Frasi su indomani

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema indomani, giorno, stato, tre-giorni.

Frasi su indomani

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“La verità è che sposarmi non mi interessa: non ho grande considerazione per il matrimonio e neanche penso sia garanzia di durata di un rapporto. È solo un contratto che già l'indomani puoi sciogliere. Preferisco convivere nel peccato, grazie.”

Aldo Montano (1978) schermidore italiano

Origine: Citato in Montano: "La Pellegrini? A Londra un po' stronzetta" http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Altri_Sport/Scherma/21-08-2012/montano-la-pellegrini-londra-po-stronzetta-912323460599.shtml, Gazzetta.it, 21 agosto 2012.

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“[Sulla battaglia di Maida] […] il primo giugno, una squadra inglese venne a gettare l'ancora nel golfo di Eufemia per sbarcare sulla spiaggia, fra la foce del Lamato e quella dell'Angitola, un contingente di seimila soldati britannici comandati da sir John Stuart, nonché alcuni personaggi atti a capeggiare una insurrezione popolare nel paese. Era allora di stanza a Nicastro una compagnia di polacchi al comando del capitano Laskowsky. Essa si portò sulla riva insieme a un corpo di volontari a cavallo formato dai giovani della nobiltà cittadina, che, come già nel 1799, aveva abbracciato la causa dei francesi. Ma dopo un breve combattimento la piccola formazione dovette ripiegare su Maida, dove il generale Reynier stava raccogliendo in tutta fretta le forze francesi più vicine. Subito la plebe di Nicastro prese le armi e risollevò la bandiera dei Borboni, mise a sacco le case dei nobili sostenitori del re Giuseppe e sgozzò i soldati francesi malati che gremivano l'ospedale civile. «Nella città di Nicastro» scriveva qualche giorno dopo Giuseppe a Napoleone, «il comandante delle guardie d'onore è stato accecato e poi crocifisso; era un principe che mi aveva accolto in casa sua». La sera del 3 il generale Reynier, scorgendo Nicastro illuminata dal balcone della casa da lui occupata a Maida, disse agli ufficiali del suo stato maggiore: «Domani batteremo gli inglesi e dopodomani bruceremo Nicastro». […] Reynier disponeva solo di 4.000 uomini. Tutto gli imponeva di attendere gli inglesi nella posizione eccezionalmente forte di Maida, da dove difficilmente lo avrebbero potuto scacciare. Ma egli credette che anche dei britannici, come già dei napoletani, sarebbe venuto a capo con facilità. Commise perciò l'errore, enorme, di scendere in pianura per attaccare in campo loro le forze di sir John Stuart, superiori di numero, e per giunta appoggiate dall'artiglieria della flotta. Lo scontro ebbe luogo il 4 luglio; esso fu breve e terminò con la disfatta delle nostre truppe. In questa occasione, come in quasi tutte le battaglie che ebbero luogo in quello stesso periodo tra le due nazioni, il sangue freddo e la precisione di tiro degli inglesi fermarono nettamente l'impeto dei francesi e inflissero loro perdite enormi rispetto al numero degli arruolati. Era la prima volta, da lunghissimo tempo, che i francesi subivano una sconfitta per terra. Sir John Stuart ne fu tanto orgoglioso che arrivò ad insultare i vinti. «Mai» disse nel suo rapporto, «la vanità del nostro presuntuoso nemico è stata più duramente mortificata, mai la superiorità delle truppe britanniche più gloriosamente provata come negli avvenimenti di questa giornata memorabile». Sebbene da entrambe le parti pochissime fossero le truppe schierate, la battaglia ebbe conseguenze rilevanti. I francesi perdettero per qualche tempo tutta la Calabria. Il generale Reynier fu costretto a ritirarsi in disordine per la vallata del Lamato su Catanzaro, che raggiunse con molta fatica l'indomani.
Fortunatamente, per lui, gli inglesi non pensarono ad inseguirlo. Di lì a qualche giorno, pago del suo successo, sir John Stuart fece nuovamente imbarcare i suoi uomini, dopo aver calato a terra il materiale necessario ad armare una insurrezione calabrese, a capo della fu designato il maggiore Gualtieri, soprannominato Pane di Grano.”

