Frasi sul viaggio
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“Una magra soddisfazione davvero è quella di fare tutto a nostro talento, senza dipendere in nessun modo da nessuno.”

Juliette Colbert (1785–1864) filantropa francese

Con gli occhi del cuore

“[Su Giorgio Morandi] Non ebbe mai un atelier nel senso pomposo del termine. Viveva e lavorava in una camera di media grandezza, una finestra della quale dava su un piccolo cortile ricoperto di verde […]. Qui si trovava anche la sua brandina, un vecchio scrittoio e il tavolo da disegno, una specie di libreria, il cavalletto e poi tutt'intorno su stretti scaffali l'arsenale, in attesa discreta, delle semplici cose che noi tutti conosciamo attraverso le sue nature morte: bottiglie, recipienti, vasi, brocche, utensili da cucina, scatole. Le aveva scovate chissà dove, per lo più da rigattieri, si era innamorato di ciascuna di esse, le aveva portate a casa una ad una, per poi disporre in fila questi trovatelli quali suoi compagni di stanza, in via sperimentale e con grandi speranze. Qui si trovavano dunque i suoi modelli veri e propri: le "cose" nel loro isolamento silenzioso, gli interlocutori del suo incessante dialogo. […] Quanto più essi diventavano parte del suo mondo abituale, dimostrando il proprio diritto di cittadinanza attraverso un crescente strato di polvere, tanto più gli stavano a cuore. Tutto ciò sembrava molto ordinato in modo piuttosto piccolo-borghese, relativamente ordinato; infatti attorno, davanti e dietro al cavalletto vi era abbastanza spesso una traccia evidente di inquietudine e di caos. Là si trovava una consolle a tre ripiani. Nel settore più basso, che poteva comprendere anche il pavimento, giaceva una confusione di quegli oggetti che l'avevano colpito a un primo esame ma che poi gli si erano dimostrati insufficienti per un discorso prolungato. Al piano di sopra si trovavano oggetti come comparse in attesa di una ancor possibile entrata in scena. Ma la scena, sulla quale comparivano i protagonisti scelti come interlocutori di un lungo dialogo, si trovava nell'ultimo ripiano, situato pressoché all'altezza degli occhi. Lì si trovavano queste cose scelte in tutta la loro imperturbabile solitudine; nelle mutevoli composizioni acquisivano una sconcertante personalità e cercavano anche di allacciare tra loro delle sottili relazioni dalle quali si costituiva pian piano, lenta-mente dalla loro prossimità, una compagine armonica. L'arrangiatore paziente era Morandi, che stava a vedere con dedizione ed ansia estreme il lento formarsi della comparsa delle cose; tutto ciò poteva durare dei giorni. […] E in questa comunicazione meditativa, che si faceva sempre più stretta, la distanza tra le cose e l'io contemplante era abolita […], sicché l'immagine infine raggiunta, la controimmagine che rispondeva al pittore, era al tempo stesso la sua autorappresentazione. Giunto a questo punto, Morandi si metteva a dipingere e trasponeva questa realtà, che egli aveva prefigurato con tanta cura, nella visualità del quadro, nella "seconda", più comprensiva realtà. Il vero e proprio atto pittorico durava spesso solo poche ore. Alcuni quadri mostrano chiaramente le tracce di una certa corsività nella pennellata. Sono segni di spontaneità, di un'estrema visione creatrice divampante come la fiamma di una candela che sprigiona l'ultimo guizzo.”

Werner Haftmann (1912–1999) storico dell'arte tedesco

Origine: Citato in Marilena Pasquali, Morandi, Art Dossier, n°50, Giunti, Firenze, ISBN 88-09-76143-X, pp. 6-8.

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“[Su come i dinosauri ebbero il sopravvento sugli altri rettili contemporanei] Un nuovo modo di camminare e di correre. È stata una conquista fondamentale. Per capire la portata di questa novità, bisogna fare un passo indietro e tornare al momento in cui i primi vertebrati escono dall'acqua e cominciano a spostarsi sulla terraferma. Quei primi animali si appoggiavano su robuste zampe disposte lateralmente al corpo: lo si vede bene oggi, per esempio, nei coccodrilli, che avanzano strisciando a terra e torcendo il corpo a sinistra e a destra. Il risultato era l'impossibilità di correre e respirare al tempo spesso. Oggi, accurati studi hanno confermato che molti piccoli rettili non sono capaci di respirare quando corrono… la camminata dei rettili è via via migliorata, ma la vera svolta è arrivata con i primi dinosauri, che hanno "inventato" un tipo di locomozione del tutto nuovo, che non comprime i polmoni… Attraverso una serie di trasformazioni del bacino: le zampe non sono più disposte lateralmente, come nel coccodrillo, ma si trovano praticamente sotto il ventre, in posizione verticale. In questo modo è stato possibile non soltanto liberare il torace dalle contorsioni, e quindi correre e respirare al tempo stesso, ma anche diventare bipedi, cioè camminare (e correre) sulle due zampe posteriori.”

