Frasi sul silenzio
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“O paese di piogge e maltempo, | nomade silenzio, | come una pagnotta di grano sotto la volta | è spezzata la tua luna.”

Sergej Aleksandrovič Esenin (1895–1925) poeta russo

Russia e altre poesie, O paese di piogge e maltempo

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“Tuttavia c'è un'oscura sorgente luminosa che brucia nel silenzio di una fede senza immagini, tanto più luminosa quanto più gioisco della sua oscurità.”

Thomas Merton (1915–1968) scrittore e religioso statunitense

Parte terza, 4 giugno, p. 223
Il segno di Giona

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“Ad Auschwitz tante persone, ma un solo grande silenzio. (da Auschwitz”

Francesco Guccini (1940) cantautore italiano

Canzone del bambino nel vento), n. 5
Folk beat n. 1

“Colui [Giuseppe] che nel silenzio del suo amore ha percepito il mistero di Dio senza voler rinchiuderlo in parole.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Maria. Tenerezza di Dio

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“Una delle più penose condizioni per i gelosi (e gelosi sono tutti nella nostra vita di società) è trovarsi costretti a quelle relazioni mondane che mettono in una grande e pericolosa intimità gli uomini e le donne. Bisogna diventar ridicoli oppure permettere l'intimità nei balli, l'intimità tra i medici e le loro clienti, l'intimità con gli artisti, i pittori e specialmente i musicisti. Le persone si occupano insieme della più nobile tra le arti, la musica: perciò è necessaria quella tale intimità, e quell'intimità non ha nulla di biasimevole: soltanto un marito scioccamente geloso può vedervi qualcosa di male. E intanto tutti sanno che proprio a mezzo di occupazioni, e specialmente della musica, avviene la maggior parte degli adultèri nel nostro mondo. Evidentemente li avevo messi nella medesima situazione penosa nella quale mi trovavo io: per un pezzo non mi riuscì di dir nulla. Ero come una bottiglia capovolta dalla quale l'acqua non esce perché è troppo piena. Volevo ingiuriarlo, scacciarlo, ma invece sentivo che dovevo invece mostrarmi amabile e affettuoso con lui. E così feci. Finsi di approvare tutto, per quello stesso strano sentimento che mi obbligava a rivolgermi a lui con tanta maggiore gentilezza quanto più la sua presenza mi era penosa. Gli dissi che mi affidavo al suo gusto e consigliai lo stesso a mia moglie. Egli rimase ancora un poco, quanto bastava per cancellare la sgradevole impressione che aveva prodotto la mia subitanea entrata nella stanza, con quel viso stravolto e quel mio silenzio, e poi se ne andò, figurando di aver finalmente deciso quel che si dovesse suonare. Io ero interamente persuaso che a paragone di ciò che li preoccupava la questione dei pezzi da suonare era per loro senza alcuna importanza.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

cap. XXI, 1968

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“Se saprai tacere, saprai parlare. Il silenzio del savio è un gran libro chiuso.”

Ambrogio Bazzero (1851–1882) scrittore e poeta italiano

Storia di un'anima, Lagrime e sorrisi

“Il silenzio dei popoli è un monito per i re.”

citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 463-464

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“Pian piano il silenzio esterno della sera si tramuta nell'interiore calore del corpo.”

Peter Handke (1942) romanziere e drammaturgo austriaco

Il peso del mondo

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“Questo è il punto su cui bisognerebbe far leva. È inutile tentare di incastrare nel penale un uomo come costui: non ci saranno mai prove sufficienti, il silenzio degli onesti e dei disonesti lo proteggerà sempre. Ed è inutile, oltre che pericoloso, vagheggiare una sospensione di diritti costituzionali. Un nuovo Mori diventerebbe subito strumento politico- elettoralistico, braccio non del regime, ma di una porzione del regime. Qui bisognerebbe sorprendere la gente nel covo dell'inadempienza fiscale come in America. Ma non soltanto le persone come Mariano Arena e non soltanto qui in Sicilia. Bisognerebbe di colpo piombare sulle banche; mettere mani esperte nelle contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende. E tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche, sarebbe meglio si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuoriserie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi e tirarne il giusto senso. Soltanto così ad uomini come don Mariano comincerebbe a mancare il terreno sotto i piedi. In ogni altro paese del mondo, una evasione fiscale come quella che sto constatando, sarebbe duramente punita. Qui con Mariano se ne ride, sa che non gli ci vorrà molto ad imbrogliare le carte.”