François Lenormant (1837–1883) assiriologo e numismatico francese

citato in Viaggiatori stranieri nel Sud, a cura di Atanasio Mozzillo, Saggi di cultura contemporanea, 1982, Edizioni di Comunità, Milano, p. 288

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“Se pensi ad una cosa alle tre del mattino e poi ci ripensi l'indomani a mezzogiorno, arrivi a conclusioni diverse.”

Charles M. Schulz (1922–2000) fumettista statunitense

fumetto Striscia ‘Charlie Brown’

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“La grande riputazione acquistatasi da Alaimo non potea non destar sospetti nell' animo dell' infante don Giacomo, precoce mirabilmente nella cattiveria, ed al quale bene appropriava il Muntaner il proverbio catalano: «Spina non punge se non nasce acuta (2)». Certamente contribuiva a renderlo sgradito all' infante e alla corte la superbia della moglie Macalda, la quale pare che molto potesse sull' oramai vecchio marito. Ella niegava di dare a Costanza il nome di regina; chiamavala «la madre di don Giacomo». In corte non andava quasi mai, o se qualche volta mostravasi era per fare sfoggio de' suoi vestiti di porpora e de' suoi ricchi adornamenti (3). Essendo incinta, come maggiore ad ogni legge, volle far soggiorno nel convento de Frati minori, che piacevale per l'amenità del luogo, e quivi partorì. Costanza andò a visitarla e fa sgarbatamenie ricevuta: si profferì col figlio a tenere al fonte battesimale il fanciullo: rispose la madre che temea il freddo dell' acqua gli nuocesse così piccino; e tre dì dopo lo fece battezzare dandolo a tenere ad uomini del popolo. Un' altra volta fu notato, che essendosi la regina, perché inferma, fatta portare su di una barella da Palermo al santuario di Morreale, l'indomani Macalda, ne inferma ne per cagione di divozione, si fece portare per le vie di Palermo in barella coperta di scarlatto, e di poi viaggiò in quella guisa da quella città fino a Nicosia, il che parve strana e superba cosa in quei tempi. Spiacque anco molto in corte, che viaggiando per l'isola 1 infante don Giacomo con iscorta di trenta cavalli, ella, che volle accompagnarlo, ne menasse seco trecento, e si arrogasse l'autorità di maestro giustiziere, ufficio stato conceduto al marito. Ne le parole raffrenava, e sappiamo che un dì disse al Loria, uomo alla corte devotissimo, e dell'autorità e fama di Alaimo invido e nemico: «Bel compenso ci rende il vostro re don Pietro! Noi lo chiamammo compagno e non re, ed egli, assumendo il dominio del regno, noi che siamo compagni tratta come servi (d)». Aggiungono gli storici a questi fatti palesi e certi altri oscuri e forse finti, cioè che Macalda facesse giurare il marito non darebbe consigli contro i Francesi, procurerebbe il loro ritorno in Sicilia (2). Queste femminili vanità ed intemperanze, se non cagionarono, sollecitarono la rovina di Alaimo, il quale avendo molto contribuito ad assicurare la corona di Sicilia a' reali di Aragona, dovea da costoro essere odiato, perché somiglianti beneficj si pagan sempre colla ingratitudine. Giacomo raduna segretamente in Trapani tutti i suoi fedeli e tutti i Catalani eh' erano ne' dintorni. Quivi egli chiama a sé Alaimo, gli espone i pericoli del regno se il padre non mandi solleciti aiuti : egli solo potrebbe ottener tutto: vada in Catalogna; le galere sono nel porto apparecchiate: salvi alla patria la libertà e al re la corona. Allora tutti i cortigiani circondano Alaimo, e lo priegano con grave istanza e lo sollecitano a partirsi. È li fissa in viso, comprende il suo stato, non vede scampo, risponde che andrà, e nel medesimo dì monta in nave e naviga verso Barcellona, ove Pietro lo accoglie onorevolmente, loda, promette e lo ritiene seco con segni di affetto non sì bene simulati che Alaimo dell' infingimento non s'accorgesse (4).”

