Frasi su posto
pagina 8

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“Ricorda come Gesù fu condotto del deserto e vi rimase quaranta giorni digiunando? Poi, quando fu affamato, il demonio gli si avvicinò e gli disse: "Se sei figlio di Dio, ordina che questi sassi siano trasformati in pani". Ma Gesù resisté alla tentazione. Il demonio allora lo collocò su una guglia del tempio: "Se sei figlio di Dio, buttati giù". Gli angeli infatti vegliavano su di lui e l'avrebbero sorretto. Ma Gesù seguitò a resistere. Il demonio lo condusse su un'alta montagna, gli mostrò tutti i regni del mondo e gli disse che glieli avrebbe dati se si fosse prosternato ai suoi piedi per adorarlo. Ma Gesù disse: "Va' via di qui, Satana". Così finisce la storia secondo il semplice e buon Matteo. Ma c'è un seguito. Il diavolo, che era molto astuto, tornò da Gesù e gli disse: "Se accetterai la vergogna e il disonore, le frustate, una corona di spine e la morte sulla croce salverai la razza umana, giacché l'amore più grande che un uomo possa provare è quello che gli fa sacrificare la vita per i suoi amici". Gesù cadde. E il diavolo rise fino a farsi scoppiare i fianchi: prevedeva il male che gli uomini avrebbero commesso in nome del loro Redentore.»
Isabel mi guardava indignata.
«Dove mai l'ha scovata questa storia?»
«In nessun posto. L'ho inventata lí per lí.»
«È un'idiozia, una bestemmia.»
«Volevo solo farle capire che il sacrificio di sé è una passione così prepotente da fare impallidire, al confronto, perfino la fame e la lussuria. Avvolge e conduce alla distruzione le sue vittime nella più alta affermazione della loro personalità. L'oggetto non conta: può essere degno o indegno. Nessun vino è tanto inebriante, nessun amore così rovente, nessun vizio così attraente. Mentre si sacrifica, un uomo è per un momento più grande di Dio, giacché, infinito e onnipotente com'è, come può Dio sacrificarsi? Nel migliore dei casi può solo sacrificare l'unico suo figlio.”

Maugham a Isabel: cap. V, 4
Il filo del rasoio

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“Recessione è quando il tuo vicino perde il posto; depressione è quando lo perdi tu.”

Harry Truman (1884–1972) 33º presidente degli Stati Uniti d'America

da Observer, 13 aprile 1958

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“Irving Berlin non ha un posto nella musica americana. Lui è la musica americana.”

Jerome Kern (1885–1945) compositore statunitense

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“Fratelli e sorelle,» cominciò e, veloce come un lampo, si lanciò in un aspro attacco al governo di Dublino, spiegando come lo amareggiasse che la legge sul controllo delle assunzioni in Irlanda del Nord non avesse tagliato fuori un vasto numero di feniani. «Tra noi c'è la feccia di Dublino,» disse, e io applaudii insieme agli altri. «Se ne dovranno andare.»

«Ascoltate, ascoltate,» feci eco insieme alle masse.
Alla fine, con la schiuma alla bocca e con grande professionalità, rivelò l'asse cospiratorio tra il Cremlino e il Vaticano.
«Li ho entusiasmati, non credi?» disse quandò tornò al suo posto.
«Senza dubbio, signore,» risposi.
Pensai che stesse per svenire. «Cristo, di dove sei?»
«Di Dublino, signore.»
«Ah, ovvio, sei uno dei fratelli di Dublino.»
«Sono un fratello di tutta l'umanità,» dissi.
«Intendi dire che sei un orangista?»
«No,» replicai, «sono un ex soldato dell'IRA.»
«E sei anche cattolico?» mormorò la parola come se non fosse in grado di pronunciarla.
«Un gran numero di persone a Dublino ha dei seri dubbi su cosa sia io in realtà, signore, ma dal suo punto di vista sono un cattolico, come anche mio padre e mia madre. Tutti nella mia famiglia lo sono sempre stati, ma non dirò che sono bravi cattolici. L'unica cosa certa, in ogni modo, è che nessuno di loro è mai stato protestante. E oltre a ciò, glielo dico con assoluta certezza: alle prossime elezioni lei verrà eletto, ne stia certo. Non vedo come la gente del Nord potrà mai acquisire più buon senso di quella del Sud, e qui sono riuniti già abbastanza coglioni per riuscire a eleggerla.»