Piero Angela (1928) divulgatore scientifico e giornalista italiano

cap. XIII
Tredici miliardi di anni

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“A Canolo eravamo obbligati a recarci perché ci era stata descritta dai nostri amici di Gerace come «un luogo tutto orrido, ed al modo vostro pittoresco.»”

Edward Lear (1812–1888) scrittore e illustratore inglese

2002, pag. 112
Diario di un viaggio a piedi

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“Le idee arrivano nei modi più impensati. Basta tenere gli occhi aperti. Qualche volta sul set capitano dei piccoli incidenti che mettono in moto l'immaginazione. Durante le riprese dell'episodio pilota dei Segreti di Twin Peaks, nella nostra troupe c'era un arredatore di nome Frank Silva. Mai e poi mai sarebbe dovuto comparire nella serie. Mentre giravamo alcune scene nella casa di Laura Palmer, Frank stava spostando dei mobili nella camera da letto della ragazza. Io mi trovavo nell'ingresso, sotto un ventilatore a soffitto. Una donna disse: "Frank, non spostare il cassettone davanti alla porta in quel modo. Non chiuderti dentro." Ebbi così una visione di Frank nella stanza. Lo raggiunsi di corsa e gli domandai: "Sei un attore?". Rispose: "Guarda caso sì", perché a Los Angeles sono tutti attori. Forse al mondo lo sono tutti. Così dissi: "Frank, in questa scena ci sarai tu". Girammo tre panoramiche della camera, due senza e una con Frank accucciato e immobile ai piedi del letto. Non avevo idea però di cosa significasse o a che cosa servisse questa scena. Di sera scesi al piano inferiore, stavamo girando la scena in cui la madre di Laura Palmer è sdraiata sul divano. Annientata dal dolore e dalla disperazione. Improvvisamente, vede qualcosa con l'occhio della mente e scatta a sedere di colpo, urlando. Sean, il cineoperatore, doveva manovrare la cinepresa e seguire il volto della donna mentre si alzava all'improvviso. Mi parve che avesse fatto un ottimo lavoro. Così dissi: "Stop! Perfetto, stupendo!". Sean dissentì: "No, per niente". "Perché?" "C'era qualcuno riflesso nello specchio." "Chi?" "Frank."”

Sono incidenti che capitano e mettono in moto l'immaginazione. Da cosa nasce cosa e se lasci fare ne nascerà un'altra completamente diversa.
In acque profonde

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“Molti si irritano se provi ad essere una persona spensierata e hai superato i quarant'anni, altri invece vogliono vedermi solo in quel modo.”

Meg Ryan (1961) attrice e produttrice cinematografica statunitense

Origine: Citato in, Meg Ryan, 'difficile far accettare a Hllywood i propri 40 anni' http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/meg-ryan-difficile-far-accettare-a-hllywood-i-propri-40-anni/310912, repubblica.it, 3 agosto 2006.