Giuseppe La Farina (1815–1863) patriota e scrittore italiano

Vol VI: 1250-1314, Cap. LV Della rovina di Alaimo di Lentini e di sua moglie Macalda, pp. 303-304
Storia d'Italia narrata al popolo italiano

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“La rassegnazione della vigilia ha sempre preparato quella dell'indomani.”

Honoré De Balzac (1799–1850) scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

Il giglio della valle

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“Raccoglieva le sue lacrime in ditali per dargliele da bere l'indomani mattina”

Jonathan Safran Foer (1977) scrittore statunitense

l'unico modo per vincere la tristezza è consumarla, diceva.

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“[A proposito del terremoto di Sendai del 2011] Mons. Orazio Mazzella, (1860-1939) arcivescovo di Rossano Calabro, all'indomani della tragedia fece una serie di riflessioni che vi riassumo (La provvidenza di Dio, l'efficacia della preghiera, la carità cattolica ed il terremoto del 28 di Dicembre 1908: cenni apologetici, Desclée e C., Roma 1909).
In primo luogo le grandi catastrofi sono una voce terribile ma paterna della bontà di Dio, che ci scuote e ci richiama col pensiero ai nostri grandi destini, al fine ultimo della nostra vita, che è immortale.
Infatti se la terra non avesse pericoli, dolori, catastrofi, eserciterebbe sopra di noi un fascino irresistibile, non ci accorgeremmo che essa è un luogo d'esilio, e dimenticheremmo troppo facilmente, che noi siamo cittadini del cielo. […]
In secondo luogo, osserva l'arcivescovo di Rossano Calabro, le catastrofi sono talora esigenza della Giustizia di Dio, della quale sono giusti castighi.
Alla colpa del peccato originale si aggiungono infatti, nella nostra vita, le nostre colpe personali; nessuno di noi è immune dal peccato e può dirsi innocente e le nostre colpe possono essere personali o collettive: possono essere le colpe di un singolo o quelle di un popolo: ma mentre Dio premia o castiga i singoli nell'eternità è sulla terra che premia o castiga le nazioni, perché le nazioni non hanno vita eterna, hanno un orizzonte terreno. […]
Terzo punto infine: le grandi catastrofi sono spesso una benevola manifestazione della misericordia di Dio.
Abbiamo detto infatti che nessuno, mettendosi la mano sulla coscienza, potrebbe dare a se stesso un certificato d'innocenza. Un giorno, quando il velo, che copre l'opera della Provvidenza, sarà sollevato, ed alla luce di Dio vedremo ciò che Egli avrà operato ne' popoli e nelle anime, ci accorgeremo che per molte di quelle vittime, che compiangiamo oggi, il terremoto è stato un battesimo di sofferenza che ha purificato la loro anima da tutte le macchie, anche le più lievi, e grazie a questa morte tragica la loro anima è volata al cielo prima del tempo perché Dio ha voluto risparmiarle un triste avvenire. […]
Le grandi catastrofi sono certamente un male, però non sono un male assoluto, ma un male relativo, dal quale sorgono beni di ordine superiore e più universali. La luce della fede ci insegna che le grandi catastrofi, o sono un richiamo paterno della bontà di Dio, o sono esigenze della divina giustizia, che infligge un castigo meritato, o sono un tratto della divina misericordia, che purifica le vittime aprendo loro le porte del Cielo. Perché il Cielo è il nostro destino eterno.”