Alzò il braccio come per interrompermi ma io non avevo ancora finito. «Ho notato che non ha fatto cenno alla disoccupazione del Nord,» e lo guardai dritto negli occhi, forte com'ero del coraggio vichingo, o gaelico, conferitomi dalla fiaschetta di whiskey che tenevo in tasca.
Il reverendo sembrò lievemente sorpreso ma non arrabbiato; per me, in quel momento, non faceva alcuna differenza. «La parte che preferisco nei discorsi degli orangisti e dei ministri di fede protestante estremisti, è la denuncia dell'asse cospiratorio tra il Vaticano e il Cremlino. Le dirò di più,» continuai. «Se le capitasse di visitare il mondo, perché esiste un mondo al di fuori dell'Irlanda del Nord e del Sud, e stesse su un palco a tenere un comizio a Parigi, Londra, Roma, New York o in qualche altra grande capitale, tutti i presenti morirebbero dal ridere. Credo che il suo sia un angolo di visuale strabiliante. Il nativo Irlandese protestante è l'unica persona sulla faccia della terra tanto perspicace da riuscire a scorgere la minaccia congiunta di Stalin e papa Pio XII.”

Brendan Behan (1923–1964) drammaturgo e scrittore irlandese

Confessioni di un ribelle irlandese

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“Nella lista dei libri caduti figurava sotto il numero trentanove un grosso volume antico dal titolo: Armamento e tattica dei lanzichenecchi. Esso era appena rotolato con gran fracasso giù dalla scaletta, che i portinai tubicini s'erano già trasformati in lanzichenecchi. Un immenso entusiasmo s'impadroni di Kien: il portiere era un lanzichenecco, che altro poteva mai essere? La figura tarchiata, la voce tonante, la fedeltà comprata a peso d'oro, la temerarietà che non rretrava davanti a nulla, nemmeno davanti alle donne, la millanteria e il continuo inconcludente sbraitare: un perfetto lanzichenecco. Da quel momento il pugno non gli fece più paura. Gli sedeva davanti un ben noto personaggio storico, e lui sapeva che cosa esso avrebbe fatto e che cosa non avrebbe fatto. Beninteso, la sua stupidità era tale da far rizzare i capelli: si comportava appunto come si addice a un lanzichenecco. Quel poveraccio, nato in ritardo, era venuto al mondo come un lanzichenecco soltanto nel ventesimo secolo e se ne stava rintanato tutto il giorno in quel suo buco oscuro, senza un libro, solo come un cane, esiliato dal secolo che era il suo e sbalestrato in un altro per il quale sarebbe sempre rimasto un estraneo. Collocato nell'innocua lontananza del XVI secolo il portiere si riduceva a niente, facesse pure il gradasso quanto voleva. Per dominare un uomo basta inquadrarlo storicamente. […] Quando s'accomiatava Kien lo trovava ridicolo. Il costume gli stava a pennello, ma ormai i tempi erano cambiati. Gli rincresceva che non sempre fosse possibile applicare il suo metodo storico. A Therese non c'era verso di trovare un posto adatto in tutta la storia dei popoli civili e incivili da lui conosciuti.”

