Frasi su profeta

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema profeta, dio, essere, uomo.

Frasi su profeta

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“Fra eterni dubbi e nebbie persistenti ci sforziamo chiediamo nuovamente e con più forza: che promesse ha mantenuto il profeta? Dopo che l'olezzo delle divinità è stato spazzato via dal vento della nuova verità che fine ha fatto l'abisso misterioso dionisiaco nettare dio-non-dio di cui la nuova umanità doveva cibarsi? Che forse ci siamo nuovamente imbastarditi, dunque forse ci ritroviamo rimpinzati a adorare nuovi idoli moderni resi forti proprio dalla distruzione di tutto ciò che era vetusto antiquato, d'inciampo alla manifestazione della vita? Che ne è stato della volontà di potenza che ha permesso di poter proseguire su corde tese sull'abisso più tremendamente vertiginoso? Abbiamo sciolto i legacci che impedivano alle ali di avere l'aria per poi convincersi che volare è una storia da fanciulli? Abbiamo venduto per trenta denari d'argento il segreto in cambio dello sfatamento, del disincanto? Abbiamo rotto un eterno ritorno per un nuovo ciclo di diverso periodo e rivoluzione. Abbiamo fatto rapprendere il caos in caso. Abbiamo in definitiva preteso troppo e non siamo riusciti a non scoppiare per poi accasciarci divelti e lasciarci trasportare da quello che è il mondo. Ammettiamolo siamo stati a volte e di nascosto paghi e soddisfatti, anche noi abbiamo acceso qualche lume, bruciato del grasso odoroso ai nuovi dei, commesso nuovi peccati seguito nuove virtù. C'è un qualche scarto fra quello che profondamente siamo e quello che semplicemente pensavamo pensiamo d'essere. E come se la sovrapposizione fra le due cose fosse imperfetta. Ed è li che si insinua, in quelle crepe in quelle fessure, tutto ciò che non è libertà. Cos'è a questo punto l'Uomo. Anche i prefissi hanno fallito. Dobbiamo rassegnarci? A cosa dobbiamo rassegnarci. Al fatto di non poter tornare indietro che ciò che si smaschera non può essere rivelato? all'impossibilità di reggere il tremendo paradosso di un nulla adesso non più ricolmo e saturo di potenza ma sempre più vuoto? Giuravamo guerra a quelli dell'umanità e adesso non riusciamo a reggere i nostri inganni, ecco ciò che ci siamo ridotti a pensare. Come rispondere a questi tranelli come sfuggire a queste perseguitanti domande? Ecco la mia estrema panacea e rimedio: innalzate vorticose are all'esempio unico comandamento e redentore unica grazia e liberazione. Che vibri il fiato negli ottoni per annunciare l'Unico nostro strumento contro la nostra rassegnazione.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

da una lettera al dott. Skitafka 24 agosto 1900

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“Nessun profeta è ben accetto in patria.”

Gesù (-7–30 a.C.) fondatore del Cristianesimo

4, 24
Nuovo Testamento, Vangelo secondo Luca

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“Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri. Ero giovanissimo, avevo l'illusione che l'intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò m'ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà della notte a meditare sulle questioni più astruse. Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra. Mi ero ridotto a una vita quasi vegetativa: ma non animalesca. Leggicchiavo un poco, pregavo, passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l'orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari. Una sera, anzi una notte, mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull'erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. Ruppe il silenzio, ma non l'incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad una ispirazione profonda: «Com'è bello! E pure c'è chi dice che Dio non esiste». Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell'ora: dopo mesi di studi aridissimi, toccò tanto al vivo l'animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri. Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremil'anni: «I cieli narrano la gloria di Dio». Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: «Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore.»”

Enrico Fermi (1901–1954) fisico italiano

Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c'era nell'animo suo, custoditovi da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi.
Origine: Cfr. Immanuel Kant: «il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me».
Origine: Citato in M. Micheli, Enrico Fermi e Luigi Fantappié: Ricordi personali, Responsabilità del sapere, 31, 1979, pp. 21-23.

