giornalista

da State-by-State Guide to Women's Legal Rights, McGraw-Hill, New York, 1975

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“…più che per le avventure con le donnine, la baronessa Jenny von Westphalen soffriva per il legame del marito con l'altro padre del comunismo…”

Françoise Giroud (1916–2003) giornalista, politica e scrittrice francese

In Jenny Marx o la moglie del diavolo, Rizzoli, 1993

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“La donna fedele comanda ubbidendo al marito!”
Casta ad virum matrona parendo imperat.

Publilio Siro scrittore e drammaturgo romano

Sententiae

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“Lei sarà mia moglie, ma in compenso io sarò suo marito, e questo mi consola.”

Pierre de Marivaux (1688–1763) drammaturgo e scrittore francese

citato in Focus n. 79, p. 184

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“[La vicenda biografia di Macalda Scaletta] Della vita di que' baroni ci è saggio la storia di Macalda di Scaletta. Vedova di un Guglielmo d'Amico, esigliato al tempo degli Svevi, era andata profuga in abito di frate Minore, stette a Napoli, a Messina, e da Carlo d'Angiò ricuperò i beni confiscati al marito. Sposatasi ad Alaimo di Lentini, uno de' più fervorosi nel Vespro, tradì i Francesi che a lei, come beneficata da Carlo, rifuggiavano in Catania, della qual città suo marito fu fatto governatore. Quand'egli andò alla guerra di Messina, essa ne tenne le veci; e sui quarant'anni, pure ancor bella, generosa net donare, vestiva piastre e maglie; e con una mazza d'argento alla mano, emulava i cavalieri ne' cimenti guerreschi. Di sua onestà chi bene disse, chi ogni male. Aspirò agli amori di re Pietro, lo accompagnò, gli chiese ricovero; ma egli non volle comprenderla, di che essa pensò vendicarsi.
Alaimo fu poi fatto maestro giustiziere, e valse a reprimere i molti che reluttavano alla nuova dominazione, e acquistò tal reputazione che eccitò la gelosia dell'infante don Giacomo. La crescevano i superbi portamenti di Macalda, la quale tenevasi alta fin con Costanza, e non volea dirle regina, ma solo madre di don Giacomo; se compariva alla Corte, era per isfoggiare abiti e gioie. Contro ogni decenza, volle in un convento passar la gravidanza e il parto, sol per godere l'amenità del luogo : Costanza fu a visitarla, e n'ebbe accoglienze sgarbate; offri di levar al battesimo il neonato, e Macalda rispose non voler esporlo a quel bagno freddo, poi tre giorni appresso vel fece tenere da popolani. Costanza, mal in salute, si fece portare in lettiga da Palermo al duomo di Monreale; e Macalda essa pure, per le strade della città e fin a Nicosia in lettiga coperta di scarlatto, di che fu un gran mormorare. Re Giacomo viaggiava con trenta cavalli di scorta; e Macalda con trecento, e volea far da giustiziere, e apponeva a re Pietro di avere mal compensato coloro, che del resto l'aveano domandato compagno e non re.
Alaimo condiscendeva alla moglie, e dicono le giurasse non dar mai consigli a danno de' Francesi, anzi procurarle il ritorno in Sicilia. Se il facesse noi sappiamo; certo i re aragonesi gli si avversarono, fors'anche per la solita ingratitudine a chi più beneficò. Giacomo finge spedire Alaimo in gran diligenza a suo padre in Catalogna per sollecitarne ajuti : Alaimo va, è accolto con ogni maniera di cortesia; ma appena egli partì, la plebe di Messina, sollecitata dal Loria, lo grida traditore, affollasi alla sua casa ad ammazzare i Francesi prigionieri di guerra che vi tenea, e così quelli che stavano nelle carceri e che egli aveva salvati. Macalda accorse per sostenere i suoi fautori, ma vide il marito dichiarato fellone e confiscatigli i beni, Matteo Scaletta fratello di lei, decapitato; ella stessa chiusa in un castello, forse vi lini la vita. Alaimo, dopo alquanti anni, fu rimandato verso la Sicilia, e come fu in vista della patria isola, buttato in mare.”