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“Bisogna costruire, giorno per giorno, una vera politica dell'innovazione tecnologica nella giustizia non solo annunciata ma concretamente praticata, con una migliore utilizzazione delle risorse disponibili e su un rinnovamento procedurale basato su strumenti informatici avanzati di trattamento ed elaborazione dei dati giudiziari e processuali, e oggi strumenti informatici avanzati non significa costi elevati, al contrario.
Ogni giorno di più l'arretratezza sul terreno dell'innovazione nella giustizia si traduce in un passo indietro sul terreno dell'innovazione pubblica complessiva, e la schematicità di certe soluzioni sconta, a volte, anche la mancanza di una progettualità "di sistema" nel settore dell'informatica giuridica e giudiziaria rinunciando alle molte prospettive di interazione interna ed esterna (a cominciare dalla scarsa propensione di molti all'uso quotidiano ed efficace degli strumenti informatici disponibili o nella incapacità di individuare ed adottare caso per caso soluzioni informatiche in grado di porsi come "interfacce" condivise semplici e diffuse, ed il processo telematico costituisce forse un significativo banco di prova per i magistrati, ma anche per gli avvocati).
Ed in questo occorre allora un impegno diretto senza deleghe all'esterno cioè a uffici particolari o a referenti particolari, o mantenendo la consueta (e deleteria a mio modo di vedere) politica delloutsourcing. L'innovazione implica un impegno all'interno dei nostri uffici, un impegno locale e insieme globale, ma un impegno diretto e non una delega costante agli "specialisti".
E una politica dell'innovazione implica anche un completo ripensamento delle strutture dedicate: il sistema dei referenti distrettuali ha dieci anni, risente di un'articolazione rigida e inattuale e non ha dato molti risultati concreti o, meglio, non sono mancate esperienze innovative in qualche caso molto interessanti, ma esse non si sono tradotte in riferimenti generali.”

Giuseppe Corasaniti (1957) magistrato italiano

dall'intervento al XXIX Congresso della ANM, 2008; citato in Le proposte della Magistratura http://archivio.associazionenazionalemagistrati.it/media/71664/Atti%202008.pdf, archivio.associazionenazionalemagistrati.it

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“Le periferie, che sono molto più integrate da un punto di vista di comunicazione rispetto a quelle del secolo scorso, sono invece distaccate e non rappresentate da un punto di vista sociale e politico. Qui spesso le reti sociali sono scadenti o assenti. Il controllo sugli spazi urbani periferici risulta complesso e difficile, tanto che vaste aree — specie nelle megalopoli — finiscono sotto il dominio di mafie e di cartelli internazionali o nazionali del crimine. La città del XXI secolo è sempre meno una comunità di destino. Anzi, mentre una parte di essa viene assorbita nei flussi globali e procede sulla via dell’internazionalizzazione, un’altra resta ai margini e fuori dai circuiti di integrazione, se non sprofonda in una condizione di isolamento. Sono i quartieri abbandonati dove spesso le persone vivono per l’intera esistenza e dove forse i figli faranno la stessa vita dei genitori. L’universo delle megalopoli si è strutturato in modo che molto spazio abitato diventi luogo di esclusione. La megalopoli produce costantemente periferie urbane e periferizzazioni umane. Di fronte a questa realtà, specie nel Sud del mondo, lo Stato e le istituzioni sovente rinunciano ad un controllo reale di questi spazi. Diventa un mondo perduto, in cui i drammi umani e sociali si annodano con reti criminose e ribellismi endemici, nel quadro di una cultura della sopravvivenza. Il cristianesimo — su impulso di papa Bergoglio — ha la possibilità di comprendere in modo nuovo la condizione umana e urbana del XXI secolo.”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

da Periferie. Crisi e novità per la Chiesa, Jaka Book, 2016
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“[Canaletto] Recatosi a Roma nel 1719 e in seguito nel 1740, deriva dal Pannini e, con una percezione rigorosa, inflessibile, della luce e dei volumi cristallizzati, s'impegna […] in esercizi prospettici; nella serie delle acqueforti ne estrae in modo ancor più penetrante le sostanze. Egli può considerarsi il maestro della topografia tradizionale. […] In seguito si orienta verso l'artificio e compone per l'Algarotti vedute ideali, sul tema di monumenti famosi, di un'estrema freddezza.”

André Chastel (1912–1990) storico dell'arte francese

da Il Settecento veneziano nelle arti, 1960
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“Cronista inglese: Pensa che Lampard potrebbe trovarsi bene nel calcio italiano?
José Mourinho: Perché mi chiedi di un giocatore del Chelsea?
Cronista inglese: È un modo furbo di riproporre il tema che lei ha appena evitato.
José Mourinho: Sì, siii… Ma io non sono un pirla.”

José Mourinho (1963) allenatore di calcio e calciatore portoghese

Inter (2008-2010)
Origine: Durante la prima conferenza stampa in Italia.
Origine: Citato in Nicola Cecere, «L'Inter è un team speciale Ma io non sono... un pirla» http://archiviostorico.gazzetta.it/2008/giugno/04/Inter_team_speciale_non_sono_ga_10_080604049.shtml, Gazzetta dello Sport, 4 giugno 2008.

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“Donne, noi siam maestri d'innestare; | in ogni modo lo sappiam ben fare.”