1981, pp. 124-125
Auto da fé

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“Cosa posso dirvi – rispose Jura. Si mosse irrequieto sulla seggiola, si alzò, fece alcuni passi e sedette di nuovo. – Prima di tutto, domani vi sentirete meglio, ci sono i sintomi, son pronto a farmi tagliare la testa. E poi: la morte, la coscienza, la fede nella resurrezione… Volete sapere la mia opinione di naturalista? Non sarebbe meglio un'altra volta? No? Subito? Bene, come volete. Solo che è una cosa difficile, così, di punto in bianco –…..
– La resurrezione. Nella forma più volgare in cui se ne parla, a consolazione dei deboli, mi è estranea. E anche le parole di Cristo sui vivi e sui morti io le ho sempre intese in un altro modo. Dove mettereste questi immensi eserciti arruolati in tutti i millenni? Non basterebbe l'universo, le divinità, il bene e il raziocinio dovrebbero cedere il posto. In quell'avida calca animalesca sarebbero schiacciati.
– Ma, nel tempo, sempre la medesima vita, incommensurabilmente identica, riempie l'universo, a ogni ora si rinnova di innumerevoli combinazioni e trasformazioni. Ecco, voi vi preoccupate se risorgerete o meno, mentre siete già risorta, senza accorgervene, quando siete nata.
– Sentirete dolore? Sente forse il tessuto la propria dissoluzione? Cioè, in altre parole, che sarà della vostra coscienza? Ma che cos'è la coscienza? Vediamo. Desiderare coscientemente di dormire è insonnia garantita, tentare coscientemente di avvertire il lavorio del propria digestione è esattamente perturbare la sua innervazione. La coscienza è un veleno, un mezzo di autoavvelenamento per il soggetto che la applica a se stesso. La coscienza è luce, proiettata al di fuori e che illumina la strada a noi, perché non si inciampi. La coscienza sono i fari accesi davanti ad una locomotiva che corre. Rivolgete la loro luce all'interno e succederà una catastrofe.
– Dunque, che sarà della vostra coscienza? Della vostra. La vostra. Ma voi cosa siete? Qui sta il punto. Guardiamo meglio. In che modo avete memoria di voi stessa, di quale parte del vostro organismo siete cosciente? Dei vostri reni, del fegato, dei vasi sanguigni? No, per quanto ricordiate, di voi vi siete sempre accorta di una estrinsecazione, in un atto, nelle opere delle vostre mani, in famiglia, fra gli altri. E, ora, state bene attenta. L'uomo negli altri uomini, ecco che cos'è l'anima dell'uomo. Ecco che cosa siete voi, ecco di che cosa ha respirato, si è nutrita, di che cosa si è abbeverata per tutta la vita la vostra coscienza. Della vostra anima, della vostra immortalità, della vostra vita negli altri. E allora? Negli altri siete vissuta, negli altri resterete. Che differenza fa per voi se poi ciò si chiamerà memoria? Sarete ancora voi, entrata a far parte del futuro.
– Un ultima cosa. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. La morte non esiste. La morte non riguarda noi. Ecco, voi avete parlato di talento, questa è un'altra cosa, una cosa nostra, scoperta da noi. E il talento, nella sua nozione più alta e più lata, è il dono della vita.
– Non vi sarà morte, dice Giovanni Evangelista: guardate come è semplice la sua argomentazione. Non vi sarà morte, perché il passato è ormai trascorso. Quasi come dire: non vi sarà morte, perché questo è già stato visto, è vecchio e ha stancato, e ora occorre qualcosa di nuovo e il nuovo è la vita eterna.
Parlando, Jura passeggiava per la stanza.”

Dormite, – disse accostandosi al letto e ponendo le mani sulla testa dell'inferma. Passò qualche minuto e Anna Ivànova cominciò ad assopirsi.
Silenziosamente Jura uscì dalla camera e disse alla Egòrovna di richiamare l'infermiera. «Che diavolo,- pensò,- sto diventando una specie di ciarlatano. Mi metto pure a fare scongiuri, a curare la gente imponendo le mani».
Il dottor Živago

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“Sono contro il matrimonio, sono senza patrimonio | non ho quello che si dice un posto al sole.”

Francesco Guccini (1940) cantautore italiano

da Il sociale e l'antisociale, n. 10
Folk beat n. 1

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“Se la donna è al suo posto, anche l'uomo troverà il proprio.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Maria. Tenerezza di Dio

