Frasi su cerca
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“L'Europa cerca con difficoltà di costituzionalizzarsi. Se questo vuole essere un progetto da prendere sul serio, si deve considerare che ogni Costituzione è l'esito di un «processo di differenziazione». Se non fosse così, non se ne vedrebbe l'utilità. Per perfezionare soltanto istituzioni che già esistono basterebbe una semplice «revisione regolamentare». La difficoltà di mobilitare un'«opinione pubblica europea» deriva anche da qui: per continuare come prima, solo con un po' più di efficienza, che bisogno c'è di una Costituzione? Non c'è enfasi o retorica (come quella esibita nel preambolo del progetto di Costituzione europea) che possa coprire il vuoto. Occorre dunque un «progetto di differenziazione». Nell'attuale momento, esso non potrebbe che definirsi rispetto alle tendenze e alle forze omologanti che già operano nell'indistinto astratto che ci ingloba e che si denomina, per l'appunto, globalizzazione, entro la quale si staglia la concreta egemonia, anche costituzionale, degli Stati Uniti d'America. Se mai l'Europa si darà una vera Costituzione, sarà quando avrà intrapreso una profonda riflessione su se medesima, ancora una volta a confronto con l'America. Questa volta per rispondere alla domanda: chi davvero noi siamo, che cosa davvero ci distingue, sempre che si voglia essere qualcuno e qualcosa, e non una semplice propaggine.”

Gustavo Zagrebelsky (1943) giurista italiano

cap. 17, p. 148
Contro l'etica della verità

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“Una volta c'era un re, | Che a star solo s'annoiò, | Cerca, cerca, ritrovò, | Ma il volean sposare in tre.”

Jacopo Ferretti (1784–1852) librettista e poeta italiano

I, 1
Cenerentola

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“Non potevo fare a meno di pensare alle differenze tra la mia vita di New York, piena di cibo e comodità, e la vita che conducevano i miei famigliari in Somalia. In Occidente la maggior parte della gente possiede così tante cose da perderne il conto. Era probabile, invece, che i miei genitori potessero contare a una a una tutte le loro cose, e il cibo era difficile da reperire; eppure erano felici e di buon umore. Per la strada la gente sorrideva e conversava. Credo che gli occidentali cerchino di riempirsi di roba nel tentativo di colmare un vuoto. Tutti sono in cerca di qualcosa. Cercano nei negozi e nella televisione. Una volta dei tizi mi hanno mostrato una stanza della loro casa destinata alle candele per le preghiere la meditazione. Un'intera stanza solo per le candele. Qui dovevamo pigiarci l'uno contro l'altro per poter stare tutti insieme: continuavamo a ringraziare Allah per essere tutti insieme. In Somalia non abbiamo posti particolari per pregare, preghiamo anche per salutare qualcuno: «Che Allah sia con te.» A New York tutti tutti dicono «Hello!». Che cosa significa? Nulla, che io sappia, è solo un modo di dire. La gente dice: «Have a good day», buon giorno, ma anche quello è solo un modo di dire. In Somalia diciamo: «Se Dio vuole, ci vediamo dopo.»”

Waris Dirie (1965) modella e scrittrice somala

Dio ha voluto e il mio primo giorno in famiglia è stato bello, bellissimo!
Alba nel Deserto