Capitano Bellodi
Il giorno della civetta

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“Chi non si rifugia qualche volta nel silenzio, si abbruttisce nel chiasso.”

Richard Gutzwiller (1896–1958)

Origine: Meditazioni su Matteo, p. 89

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“Sono stati anni bui quelli, anni silenziosi, quando il silenzio non è una scelta.”

Lorenzo Licalzi (1956) scrittore e psicologo italiano

Che cosa ti aspetti da me?

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“Silenzio come pienezza, non povertà. | Dal silenzio nasce sia l'attesa che l'appagamento.”

Lalla Romano (1906–2001) poetessa, scrittrice e giornalista italiana

da Diario ultimo, a cura di Antonio Ria, Einaudi, 2006

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“Io non sono un poeta. | Io non sono che un piccolo fanciullo che piange. | Vedi: non ho che lagrime da offrire al Silenzio.”

Sergio Corazzini (1886–1907) poeta italiano

da Desolazione del povero poeta sentimentale, in Piccolo libro inutile

“[…] In noi giungerà l'universo,
quel silenzio frontale dove eravamo
già stati.”

Milo De Angelis (1951) poeta, scrittore e critico letterario italiano

Origine: Dove eravamo già stati, p. 80

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“Il modo più bello, secondo il mio parere, | Di serbare il silenzio, è quello di tacere.”

Paolo Ferrari (commediografo) (1822–1889) commediografo e scrittore italiano

a. V, sc. 6
La satira e Parini

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“Federer ha la stessa aura che avevano Borg e Lendl. Quando entra lui negli spogliatoi c'è lo stesso, rispettoso, silenzio. Non ha un buco nero evidente, nel suo gioco, ed è quasi imbattibile. A meno che non l'attacchi rischiando ogni colpo.”

Pat Cash (1965) tennista australiano

Origine: Citato in Vincenzo Martucci, Laver: «Un onore essere paragonato a lui» http://archiviostorico.gazzetta.it/2005/luglio/04/Laver_onore_essere_paragonato_lui_ga_10_0507042787.shtml, Gazzetta dello Sport, 4 luglio 2005.

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“E[rri]: Gli uomini sono animali dotati di parola, ma si trasmettono esperienze meglio col silenzio.”

