Frasi su analisi

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema analisi, ultimo, essere, proprio.

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“Parto da un principio semplice e indipendente da ogni analisi economica. A mio parere, la legge generale della vita richiede che in condizioni nuove un organismo produca una somma di energia maggiore di quella di cui ha bisogno per sussistere. Ne deriva che il sovrappiù di energia disponibile può essere impiegato o per la crescita o per la produzione, altrimenti viene sprecato. Nell'ambito dell'attività umana il dilemma assume questa forma: o la maggior parte delle risorse disponibili (vale a dire lavoro) vengono impiegate per fabbricare nuovi mezzi di produzione – e abbiamo l'economia capitalistica (l'accumulazione, la crescita delle ricchezze) – oppure l'eccedente viene sprecato senza cercare di aumentare il potenziale di produzione – e abbiamo l'economia di festa. Nel primo caso, il valore umano è funzione della produttività; nel secondo, si lega agli esiti più belli dell'arte, alla poesia, al pieno rigoglio della vita umana. Nel primo caso, ci si cura solo del tempo a venire, subordinando ad esso il tempo presente; nel secondo, è solo l'istante presente che conta, e la vita, almeno di quando in quando e quanto più è possibile, viene liberata da considerazioni servili che dominano un mondo consacrato alla crescita della produzione. I due sistemi di produzione non possono esistere allo stato puro; c'è sempre un minimo di compromesso. Tuttavia, l'umanità in cui viviamo si è formata sotto il primato dell'accumulazione, della consacrazione delle ricchezze all'aumento del potenziale di produzione. Le nostre concezioni morali e politiche sono ancora dominate da un principio: l'eccellenza dello sviluppo delle forze produttive. Ma se è vero che un tale principio ha incontrato negli uomini poche obiezioni, non è così nel gioco stesso dell'economia: messo alla prova, il principio dello sviluppo infinito ha mostrato che poteva portare a conseguenze imprevista […] E se l'umanità, nel suo complesso, continua a volerlo e a regolare i suoi giudizi di valore su questo desiderio, in molti si è installato il dubbio circa la validità infinita dell'operazione. Possiamo andare oltre, e porre in modo più preciso la domanda: le concezioni morali e politiche che continuano a dominare la nostra attività – vale a dire l'economia – non sono in ritardo sui fatti? Nei nostri giudizi complessivi non rifacciamo l'errore di quegli stati maggiori che si mostrano ogni volta in ritardo su una guerra? Insomma, il pensiero umano non dovrebbe seguire il rapido movimento dell'economia? Certo, non si tratterebbe di rinunciare bruscamente ai beni crescenti del globo, ma potrebbe essere arrivato il momento di riformare le nostre concezioni sull'uso delle ricchezze […] per contribuirvi, mi propongo di mostrare una serie di lavori e di saggi […] da una parte le profonde deformazioni dell'equilibrio generale che lo sviluppo attuale dell'industria ha comportato, dall'altra le prospettive di un'economia non centrate sulla crescita. Per la prima parte non ci sarà da far altro che proseguire l'analisi già avviata dalla scienza economica moderna, mentre per l'altra si tratterà di introdurre considerazioni teoriche nuove e fondare la rappresentazione generale del gioco economico sulla descrizione dei sistemi antecedenti all'accumulazione capitalistica. Questi studi dovranno allora includere un campo considerato generalmente estrinseco all'economia: quello delle religioni, primitive o non, cui è concesso il campo della storia delle arti. In effetti, a mio parere, l'uso delle ricchezze, o più precisamente il loro fine, è essenzialmente lo spreco: il loro ritiro dal circuito della produzione. Ora, questa verità non solo ha fondato fin dall'inizio i profondi valori umani (quelli del disinteresse) e tutti i tesori umani che i secoli ci hanno trasmesso; ma in più, è la sola verità su cui potremmo fondarci ora per risolvere i problemi posti dallo sviluppo industriale. Soltanto il dono senza speranza di profitto, così come lo richiede un principio di eccedenza finale delle risorse, può far uscire il mondo attuale dall'impasse. L'economia attuale ha fin da ora determinato in profondità un rovesciamento radicale delle idee; questo rovesciamento deve però ancora essere realizzato per rispondere alle esigenze dell'economia.”