Roberto de Mattei (1948) storico italiano

da Riflessioni sul mistero del male – Intervento del prof. Roberto de Mattei a Radio Maria del 16 marzo 2011; citato in Corrispondenza Romana http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1560:intervento-del-prof-roberto-de-mattei-a-radio-maria-del-16-marzo-2011&catid=138:varie&Itemid=55=, 25 marzo 2011

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“I primi accesi indipendentisti furono quei partigiani che, all'indomani del 25 aprile, si accorsero che a Roma non era cambiato proprio niente e vennero immediatamente repressi.”

Mario Borghezio (1947) politico italiano

dallo spezzone di un'intervista di Repubblica.it del 26/12/2011 visibile http://www.youtube.com/watch?v=RosLlzQt0jo&feature=g-all-u&context=G2de0e48FAAAAAAAAAAA su youtube al minuto 4:31

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“Quella che oggi è una bugia l'indomani per qualcuno evolverà e sarà verità.”

L'Aura (1984) cantautrice italiana

da Basta!, n. 1
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“[all'indomani della morte di Enzo Biagi] Al di là delle vicende che ci hanno qualche volta diviso rendo omaggio ad uno dei protagonisti del giornalismo italiano cui sono stato per lungo tempo legato da un rapporto di cordialità che nasceva dalla stima.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2007
Origine: Citato in L'addio a un testimone del secolo http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/biagi-grave/biagi-reazioni/biagi-reazioni.html, Repubblica.it, 6 novembre 2007.

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“La Dichiarazione universale, che fu scritta all'indomani della Seconda guerra mondiale, in un clima di distruzione totale e di massima povertà, riflette le aspirazioni dell'umanità verso il futuro di prosperità, di dignità e di coesistenza pacifica.”

Ban Ki-moon (1944) 8º segretario generale delle Nazioni Unite

Origine: Dal discorso per il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, New York, dicembre 2008.

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“Quando all'indomani di molti balli, tutti i danzatori sono spariti, resta nei saloni più di quello che ci si era messo: aria.”

Xavier Forneret (1809–1884) poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo

Citato in Dictionnaire des citations, sous la direction de Robert Carlier, Jean-Louis Lalanne, Pierre Josserand e Samuel S. de Sacy, Citato in Le petit philosophe de poche, Textes réunis par Gabriel Pomerand

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“Il Corriere è quella cosa | Che ci scrive alfin Borgese; | Tu lo mandi a quel paese | Ma risorte l'indoman.”

Ardengo Soffici (1879–1964) scrittore italiano

10 novembre, p. 236
Giornale di bordo

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“Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare, e coloro che non hanno mai provato nulla di simile non le possono comprendere. Ci sono persone che mettono in gioco la loro esistenza per raggiungere la vetta di una montagna. A nessuno, neppure a se stessi, potrebbero realmente spiegare perché lo fanno. Altri si rovinano per conquistare il cuore di una persona che non ne vuole sapere di loro. E altri ancora vanno in rovina perché non sanno resistere ai piaceri della gola, o a quelli della bottiglia. Alcuni buttano tutti i loro beni nel gioco, oppure sacrificano ogni cosa per un'idea fissa, che mai potrà diventare realtà. Altri credono di poter essere felici soltanto in un luogo diverso da quello dove si trovano e così passano la vita girando il mondo. E altri ancora non trovano pace fino a quando non hanno ottenuto il potere. Insomma, ci sono tante e diverse passioni, quante e diverse sono le persone.
Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri.
Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo;
chi non ha mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch'era ora di dormire, dal momento che l'indomani mattina bisognava alzarsi presto;
chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d'improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano.
Fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che lui aveva sognato tanto spesso e che sempre aveva desiderato da quando era caduto in preda alla sua passione: una storia che non dovesse mai aver fine. Il libro di tutti i libri.”

The Neverending Story

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