Erri De Luca (1950) scrittore, traduttore e poeta italiano

Origine: Sulla traccia di Nives, p. 102

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“Ben venga la tecnologia, dunque, perché rappresenta certamente il futuro, ma ricordiamo che l'elemento uomo, che parrebbe da essa quasi relegato in secondo piano, rimane il centro, il motore, l'anima di quest'universo che ci sforziamo di governare. L'uomo e l'inquietudine, figlia dei tempi, che l'accompagna.
Perché inquietudine? Guardiamo in particolare al mondo della Magistratura e pensiamo all'aria avvelenata in cui essa si trova troppo spesso ad operare, e ci chiediamo se ciò avvenga per colpe proprie ovvero per gratuiti e interessati attacchi esterni. Ma è vano cercare di sciogliere il dilemma; occorre invece che ci si adoperi con ogni energia per togliere voce a quanti imputano ad alcuni esponenti della magistratura scarsa diligenza o vanità personale o spinte ideologiche che li orienterebbero altrove rispetto a un'interpretazione corretta e serena della norma. Se queste incrostazioni esistono devono essere rimosse perché lo esige la collettività e lo merita la stragrande maggioranza dei magistrati, per i quali la disposizione prevalente è quella della dedizione incondizionata, della volontà tenace di esercitare il proprio ministero in vista del solo bene comune, con spirito di sacrificio e senza clamori: nel silenzio che spesso non paga ma è dignità di servizio e gratificazione di coscienza. Parimenti, non sono più sopportabili quegli attacchi gratuiti, di provenienza varia, ingeneroso esercizio ormai troppo diffuso di quanti applicano la regola secondo cui la miglior difesa consiste nel distruggere l'immagine del "nemico". Il convincimento da taluni nutrito, da altri propagandato, del giudice come di un soggetto onnipotente e sordo ai problemi di coscienza, e teso a chissà quali fini impropri, è fasullo e banale: quanti ci sono vicini per ragioni di lavoro o affettive conoscono l'ansia del dubitare, la paura di non sapere offrire le corrette risposte, di non poter cogliere il frutto che a volta pare proibito e si chiama giustizia.
Non c'è e non ci può essere indifferenza nell'atto del giudicare. Non si avvia un uomo al calvario di un processo penale né lo si condanna con il sorriso sulle labbra, non si respinge un immigrato onesto con una scrollata di spalle, non si toglie un bambino a una madre o a un padre senza subirne un contraccolpo doloroso come un pugno nello stomaco. Stati d'animo con i quali il buon magistrato fa i conti in compagnia delle sole voci di dentro che impietosamente gli ricordano giorno dopo giorno come una decisione sbagliata possa stravolgere una vita e uccidere una speranza.
Rubo ancora un minuto alla vostra pazienza per un'ultima annotazione: entro pochi giorni o settimane un gruppo di magistrati milanesi chiuderà la propria attività, e a loro voglio dire: per quaranta e più anni s'è combattuta, credo, la buona battaglia – mi perdoni San Paolo per la citazione che non vuole essere irriverente – e ho speranza che ora, giunti al termine della corsa, integra si sia conservata in ognuno la fiducia negli ideali per i quali tutti fummo avviati a questo lavoro. A quanti operano e opereranno nel mondo del diritto, magistrati, avvocati, personale amministrativo, ai giovani soprattutto, auguro di raccogliere in abbondanza, forti del loro impegno e con l'aiuto di Dio, i frutti di quanto di buono si va seminando perché questo Paese, che è stato la culla del diritto e che a volte ci dilettiamo noi stessi a bistrattare al di là dei suoi demeriti, mentre dispensiamo ammirazione incondizionata a quasi tutti gli altri popoli del mondo che hanno invece, quasi tutti, tanto da imparare; questo Paese al quale, fuor d'ogni retorica, credete, mi onoro e sono fiero di appartenere, rivendichi e riprenda il suo ruolo di portabandiera nella faticosa ma entusiasmante corsa di civiltà che porta al traguardo della Giustizia.”

Ruggero Pesce (1938) giudice italiano

da Discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario 2010 per il distretto della Corte d'Appello di Milano del Presidente Ruggero Pesce http://it.wikisource.org/wiki/Discorso_di_inaugurazione_dell%27anno_2010_per_il_distretto_della_Corte_d%27Appello_di_Milano

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“[Sulla segregazione razziale] È facile cantare in tempi felici. Ma è duro farlo di fronte agli insulti, alle paure, alla minaccia della violenza, in mezzo all'odio o al silenzio dell'inazione: gli inni dei diritti civili aiutarono la causa di un popolo.”

Barack Obama (1961) 44º Presidente degli Stati Uniti d'America

2010
Origine: Citato in Paolo Valentino, Dalla Baez a Bob Dylan In scena alla Casa Bianca la musica dei diritti civili https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/11/Dalla_Baez_Bob_Dylan_scena_co_8_100211022.shtml, Corriere della Sera, 11 febbraio 2010, pp. 18-19.

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“Un assoluto silenzio conduce alla tristezza. Egli offre una immagine della morte.”

Domenico Cirillo (1739–1799) medico e botanico italiano

Origine: Discorsi accademici, p. 37

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“Io non posso immaginare un mondo senza musica. La musica può metterti energia, darti allegria se sei triste, farti pensare, vestirti di nostaglia e di malinconia. La musica è una parte fondamentale della nostra vita. Poi… anche il silenzio è musica.”

Zucchero (1955) composto chimico chiamato comunemente zucchero

Citazioni di Zucchero
Origine: Dal programma televisivo Un soffio caldo - Natale con Zucchero, Rai 2, 21 dicembre 2010.