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“[I quattro gradi dell'amore]
[…] bisogna che il nostro amore cominci dalla carne. Se poi è diretto secondo un giusto ordine, […] sotto l'ispirazione della Grazia, sarà infine perfezionato dallo spirito. Infatti non viene prima lo spirituale, ma ciò che è animale precede ciò che è spirituale. […] Perciò prima l'uomo ama sé stesso per sé […]. Vedendo poi che da solo non può sussistere, comincia a cercare Dio per mezzo della fede, come un essere necessario e Lo ama.
Nel secondo grado, quindi, ama Dio, ma per sé, non per Lui. Cominciando però a frequentare Dio e ad onorarlo in rapporto alle proprie necessità, viene a conoscerlo a poco a poco con la lettura, con la riflessione, con la preghiera, con l'obbedienza; cosí gli si avvicina quasi insensibilmente attraverso una certa familiarità e gusta pura quanto sia soave.
Dopo aver assaporato questa soavità l'anima passa al terzo grado, amando Dio non per sé, ma per Lui. In questo grado ci si ferma a lungo, anzi, non so se in questa vita sia possibile raggiungere il quarto grado.
Quello cioè in cui l'uomo ama sé stesso solo per Dio. […] Allora, sarà mirabilmente quasi dimentico di sé, quasi abbandonerà sé stesso per tendere tutto a Dio, tanto da essere uno spirito solo con Lui. Io credo che provasse questo il profeta, quando diceva: "-Entrerò nella potenza del Signore e mi ricorderò solo della Tua giustizia-".”

Bernardo di Chiaravalle (1090–1153) religioso, abate e teologo francese

[…]
cap. XV
De diligendo Deo

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“Di qui la nota sentenza di Ippocrate: Il più efficace dei medici è quello in cui molti hanno fede, in quanto liga molti, o coll'eloquio, o con l'aspetto, o con la notorietà. Ciò riguarda non solo il medico, ma anche ogni genere di mago, e quale che sia il titolo di potere, perché chi opera ligature difficilmente con altri mezzi potrà suscitare l'immaginazione.
Ed i teologi credono ed ammettono e predicano su colui che per sé può compiere ogni cosa, ma che non era in grado di curare quelli che non avevano fede in lui, e l'esauriente spiegazione di simile impotenza va riportata all'immaginazione, che egli non fu in grado di ligare; i famigliari, infatti, cui la sua modesta origine ed educazione erano note, spregiavano ed irridevano il medico e il profeta: di qui il proverbio Nessun profeta è riconosciuto nella sua terra.
È dunque più facile, per qualcuno, ligare colui che è meno noto, per mezzo dell'opinione e della disponibilità della fede, per la quale la potenza dell'anima si predispone in una certa maniera, si apre, si esplica, come se, per accogliere il sole, aprisse finestre che in altro frangente manterrebbe sigillate, e vien dato accesso a quelle impressioni che l'arte del ligatore esige, onde imporre successive ligature, come la speranza, la compassione, il timore, l'amore, l'odio, l'indignazione, l'ira, la gioia, la pazienza, lo spregio della vita, della morte, della fortuna, e tutti gli altri affetti, le cui forze dall'anima trasmigrano nel corpo, per modificarlo.”

Giordano Bruno (1548–1600) filosofo e scrittore italiano

2000, pp. 91-93

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“I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli! Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: "Chi è costui?". E la folla rispondeva: "Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea". Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: "La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri". Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì. Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide", si sdegnarono e gli dissero: "Non senti quello che dicono?". Gesù rispose loro: "Sì, non avete mai letto: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata una lode?". E, lasciatili, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.”

Matteo apostolo ed evangelista apostolo di Gesù

21, 6 – 17

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“Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch'io. […] Se dobbiamo difendere il crocifisso come "arredo", tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una "tradizione" (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta "civiltà ebraico-cristiana" (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all'asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l'ideologia più pagana della storia, il nazismo – l'ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. […] Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all'uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l'8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell'uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Ma io difendo quella croce, 5 novembre 2009
Il Fatto Quotidiano

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“[…] la cattedra non è per i profeti e i demagoghi. Al profeta e al demagogo è stato detto: "Esci per le strade e parla pubblicamente". Parla, cioè, dov'è possibile la critica.”

Max Weber (1864–1920) economista, sociologo, filosofo e storico tedesco

Origine: Il lavoro intellettuale come professione, p. 29

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“Un monaco può sempre legittimamente paragonarsi ad un profeta, perché i monaci sono gli eredi dei profeti.”