Cesare Cantù (1804–1895) storico, letterato e politico italiano

Vol. IV, cap. CII, p. 177
Storia degli Italiani

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“Se Marilyn è innamorata di mio marito [Yves Montand], ciò prova che ha buon gusto. Anch'io ne sono innamorata.”

Simone Signoret (1921–1985) attrice francese

citata in Mike Evans, Marilyn, p. 328

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“Avevo lasciato questo pianeta, abbandonando i poveri terrestri alle loro occupazioni tanto molteplici quanto inutili; finalmente vivevo nello splendore scintillante delle stelle, che mi apparivano grandi come milioni di soli! In altre occasioni non ero riuscito ad ottenere quel tipo di illuminazione per le scene delle mie opere: nel grande teatro dell'Opéra i fondali troppo spesso rimangono in ombra. Ormai non dovevo più rispondere alle lettere, avevo detto addio alle prime rappresentazioni, alle discussioni letterarie e a tutto ciò che vi si mescolava.
Niente giornali, niente cene, niente notti agitate!
Ah! se avessi potuto consigliare ai miei amici di raggiungermi dove mi trovavo. Non avrei esitato a chiamarli a me. Ma l'avrebbero fatto?
Prima di ritirarmi in questo soggiorno lontano avevo scritto le mie ultime volontà (un marito infelice avrebbe approfittato di questa occasione testamentaria per scrivere con voluttà «Le Mie Prime Volontà»). Avevo soprattutto espresso il desiderio di essere inumato a Egreville, vicino alla dimora familiare nella quale avevo vissuto per tanto tempo. Oh! Il buon cimitero! In aperta campagna: in un silenzio che si conviene a coloro che vi abitano.
Avevo evitato che si evitasse di appendere alla mia porta quelle tende nere, fatte apposta per i clienti. Desideravo che una vettura anonima mi facesse lasciare Parigi. Il viaggio, secondo le mie volontà, aveva avuto luogo alle otto di mattina. Un paio di giornali della sera ritennero di dover informare i loro lettori della mia morte.
Alcuni amici – ne avevo ancora la sera prima – andarono ad informarsi dal mio portinaio se la notizia era vera, e lui rispose: «Ahimè! Monsieur è partito senza lasciare indirizzo.» E la sua risposta era vera, perché non sapeva dove mi portasse quella macchina.
All'ora di pranzo, alcuni conoscenti mi fecero l'onore di condolersi; nel pomeriggio si parlò dell'avvenimento addirittura nei teatri, qua e là:
«– Adesso che è morto non lo eseguiranno più così spesso, vero?
«– Sapete che ha lasciato un'opera inedita? Ma non smetterà mai di togliere il lavoro alla gente?
«– Io, parola mia, gli volevo bene! Nelle sue opere avevo sempre dei grossi successi!
Ed era una bella voce di donna a dire quest'ultima frase.
Dal mio editore, piangevano: mi volevano tanto bene!
A casa mia, Rue de Vaugirard, mia moglie e mia figlia, i miei nipoti i miei bisnipoti erano riuniti: e nei singhiozzi quasi provavano una consolazione.
La mia famiglia doveva arrivare a Egreville la sera stessa del mio seppellimento.
E la mia anima (l'anima sopravvive al corpo) sentiva venire tutti questi rumori dalla città che avevo abbandonata. Man mano che la macchina me ne allontanava, le parole, i rumori, si confondevano, e io sapevo, visto che mi ero fatto costruire da parecchio tempo la tomba, che la fatal pietra, una volta sigillata, sarebbe diventata nel giro di poche ore la porta dell'oblio.”

Jules Massenet (1842–1912) compositore francese

da Epilogo in cielo, l'Echo de Paris, 11 luglio 1912; citato nell'epilogo a Don Quichotte, prefazione di Piero Faggioni, Stagione Lirica 1985-86, E. A. Teatro San Carlo, Napoli 1985, p. 84