“Chi è purificato da una vera esclusiva devozione per il Beato – verificatasi, s'intende, grazie a una violenta caduta di potenza – è in verità colui che non desidera frutto alcuno e, interrogato perché se ne stia così senza far nulla, non risponde o meglio risponde col silenzio; e intanto, essendo la sua mente come dissolta e trapassata dall'intima devozione per il Beato, ha i peli drizzati, il corpo preso da un tremito convulso, gli occhi spalancati divenuti due polle di acqua.”

Abhinavagupta (950–1020) filosofo indiano

da Bhagavadgītārthasaṃgraha, XIV, 26
Origine: La "caduta di potenza" è interpretabile come "discesa della grazia": la "potenza", o "energia", è śakti, il potere divino.
Origine: Con "frutto" si intende un generico piacere mondano: sono le cosiddette "fruizioni".
Origine: Citato in Vijñānabhairava 2002, p. 105.
Origine: Traduzione di Raniero Gnoli, in Il canto del Beato, UTET, 1976.

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“Tu pensi che il dovere debba stare in silenzio per timore quando il potere si piega così alla lusinga?”

Kent: Atto I, Scena I. Traduzione di Guido Bulla
Re Lear

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“Quando trovo | in questo mio silenzio | una parola | scavata è nella mia vita | come un abisso.”

Giuseppe Ungaretti (1888–1970) poeta italiano

Commiato, Locvizza, 2 ottobre 1916; p. 58

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“Amare al buio, dormire al sole, mangiare in silenzio: tre sciocchezze.”

Ugo Ojetti (1871–1946) scrittore, critico d'arte e giornalista italiano

Origine: Sessanta, CII

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“Cara Mita, questo è Eliot – il mio Thomas detestato ed amato, dove si mischia come in nessun altro, sapore di vita e di morte, l'acqua dolce e salata della foce dei fiumi.
Non ho da offrire al suo silenzio che questi bimbi tra le foglie, sulle cerimonie dei morti, questo sole che riempie d'acqua le conche vuote degli anni; e queste incerte, tormentose stagioni tutte smarrite una nell'altra in lampi di fuoco e neve.”

Cristina Campo (1923–1977) scrittrice, poetessa e traduttrice italiana

Lettere a Mita
Origine: Il riferimento è ad alcuni passi dei Quattro Quartetti tradotti in francese da Pierre Leyris dattiloscritti da Cristina Campo per M. P. Harwell. Il testo di Cristina Campo è scritto in margine ai passi. più in dettaglio la nota di M. P. Harwell a p. 307 di Lettere a Mita.
Origine: Dalla lettera a Margherita Pieracci Harwell [prima del 13 maggio 1956], p. 17.

“L'amore trova il suo significato solo nell'ora della separazione.”

Gian Piero Bona (1926) poeta e scrittore italiano

da Il silenzio delle cicale, Garzanti, 1981³

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“Non è forse vero che il volto più affascinante delle cose è proprio nel riflesso del sogno che le stesse cose sanno nutrire? Sono stati sempre quei grandi silenzi a sedurre la mia immaginazione.”

Walter Bonatti (1930–2011) alpinista italiano

da Discorso tenuto alla Società Geografica Spagnola (2008), p. 457
Un mondo perduto. Viaggio a ritroso nel tempo

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“Occhi nella notte | che cercano | e la notte che ti guarda | paziente | nell'attesa.”