Thomas Merton (1915–1968) scrittore e religioso statunitense

Parte prima, Prologo, p. 14
Il segno di Giona

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“Il profeta non è la variante ebraica dell'indovino.”

Papa Benedetto XVI (1927) 265° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Gesù di Nazareth

“A proclamare di solito l'imminenza di ore tranquille e rasserenate, nella Bibbia sono piuttosto i falsi profeti.”

Giacomo Biffi (1928–2015) cardinale e arcivescovo cattolico italiano

Memorie e digressioni

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“Erano indiani, per davvero. O figli della rivoluzione del '68, o profeti di una dottrina che avrebbe cambiato per sempre il modo di fare calcio. E il loro capo-tribù si chiamava Rinus Michels. Il suo calcio totale che trasformava gli spazi in praterie era fatto di un possesso-palla esasperato, di accelerazioni improvvise, di pressione multipla sul'avversario col pallone, di fuorigioco alto quando non altissimo. Ma soprattutto era interpretato non più da specialisti dei vari ruoli, bensì da giocatori eclettici capaci di attaccare e difendere, di giocare senza palla prima ancora che con la palla, di muoversi con disinvoltura in ogni zona del campo stando sempre corti, compatti, ossessivi. Una nuvola biancorossa, quella dell'Ajax, una nuvola arancione, quella dell'Olanda. Con portieri che, una volta aboliti i ruoli specifici, si erano riciclati da liberi, interpretando la parte in maniera più spregiudicata. L'emicrania non venne soltanto a Maldini. Venne agli inglesi la prima volta che affrontarono l'Olanda di Michels, le punte scattavano sul risaputo lancio dalle retrovie e la nuvola arancione li aveva messi in offside non di tre, ma di dieci-quindici metri. Venne al sommo Brera, cui quei satanassi mandarono all'aria tutti i parametri atletici e tattici sino a li' elaborati: e Brera se ne vendicò ribattezzandoli «cicale» dopo la finale mondiale persa nel '74 dai tedeschi padroni di casa. È vero, nell'albo d'oro ci sono le formiche, che ad ogni buon conto si chiamavano Beckenbauer, Muller, Overath, Breitner, Mayer. Ma nell'archivio delle emozioni indimenticabili restano loro, restano quei 16 tocchi consecutivi olandesi dal fischio d'avvio al fallo di Vogts su Cruyff in area germanica. Il primo tedesco a toccare il pallone in quella finale fu Muller, riavviando il gioco dal disco di centrocampo dopo il rigore di Neeskens. Il generale Michels si prese la rivincita quattordici anni più tardi quando, sullo stesso campo, l'Olympiastadion di Monaco, decorò la bacheca olandese dell'unico trofeo conquistato sin qui, l'Europeo '88, firmato da una storica prodezza di Van Basten. Ma fu un indennizzo tardivo e mai fino in fondo assaporato. Perché pur nel rispetto di una matrice di massima, quella non era più la sua Olanda-totale. Tant'è vero che il suo fuoriclasse, Van Basten, era pienamente classificabile, in quanto prototipo del centravanti moderno: a differenza del fenomeno d'un tempo, Cruyff, che segnava sì a mitraglia ma che nessuno ha mai saputo battezzare se non come uomo-ovunque.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

4 marzo 2005

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“Lo storico è un profeta che guarda all'indietro.”

Friedrich Schiller (1759–1805) poeta, filosofo e drammaturgo tedesco

dai Frammenti

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“Nati non siamo per l'azione, | né per il lucro, né alle schiere: | ma solo per l'ispirazione, | i dolci suoni e le preghiere.”

Alexander Sergejevič Puškin (1799–1837) poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo

da Il poeta e la folla

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“È più facile morire per le masse che viverci insieme.”

da Il profeta muto
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“Come tutti i profeti sani di mente, sacri e profani, posso fare delle profezie solo quando sono infuriato.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

L'Utopia degli usurai

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“Anche Dirac ha una propria religione che al primo comandamento recita: Dio non esiste, ma Dirac è il suo profeta.”

Wolfgang Pauli (1900–1958) fisico austriaco

Origine: Citato in Etienne Klein, Sette volte la rivoluzione – I grandi della fisica contemporanea, traduzione di M. Schianchi, Raffaello Cortina Editore.