Georges Bataille (1897–1962) scrittore, antropologo e filosofo francese

Origine: Da Choix de lettres 1917-1962, pp. 377-79.

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“In genere da una donna in analisi è impossibile cavare alcunché. Come ho avuto modo di constatare più volte, le sventurate che cadono in mano agli psicanalisti diventano definitivamente e letteralmente inutilizzabili. Questa conseguenza non va considerata come un effetto secondario della psicanalisi, bensì come il suo scopo principale. Con l'alibi della ricostruzione dell'io, in realtà gli psicanalisti procedono a una scandalosa demolizione dell'essere umano. Innocenza, generosità, purezza… tutto ciò viene rapidamente triturato dalle loro rozze mani. Gli psicanalisti, pinguamente remunerati, supponenti e stupidi, annientano definitivamente nei loro cosiddetti pazienti qualunque attitudine all'amore, sia mentale che fisico; in pratica si comportano da veri e propri nemici dell'umanità. Spietata scuola di egoismo, la psicanalisi sfrutta con agghiacciante cinismo le brave figliole un po' smarrite e le trasforma in ignobili bagasce dall'egocentrismo delirante, incapaci di suscitare altro che un legittimo disgusto. In nessun caso bisogna accordare la minima fiducia a una donna che sia passata per le mani degli psicanalisti. Meschinità, egoismo, arrogante ottusità, completa assenza di senso morale, cronica incapacità di amare: ecco il ritratto esaustivo di una donna "analizzata". Véronique, va detto, corrispondeva punto per punto a questa descrizione. L'ho amata quanto più ho potuto – il che significa parecchio amore.”

Michel Houellebecq (1956) scrittore, saggista e poeta francese

Origine: L'estensione del dominio della lotta, pp. 100-101

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“La scienza non può svelare il mistero fondamentale della natura. E questo perché, in ultima analisi, noi stessi siamo parte dell'enigma che stiamo cercando di risolvere.”

Max Planck (1858–1947) fisico tedesco

Origine: Citato in K. Wilber, Quantum questions. Mystical Writings of the World's Great Physicists, New Science Library 1985, p. 153.

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“La filosofia, se così vuol chiamarsi, che s'incarna in Wuthering Heights che tutto il creato, animato o inanimato, fisico e psichico, è espressione di certi vivi principi spirituali: da un lato quel che può definirsi il principio della tempesta – l'aspro, lo spietato, il selvaggio, il dinamico – dall'altro il principio della calma – il dolce, il demente, il passivo, il mansueto. I due principi sono in contrasto, e insieme compongono un'armonia. Così osserva David Cecil (Early Victorian Novelists, Londra 1934). […] Ai personaggi della Brontë è applicabile l'ordinaria antitesi tra bene e male. Essi non cercano di por freno alle loro passioni devastatrici, non si pentono dei loro atti di distruzione; ma siccome quegli atti e quelle passioni non sgorgano da impulsi di natura distruttiva, bensì da impulsi che son distruttivi solo perché stornati dal loro corso naturale, essi non sono " cattivi ". […] Sicché il conflitto a cui assistiamo nel suo libro non è quello consueto dei romanzi vittoriani, tra bene e male; è piuttosto un contrasto tra simile e dissimile. [.. ] In verità il sesso ha poco a che fare coi personaggi della Brontë: l'amore di Catherine è esente da sensualità come la forza che attrae la marea alla luna, il ferro alla calamita, e non ha più tenerezza che fosse odio. […] Da un lato Wuthering Heights, la terra della tempesta, su nell'arida brughiera, nuda all'assalto degli elementi, naturale dimora della famiglia Earnshaw, indomiti figli della tempesta. Dall'altro, protetta dalla frondosa valle sottostante, Thrushcross Grange, l'appropriata dimora dei figli della calma, i gentili, passivi, timidi Linton. […] È la distruzione (a opera di Heathcliff) e la restaurazione di quest'armonia che, secondo l'analisi del Cecil forma il tema del racconto. Che è molto complesso: c'è infatti una seconda generazione in cui la netta distinzione tra i figli della tempesta e i figli della calma s'è smussata; essi partecipano d'entrambe le nature. […] Tale lo schema del romanzo, logico come il profilo d'una fuga musicale, per adoperare la felice similitudine del Cecil: schema da poema epico e da tragedia più che da romanzo. Forse Chesterton ha toccato la nota giusta quando ha detto (in The Victorian Age in Literature): «Wuthering Heights avrebbe potuto essere scritto da un'aquila». Sta sospeso così tra cielo e terra, più vicino al cielo che alla terra: romanzo meteorico.”