Pietro Nigro (1939) poeta italiano

da Tu, la notte e il silenzio, vv. 5-9
Astronavi dell'anima

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“Caro direttore [Indro Montanelli], sono quasi 6 anni che non ci sentiamo. Da quel 22 luglio 2001 quando, dopo avere speso gli ultimi respiri a mettere in guardia gli italiani dal virus Berlusconi, te ne volasti in cielo. Ora che sei in Paradiso, immagino che tu abbia di meglio da fare che occuparti dell'Italia: in 92 anni di vita, hai già dato. Ma qui succedono cose talmente strane che devo proprio raccontartele. Intanto Berlusconi non c'è più, al governo intendo. Ma non è che si noti molto. Anzi, forse torna. Il vaccino non ha funzionato. Ora c'è di nuovo Prodi, almeno fino a un paio di minuti fa c'era. Non sappiamo. Si parla, tanto per cambiare, di crisi della politica. E in quel vuoto s'infilano indovina chi? La Confindustria e il Vaticano. Come diceva Totò, quando vedo un buco ci entro. Tu eri un laico risorgimentale a 24 carati, ma due papi, Roncalli e poi Woytjla, ti vollero conoscere perché eri molto rispettoso della religione. Un po' meno di certi Preti e di certi Vescovi che s'impicciavano di politica. Dicevi: "Aborro i preti, esseri autoritari e prepotenti. Quando qualcuno mi dice che stiamo andando verso il fascismo, vorrei quasi rispondere: magari! Il fascismo è brutto, ma passa. Invece andiamo incontro a forme di vita clericale, anzi ci siamo dentro, perché non abbiam saputo amministrare il nostro libero esame. Abbiamo liquidato la coscienza, dandola in appalto al prete. Ecco dove nasce il più macroscopico difetto degli italiani: la mancanza di una coscienza morale. Non siamo religiosi: siamo cattolici per comodità, abitudine, tradizione, non per coscienza. Il problema di Dio gli italiani non se lo pongono. Perciò non siamo mai stati una Nazione: l'unico Stato che conosciamo è quello Pontificio". Ecco, ci siamo dentro fino al collo adesso, direttore. I cattolici liberali si sono estinti. Già tu rimpiangevi De Gasperi, "un democristiano che credeva in Dio e non aveva bisogno di fare il bigotto, forse perché era nato in Austria. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". Oggi con Dio ci parlano in pochi, persino tra i cardinali. In compenso tutti parlano con i preti e i cardinali. Ma anche con Andreotti, che a 90 anni è sempre un bijou: è vivo e lotta insieme a noi. Il Papa invece è cambiato: Woytjla non c'è più, ora c'è Ratzinger. Quando dice no alle coppie di fatto, si mettono tutti sull'attenti. Quando invece dice che il capitalismo non è molto meglio del socialismo, quando dice che bisogna salvaguardare l'occupazione, privilegiare i poveri, gli ultimi, difendere l'ambiente da uno sviluppo scriteriato, parlano d'altro e fanno finta di non sentire. Un giorno, di recente, ha detto addirittura che bisogna cacciare i corrotti dalla politica, e lì anche i politici più bigotti sono diventati anticlericali: come si permette di impicciarsi in affari che non gli riguardano? Ti parlo dallo studio di Santoro, che è tornato in tv dopo 5 anni di riposo, diciamo così: l'ultima volta che in Rai si sentì la tua voce fu da Biagi e da Santoro, entrambi i programmi furono subito chiusi. Stiamo per trasmettere un reportage della Bbc sulla pedofilia nel clero, già visto su internet da alcune decine di milioni di persone nel mondo e 3-4 milioni in Italia. Mi dirai: "dov'è il problema, già ai miei tempi tutti volevano una Rai modello Bbc". Appunto: adesso hanno visto cosa fa la Bbc e gli è passata la voglia. Persino la Cei ha detto: "Nessuna censura, discutiamo pure con equilibrio". La censura la invocano i politici e alcuni papaveri Rai, che sono più papisti del Papa. C'è un tale Landolfi, lo stesso capo della Vigilanza che nel 2001 ti accusò di linciare Berlusconi e chiese addirittura a Ciampi di intervenire per la tua intervista a Biagi a ridare dignità al servizio pubblico, che 10 giorni fa già sapeva che avremmo imbastito un processo mediatico contro la Chiesa: una specie di Nostradamus. E ha aggiunto: "Non sono queste le finalità del servizio pubblico, non è per questo che i cittadini pagano il canone". Lui li conosce uno per uno, gli telefona tutti i giorni per sapere che cosa vogliono. Poi c'è Fassino, che una volta era comunista, però ha studiato dai gesuiti: ora parla come don Abbondio e ci invita al massimo equilibrio e alla massima prudenza. Fini l'altra sera ha annunciato a "Ballarò" che il nostro programma non andrà mai in onda: deve averglielo detto in sogno l'Arcangelo Gabriele, ma era un imitatore: infatti siamo in onda. Casini chiese un programma riparatore che raccontasse tutto il bene che fa la Chiesa nel mondo. Potrebbe commissionarlo ai suoi uomini alla Rai, che sono un po' più numerosi di quelli che aveva la Dc una volta, però la Dc aveva anche il decuplo dei suoi voti; oppure potrebbe chiederlo a Buttiglione, che ha mezza famiglia in Rai e l'altra mezza a Mediaset; invece chiede a noi. Tu dirai: che c'entrano i politici con la libera informazione? Da quando i giornalisti prendono ordini dai segretari di partiti? Ecco, il problema è che ormai non se lo domanda più nessuno. Trovano tutto ciò molto normale. I politici non si accontentano di lottizzare la Rai: vogliono fare i palinsesti e i critici televisivi; prima o poi condurranno direttamente programmi e si intervisteranno da soli. Ricordi Giuliano Ferrara? L'avevi lasciato ateo. Bene, adesso è rimasto ateo ma è diventato anche clericale, nel frattempo. Dice che il reportage Bbc è una schifezza. E lui se ne intende. C'è perfino chi pretendeva che mostrassimo in anticipo all'editore una scaletta sicura prima di decidere se mandarci in onda oppure no. Come se l'amministratore della Fiat Marchionne volesse leggere gli articoli della Stampa o De Benedetti quelli della Repubblica, prima di mandare in stampa i giornali. Anche questo, è un po' strano, è passato sotto silenzio, come una cosa normale. La nostra categoria non ha brillato, ma questa per te non è una novità: già 30 anni fa tu scrivevi che "il giornalismo italiano è servo per vecchia abitudine: i potenti vogliono il monumento equestre e il piedistallo, e noi glielo diamo". Non ti dico gli intellettuali sedicenti liberali: tutti zitti, o addirittura solidali con i censori. Sono quelli che tu definivi "una grossa camorra al servizio di ogni potere". L'altro giorno, rileggendo i tuoi ultimi articoli, mi è capitata una lettera a Franco Modigliani, Nobel dell'Economia, in cui tu parlavi della corruzione e dicevi: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, dietro l'esempio e sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni… Un popolo italiano consapevole della propria identità e ben deciso a difenderla, non c'è. E non c'è perché, nei secoli in cui questa coscienza nazionale maturava nel resto dell'Occidente, in Italia veniva soffocata da una Chiesa timorosa che il cittadino soppiantasse il fedele e creasse un potere temporale laico contrapposto al suo". Questo scrivevi sulla prima pagina del Corriere della Sera non 1000 anni fa, 6 anni fa. Oggi passeresti per un nemico della fede, della famiglia, dell'Occidente, forse per un fiancheggiatore di Al Qaeda. Non è che potresti prenderti una libera uscita e tornare giù un po' da noi per un paio di giorni, non di più? Ci manchi tanto, e non sai quanto. Ciao, direttore.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