“È repressivo. Dobbiamo liberare le donne come loro. Le donne con il velo allevano dei fondamentalisti: il velo è la "droga di passaggio" all'estremismo».
Ziad rise. Sorseggiò il tè e ci pensò un attimo prima di rispondere.
«Un velo non è una bomba», disse. «Inoltre, liberarle da cosa? Il velo è un simbolo culturale che ha una storia lunga. Se vivi nel Qatar per un bel po', prima o poi ti troverai in una tempesta di sabbia. Le particelle di sabbia sono finissime, e ti entrano negli occhi, nel naso e nella gola e ti tappano tutto. Ti assicuro che quando ne arriverà una, ti coprirai il naso e la bocca anche tu. Probabilmente è così che la gente di questa parte del mondo ha iniziato a portare il velo migliaia di anni fa. In ogni caso, comunque, se vogliono portare il velo, sono libere di farlo. Perché non rilassarsi e compiacersi della varietà del mondo? Mi piace pensare al mondo come a un film di fantascienza. Ci sono tutte queste creature che si trovano vicendevolmente bizzarre, e anche se qualcuno non ci piace dobbiamo comunque rivolgergli la parola».
«Ma in questo mondo ci sono anche persone – musulmani – che vogliono imporre il velo a tutti. Sono queste le persone che la riforma dell'Islam cerca di fermare».
«Questa però non è una riforma islamica», rispose Ziad. «Per "imporre" qualcosa a qualcuno, si deve stare al governo. Ogni volta che un governo ti impone qualcosa e tu ti opponi, quella è un'opposizione al governo e basta. Perché devi tirare in ballo l'Islam?»
«Perché sono loro a dire che è tutta una questione di Islam».
«Il fatto che lo dicano non vuol dire che sia vero. Sta a te vedere al di là. Ascolta, se il governo americano dice che una parte della popolazione va messa in prigione in nome dei Pokémon, ti trasformi in un esperto di Pokémon per cercare di dimostrargli che mai e poi mai i Pokémon farebbero una cosa del genere?”

Ali Eteraz scrittore e giornalista pakistano
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“Perde il proprio, e se lo merita, chi cerca di prendere l'altrui.”
Amittit merito proprium qui alienum adpetit.

Fedro libro Fabulae

IV. Canis per Fluvium Carnem Ferens
Favole, Libro I

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“Egli non trova senza cercare, e non cerca ciò che sarebbe introvabile, forse introvabile per lui.”

Ferruccio Busoni (1866–1924) pianista, compositore e direttore d'orchestra italiano

Scritti e pensieri sulla musica

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“Sono nato granata. E sono venuto grande a pane e Toro. Aveveo cinque anni la prima volta che mio padre mi portò con sé al Filadelfia, ricordo le battaglie di capitan Bearzot e di Lancioni, le volate di Bertoloni e Crippa, padre, mica figlio, le parate di Panetti e Rigamonti, qualche gol di Jeppson e Virgili. […] Inevitabile, in queste ultime stagioni, coltivare un debole per il Chievo, farsi catturare da certe geometrie straordinarie della Roma, chiedere asilo politico al calcio inglese in cerca di emozioni quantitative, e a quello spagnolo per il ramo qualitativo. […] In stagioni normali l'indice di sgradimento vede al primo posto la Juventus, per ragioni cromosomiche dunque indipendenti dalla mia volontà, seguite dalle altre due appaiate: facciamo quaranta, trenta, trenta. Ma per un certo tempo al quaranta è salito il Milan, per ragioni politiche altrettanto indipendenti dalla mia volontà. Mentre oggi la maggioranza relativa spetta all'Inter perché se chiagne e fotte un napoletano mi diverte; un milanese, meno. E così l'outing è completo. […] Oggi ce n'è un altro. Non un altro funerale, per fortuna. Un altro Torino, come un altro Napoli, un'altra Fiorentina, e chissà quante altre ancora ne verranno. Benvenute a tutte, anzi, bentornate. Questa disinvolta riesumazione ha un nome, si chiama Lodo Petrucci. Sulle ceneri della vecchia società può nascerne una nuova, dalla sera alla mattina, a patto di accettare la perdita di categoria e di adempire a poche altre formalità. Sarà che ho smarrito la fede. Ma ho come la sensazione che un paese che se ne frega di chi perde il lavoro ma legifera in tutta fretta per chi perde il tifo, sia a sua volta un paese a perdere.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

cap. Complimenti per la trasmissione

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“Il vero artista è umile davanti alla propria opera; quel conta è ciò che essa cerca di rivelare.”

Régine Pernoud (1909–1998) storica francese

Testimoni della luce

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“Il loro maestro va in cerca di stupidi.”

