Frasi su parola
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“[…] ventosa gloria è il cercar fama dalla splendidezza delle parole.”

Francesco Petrarca (1304–1374) poeta italiano autore del Canzoniere

dalla Lettera ai posteri, in Del disprezzo del mondo, dialoghi tre, prima versione italiana del rev. prof. Giulio Cesare Parolari, coi tipi di Luigi di Giacomo Pirola, Milano 1857

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“[Ultime parole famose, nel 1956] Tra qualche decennio l'energia sarà gratuita e a disposizione di tutti.”

John Von Neumann (1903–1957) matematico, logico

Origine: Citato in Focus, n. 116, p. 170.

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“In una parola, in tre quarti degli uomini c'è come un poeta che muore giovane, mentre l'uomo sopravvive.”

Charles Augustin de Sainte-Beuve (1804–1869) critico letterario, scrittore e aforista francese

Origine: Da Critiche e ritratti letterari.

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“[Ultime parole] Francia, esercito – capo dell'esercito – Giuseppina.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese
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“Impossibile non è parola francese.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 402
Attribuite

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“Il nome d'imperatore è una parola come ogni altra; quegli che lo porta deve avere altri titoli per presentarsi ai posteri.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

L'arte di comandare, Aforismi politici

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“Il peccato ci fa vivere alla superficie di noi stessi.”

Georges Bernanos (1888–1948) scrittore francese

da Pensieri, parole, profezie, a cura di Maria Antonietta La Barbera, Edizioni Paoline

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“L'ottimista è un imbecille felice, il pessimista un imbecille infelice.”

Georges Bernanos (1888–1948) scrittore francese

da Pensieri, parole, profezie

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“Le parole sono azioni.”

Ludwig Wittgenstein (1889–1951) filosofo e logico austriaco

circa 1945
Pensieri diversi
Origine: Confronta anche Ricerche filosofiche, 546: "Anche le parole sono azioni".

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“Tra 15 anni[Nel 1925] si usera l'elettricità più per le auto che per la luce”

Thomas Alva Edison (1847–1931) inventore e imprenditore statunitense

Ultime parole famose

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“Non cercare di avere l'ultima parola. Potresti ottenerla.”

Robert Anson Heinlein (1907–1988) autore di fantascienza statunitense

Lazarus Long l'Immortale

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“Quello che per un uomo è "magia", per un altro è ingegneria. "Sovrannaturale" è una parola inconsistente.”

Robert Anson Heinlein (1907–1988) autore di fantascienza statunitense

Lazarus Long l'Immortale

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“Tutti i termini filosofici sono metafore, analogie, per così dire congelate, il cui significato autentico si dischiude quando la parola sia riportata al contesto d'origine, certo presente in modo vivido e intenso alla mente del primo filosofo che la impiegò.”

Hannah Arendt (1906–1975) filosofa, storica e scrittrice tedesca

Origine: Da La vita della mente, a cura di Alessandro Dal Lago, traduzione di Giorgio Zanetti, Ed. Il Mulino, 1987.

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“La generale idiozia dell'umanità è tale che si possono muovere gli uomini a furia di parole.”

William Somerset Maugham (1874–1965) scrittore e commediografo britannico

Vacanze di Natale

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“Quando la città che celebro sarà distrutta, quando gli uomini che canto saranno scomparsi nell'oblio, le mie parole perdureranno.”

Píndaro (-517–-437 a.C.) poeta

Origine: Citato in George Steiner, Una lettura ben fatta, in Nessuna passione spenta, p. 9.

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“Così ho vissuto, così ho assolto, la vita | calmo sotto muti cieli, | fedele alla parola data e all'idea avuta.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

da Don Pedro, Reggente di Portogallo, p. 53
Poesie, Pessoa ortonimo, Messaggio

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“O caro amico, ci vedremo ancora, | ché sempre nel mio cuore tu rimani. | Ormai di separarsi è giunta l'ora, | ma promette un incontro per domani. | O caro amico addio, senza parole, | senza versare lacrime o sorridere. | Morire non è nuovo sotto il sole, | ma più nuovo non è nemmeno vivere.”

Sergej Aleksandrovič Esenin (1895–1925) poeta russo

da Congedo
Russia e altre poesie
Origine: Questi versi attribuiti a Esenin possono essere considerati le sue ultime parole. Si suppone siano stati scritti dal poeta con il suo stesso sangue. Quella stessa notte il poeta si sarebbe poi impiaccato nella sua camera d'albergo a Leningrado. (cfr. Elizabeth M. Knowles, The Oxford Dictionary of Quotations, Oxford University Press, 1999, p. 456 http://books.google.it/books?id=o6rFno1ffQoC&pg=PA456. ISBN 0198601735)

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“Il latino nelle parole sfida il pudore.”