Mario Praz (1896–1982) critico d'arte, critico letterario e saggista italiano

Origine: La letteratura inglese: Dai romantici al Novecento, p. 144-46

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“C'è una grandezza innata in Groucho, che sfida l'analisi più accurata, come succede con tutti i veri artisti. Lui è semplicemente unico, allo stesso modo di Picasso o Stravinskij, e credo che la sua impudente strafottenza verso l'ordine costituito sarà divertente tra mille anni come adesso. Oltre tutto, mi fa ridere.”

Woody Allen (1935) regista, sceneggiatore, attore, compositore, scrittore e commediografo statunitense

Citazioni tratte da articoli e interviste
Origine: Groucho Marx, Stefan Kanfer (a cura di), O quest'uomo è morto o il mio orologio si è fermato, Torino, Einaudi, 2000, Introduzione, p. XI.

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“L'opinione è determinata in ultima analisi dai sentimenti e non dall'intelletto.”

Herbert Spencer (1820–1903) filosofo britannico

da Statica sociale

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“La filosofia, se così vuol chiamarsi, che s'incarna in Wuthering Heights che tutto il creato, animato o inanimato, fisico e psichico, è espressione di certi vivi principi spirituali: da un lato quel che può definirsi il principio della tempesta – l'aspro, lo spietato, il selvaggio, il dinamico – dall'altro il principio della calma – il dolce, il demente, il passivo, il mansueto. I due principi sono in contrasto, e insieme compongono un'armonia. Così osserva David Cecil (Early Victorian Novelists, Londra 1934). […] Ai personaggi della Brontë è applicabile l'ordinaria antitesi tra bene e male. Essi non cercano di por freno alle loro passioni devastatrici, non si pentono dei loro atti di distruzione; ma siccome quegli atti e quelle passioni non sgorgano da impulsi di natura distruttiva, bensì da impulsi che son distruttivi solo perché stornati dal loro corso naturale, essi non sono " cattivi ". […] Sicché il conflitto a cui assistiamo nel suo libro non è quello consueto dei romanzi vittoriani, tra bene e male; è piuttosto un contrasto tra simile e dissimile. [.. ] In verità il sesso ha poco a che fare coi personaggi della Brontë: l'amore di Catherine è esente da sensualità come la forza che attrae la marea alla luna, il ferro alla calamita, e non ha più tenerezza che fosse odio. […] Da un lato Wuthering Heights, la terra della tempesta, su nell'arida brughiera, nuda all'assalto degli elementi, naturale dimora della famiglia Earnshaw, indomiti figli della tempesta. Dall'altro, protetta dalla frondosa valle sottostante, Thrushcross Grange, l'appropriata dimora dei figli della calma, i gentili, passivi, timidi Linton. […] È la distruzione (a opera di Heathcliff) e la restaurazione di quest'armonia che, secondo l'analisi del Cecil forma il tema del racconto. Che è molto complesso: c'è infatti una seconda generazione in cui la netta distinzione tra i figli della tempesta e i figli della calma s'è smussata; essi partecipano d'entrambe le nature. […] Tale lo schema del romanzo, logico come il profilo d'una fuga musicale, per adoperare la felice similitudine del Cecil: schema da poema epico e da tragedia più che da romanzo. Forse Chesterton ha toccato la nota giusta quando ha detto (in The Victorian Age in Literature): «Wuthering Heights avrebbe potuto essere scritto da un'aquila». Sta sospeso così tra cielo e terra, più vicino al cielo che alla terra: romanzo meteorico.”

