Frasi su piccolo
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“Tu puoi seguire obiettivi piccoli come quelli del tuo ego, o grandi come quelli delle tue idee.”

Shimon Peres (1923–2016) politico israeliano

a Roberto Saviano, intervista a Che tempo che fa[data?]

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“Quando ero piccola, nessuno mi diceva mai che ero carina; bisognerebbe dirlo a tutte le ragazzine, anche se non lo sono.”

Marilyn Monroe (1926–1962) attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense

Origine: Marilyn, p. 17

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“[Su come capire quando si è davvero innamorati di qualcuno] Quando a fatica riesci a pensare ad altro, quando tua madre ti chiede ripetutamente perché stai sorridendo, quando la respirazione cambia, quando ti rendi conto che non puoi stare più lontana di un metro da lui, quando tutte le percezioni sono esasperate, quando Brad Pitt non ti fa né caldo né freddo, quando sei insospettabilmente allegra, quando ti sforzi di non rompergli le scatole ogni minuto, quando ascolti la tua voce che dice ti amo, quando ti sembra di non poter sopravvivere alla sua mancanza, quando diventi pazza per ogni suo piccolo gesto, quando ti senti di essere di sua proprietà esclusiva, quando ti incanti e ti attardi a guardare un albero, il cielo, una tenda, il muro o anche la punta delle tue scarpe, quando il rispetto è totale, quando, tu che odi il calcio, stai a guardare una raffica di partite fingendo di capirci qualcosa, quando ti si scioglie il cuore a un suo sottinteso, quando ti guardi e non ti vedi bella abbastanza, quando una sua chiamata sposta il ritmo del tuo cuore, quando hai voglia di urlarlo al mondo intero, quando ti rendi conto di essere più disponibile nei confronti della odiosa signora del piano di sopra, quando gli compreresti fasci di rose rosse, quando alla più piccola incomprensione piangi come un vitello, quando hai capito il motivo per il quale ti hanno messo su questa terra, quando temi per la sua incolumità fisica come se fosse un figlio, quando sei disposta a lasciare tutto pur di avere lui. Allora sei sulla buona strada.”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

dalla rubrica "Mina per voi" http://minapervoi.vanityfair.it/2011/10/28/come-si-capisce-che-e-vero-amore/, 28 ottobre 2011
Citazioni di Mina

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“[doping] Quale genitore non sarebbe disposto a "spronare" (per usare un eufemismo) il proprio figlio qualora se ne intuisse anche solo un piccolo talento, pur di vederlo un giorno primeggiare?”

Nicola Pfund (1960) scrittore svizzero

Origine: Dall'intervista di L. De Carli, Quando lo sport non è salute http://epaper.azione.ch/ee/azion/_main_/2015/06/01/017/?article=41/, Azione.ch, 1 giugno 2015.

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“[Parlando dell'amicizia] La piccola fiamma del fiammifero brilla ora sicura in una grande lampada.”

Rabindranath Tagore (1861–1941) poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano

Il nido dell'amore

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“Da non dimenticare. – Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

574; 2006

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“Combatti ogni piccolo e grande tormento ed esci di fuori a gioire di ogni momento.”

Giorgia (1971) cantautrice, musicista e produttrice discografica italiana

da Vivi Davvero, 2002

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“Basta guardargli la testa per capire che ha un piccolo cervello.”

Benito Mussolini (1883–1945) politico, giornalista e dittatore italiano

citato in Galeazzo Ciano, Diario, 1937-1938, Cappelli, 1948

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“Questo paese, dove sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l'ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto.”

Cesare Pavese (1908–1950) scrittore, poeta, saggista e traduttore italiano

The Moon and the Bonfire
Variante: Così questo paese, dove non sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l'ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto.

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“Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare.
Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri… Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere.
Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo.”

citato in Umberto Eco, Considerazioni attuali, L'espresso, n. 20, anno LIV, 22 maggio 2008, p. 222
La democrazia in America

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“Sarebbe dovuta morire prima o poi. | Ci sarebbe dovuto essere un tempo per (usare) questa parola | domani, domani, domani, | si insinua a piccoli passi giorno per giorno | fino all'ultima sillaba del tempo prescritto; | e tutti i nostri ieri hanno rischiarato a stupidi | la strada a una morte polverosa. Consumati, consumati, corta candela! | La vita è un'ombra che cammina, un povero attore | che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco | e poi non se ne sa più niente. È un racconto | narrato da un idiota, pieno di suoni e furore, | significante niente.”