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“È piú che dubbioso che l'eroe da noi scelto sia piaciuto ai lettori. Alle signore non piacerà, questo si può dir di sicuro, giacché le signore esigono che l'eroe sia una perfezione assoluta, e basta che abbia, nell'anima o nel corpo, una qualsiasi macchiolina – apriti cielo! Per quanto profondo sia sceso in lui lo sguardo dell'autore, per quanto abbia reso con piú nettezza d'uno specchio la sua immagine, non gliene riconosceranno il minimo pregio. La stessa complessione pienotta e la mezza età di Číčikov gli saranno di grave pregiudizio: la complessione pienotta non verrà a nessun patto perdonata al nostro eroe, e moltissime signore, torcendo il viso dall'altra parte, diranno: – Pfu! com'è detestabile! – Ahimè, son tutte cose che l'autore sa bene; e, nonostante tutto, egli non può scegliere per suo eroe un uomo virtuoso. Ma… chissà, nel corso di questa stessa narrazione, si faranno sentire altre corde, non tocche fin qui; verrà a risaltare la smisurata ricchezza dello spirito russo; apparrà un uomo dotato di virtú sovrumane, o una di quelle prodigiose giovinette russe, come altrove non se ne trovano al mondo, in tutta la stupenda bellezza della sua anima femminile, tutta aspirazioni magnanime e spirito di sacrificio. E morti sembreranno, di fronte a loro, tutti gl'individui virtuosi dell'altre stirpi, com'è morto un libro di fronte alla viva parola! Si solleveranno i moti propri dell'indole russa… e si vedrà quanto a fondo sia penetrato nella natura slava ciò che ha sfiorato appena la natura degli altri popoli… Ma a che scopo parlare di quello che è innanzi? Non si conviene all'autore, che è un uomo educato ormai da gran tempo alla severa vita interiore e alla fredda lucidità della solitudine, lasciarsi trasportare come un giovanotto. A ogni cosa il suo turno, e il suo luogo, e il suo tempo! Ma l'uomo virtuoso, no, non l'abbiamo scelto a nostro eroe. E possiamo anche dire perché non l'abbiamo scelto. Perché è tempo, una buona volta, di concedere un po' di riposo al povero uomo virtuoso; perché a vuoto gira su tutte le labbra la parola uomo virtuoso; perché hanno ridotto a un cavallo l'uomo virtuoso, e non c'è scrittore che non ci scarrozzi, incitandolo colla frusta, o qualunque altra cosa gli capiti; perché hanno talmente massacrato l'uomo virtuoso, che ormai non c'è piú in lui neppur l'ombra della virtú – gli sono restate le coste e la pelle, al posto del corpo; perché ipocritamente si fa venire in ballo l'uomo virtuoso; perché non si rispetta, l'uomo virtuoso. No, è tempo, una buona volta, d'attaccare alle stanghe anche un farabutto. Suvvia dunque, attacchiamo questo farabutto!”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

I, 11; 1977, p. 223

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“I ragazzi grandi non piangono: se vogliono farlo devono almeno chiudersi nella toilette perché nessuno li veda. Questa è la Nba: non c'è posto per i bambini.”

Phil Jackson (1945) cestista e allenatore di pallacanestro statunitense

Origine: Citato in Luca Chiabotti, Jackson: «Miami la Nba non è fatta per chi piange» http://archiviostorico.gazzetta.it/2011/marzo/10/Jackson_Miami_Nba_non_fatta_ga_10_110310073.shtml, Gazzetta della Sport, 10 marzo 2011.

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“Ogni uomo, per agire, ha bisogno di credere importante e buona la propria attività. E per questo, qualunque sia la sua condizione, egli non mancherà di crearsi una visione della vita umana in genere, alla luce della quale la sua attività possa apparirgli importante e buona.
Di solito si pensa che il ladro, l'assassino, la spia, la prostituta, riconoscendo cattiva la propria professione, debbano vergognarsene. Invece accade esattamente il contrario. Gli uomini che il destino e i loro peccati o errori hanno posto in una determinata condizione, per quanto sbagliata sia, si creano una visione della vita in genere alla luce della quale questa condizione possa apparir loro buona e rispettabile. Per sostenere poi tale visione gli uomini si appoggiano istintivamente a una cerchia di persone in cui venga riconosciuto il concetto che si sono creati della vita e del loro posto in essa. La cosa ci sorprende quando i ladri si vantano della loro destrezza, le prostitute della loro depravazione, gli assassini della loro crudeltà. Ma ci sorprende solo perché la cerchia, l'ambiente di queste persone è circoscritto, e soprattutto perché noi ne siamo al di fuori. Ma non capita forse lo stesso fenomeno fra i ricchi che si vantano delle loro ricchezze, cioè di ladrocinio, fra i capi militari che si vantano delle loro vittorie, cioè di omicidio, fra i sovrani che si vantano della loro potenza, cioè di sopraffazione? Noi non vediamo in queste persone un concetto distorto della vita, del bene o del male, volto a giustificare la loro condizione, solo perché la cerchia di persone con tali concetti distorti è più vasta, e noi stessi vi apparteniamo.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“Non è possibile vivere senza un ideale: anche il più basso, la vanità, persino la cupidigia, ma che sia posto come ideale.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