Emily Brontë (1818–1848) scrittrice e poetessa inglese

Mario Praz

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“Lavoro incessante, analisi, riflessione, molta scrittura, infinita autocorrezione: questo è il mio segreto.”

Johann Sebastian Bach (1685–1750) compositore, organista, clavicembalista e maestro di coro tedesco del periodo barocco
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“Non si possono isolare i fenomeni. Non si può dunque fare della fisica «astratta», come quella di Galileo. L'astrazione che trascura le complicazioni del caso concreto, reale, è completamente legittima nel mondo di Galileo: un mondo archimedeo. Essa gli permette di dedurre il caso semplice, il caso ideale, partendo dal quale è in condizione di spiegare il caso concreto e complesso. Ma Descartes non può fare che una fisica concreta. L'astrazione galileiana non lo condurrebbe al caso semplice: essa lo condurrebbe piuttosto al caso impensabile. Per fare qualcosa di analogo a ciò che fa Galileo, avrebbe dovuto prendere in esame non il caso semplice, ma il caso generale. E ciò, lo studio del movimento di un corpo all'interno di un liquido perfetto, è di gran lunga superiore ai suoi mezzi matematici. Descartes lo conferma affermando che oltrepassa le possibilità della conoscenza umana. Lo studio sperimentale è ugualmente impossibile. Come misurare, infatti, il dato principale del problema, la velocità del movimento della materia sottile?
In tal modo, cosa infinitamente curiosa, Descartes, che non era riuscito a dedurre l'esatta legge della caduta perché non aveva capito la nuova concezione del movimento che gli proponeva Beeckman, e che non aveva saputo far coincidere lo studio fisico (causale) del fenomeno della caduta con la sua analisi matematica, rinuncia proprio nel momento in cui, avendo chiarito appieno l'idea del movimento, arriva a formulare il principio fondamentale della scienza moderna, il principio d'inerzia! Il fatto è che, anche in questo caso, egli non ha saputo mantenersi nei giusti limiti: identificando l'estensione e la materia, ha sostituito alla fisica la geometria. Ancora una volta dunque, geometrizzazione a oltranza. Soppressione del tempo. È la ragione per cui la fisica delle idee evidenti, la fisica che costituí una rivincita di Platone, si conclude con una sconfitta. Una sconfitta analoga a quella di Platone.”

Alexandre Koyré (1892–1964) storico della scienza e filosofo francese

cap. II, 2, pp. 135 sg.
Studi galileiani

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“[…] ma invece Lenz sulla via del ritorno si ritrova in preda a un'enorme compulsione idrolitica ad avere Green al suo fianco – o qualsiasi altra persona che non possa o non voglia andare via – vicino a sé, e a confidare a Green o a qualsiasi altro orecchio compiacente ogni esperienza e pensiero abbia mai provato. […] Lenz racconta a Green di quanto spettacolarmente obesa era sua madre, e usa le braccia per illustrare drammaticamente le dimensioni di cui sta parlando. Respira ogni terzo o quarto fatto, ergo circa una volta ogni isolato. Lenz racconta a Green le trame di molti libri che ha letto, ricamandoci sopra. […] Lenz racconta con euforia a Green che una volta gli successe di tranciarsi di netto la punta di un dito con la catena di un motorino e dopo pochi giorni di intensa concentrazione il dito gli era ricresciuto rigenerandosi come le code delle lucertole e disorientando le autorità mediche. […] Lenz spiega a Green che è una leggenda che il coccodrillo del Nilo sia il coccodrillo più temuto perché il coccodrillo dell'Estuario che può vivere anche in acque salate è un miliardo di volte più temuto da chi conosce queste cose. […] Segue un'analisi del termine disfunzione e la sua importanza nelle differenze tra, diciamo, la psicologia e la religione naturale. […] Lenz racconta il suo sogno ricorrente nel quale si trova seduto sotto uno di quei ventilatori tropicali da soffitto su una sedia di bambù e indossa un cappello da safari di L. L. Bean e ha una valigetta di vimini sulle ginocchia, e questo è tutto, questo è il suo sogno ricorrente. […] Lenz dice di ricordarsi alcuni fatti che sostiene gli siano capitati in vitro.”