dalla coperina di Annozero, 31 maggio 2007
Annozero

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“Era, il dopoguerra, un tempo in cui tutti pensavano d'essere dei poeti, e tutti pensavano d'essere dei politici; tutti s'immaginavano che si potesse e si dovesse anzi far poesia di tutto, dopo tanti anni in cui era sembrato che il mondo fosse ammutolito e pietrificato e la realtà era stata guardata come di là da un vetro, in una vitrea, cristallina e muta immobilità. Romanzieri e poeti avevano, negli anni del fascismo, digiunato, non essendovi intorno molte parole che fosse consentito usare; e i pochi che ancora avevano usato parole le avevano scelte con ogni cura nel magro patrimonio di briciole che ancora restava. Nel tempo del fascismo, i poeti s'erano trovati ad esprimere solo il mondo arido, chiuso e sibillino dei sogni. Ora c'erano di nuovo molte parole in circolazione, e la realtà di nuovo appariva a portata di mano; perciò quegli antichi digiunatori si diedero a vendemmiarvi con delizia. E la vendemmia fu generale, perché tutti ebbero l'idea di prendervi parte; e si determinò una confusione di linguaggio fra poesia e politica, le quali erano apparse mescolate insieme. Ma poi avvenne che la realtà si rivelò complessa e segreta, indecifrabile e oscura non meno che il mondo dei sogni; e si rivelò ancora situata di là dal vetro, e l'illusione di aver spezzato quel vetro si rivelò effimera. Cosí molti si ritrassero presto sconfortati e scorati; e ripiombarono in un amaro digiuno e in un profondo silenzio. Cosí il dopoguerra fu triste, pieno di sconforto dopo le allegre vendemmie dei primi tempi. Molti si appartarono e si isolarono di nuovo o nel mondo dei loro sogni, o in un lavoro qualsiasi che fruttasse da vivere, un lavoro assunto a caso e in fretta, e che sembrava piccolo e grigio dopo tanto clamore; e comunque tutti scordarono quella breve, illusoria compartecipazione alla vita del prossimo. Certo, per molti anni, nessuno fece piú il proprio mestiere, ma tutti credettero di poterne e doverne fare mille altri insieme; e passò del tempo prima che ciascuno riprendesse sulle sue spalle il proprio mestiere e ne accettasse il peso e la quotidiana fatica, e la quotidiana solitudine, che è l'unico mezzo che noi abbiamo di partecipare alla vita del prossimo, perduto e stretto in una solitudine uguale.”