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“La Chiesa è chiamata a rispecchiare sul suo volto, il Volto di Cristo Profeta o Maestro, Sacerdote e Re.”

José Saraiva Martins (1932) cardinale e arcivescovo cattolico portoghese

Origine: da Il volto dei volti: Cristo, a cura dell'Istituto Internazionale di Ricerca sul Volto di Cristo, Editrice Velar, Gorle 2002, p.19

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“Paradigma dell'economista è non spacciarsi da profeta.”

Federico Caffè (1914–1987) economista italiano

dall'intervista del 23 maggio 1982: p. 133
Scritti quotidiani

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“La miglior qualifica per un profeta è avere buona memoria.”

George Saville Halifax (1633–1695) politico e scrittore inglese

Citazioni di George Savile
Origine: Citato in Dizionario mondiale di Storia, Rizzoli Larousse, Milano, 2003, p. 556. ISBN 88-525-0077-4

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“Giunti alle soglie del terzo millennio, ci sentiamo purtroppo più figli del crepuscolo che profeti dell'avvento.”

Antonio Bello (1935–1993) vescovo cattolico italiano

Maria donna dei nostri giorni

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“La vecchiarella è una bazzecola! – pensava con foga ed a scatti. – La vecchia sarà stata un errore, ma non è di lei che si tratta! La vecchia è stata soltanto una malattia… io volevo al piú presto scavalcare l'ostacolo… io non ho ucciso una persona, io, io ho ucciso un principio! Il principio, sí, l'ho ucciso, ma quanto a scavalcare, non ho scavalcato, son rimasto da questa parte… soltanto uccidere ho saputo. E anche quello non l'ho saputo fare, si vede… Un principio? Per che cosa quello stupidello di Razumichin poco fa criticava i socialisti? Sono gente laboriosa e trafficante; si occupano della "felicità generale"… no, a me la vita è data una volta sola e poi non l'avrò mai piú: io non voglio aspettare la "felicità universale". Voglio vivere anch'io, se no è meglio non vivere addirittura. […] Oh, che ignobiltà! Oh, che viltà!… Oh, come io comprendo il "profeta", con la spada, a cavallo: Allah lo vuole, e obbedisci, "tremante" creatura! Ha ragione, ha ragione, il "profeta" quando pianta in mezzo alla strada una b-b-buona batteria e tira sugli innocenti e sui colpevoli, senza nemmeno degnarsi di una spiegazione! Obbedisci, tremante creatura, e… non aver desiderî, perché non è affar tuo!… Oh, per nulla, per nulla al mondo perdonerò a quella vecchia!”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

Raskòl'nikov; III, VI; pp. 328-9

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“La forma assoluta della guerra non scoraggia i suoi profeti. Sembra, anzi, che esasperi la loro predicazione.”