David Foster Wallace (1962–2008) scrittore e saggista statunitense

pp. 667-670

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“In tutte le analisi che Gramsci conduce, io trovo la presenza di un filo rosso che le guida, presente in tutti i Quaderni.”

Luciano Gruppi (1920–2003) politico italiano

Origine: Il concetto di egemonia in Gramsci, p. 84

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“Il Monti non traduce, ma interpreta: che è pur l'unico modo di tradurre. Subito egli coglie di un episodio, di un personaggio, di un'azione, l'accento fondamentale; e a quello volge e piega il suo interpretare, che è il suo tradurre, e intona il suo canto. Non ha deviazioni o urti o arresti, come chi sia preoccupato di altro e ad altro intenda: come chi, per esempio, si affatichi su l'analisi verbale del testo, o si adoperi di seguir certo stile e di provocare e ottenere effetti voluti. Egli ha dentro una sua musica: e quella ode e a quella obbedisce.”

Manara Valgimigli (1876–1965) filologo, grecista e poeta italiano

Origine: Da Omero, Iliade, nella traduzione di Vincenzo Monti, commentata ad uso delle scuole medie inferiori da Manara Valgimigli, nuova ristampa, Firenze, Le Monnier, 1941, pp. XV-XX; in De Marchi e Palanza, Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni, Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 512.

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“Mannerini mi ha insegnato che essere intelligenti non significa tanto accumulare nozioni, quanto selezionarle una volta accumulate, cercando di separare quelle utili da quelle disutili. […] Questa capacità di analisi, di osservazione, praticamente l'ho imparata da lui. Mi ha anche influenzato a livello politico, rafforzando delle idee che già avevo. Sicuramente è stata una delle figure più importanti della mia vita.”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

Origine: Citato in Antonio Oleari, Un viaggio lungo 40 anni, Aereostella, Milano, 2008, p. 20. Citato anche in Francesco De Nicola, Il sogno e l'avventura: la vita e la poesia di Riccardo Mannerini in Riccardo Mannerini, Il sogno e l'avventura. Poesie 1955 – 1980, a cura di Francesco De Nicola e Maria Teresa Caprile, Liberodiscrivere edizioni, Genova, 2009, p. 13. ISBN 978-88-7388-236-7

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“Nessun americano ha mai chiesto al suo governo, prima della guerra, come un paese ancora arretrato come l'Iraq potesse minacciare dall'altro lato dell'Atlantico la sicurezza dell'America, né perché mai la volesse minacciare, giacché l'America non aveva ancora violato il territorio iracheno. Se i governanti americani volevano far valere la pretesa che le minacce irachene riguardavano l'opposto atteggiamento dell'Iraq e dell'America sull'occupazione sionista della Palestina e di altri territori arabi, si potrebbe rispondere che l'Iraq non è il solo fra gli stati arabi e del mondo intero ad avere su questo punto un atteggiamento opposto a quello dell'America. Inoltre, chi ha autorizzato l'America ad obbligare gli altri paesi del mondo ad adottare una politica su misura di quella dell'America, e se non le obbediscono guai a loro, perché essa farà loro guerra? Chi può dar credito agli appelli americani sulla democrazia se l'America non accetta opinioni diverse da quelle sue persino su punti a carattere regionale, per non parlare di quelli internazionali?
Altra menzogna del governo americano sono stati i pretesi legami dell'Irak con ciò che esso chiama terrorismo, anche se Blair disse ben chiaro che l'Iraq non aveva nessun legame col cosiddetto terrorismo e che non possedeva armi internazionalmente vietate, obbligando così Bush a dichiarare la stessa cosa. Nonostante tutto ciò nessuna delle personalità americane in vista ha chiesto a Bush su che genere di analisi razionale o su quali concrete informazioni tali pretese fossero basate.”