Lorenzo de' Medici (1449–1492) scrittore, politico e mecenate italiano

da Canzona degl'innestatori, vv. 1-2
Canti carnascialeschi

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“La classicità non è la serie dei nostri grandi libri, che certo aiutano a meglio intender l'uomo: è un modo di sentire e di pensare, mutando la meraviglia in forma oggettiva.”

Francesco Flora (1891–1962) critico letterario e scrittore italiano

Origine: Citato in Walter Binni e Riccardo Scrivano, Antologia della critica letteraria, p. 1183

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“Non vi è peggior schiavitù di quella che s'ignora.”

Bernard Rollin (1943) filosofo statunitense

Origine: Le basi giuridiche e morali dei diritti degli animali, p. 114

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“Citerò tre film che ho amato particolarmente seppur in modo differente e per motivi differenti ovvero Will Hunting - Genio ribelle, Clerks […] e La fabbrica di cioccolato […] volendo arriverei facilmente a 30 e poi a 300 film se solo volessi… ho amato tutti i film che ho doppiato.”

Fabio Boccanera (1964) doppiatore italiano

Origine: Da Intervista esclusiva a Fabio Boccanera http://guide.supereva.it/doppiaggio_e_doppiatori/interventi/2007/01/282918.shtml, Supereva.it.

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“Ho amato fino alla follia, ma ciò che gli altri chiamano follia per me è l' unico modo di amare.”

Françoise Sagan (1935–2004) scrittrice francese

citato in Corriere della sera, 25 settembre 2004

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“Papa Francesco fa bene a ricordarlo. Noi guardiamo alla guerra in modo troppo ideologico. C'è un substrato economico, ci sono ambizioni territoriali. La guerra è un demone, la violenza è una malattia. Con la guerra la povera gente perde mentre alcuni si arricchiscono. Mi preoccupano le conseguenze dei flussi di rifugiati e profughi, dei milioni di persone scappate dalla Siria che arrivano ai confini della Turchia, del Libano, della Giordania.”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

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Origine: Dall'intervista di Andrea Tornielli Libia, Riccardi: «Risposta forte non significa mostrare i muscoli» http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/is-is-is-libia-libya-libia-39226/, Vatican Insider, 17 febbraio 2015.

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“Erano queste le caratteristiche invocate dai partigiani dell'integrazione. I responsabili del movimento operaio lavoravano quindi all'avvicinamento tra operai ebrei e non ebrei, assicurando che quello che li accomunava (la loro condizione) era più importante di quello che li divideva (l'ebraismo). Senza dubbio, nei gruppi operai ebraici ci si esprimeva soprattutto in yiddish, ma per il semplice motivo che quello era il modo più facile di comunicare. Tuttavia, il primo intellettuale ebreo a constatare le difficoltà di un progetto di assimilazione fu proprio Martov. Indirizzandosi il 1º maggio 1894 agli operai di Vilno, egli affermò che gli interessi degli operai russi ed ebrei non erano sempre concordanti. Certamente, essi dovevano lottare insieme, ma gli ebrei non potevano fidarsi completamente dei russi. Occorreva dunque, concluse Martov, formare delle organizzazioni separate. Opinione destinata ad avere un seguito in un'epoca in cui un terrificante antisemitismo era diventato prassi quotidiana.
Fu contro questa visione specifica di un movimento operaio ebraico che il Bund venne invece fondato. Senza dubbio, al momento della sua costituzione, era un'organizzazione della classe operaia ebraica, ma, nello spirito di Martov si trattava di un temporaneo sacrificio alle condizioni specifiche della Russia; il fine ultimo era sempre l'internazionalizzazione della classe operaia che bisognava preparare.”