Nicolás Boileau (1636–1711) poeta, scrittore e critico letterario francese

II, 175

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“Eddie Willers pensò ad un giorno d'estate di quando aveva dieci anni. Quel giorno, in una radura del bosco, l'unica compagna preziosa della sua infanzia gli aveva detto quel che avrebbero fatto da grandi. Le parole erano state decise e brillanti, come la luce del sole. Lui aveva ascoltato, ammirato e sbigottito. Quando gli aveva chiesto cosa avrebbe voluto fare, aveva risposto: «Quel che è giusto.» E aveva aggiunto: «Tu dovresti fare qualcosa di grande… voglio dire, noi due insieme.» «Che cosa?» aveva domandato lei. E lui: «Non so. È questo che dobbiamo scoprire. Non solo quel che dici tu. Non solo affari e un modo per guadagnarsi da vivere. Cose come vincere battaglie, salvare la gente dalle fiamme o scalare montagne.» «A che servirebbe?» aveva detto lei. E lui aveva risposto: «Il sacerdote, la scorsa domenica, ha detto che dobbiamo cercar sempre di raggiungere il meglio in noi stessi. Cosa pensi che sia il meglio in noi due?» «Non so.» «Dobbiamo scoprirlo.» Ma lei non aveva risposto. Stava guardando lontano, verso le rotaie della ferrovia. Eddie willers sorrise. Aveva detto: «Quel che è giusto» ventidue anni prima. Da allora aveva mantenuto fede a quella dichiarazione. Le altre domande si erano sbiadite nella sua mente; aveva avuto troppo da fare, per proporsele. Ma ancora pensava che bisognava fare quel che era giusto; non aveva mai capito come la gente potesse fare il contrario. Sapeva solo che lo facevano. E gli sembrava ancora semplice e incomprensibile: semplice che le cose dovessero essere giuste, incomprensibile che non lo fossero. E sapeva che non lo erano.”

Ayn Rand (1905–1982) scrittrice, filosofa e sceneggiatrice statunitense
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“Sconfitta, non conosco il significato di questa parola!”

Margaret Thatcher (1925–2013) primo ministro del Regno Unito

dal libro " Battle for the Falklands http://www.anobii.com/books/Battle_for_the_Falklands/9780330513630/01af0bee5abc396a60/" di Max Hastings e Simon Jenkins
Defeat—I do not recognise the meaning of the word!
Premiership, Primo mandato come primo ministro
Origine: Questa è stata la risposta della Thatcher quando, prima della Guerra delle Falkland, le fu detto che per la Gran Bretagna impegnarsi in un conflitto irrilevante a migliaia di chilometri dall'Europa, potrebbe tradursi in sconfitta.

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“Fratelli e sorelle,» cominciò e, veloce come un lampo, si lanciò in un aspro attacco al governo di Dublino, spiegando come lo amareggiasse che la legge sul controllo delle assunzioni in Irlanda del Nord non avesse tagliato fuori un vasto numero di feniani. «Tra noi c'è la feccia di Dublino,» disse, e io applaudii insieme agli altri. «Se ne dovranno andare.»

«Ascoltate, ascoltate,» feci eco insieme alle masse.
Alla fine, con la schiuma alla bocca e con grande professionalità, rivelò l'asse cospiratorio tra il Cremlino e il Vaticano.
«Li ho entusiasmati, non credi?» disse quandò tornò al suo posto.
«Senza dubbio, signore,» risposi.
Pensai che stesse per svenire. «Cristo, di dove sei?»
«Di Dublino, signore.»
«Ah, ovvio, sei uno dei fratelli di Dublino.»
«Sono un fratello di tutta l'umanità,» dissi.
«Intendi dire che sei un orangista?»
«No,» replicai, «sono un ex soldato dell'IRA.»
«E sei anche cattolico?» mormorò la parola come se non fosse in grado di pronunciarla.
«Un gran numero di persone a Dublino ha dei seri dubbi su cosa sia io in realtà, signore, ma dal suo punto di vista sono un cattolico, come anche mio padre e mia madre. Tutti nella mia famiglia lo sono sempre stati, ma non dirò che sono bravi cattolici. L'unica cosa certa, in ogni modo, è che nessuno di loro è mai stato protestante. E oltre a ciò, glielo dico con assoluta certezza: alle prossime elezioni lei verrà eletto, ne stia certo. Non vedo come la gente del Nord potrà mai acquisire più buon senso di quella del Sud, e qui sono riuniti già abbastanza coglioni per riuscire a eleggerla.»