III, 74
Il discorso vero

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“Silvio Berlusconi […] nell'estate del 1986 concede un'intervista a Canale 5, di cui è proprietario.
Intervistatrice: «Lei è anche un grande studioso dei classici».
Il Cavaliere: «Ma no, non dica così».
Lei: «Sì, invece, non faccia il modesto. Lei, dottore, ha appena pubblicato un'edizione pregiata dellUtopia di Tommaso Moro, con una bellissima prefazione e una perfetta traduzione dal latino…».
Cavaliere: «Be', in effetti il latino non lo conosciamo tutti, bisogna tradurlo…».
Luigi Firpo, 71 anni, studioso della storia rinascimentale, monumento di erudizione, cattedra di Storia delle dottrine politiche all'Università di Torino, è in vacanza e sta facendo zapping. Quando l'intervistatrice legge alcune righe della prefazione di Berlusconi, l'anziano professore la riconosce immediatamente come sua, appena data alle stampe per l'editore Guida di Napoli.
Riesce ad avere una copia edita dalla Silvio Berlusconi Communication e osserva che Berlusconi ha copiato interi brani della prefazione e della traduzione in latino. Scrive a Berlusconi intimandogli di ritirare tutte le copie. Berlusconi telefona scusandosi e accusando una segretaria disattenta.
Il vecchio professore minaccia di portarlo in tribunale. Berlusconi cerca di blandirlo, gli telefona un giorno sì e uno no, per sei mesi, raccontandogli barzellette. Lo invita a Canale 5 per parlare del papa. Berlusconi è dietro le quinte con una busta di denaro «per il suo disturbo e per l'onore che ci fa», che il professore sdegnosamente rifiuta. Berlusconi continua: per Natale gli regala una valigetta ventiquattrore in pelle di coccodrillo con le cifre LF in oro, un enorme mazzo di orchidee ed un biglietto: «Per carità, non mi rovini». Firpo manda tutto indietro con un biglietto: «Preferisco la mia vecchia borsa sdrucita. Quanto ai fiori, per me e mia moglie, i fiori tagliati sono organi sessuali recisi.»”

Enrico Deaglio (1947) giornalista e scrittore italiano

da Patria 1978-2010, il Saggiatore, Milano, 2010, p. 222 http://books.google.it/books?id=vGXggW7UtEMC&pg=PA222

“Cornacchie magre volavano in circolo sopra le sterpaglie in cerca di cibo. Qualcuna si avventurava anche al centro della carreggiata deserta se c'era da piluccarela carcassa di qualche animaletto sfortunato appena maciullato da un'auto. Rocco odiava quegli uccelli. anche a Roma avevano preso il sopravvento sugli altri volatili. Sbranavano le uova di passeri, pettirossi, cinciallegre ed erano sempre più numerosi. Stavano diventando i padroni dei cieli italiani, a Roma ormai gli unici a tenergli testa erano i gabbiani e i pappagalli verdi che avevano colonizzato i grandi parchi cittadini. Quelli erano rapaci veri, venivano dal Brasile e in quanto a fame non avevano certo da imparare da una cornacchia italiana. Ogni volta che a Villa Borghese o a Villa Ada li vedeva volare in formazione come degli stuka, verdi e rossi coi loro richiami sgraziati, pensava al primo scemo che aveva aperto la gabbia e s'era fatto scappare il Pappagallo Alfa, il pioniere di quella che ora era un'enorme colonia aggressiva e micidiale che stava finendo di massacrare i passeri e gli altri uccellini romani. Comunque, in quanto a bellezza, i pappagalli erano assolutamente superiori a quelle cornacchie spelacchiate e sgraziate. Rocco aspettava trepidante il momento in cui a Roma il cretino di turno si sarebbe lasciato scappare un anaconda. L'Anaconda Alfa. Lì sì che le cose si sarebbero fatte interessanti. Se non altro sarebbe diminuita in maniera esponenziale la popolazione dei ratti romani, ormai grossi come alani e davanti ai quali qualsiasi gatto scappava a zampe levate. Ecco, gli sarebbe piaciuto vederli di fronte ad un anaconda del delta delle Amazzoni, lungo una decina di metri, che ingoia in pochi minuti una bufala campana. Anche questo sarebbe stato un effetto collaterale della globalizzazione, un effetto benefico secondo Rocco Schiavone. Certo poi sarebbe stato un po' complesso affrontare serpenti abbarbicati sui rami dei platani del lungotevere ma almeno il nemico era visibile, meno subdolo, elegante e bello da guardare. In più non era portatore di malattie infettive come i sorci. Magari avrebbe anche incrementato la produzione di borse e scarpe. Chissà.”