Hélène Carrère d'Encausse (1929) storica francese

cap. 3, p. 67
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“Cos'altro potrei dire, se non che mi piaceva tutto della metropolitana? Amavo le lunghe gallerie, i treni fumosi, i collegamenti intricati delle linee, ciascuna delle quali possedeva caratteristiche proprie, una propria identità, per così dire. Avevo l'abitudine di bighellonare nella stazione di Richmond solo per guardare il cerchio rosso trafitto da una barra blu, il viavai dei convogli, e soprattutto per studiare la piantina, con quella forma che ricordava vagamente un insetto, il groviglio di fili colorati che, a un esame più attento, si rivelava qualcosa di più sensato: un simulacro di concatenazioni, un gioco di alternative. Me ne restavo lì impalato per ore a pormi domande tipo: Se dovessi andare da Chancery Lane a Rickmansworth, quale sarebbe il tragitto più breve? E il più lungo? Quale mi consentirebbe di percorrere le linee più colorate? Scegliere il percorso più veloce mi sembrava banale, rozzo persino, una scelta priva di immaginazione. Trovavo preferibile – o avevo fede – nel percorso più lungo.
Il cerchio rosso trafitto dalla barra blu conteneva il nome della stazione. Era una promessa di altre stazioni: Richmond prometteva i Kew Gardens, che promettevano Gunnersbury, che prometteva Turnham Green, Stamford Brook, Hammersmith e Londra. Londra! Le linee sotterranee, la Piccadilly, la Northern e la Bakerloo! Le scale mobili che sembravano sprofondare per miglia e miglia, gli interminabili corridoi tubolari col loro caldo odore di gas di scarico, il vento dei treni, il misterioso vento sotterraneo dei treni. E altre stazioni verso nord. Altre ancora verso est e ovest. Stazioni che si moltiplicavano come isole, tutte in attesa di essere visitate, con il nome racchiuso, in modo identico, in quel cerchio rosso, con quella barra blu!”

David Leavitt (1961) scrittore statunitense

IV; pp. 56-57
Mentre l'Inghilterra dorme

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“C'è stato un giorno, e mi rattrista dire che in molti posti non è ancora passato, in cui la maggior parte del genere umano, grazie all'istituzione della schiavitù è stata trattata dalla legge esattamente nello stesso modo in cui, per esempio in Inghilterra, sono trattate ancora le razze inferiori di animali.
Forse verrà il giorno in cui tutte le altre creature animali si vedranno riconosciuti quei diritti che nessuno, che non sia un tiranno, avrebbe dovuto negar loro. I Francesi hanno già scoperto che il colore nero della pelle non è una buona ragione perché un uomo debba essere abbandonato, per motivi diversi da un atto di giustizia, al capriccio di un torturatore. Forse un giorno si giungerà a riconoscere che il numero delle zampe, la villosità della pelle o la terminazione dell'osso sacro sono ragioni altrettanto insufficienti per abbandonare a quello stesso destino un essere senziente. In base a che cos'altro si dovrebbe tracciare la linea insuperabile? In base alla ragione? O alla capacità di parlare? Ma un cavallo o un cane che abbiano raggiunto l'età matura sono senza confronto animali più razionali e più aperti alla conversazione di un bambino di un giorno, di una settimana o di un mese. Supponiamo che così non fosse; che cosa conterebbe? La domanda da porsi non è se sanno ragionare, né se sanno parlare, bensì se possono soffrire.”

Jeremy Bentham (1748–1832) filosofo e giurista inglese

Origine: Da Principles of Morals and Legislation, cap. 17, sez. 1, nota; citato in Ditadi 1994, p. 764.

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“I due, infatti, non sono diversi solo nel modo di giocare a tennis, ma soprattutto nel modo di intenderlo. Roger gioca con leggerezza, senza le malinconie di Pete, talmente stressato dal pensiero di conquistare Parigi che accoglieva come una liberazione le sue eliminazioni nei primi turni. Roger è di un'altra pasta. […] È un perfezionista, come Schumacher e non gli piace scendere sotto un certo livello. […] Ma per quanto brava [Mirka] non avrebbe avuto vita facile con un ragazzo diverso da Roger, che ha solo un difetto – e non è, come ha scherzato Roddick. il taglio dei capelli –, ma la sua scarsa attitudine domestica, tanto che Mirka è riuscita solo una volta a strapparlo dalla villetta di Wimbledon dove hanno vissuto quindici giorni, per accompagnarla da Sainsbury's a fare la spesa. Roger è solare. Non ha i cali d'umore di Sampras e lega con tutti i suoi colleghi. Se è Schumacher nel perfezionismo […], è Maradona nei rapporti umani. Tutti gli riconoscono, oltre all'immensa classe, anche umanità, gentilezza dei modi, assenza di arroganza. Caratteristiche che non si conquistano con l'allenamento, ma con l'educazione.”

Roberto Perrone (1957) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Federer, è partita la caccia a Sampras https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2005/luglio/05/Federer_partita_caccia_Sampras_co_7_050705002.shtml, Corriere della sera, 5 luglio 2005, p. 47.

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