Alzò il braccio come per interrompermi ma io non avevo ancora finito. «Ho notato che non ha fatto cenno alla disoccupazione del Nord,» e lo guardai dritto negli occhi, forte com'ero del coraggio vichingo, o gaelico, conferitomi dalla fiaschetta di whiskey che tenevo in tasca.
Il reverendo sembrò lievemente sorpreso ma non arrabbiato; per me, in quel momento, non faceva alcuna differenza. «La parte che preferisco nei discorsi degli orangisti e dei ministri di fede protestante estremisti, è la denuncia dell'asse cospiratorio tra il Vaticano e il Cremlino. Le dirò di più,» continuai. «Se le capitasse di visitare il mondo, perché esiste un mondo al di fuori dell'Irlanda del Nord e del Sud, e stesse su un palco a tenere un comizio a Parigi, Londra, Roma, New York o in qualche altra grande capitale, tutti i presenti morirebbero dal ridere. Credo che il suo sia un angolo di visuale strabiliante. Il nativo Irlandese protestante è l'unica persona sulla faccia della terra tanto perspicace da riuscire a scorgere la minaccia congiunta di Stalin e papa Pio XII.”

Brendan Behan (1923–1964) drammaturgo e scrittore irlandese

Confessioni di un ribelle irlandese

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“Ne dice tante di parole, le dimentica, gli altri non le dimenticano.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

La tortura delle mosche

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“Chi ha troppe parole non può che essere solo.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

Il cuore segreto dell'orologio

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“La letteratura come professione è distruttiva: si deve avere più paura delle parole.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

La provincia dell'uomo

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“La parola – poeta – non mi piace più, sono restio ad usarla.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

La provincia dell'uomo

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“Tutto il sapere ha qualcosa di puritano; dà alle parole una morale.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

La provincia dell'uomo

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“Schivare il concreto è uno dei fenomeni più inquietanti della storia dello spirito umano.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

Origine: Da La coscienza delle parole.

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“Cosa posso dirvi – rispose Jura. Si mosse irrequieto sulla seggiola, si alzò, fece alcuni passi e sedette di nuovo. – Prima di tutto, domani vi sentirete meglio, ci sono i sintomi, son pronto a farmi tagliare la testa. E poi: la morte, la coscienza, la fede nella resurrezione… Volete sapere la mia opinione di naturalista? Non sarebbe meglio un'altra volta? No? Subito? Bene, come volete. Solo che è una cosa difficile, così, di punto in bianco –…..
– La resurrezione. Nella forma più volgare in cui se ne parla, a consolazione dei deboli, mi è estranea. E anche le parole di Cristo sui vivi e sui morti io le ho sempre intese in un altro modo. Dove mettereste questi immensi eserciti arruolati in tutti i millenni? Non basterebbe l'universo, le divinità, il bene e il raziocinio dovrebbero cedere il posto. In quell'avida calca animalesca sarebbero schiacciati.
– Ma, nel tempo, sempre la medesima vita, incommensurabilmente identica, riempie l'universo, a ogni ora si rinnova di innumerevoli combinazioni e trasformazioni. Ecco, voi vi preoccupate se risorgerete o meno, mentre siete già risorta, senza accorgervene, quando siete nata.
– Sentirete dolore? Sente forse il tessuto la propria dissoluzione? Cioè, in altre parole, che sarà della vostra coscienza? Ma che cos'è la coscienza? Vediamo. Desiderare coscientemente di dormire è insonnia garantita, tentare coscientemente di avvertire il lavorio del propria digestione è esattamente perturbare la sua innervazione. La coscienza è un veleno, un mezzo di autoavvelenamento per il soggetto che la applica a se stesso. La coscienza è luce, proiettata al di fuori e che illumina la strada a noi, perché non si inciampi. La coscienza sono i fari accesi davanti ad una locomotiva che corre. Rivolgete la loro luce all'interno e succederà una catastrofe.
– Dunque, che sarà della vostra coscienza? Della vostra. La vostra. Ma voi cosa siete? Qui sta il punto. Guardiamo meglio. In che modo avete memoria di voi stessa, di quale parte del vostro organismo siete cosciente? Dei vostri reni, del fegato, dei vasi sanguigni? No, per quanto ricordiate, di voi vi siete sempre accorta di una estrinsecazione, in un atto, nelle opere delle vostre mani, in famiglia, fra gli altri. E, ora, state bene attenta. L'uomo negli altri uomini, ecco che cos'è l'anima dell'uomo. Ecco che cosa siete voi, ecco di che cosa ha respirato, si è nutrita, di che cosa si è abbeverata per tutta la vita la vostra coscienza. Della vostra anima, della vostra immortalità, della vostra vita negli altri. E allora? Negli altri siete vissuta, negli altri resterete. Che differenza fa per voi se poi ciò si chiamerà memoria? Sarete ancora voi, entrata a far parte del futuro.
– Un ultima cosa. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. La morte non esiste. La morte non riguarda noi. Ecco, voi avete parlato di talento, questa è un'altra cosa, una cosa nostra, scoperta da noi. E il talento, nella sua nozione più alta e più lata, è il dono della vita.
– Non vi sarà morte, dice Giovanni Evangelista: guardate come è semplice la sua argomentazione. Non vi sarà morte, perché il passato è ormai trascorso. Quasi come dire: non vi sarà morte, perché questo è già stato visto, è vecchio e ha stancato, e ora occorre qualcosa di nuovo e il nuovo è la vita eterna.
Parlando, Jura passeggiava per la stanza.”