5 maggio 1896, p. 419

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“Tra i "Dottori della Chiesa" Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo è la più giovane, ma il suo cammino spirituale è così maturo ed ardito, le intuizioni di fede presenti nei suoi scritti sono così vaste e profonde, da meritarle un posto tra i grandi maestri dello spirito.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

dalla omelia http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/homilies/1997/documents/hf_jp-ii_hom_19101997_it.html per la proclamazione della santa a Dottore della Chiesa.

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“È strano, ma l'esempio che mi viene in mente è quello di un libro intitolato L'uomo che fu Giovedì. Era una sciocchezzuola un po' melodrammatica, pure conteneva una sua particolare teoria: un gruppo degli ultimi sostenitori di un ordine civile, lottano contro quello che, apparentemente, appare come un mondo in preda all'anarchia e scoprono, infine, che il misterioso capo degli anarchici è anche a capo dell'ordine costituito, la stessa creatura fiabesca che gli era apparsa piuttosto come l'orco di una pantomima. Soluzione logica (o folle) che ha indotto molti ad arguire che, in questo essere dalla natura ambigua, dovesse leggersi la descrizione della divinità, e il mio libro godette anche di un temporaneo rispetto tra coloro che amano questo tipo di intepretazione. L'errore era dovuto semplicemente al fatto che avevano letto il libro, ma non il titolo. Nel mio caso, veramente, si trattava di un sottotitolo. Il libro si chiamava L'uomo che fu Giovedì. Storia di un incubo. Non era inteso come la descrizione del mondo qual era o come io pensavo che fosse, anche quando i miei pensieri erano molto più incerti di quanto non siano ora. Era la descrizione del mondo di dubbi, di disordine e di disperazione del quale parlavano i pessimisti a quell'epoca, ma con un barlume di speranza posto proprio nell'alternativa insita in quel dubbio che anche i pessimisti, a tratti, avvertivano.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

dall' Illustrated London News del 13 giugno 1936; citato alla p. 173 de L'uomo che fu Giovedì, Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Luciana Crepax

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“Volete sapere chi transiterà per primo sotto il traguardo posto vicino al Santuario della Madonna? Ma chi, se non Gino il Pio?”

Alfredo Binda (1902–1986) ciclista su strada e pistard italiano

Origine: Citato in Paolo Costa, Gino Bartali, Ediciclo Editore, 2001.

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“Bisogna che voi sappiate che cioè è piaciuto alla bontà di Dio dare una benedizione specialissima e niente affatto immaginabile, agli esercizi dei nostri ordinandi. È stata una tal grazia che tutti quelli che vi sono passati, o Ia maggior parte, menano una vita quale deve esser quella dei buoni e perfetti sacerdoti. Ve ne sono anche parecchi notabili per nascita e per altre qualità che Dio ha posto in loro, i quali vivono così regolati nelle proprie famiglie, come noi viviamo in casa nostra e sono altrettanto e, forse, anche più interiori di alcuni di noi, non vi fossi che io solo. Hanno tutto il loro tempo regolato, fanno l'orazione mentale, celebrano la santa messa, fanno l'esame di coscienza tutti i giorni come noi. Si dedicano a visitare gli ospedali e le prigioni, dove catechizzano, predicano, confessano e lo stesso fanno nei collegi con singolari benedizioni di Dio. Fra molti altri, ve ne sono dodici o quindici in Parigi, che vivono a questo modo e sono persone distinte per nascita, e ciò comincia ad esser conosciuto dal pubblico. Ora appunto, questi giorni passati, uno di essi parlando del metodo di vita che tenevano coloro che insieme con lui avevano avuto gli esercizi degli ordinandi, espose un suo pensiero di volersi cioè tutti unire a guisa di assemblea o di compagnia, il che è stato fatto con particolare soddisfazione di tutti gli altri. E lo scopo di detta assemblea è di attendere alla propria perfezione, di procurare che Dio non sia punto offeso, ma conosciuto e servito nelle loro famiglie e di cercare la sua gloria nelle persone di chiesa e fra i poveri; e tutto ciò sotto la direzione di una persona di qui dentro, dove essi devono adunarsi ogni otto giorni. E perché Dio ha benedetto i ritiri che parecchi curati della diocesi hanno fatto qui, questi signori desiderano far lo stesso ed hanno realmente cominciato. Abbiamo dunque motivo di sperare grandi beni da tutto questo, se piace a Nostro Signore benedire I'opera sua che raccomando particolarmente alle vostre preghiere.”