Roger Caillois (1913–1978) scrittore, sociologo e critico letterario francese

Origine: La vertigine della guerra, p. 59

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“Vent'anni fa, Leopold Mapple era il giovane scienziato più brillante del nostro corso per studenti superdotati all'Istituto di Scienze di Londra. Era un ragazzone di cento chili, roseo e ben vestito. Lo si sarebbe potuto prendere per un ricco rampollo nullafacente: invece era lo scienziato più importante nella ricerca sulla fisica subatomica. Ma era anche il più inveterato gaudente, mangione, bevitore, tabagista, donnaiolo e cultore di ogni altra cosa dai più chiamata vizio. Spesso veniva richiamato dal nostro rettore, gran lucertolone calvinista, ad un atteggiamento più morale, ma Apple gli rispondeva sempre: "Sono uno scienziato e ho studiato con attenzione il mondo: e dico mai, nelle mie osservazioni, né col microscopio, né con con la camera a bolle, né con le analisi chimiche, né coi raggi X ho mai visto apparirmi una cosa chiamata 'morale'. Era infatti Leopold Mapple, l'uomo più radicalmente ateo, più rigidamente materialista, più lontano da qualsiasi sbavatura filosofica o mistica, che io avessi conosciuto. Per lui tutto era materia, numero, osservazione, confronto, realtà: su tutto il resto egli spargeva abbondantemente la sua risata fragorosa, ben conosciuta in tutte le birrerie londinesi. "C'è un solo mezzo", egli ripeteva spesso, "per elevarsi da questa terra: ed è possedere una velocità superiore a 11,45 chilometri al secondo: tutto il resto è carburante per la superstizione e l'ignoranza." E a questo suo monolitico approccio all'esistenza, egli si manteneva coerente. Radunava un gruppo di amici, io, il dottor Hyde, e Bohr, e Fermi e Jacobson e ci trascinava nella Londra notturna. Mangiava e beveva smodatamente: "Nulla teoria, sine hosteria,"diceva e aggiungeva: "Certo non ci si ciba in fondo che di molecole, ma tra un piatto di idrogeno e un pasticcio di maiale, c'è una bella differenza." E a chi gli diceva che diventa sempre più grasso, rispondeva: "Nell'Universo, le cose grosse sono più rare delle piccole: pochi elefanti, molte zanzare, pochi grandi stelle, tanti pianetini." Insomma, un tipo piuttosto bizzarro, l'avrete capito: ma l'eccezionale bravura scientifica e l'allegria contagiosa, lo rendevano simpatico a tutti. Piaceva anche alle donne, anche se lui ripeteva spesso:"Considero ogni parola detta a letto, oltre le sei, come una conferenza, e come tale mi riservo di abbandonarla." Questo suo carattere gli causava anche qualche guaio, come una volta, quando vide alcuni bambini fermi davanti a un presepe sotto Natale. Subito volle spiegare loro: uno, che Gesù Bambino non poteva essere nato seminudo nella capanna perché sarebbe morto assiderato entro pochi minuti, due, che la Madonna non poteva averlo partorito restando vergine perché la fecondazione artificiale è stata inventata quasi duemila anni dopo, e tre, che se veramente sulla capanna fosse arrivata una cometa avrebbe ridotto tutta la Palestina a una voragine fumante. Inoltre i pastori che arrivavano con le pecore probabilmente non erano venuti per regalarle, ma per venderle come è loro abitudine, e che i tre re magi erano la più grande delle fandonie perché mai nella storia un re si è fatto una cammellata nella notte per andare a portare dei doni a un bambino nudo, magari a una bambina di sedici anni sì, ma a un neonato mai nei secoli dei secoli amen e dopo, siccome i bambini erano piuttosto choccati, li portò tutti in una pasticceria e offrì loro una montagna di kraffen dicendo: prendete e mangiate, eccovi dio infinitamente buono nella sua santa trinità di crema, marmellata di arance e cioccolato. Fu denunciato dai genitori, e si guadagnò una nota di biasimo dal rettore, che però non lo espulse perché proprio in quei mesi Mapple stava ultimando un esperimento straordinario: era riuscito a costruire una camera a bolle speciale dove era sicuro di scoprire la terza forza elementare, la forza che, diceva, sta all'origine di tutte, e non è né onda né particella, qualcosa di completamente diverso, e definitivo. "Farò l'ultimo strip-tease alla cosiddetta materia," ci disse, troneggiando tra macerie di lattine di birre, a una festa organizzata la sera prima dell'esperimento. "E quello che resterà alla fine, sarà il principio: altroché Buddha e Javeh e Visnù e altri figuri metà uomo e metà cane e splendenti e resuscitanti e volanti e sibilanti su e giù per il cielo. Basta con il traffico aereo degli impostori! Quello che troveremo al termine del mio esperimento, sarà Dio a tutti gli effetti di legge: ciò da cui