Saddam Hussein (1937–2006) politico iracheno
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“La verità è figlia dell'ispirazione; analisi e dibattito ci tengono lontani dalla Verità.”

Khalil Gibran (1883–1931) poeta, pittore e filosofo libanese

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“L'opera di Proust è ricca di analisi che tentano di descrivere stati d'animo non orientati; il bene vi appare solo in rari momenti per l'effetto o del ricordo o della bellezza in cui l'eternità si lascia presagire attraverso il tempo.”

Simone Weil (1909–1943) scrittore, filosofo

Origine: Da Lettera sulle responsabilità della letteratura, in Poesie e altri scritti, Crocetti, Milano, 1993, p. 69.

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“Eppure ogni teoria è speculativa. Quando i concetti fondamentali di una teoria sono relativamente «vicini all'esperienza» (come per esempio i concetti di forza, pressione, massa), il suo carattere speculativo non è facilmente individuabile. Se, però, una teoria è tale da richiedere l'applicazione di procedimenti logici complessi per raggiungere conclusioni, a partire dalle premesse, che possano essere confrontate con l'osservazione, chiunque acquisisce la consapevolezza della natura speculativa della teoria. In tal caso sorge un sentimento quasi irresistibile di avversione in coloro che non hanno esperienza nell'analisi epistemologica e che non sono consapevoli della natura precaria del pensiero teorico in quei campi che sono loro familiari. D'altro canto, si deve ammettere che una teoria ha un vantaggio considerevole se i suoi concetti base e le sue ipotesi fondamentali sono «vicini all'esperienza» ed è certamente giustificata una maggior fiducia in una teoria di questo tipo. Si corre meno il pericolo di andare completamente fuori strada, soprattutto perché ci vuole molto meno tempo e sforzo per invalidare tali teorie con l'esperienza. Eppure, via via che la profondità della nostra conoscenza aumenta, dobbiamo rinunciare a questo vantaggio nella nostra ricerca di semplicità logica e di uniformità nei fondamenti della teoria fisica. Si deve ammettere che la relatività è andata oltre le teorie fisiche precedenti nel rinunciare alla «vicinanza all'esperienza» dei concetti fondamentali allo scopo di raggiungere la semplicità logica.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Altri saggi e articoli, p. 8

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“Nulla di più comune, per esempio, che trovare un critico moderno che scriva cose di questo genere: 'Il Cristianesimo fu soprattutto un movimento ascetico, una corsa al deserto, un rifugio nel chiostro, una rinuncia alla vita e alla felicità; esso non fu che parte di una fosca e inumana reazione contro la natura stessa, un odio pel corpo, un aborrimento dell'universo materiale, una specie di suicidio universale dei sensi e anche dell'individuo. Derivava da un fanatismo orientale come quello dei fachiri, ed era basato su un pessimismo orientale che considerava l'esistenza stessa come un male'. In tutto questo la cosa straordinaria è che tutto è verissimo; vero in ogni particolare, con la sola differenza che è attribuito erroneamente a chi non ci ha niente a che vedere. Non è vero della Chiesa; è vero delle eresie condannate dalla Chiesa. È come se uno fosse obbligato a scrivere un'analisi degli errori e del malgoverno dei ministri di Giorgio III, con la piccola inesattezza che tutto il racconto si riferisse a Giorgio Washington; o come se uno facesse un elenco dei delitti dei bolscevichi con la sola variante di attribuirli allo zar. La Chiesa primitiva fu, sì, ascetica, ma in dipendenza di una filosofia totalmente diversa da quella di una guerra alla vita e alla natura; la quale realmente esistette nel mondo, e basterebbe che i critici sapessero dove andare a cercarla.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

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