William Shakespeare (1564–1616) poeta inglese del XVI secolo

Macbeth: atto V, scena V, vv. 17-27
She should have died hereafter. | There would have been a time for such a word– | Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow, | Creeps in this petty pace from day to day | To the last syllable of recorded time; | And all our yesterdays have lighted fools | The way to dusty death. Out, out, brief candle! | Life's but a walking shadow, a poor player | That struts and frets his hour upon the stage | And then is heard no more. It is a tale | Told by an idiot, full of sound and fury, | Signifying nothing.
Macbeth
Origine: È la terza frase del più famoso soliloquio della tragedia. In questa il protagonista reagisce con insensibilità alla morte della moglie.

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“Gli avvenimenti veramente grandi nascono da piccole cose.”

Chiara Lubich (1920–2008) attivista (attivista cattolica)

10 gennaio 1978
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“Tu vorresti imbalsamare anche l'ultima e più piccola emozione.”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da Confusione, lato B, n. 1
Il mio canto libero

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“Quante persone, lungo questo viaggio, stivano la barca fino a rischiare di farla affondare di cose sciocche che pensano essenziali al piacere e al comfort, ma che in realtà sono soltanto inutile zavorra? Come riempiono la povera piccola imbarcazione fino all'albero di bei vestiti e grandi case, di domestici inutili e di una miriade di amici alla moda ai quali non importa un fico secco di loro, e dei quali a loro importa ancora meno, di costosi divertimenti che non divertono nessuno, di formalità e mode, di finzioni e ostentazioni, e di – oh, la più pesante, la più folle delle zavorre! – della paura di che cosa penserà il vicino, di lussi che possono soltanto nauseare, di piaceri che annoiano, di vuote mostre di sé che, come la corona ferrea del criminale di un tempo, fanno sanguinare e tramortiscono il capo dolorante che la porta! È zavorra uomini… tutta zavorra! Gettatela fuoribordo. Rende la barca così pesante che remare vi sfinisce. La rende così lenta e pericolosa da manovrare che l'ansia e la preoccupazione non vi concendono mai un attimo libero; e non avete mai un momento di riposo per sognare pigramente, mai un momento per osservare le nuvole che sfiorano le onde spinte dal vento, o i scintillanti raggi di sole che giocano con le increspature, o i grandi alberi sull'argine che si curvano per fissare la loro immagine riflessa, o il bosco tutto verde e oro, o i gigli bianchi e gialli, o i giunchi che ondeggiano oscuri o i falaschi, o le orchidee o gli azzurri non-ti-scordar-di-me. Liberatevi della zavorra, uomini! Lasciate che l'imbarcazione della vostra vita sia leggera, carica soltanto di quello di cui avete bisogno: una casa accogliente e qualche semplice piacere, un paio di amici degni di questo nome, qualcuno da amare e che vi ami, un gatto, un cane, e una o due pipe, cibo e indumenti a sufficienza e da bere in abbondanza, perché la sete è una compagna pericolosa. La barca sarà più facile da governare, e non sarà tanto soggetta a capovolgimenti, e se si capovolgerà non sarà così grave; la merce semplice e di buona qualità sopporta un bagno. Avrete tempo per pensare oltre che per lavorare. Tempo per scaldarvi al sole della vita… tempo per ascoltare le melodie eoliche che il vento divino trae dalle corde del cuore umano tutt'intorno a noi… tempo per… Scusate tanto. Divagavo.”

III; 1997, pp. 21-22
Tre uomini in barca

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“[Rivolgendosi al capitano di una nave che si lamentava dell'abbordaggio appena subito] Dannazione a voi. Siete un animale strisciante come tutti quelli che accettano di essere governati da leggi che i ricchi si sono fatti per sé; perché questi piccoli cani vigliacchi non hanno il coraggio di difendere in un altro modo quello che si sono procurati con la rapina. Dannazione a tutti: a loro, che sono un ammasso di astute canaglie, e a voi che siete al lor servizio, voi, una massa di codardi dal cuore pavido. Ci disprezzano, quelle canaglie, benché tra noi e loro ci sia una sola differenza: loro rubano ai poveri facendosi scudo della legge, già, proprio così, mio Dio, mentre noi rubiamo ai ricchi difendendoci soltanto con il coraggio. Non fareste meglio a diventare uno dei nostri invece di strisciare dietro quegli scellerati per un lavoro? Quanto a me, sono un principe libero e ho tanta autorità per fare guerra al mondo intero, come se disponessi di cento vascelli sul mare o centomila uomini sulla terraferma, ecco ciò che sento. Ma non serve a niente discutere con simili cuccioli mocciosi che accettano di essere presi a pedate su e giù per il ponte dai loro superiori finché questi ne hanno voglia, cuccioli che mettono la propria fede in mano a un ruffiano pastore, a un merlotto che non crede né pratica quello che ficca nelle teste ridicole degli sciocchi a cui predica.”