tutto è composto, e creato, e causato: una particella, un'onda, una relazione. Non lancerà fulmini, nel suo nome nessun profeta sarà costretto a massacri, non avrà bisogno di travestirsi da toro di legno per scopare: sarà una formula, tutto lì. Gioiosa, semplice, tangibile, consistente, divulgabile nelle scuole, utilizzabile in industria. Ragazzi quel giorno andrò dal rettore e gli dirò: 'faccia mettere questa formula nel presepe al posto di Gesù Bambino. E vedrà se giuseppi e marie e pastori e pecorelle e reganti cammellari e angeli trombettieri non ci faranno la figura dei fessi!" Noi scoppiammo a ridere, qualcuno era un po' scandalizzato, ma Mapple ci travolse, beveva e cantava e petava come un cavallo gridando: "In interiore hominis vox veritatis!" e passammo in rassegna tutte le bettolacce di Sub-Chelsea e per contare i tappi di birra fatti saltare Bohr disse che ci sarebbe voluta un'equazione complessa, e tornammo a casa ubriachi fradici. Il giorno dopo, fragoroso come sempre, Mapple arrivò all'Istituto per l'esperimento. "Bene," disse "ora prendiamo un bell'atomo grassotto e prendiamolo a cazzotti finché non gli cascano giù tutti gli elettrodentoni." Era questo un suo modo colorito di definire gli esperimenti subatomici. Un giovane tecnico si calò nella grande camera a bolle, dentro la quale sarebbe avvenuto il bombardamento, fino all'ultima particella. Quella mattina Mapple era particolarmente euforico, e ben farcito di birra. Non si accorse che il tecnico si era sdraiato a terra per controllare la temperatura del suolo. Così lo chiuse senza accorgersene dentro la camera e iniziò il bombardamento. L'esperimento durò otto giorni: per quel tempo, il reparto restò chiuso a tutti. Il nono giorno ecco arrivare Mapple in smoking, reduce dalla solita notte di baldoria. C'eravamo tutti con lui, mentre si avviava alla camera nucleare: "Ragazzi", egli gridava, facendo roteare il bastone d'avorio, "le nuvole di duemila anni di incensi religiosi stanno finalmente per dissolversi. Migliaia di preti invaderanno gli uffici di disoccupazione in tutto il mondo. Nessun bambino verrà mai più atterrito da purgatori e inferni! Le marmellate in cima agli armadi verranno sterminate, senza paura di ritorsioni. Nelle chiese risuonerà, liberatorio, il tintinnio dei brindisi. Suore nude si concederanno a rabbini infoiati, ex voto, ex stole, ex messali, tiare, sottanoni e paramenti e ultime cene tutto brucerà, nello stesso fuoco in cui la chiesa ha bruciato i libri, gli eretici, i villaggi degli infedeli. L'ultima crociata è giunta! L'umanità è salva! Cristo è disceso in terra, anzi è sempre stato lì, e io ve lo mostrerò! La causa causarum, la sacra particula, il colui da cui, il primo motore, l'ordo initialis, l'uovo cosmico, il fabbro celeste, il danzatore eterno, l'occhio del Buddha, il kkien, il waugwa, il primo bit, il supremo artefice! Presto a voi in tutto il suo scientifico splendore! Seguitemi!" E noi lo seguimmo, eccitati, fin davanti la porta sigillata della camera dell'esperimento, e trattenemmo il fiato insieme a lui, quando lui aprì la porta e vide… vide… Vide il tecnico, con la barba lunga, i capelli incolti, con il viso scavato da otto giorni di digiuno, e il camice bianco strappato, che alzava al cielo le mani bruciate dalle ustioni radioattive e gridava: "Sono qui! Sono io, Mapple, finalmente mi hai trovato!" Descrivere il viso di Mapple in quel momento, non mi è possibile: diventò bianco come un marmo, gli occhi sembrarono uscirgli dalle orbite, ed egli lanciò un urlo, un urlo che fece tremare i vetri dell'Istituto, e i nostri cuori. "Nooooooooooooooooo!" Fuggì, travolgendo tutti. Nessuno di noi riuscì a raggiungerlo per spiegargli cos'era veramente successo. Sparì nel nulla e riapparve solo dopo molti giorni, la barba lunga, gli occhi rossi: capimmo subito che era uscito di senno. "Mapple," cercammo di spiegargli "quello che hai visto era solo il tecnico dell'Istituto, rimasto chiuso nella tua camera atomica per otto giorni!" "No amici," egli disse con voce ispirata, "era Dio! In fondo a ogni atomo c'è Dio." Due mesi dopo partì, con questa strana astronave, nello spazio. Da quel giorno egli vola per le galassie, portando la Religione ovunque, nelle stazioni spaziali, nei pianeti, nelle astronavi: non c'è culto o rito o confessione che egli non conosca e commerci. Cosi sia.”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano

“È giusto che la fantasia abbia in ogni tempo visto assiso, alle sorgenti, un santo o un profeta.”

Pietro Pancrazi (1893–1952) scrittore e critico letterario italiano

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