1963, pp. 165-166
Lessico famigliare

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“Icaro mi fa tornare in mente il volo di Lauro De Bosis, che dovrebbe esserle carissimo. Era nato nel 1901 e aveva poco più di vent'anni quando fu invitato a New York e avvertì gli americani dell'infamia della dittatura fascista: proprio come fece poi il Gaetano Salvemini cui lei si ispira, e che fu fra gli amici di Lauro. Nel 1926 insegnò a Harvard e nel 1927 scrisse il poema intitolato così: "Icaro". I suoi famigliari e collaboratori furono arrestati mentre lui tornava dall'Italia in America. Si fermò a Parigi, faceva il portiere d'albergo, traduceva, studiava, preparava antologie di poeti, imparava a guidare l'aereo. Nel 1931 una sottoscrizione gli consentì di acquistare un piccolo velivolo e di caricarlo di volantini. Il 3 ottobre decollò da Marsiglia, arrivò sopra Roma, scese a una quota bassissima, versò su piazza Venezia e sul resto del centro 400 mila manifestini. Aveva preparato tre testi diversi. In uno si leggeva fra l'altro: "Chiunque tu sia, tu certo imprechi contro il fascismo e ne senti tutta la servile vergogna. Ma anche tu ne sei responsabile con la tua inerzia. Non cercarti un'illusoria giustificazione col dirti che non c'è nulla da fare. Non è vero. Tutti gli uomini di coraggio e d'onore lavorano in silenzio per preparare un'Italia libera". De Bosis sapeva che il carburante non gli sarebbe bastato per il ritorno. Precipitò in mare vicino all'isola d'Elba, Icaro di se stesso. La notte prima aveva scritto una "Storia della mia morte". Non era invasato di morte, come gli assassini-suicidi delle Torri. Pensava semplicemente che bisognasse. "Mentre, durante il Risorgimento, i giovani pronti a dar la vita si contavano a migliaia, oggi ce ne sono assai pochi. Bisogna morire. Spero che, dopo me, molti altri seguiranno, e riusciranno infine a scuotere l'opinione."”

Adriano Sofri (1942) giornalista, scrittore e attivista italiano

La sua compagna, la famosa attrice Ruth Draper, intitolò a lui una donazione per una cattedra di italianistica a Harvard. Quel Gaetano Salvemini vi tenne le sue famose lezioni sulle origini del fascismo.
Origine: Da Una mia vecchia lettera non spedita a Oriana Fallaci, il Foglio, 29 marzo 2016.

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“Con un cattolicesimo alla chitarra non si catturano i giovani. Di dee jay ne abbiamo troppi, di Papa uno solo. […] Ma i giovani hanno bisogno del silenzio dei monasteri, di valori come il sacrificio, la rinuncia, l'impegno.”

Vittorio Messori (1941) giornalista e scrittore italiano

citato in Messori: "Ma la Chiesa non è una discoteca" https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/03/Messori_Chiesa_non_una_discoteca_co_0_97090311606.shtml, Corriere della sera, 3 settembre 1997