La costola di Adamo

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“Penetrando nel museo, la scorsi subito in fondo ad una sala, e bella proprio come l'avevo immaginata. Non ha la testa, le manca un braccio; mai tuttavia la forma umana mi è parsa più meravigliosa e più seducente. Non è la donna vista dal poeta, la donna idealizzata, la donna divina o maestosa, come la Venere di Milo, è la donna così com'è, così come la si ama, come la si desidera, come la si vuole stringere. È robusta, col petto colmo, l'anca possente e la gamba un po' forte, è una Venere carnale che si immagina coricata quando la si vede in piedi. Il braccio caduto nascondeva i seni; con la mano rimasta, solleva un drappeggio col quale copre, con gesto adorabile, i fascini più misteriosi. Tutto il corpo è fatto, concepito, inclinato per questo movimento, tutte le linee vi si concentrano, tutto il pensiero vi confluisce. Questo gesto semplice e naturale, pieno di pudore e di impudicizia, che nasconde e mostra, che vela e rivela, che attrae e che fugge, sembra definire tutto l'atteggiamento della donna sulla terra. Ed il marmo è vivo. Lo si vorrebbe palpeggiare, con la certezza che cederà sotto la mano, come la carne. Le reni soprattutto sono indicibilmente animate e belle. Si segue, in tutto il suo fascino, la linea morbida e grassa della schiena femminile che va dalla nuca ai talloni, e che, nel contorno delle spalle, nelle rotondità decrescenti delle cosce e nella leggera curva del polpaccio assottigliato fino alle caviglie, rivela tutte le modulazioni della grazia umana. Un'opera d'arte appare superiore soltanto se è, nello stesso tempo, il simbolo e l'esatta espressione di una realtà. La Venere di Siracusa è una donna, ed è anche il simbolo della carne. Dinnanzi al volto della Gioconda, ci si sente ossessionati da non so quale tentazione di amore snervante e mistico. Esistono anche donne viventi i cui occhi ci infondono quel sogno di tenerezza irrealizzabile e misteriosa. Si cerca in esse qualcos'altro dietro le apparenze, perché sembrano contenere ed esprimere un po' di quell'ideale inafferrabile. Noi lo inseguiamo senza mai raggiungerlo, dietro tutte le sorprese della bellezza che pare contenere un pensiero, nell'infinito dello sguardo il quale è semplicemente una sfumatura dell'iride, nel fascino del sorriso nato da una piega delle labbra e da un lampo di smalto, nella grazia del movimento fortuito e dell'armonia delle forme. Così i poeti, impotenti staccatori di stelle, sono sempre stati tormentati da una sete di amore mistico. L'esaltazione naturale di un animo poetico, esasperato dall'eccitazione artistica, spinge quegli esseri scelti a concepire una specie di amore nebuloso, perdutamente tenero, estatico, mai sazio, sensuale senza essere carnale, talmente delicato che un nonnulla lo fa svanire, irrealizzabile sovrumano. E questi poeti sono, forse, i soli uomini che non abbiano mai amato una donna, una vera donna in carne ossa, con le sue qualità di donna, i suoi difetti di donna, la sua mente di donna, ristretta ed affascinante, i suoi nervi di donna e la sua sconcertante femminilità. Qualsiasi creatura davanti a cui si esalta il loro sogno diventa il simbolo di un essere misterioso, ma fantastico: l'essere celebrato da quei cantori di illusioni. E la creatura vivente da loro adorata è qualcosa come la statua dipinta, immagine di un dio di fronte al quale il popolo cade in ginocchio. Ma dov'è questo dio? Qual è questo dio? In quale parte del cielo abita la sconosciuta che quei pazzi, dal primo sognatore fino all'ultimo, hanno tutti idolatrata? Non appena essi toccano una mano che risponde alla stretta, la loro anima vola via nell'invisibile sogno, lontano dalla realtà della carne. La donna che stringono, essi la trasformano, la completano, la sfigurano con la loro arte poetica. Non sono le sue labbra che baciano, bensì le labbra sognate. Non è in fondo agli occhi di lei, azzurri o neri, che si perde così il loro sguardo esaltato, è in qualcosa di sconosciuto e di inconoscibile. L'occhio della loro dea non è altro che un vetro attraverso cui essi cercano di vedere il paradiso dell'amore ideale. Se tuttavia alcune donne seducenti possono dare alle nostre anime una così rara illusione, altri non fanno che eccitare nelle nostre vene l'amore impetuoso che perpetua la razza. La Venere di Siracusa è la perfetta espressione della bellezza possente, sana e semplice. Questo busto stupendo, di marmo di Paros, è - dicono - La Venere Callipigia descritta da Ateneo e Lampridio, data da Eliogabalo ai siracusani. Non ha testa! E che importa? Il simbolo non è diventato più completo. È un corpo di donna che esprime tutta l'autentica poesia della carezza. Schopenhauer scrisse che la natura, volendo perpetuare la specie, ha fatto della riproduzione una trappola. La forma di marmo, vista a Siracusa, è proprio l'umana trappola intuita dall'artista antico, la donna che nasconde rivela l'incredibile mistero della vita. È una trappola? Che importa! Essa chiama la bocca, attira la mano, offre ai baci la tangibile realtà della carne stupenda, della carne soffice bianca, tonda e soda e deliziosa da stringere. È divina, non perché esprima un pensiero, bensì semplicemente perché è bella.”