Dormite, – disse accostandosi al letto e ponendo le mani sulla testa dell'inferma. Passò qualche minuto e Anna Ivànova cominciò ad assopirsi.
Silenziosamente Jura uscì dalla camera e disse alla Egòrovna di richiamare l'infermiera. «Che diavolo,- pensò,- sto diventando una specie di ciarlatano. Mi metto pure a fare scongiuri, a curare la gente imponendo le mani».
Il dottor Živago

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“Dalla bocca esce la parola, il segno e simbolo. Se è segno, la parola non significa nulla. Se invece è simbolo, significa tutto […].”

Carl Gustav Jung (1875–1961) psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero

Origine: Il libro rosso. Liber novus (2009), p. 310-a; 2010

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“Dimmi soltanto una parola e io rinnegherò tutto me stesso.”

Alexandr Alexandrovič Blok (1880–1921) poeta russo

Origine: La fidanzata di lillà. Lettere a Ljuba, p. 48

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“Son vari i gusti, | Ma poi il più bello è che ciascun pretende | Essere il gusto suo miglior d'ogni altro.”

Giovanni Battista Casti (1724–1803) poeta e librettista italiano

da Prima la Musica e poi le Parole

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“Le parole della consacrazione sgorgano dunque dal profondo del corpo mistico.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Stupore e povertà

“Essere cristiano è far sbocciare tutti i fiori nella certezza che l'amore avrà l'ultima parola.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Una presenza interiore

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“Cosí diranno molti lettori, e rimprovereranno l'autore d'inverosimiglianza, o daranno dell'imbecille ai poveri funzionari, giacché l'uomo è generoso di questa parola imbecille, e pronto a somministrarla venti volte al giorno al suo prossimo. È sufficiente, di dieci lati, averne uno un po' sciocco, per esser spacciato imbecille a onta dei nove buoni. Ai lettori riesce facile trinciar giudizi guardando dal loro angolo tranquillo, da una sommità da cui è tutta aperta la visuale su tutto quanto avviene in basso, dove l'uomo scorge soltanto gli oggetti vicini. Anche negli annali universali dell'umanità vi sono addirittura molti secoli, che, si direbbe, andrebbero cancellati e annullati, come superflui. Molti errori si sono compiuti a questo mondo, tali che, si direbbe, ora non li farebbe neppure un bambino. Che strade tortuose, cieche, anguste, impraticabili, lontane dal giusto orientamento, ha scelto l'umanità nel suo conato di pervenire alla verità eterna, mentre pure aveva innanzi tutta aperta la retta via, simile a quella che conduce alle splendide stanze, destinate all'imperatore in una reggia! Piú larga di tutte l'altre vie, piú fastosa era questa, rischiarata dal sole e illuminata tutta notte dai fuochi: ma fuori di essa, nella fitta oscurità, ha proceduto il flusso degli uomini. E quante volte, già guidati da un pensiero che scendeva dai cieli, essi hanno ancora saputo deviare e smarrirsi, hanno saputo nel pieno fulgore del giorno cacciarsi un'altra volta nei fondi impraticabili, hanno saputo un'altra volta spandersi l'un l'altro negli occhi una cieca nebbia, e vagando dietro ai fuochi fatui, hanno pur saputo spingersi fin sull'orlo dell'abisso, per poi, inorridendo, domandarsi l'un l'altro: – Dov'è l'uscita? dov'è la via? – Ora tutto appare chiaro alla generazione che passa, e si meraviglia degli errori, ride della semplicità dei suoi antenati, e non vede che un fuoco celeste irradia tutti questi annali, che grida da essi ogni lettera, e che di là, penetrante, un dito s'appunta proprio su essa, su essa, la generazione che passa. Ma ride la generazione che passa, e sicura di sé, orgogliosa, dà inizio a una nuova serie di errori, sui quali a loro volta rideranno i posteri.”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

I, 10; 1977, p. 210