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“Il re Pietro, risaputa in Randazzo la partenza dell'esercito francese, andò a Milazzo, costrinse quel presidio ad arrendersi, e di là mosse verso Messina. Era con lui Macalda di Scaletta, seconda moglie di Alaimo di Lentini. Ell'era vedova di un conte Guglielmo d'Amico, esule al tempo degli Svevi : avea vagato per diversi paesi in veste di frate minore : poi soggiornò in Napoli ed in Messina con non buona riputazione di onestà; riebbe da Carlo i beni che l'erano stati confiscati, e si rimaritò con Alaimo. Nel vespro stando in Catania, tradì i Francesi, che a lei eransi affidati, tolse loro le robe e li consegnò al popolo; ed ella governò quella città in nome del marito occupato nella guerra di Messina. Macalda si presentò a re Pietro in Randazzo: andava coperta di piastre e di maglie di ferro, portava in mano una grossa mazza di argento; ed avvegnaché toccasse già i quarantanni, nondimeno, come scrisse il D'Esclot «ella era molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo, larga nel donare, e, quando ne era luogo e tempo, valea nell'arme al pari di un cavaliero». Il re l'accolse con molta cortesia, la ricondusse egli stesso all'albergo, ma i desiderj della donna o non intese, o dissimulò. Giunti a Santa Lucia, sulla via da Milazzo a Messina, Macalda viene al re, dice non aver trovato ove passar la notte, gli chiede voglia albergarla. Il re le cede le sue stanze e si ritira in altro luogo. Lo siegue Macalda; ed allora il re chiama i suoi cavalieri, s'intrattiene in discorsi senza costrutto, come suole chi annoiasi o voglia prender tempo, e da ultimo si addormenta; offesa che risentì profondamente Macalda, la quale più tardi, per vendicarsene, rovinò sé ed il marito, come a suo luogo sarà discorso.”

Giuseppe La Farina (1815–1863) patriota e scrittore italiano

Vol VI: 1250-1314, Cap. XLVII – Continuazione delle cose di Sicilia, p. 274
Storia d'Italia narrata al popolo italiano
Origine: Cronaca Catalana, c. 96
Origine: l D'Esclot, che in tutto il racconto si mostra favorevole a Macalda, dice : Quando la donna vide il re, ne rimase innamorata come di colui ch'era valente e piacevole signore, non già per cattiva intenzione». Ma Bartolommeo di Neocastro concittadino di Macalda la descrive come una Messalina.

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“Anna Pannocchia: Mio marito è cieco!
Padre Maronno [infilandole le dita negli occhi]: Ora siete accomunati…”

Marcello Macchia (1978) comico italiano

Padre Maronno – L'ispettore Catiponda – L'Ispettore Santo Maroponda, Prima puntata

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“[…] al posto delle elette gentildonne favolatrici, Pampinea, Fiammetta, Neifile, qui troviamo Zeza sciancata, Cecca storta, Meneca gozzuta, Tolla nasuta, Popa gobba, Antonella bavosa, Ciulla musuta, Paola scerpellata, Ciommetella tignosa e Iacova squarquoia: un vero e proprio congresso di lamie. È vero che costoro, scelte dal re di Vallepelosa come le migliori della città, essendo le più svelte e linguacciute, favoleggiano nei giardini reali. Ma che giardini reali son questi! Invece di alberi solenni, una semplice pergola d'uva: il giardino reale si riduce alle proporzioni d'un modesto orto suburbano. E che re son quelli dei «cunti» del Basile! Che cosa inventa uno di essi per distrarre la figlia che non sapeva ridere? Niente di meglio che schizzare con una fontana d'olio le persone che passano dinanzi alla reggia. Trovata allegra degna di quello che doveva essere un re napoletano, il re Lazzarone, che per mettere il buonumore addosso alla delicata sua sposa, le toglieva di sotto la sedia facendola cadere. (Il che dimostra che Ferdinando I fu un prodotto inevitabile di quello stesso ambiente che produsse le fiabe del Basile.) Un altro re deve abitare in un ben curioso palazzo, se non può fare uno sbadiglio senza irritare due vecchiacce che vivono in un giardino su cui guardano le sue finestre. Un altro se ne sta affacciato alla finestra per trovar marito alla figlia; e v'è un principe che rapisce la bella non già su un cavallo alato, ma su un modesto asino, e ve n'è un altro che fa alle sassate coi monelli di strada.”

Mario Praz (1896–1982) critico d'arte, critico letterario e saggista italiano

da Il «Cunto de li cunti» di G.B.Basile, p. 170
Bellezza e bizzarria

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