Vincenzo de' Paoli (1581–1660) sacerdote francese

A Francois Du Coudray, Roma, 13 giugno 1633, vol. I, p. 158
Epistolario

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“Non ci si può convincere che Dio, il quale è un essere molto saggio, abbia posto un'anima, e soprattutto un'anima buona, in un corpo tanto nero.”

Charles Louis Montesquieu (1689–1755) filosofo, giurista e storico francese

citato in Gianni Scipione Rossi, Razzismo. Il buio della ragione nel secolo dei lumi
Variante: Non ci si può capacitare che Dio, il quale è un essere saggissimo, abbia messo un'anima, soprattutto un'anima buona, in un corpo nerissimo.

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“Può darsi che i giovani non abbiano tutte le virtù degli anziani, ma ne hanno una che vale tutte le altre e cioè che un giorno ne prenderanno il posto.”

Louis Armand (1905–1971) ingegnere francese

Simples Propos; citato in Selezione dal Reader's Digest, ottobre 1974

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“Dove si trova la conoscenza? I bambini di solito cominciano con il dare per scontato che l'insegnante possieda la conoscenza e la trasmetta alla classe. Se si creano le condizioni opportune, imparano presto che anche altri componenti della classe potrebbero possedere delle conoscenze, e che queste conoscenze possono essere condivise. (Naturalmente lo sanno fin dall'inizio, ma solo riguardo ad argomenti spiccioli.) In questa seconda fase, la conoscenza esiste nel gruppo – ma in modo inerte. È possibile allora vedere la discussione di gruppo come un modo di creare conoscenza invece che semplicemente come un modo per scoprire chi possiede quali conoscenze?
C'è un ulteriore passo da compiere, che ci porta a toccare uno degli aspetti più profondi della conoscenza umana. Se nessun membro del gruppo "sa" la risposta, dove si può andare a "scovarla"? È il balzo che porta a concepire la cultura come un magazzino, come un deposito di attrezzi o qualcosa di simile. Esistono cose note a tutti gli individui (più di quante essi stessi sappiano); più cose ancora sono conosciute dal gruppo possono essere scoperte tramite una discussione all'interno del gruppo; e molte più ancora sono immagazzinate in qualche altro posto – nella "cultura", per esempio nella testa delle persone più colte, nei manuali, nei libri, nelle mappe e così via. Per definizione, praticamente nessuno in una cultura sa tutto quello che c'è da sapere su di essa. E allora cosa dobbiamo fare quando non sappiamo come andare avanti? E quali sono i problemi che incontriamo nel reperire la conoscenza che ci serve?
Se sappiamo rispondere a questa domanda siamo sulla buona strada per capire cos'è una cultura. Non ci vorrà molto perché un bambino cominci a capire che la conoscenza è potere, o che è una forma di ricchezza, o che è una rete di sicurezza.”

Jerome Bruner (1915–2016) psicologo statunitense

da La cultura dell'educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 64-65

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“Quintilio guardava lontano, oltre il confine del terreno demaniale. Quattro miglia più a sud, all'orizzonte, si stagliava il profilo ondulato delle grandi colline. Sul punto più elevato, i faggi di Cottington's Clump si agitavano al vento che, lassù, tirava più robusto che in pianura fra le eriche.
«Guarda!» disse d'un tratto Quintilio. «Eccolo là, Moscardo, il posto che fa per noi. Colline alte e solitarie, dove il vento porta con sé rumori lontani e la terra è asciutta come paglia in un granaio. Là noi dovremo abitare. Là, bisogna che andiamo.»”

cap. 10, La strada e la brughiera, p. 60
La collina dei conigli
Variante: Quintilio guardava lontano, oltre il confine del terreno demaniale. Quattro miglia più a sud, all'orizzonte, si stagliava il profilo ondulato delle grandi colline. Sul punto più elevato, i faggi di Cottington's Clump si agitavano al vento che, lassù, tirava più robusto che in pianura fra le eriche.
«Guarda!» disse d'un tratto Quintilio. «Eccolo là, Moscardo, il posto che fa per noi. Colline alte e solitarie, dove il vento porta con sé rumori lontani e la terra è asciutta come la paglia in un granaio. Là noi dovremo abitare. Là, bisogna che andiamo.