Samuel Bellamy (1689–1717) pirata britannico

Origine: Citato in Gilles Lapouge, Pirati (Les pirates. Forbans, flibustiers, boucanieres et autres gueux de mer), traduzione di Anna Benucci Serva, Excelsior, p. 87.

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“Amare è donare tutto se stesso senza nulla chiedere amare è non dire mai… mi devi.”

Antoine de Saint-Exupéry (1900–1944) scrittore e aviatore francese

libro Il piccolo Principe

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Scrissi col lapis, sopra la punteggiatura, come vogliono appunto le convenzioni internazionali che tutelano il diritto delle genti: "Signora, robustizza pacco pentachìlo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccami lancorredo, sigartabacco e seccacastagne. Se però credi castagne ben cotte possano giovare al bambino, non inviarle. Non mi manca niente. Di una sola cosa ti prego: che la sera della vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fai schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il presepe vicino alla finestra, come l'anno scorso. Signora, io ho bisogno che tu faccia questo. Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato: lo so, ti riesce difficile figurarti il mio pensiero che varca il reticolato. Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati che io stesso, ogni notte, esca dal recinto. Figurati un Giovannino leggero come un sogno e trasparente come il vento delle serenissime e gelide notti invernali. Io, ogni notte, approfitto del sonno degli altri e mi affido all'aria e trasvolo rapido gli sconfinati silenzi di terre straniere e città sconosciute. Tutto è buio e triste sotto di me, e io affannosamente vado cercando luce e serenità. Rivedo la Madonnina del Duomo, ma le strade e le piazze non sono più quelle di un tempo, e stento a ritrovare il nostro quarto piano. Signora, non dire che sono il solito temerario se entro in casa dal tetto: anzi, loda la mia prudenza se non mi avventuro lungo le macerie della scala. E poi il tetto è scoperchiato e si fa più presto. Riconosco lo scheletro delle nostre stanze e ricerco i nostri ricordi nascosti sotto i rottami dei muri crollati. Tutto è buio, freddo e triste anche qui, e soltanto se la luna mi assiste riesco a scoprire sui brandelli delle tappezzerie che ancora pendono alle pareti, i riquadri chiari e la topografia dei nostri mobili. Per le strade deserte, cammina soltanto la paura vestita di luna. Su un brano di tappezzeria dell'ex-anticamera vedo un fiorellino. Uno strano fiore nero a cinque petali. Signora, rammenti quando Albertino decorò le nostre stanze con la piccola sciagurata mano intinta nell'inchiostro di China? Inutilmente vado a ricercare vestigia di giorni lieti fra le pareti dell'ufficio; le pareti non ci sono più, e il grande edificio è un cupo mucchio di cemento annerito dal fumo. Fuggo dalla città buia e silenziosa, e rivedo i luoghi dove, zitella, tu mi conoscesti zitello. Ma anche qui è squallida malinconia, e io mi rifugio alla fine nella casupola dove si accatastano i miei ultimi effetti e i miei primi affetti. Tu dormi, Albertino dorme, mia madre, mio padre dormono. Tutti dormono, e cercano forse di ritrovare in sogno il mio ignoto, lontano rifugio. I nostri mobili si affollano disordinatamente nelle esigue stanze immerse nell'ombra, e dentro le polverose casse del solaio le parole dei miei libri si sono gelate. Signora, io cerco un po' di luce, un po' di tiepida serenità, e invece non trovo che buio e freddo, e non posso ravvisare nel buio il volto di mio figlio, e sui laghi e sulle spiagge tutto è spento e abbandonato, tutto è silenzio, e io rinavigo verso il recinto e torno al mio pagliericcio portando il gelo nelle ossa del numero 6865. Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?" Qui ebbi la sensazione che le 24 righe stessero per finire, e mi interruppi. Le righe erano in effetti 138, e io avevo riempito le 24 mie, le 24 della risposta e altri cinque foglietti che stazionavano nei paraggi. Con estrema cura cancellai tutto e ricominciai da capo: "Signora, robustizza pacco pentachìlo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccami lancorredo, sigartabacco…"”

Giovannino Guareschi (1908–1968) scrittore italiano

Origine: Diario clandestino, pp. 31 a 34

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