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“Di solito non mi lodo, ma devo dire che quest'anno ho guidato veramente bene, sono riuscito quasi sempre a esprimere tutto il mio potenziale. Certo, come tutte le persone competitive amo vincere e vedo il secondo posto come una sconfitta.”

Robert Kubica (1984) pilota automobilistico polacco

Origine: Citato in A Kubica va bene così http://notizie.it.msn.com/sport/formula1/articolo.aspx?cp-documentid=10722851, MSN.com 6 novembre 2008.

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“Michelagnolo Amerigi fu uomo satirico e altiero; e usciva tal'ora a dir male di tutti li pittori passati e presenti per insigni che si fussero, poiché a lui pareva d'aver solo con le sue opere avanzati tutti gli altri della sua professione […] molti giovani ad essempio di lui si danno a imitare una testa del naturale, e non studiando né fondamenti del disegno e della profondità dell'arte, solamente del colorito appagansi, onde non sanno mettere due figure insieme, né tessere istoria veruna, per non comprendere la bontà di sì nobil'arte.
Fu Michelagnolo, per soverchio ardimento di spiriti, un poco discolo, e tal'ora cercava occasione di fiaccarsi il collo o di mettere a sbaraglio l'altrui vita. Pratticavano spesso in sua compagnia uomini per natura anch'essi brigosi; e ultimamente affrontatosi con Ranuccio Tomassoni giovane di molto garbo, per certa differenza di giuoco di palla a corda, sfidaronsi, e venuti all'armi, caduto a terra Ranuccio, Michelagnolo gli tirò una punta, e nel pesce della coscia feritolo, il diede a morte. Fuggirono tutti da Roma, e Michelagnolo andossene a Pellestrina, ove dipinse una S. Maria Maddalena. E d'indi giunse a Napoli, e quivi operò molte cose.
[…] Se Michelagnolo Amerigi non fusse morto sì presto, averia fatto gran profitto nell'arte per la buona maniera che presa avea nel colorire del naturale; benché egli nel rappresentar le cose non avesse molto giudicio di scegliere il buono e lasciare il cattivo. Nondimeno lasciò gran credito e più si pagavano le sue teste che l'altrui istorie, tanto importa l'aurea popolare, che non giudica con gli occhi ma guarda con l'orecchie. E nell'Accademia il suo ritratto è posto.”

Giovanni Baglione (1566–1643) pittore italiano

da Le Vite dè Pittori, Scultori et Architetti, Roma, 1642

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“Pianta l'insegna qui, alfiere; questo è il posto giusto per noi!”

Marco Furio Camillo: V, 55; 1997
Signifer, statue signum; hic manebimus optime.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X
Origine: Nel tempo l'espressione è stata poi ripetuta da Quintinio Sella nel 1870 riguardo a Roma Capitale ed è stata utilizzata da D'Annunzio riguardo all'impresa di Fiume. (2011)

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“Farò di tutto perché non vengano più installate quelle terribili pale eoliche che tanto rovinano il paesaggio. Dovranno passare sopra di me per installarne di altre. Chi ne vorrà di altre cominci a pensare di infilarserle in quel posto.”

Vittorio Sgarbi (1952) critico d'arte, politico e opinionista italiano

dalla prima intervista rilasciata come sindaco di Salemi, Sgarbi sindaco di Salemi: "Mai più nuovi impianti eolici" http://www.ilove-sicilia.it/ils/index.php?option=com_content&view=article&id=312:intervista&catid=64:le-altre-news&Itemid=123, I love Sicilia, 30 giugno 2008
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“[Sul trattato con la Cina] Una delle azioni più importanti della nuova storia tedesca che ci ha assicurato nell'Asia orientale il nostro posto al sole.”

Bernhard von Bülow (1849–1929) politico e ambasciatore tedesco

citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 683

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