Guy de Maupassant (1850–1893) scrittore e drammaturgo francese

Incipit di alcune opere, Viaggio in Sicilia

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“L'italiano è un animale sociale; quando cerca sul serio la solitudine, l'organizza in consorzio e si fa monaco.”

Henry Furst (1893–1967) giornalista, scrittore e regista teatrale statunitense

da Emily, p. 28
Donne Americane

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“Straniero, cerca di fare quel che si deve quando si deve.”

Leonte re di Sparta

224 F
Citazioni di Aristone

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“Risuscitando il mito di Faust Mann fa sì che Adriano, per salvarsi dall'aridità e dalla crisi dell'arte contemporanea, crisi che è nello stesso tempo crisi di una civiltà al tramonto, stringa un patto con il diavolo che gli darà la grandezza e la potenza creatrice in cambio della rinunzia all'amore e alla salvezza della sua anima. Per Mann la Germania, sfiduciata, inibita ed impotente, ha tentato di liberarsi dalle sue inibizioni con la morbosa e diabolica intossicazione nazista. Sembra che anche l'arte, nel mondo contemporaneo, non riesca a sopravvivere se non si allea con il morboso e con il diabolico, e se non ride di sè condannandosi nel momento stesso nel quale si crea, risolvendosi nella parodia di se stessa L'arte e in particolare la musica, è oggi, nel massimo disordine, nella massima ambiguità. Come uscirne? Come superare il caos? Come e dove trovare un principio, un ordine, un si stema di regole? Politicamente tale ordine è stato cercato nella negazione della libertà. Il compositore Adriano Leverkühn lo cerca nelle nuove regole della musica dodecafonica dopo essersi anche lui diabolicamente intossicato servendosi della malattia, della sifilide, come di una mostruosa droga, per stimolare la propria fecondità estetica, per poi sprofondare nella notte fonda della pazzia e della morte.”

Enzo Paci (1911–1976) filosofo italiano

Origine: Da Profili: Thomas Mann, L'Italia che scrive, a. XXXIX, n. 1, gennaio 1956, p. 2.

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“Il desiderio ineffabile, che vita e terra mai soddisfarono, | passeggero, ora salpa, va' e cerca di scoprire.”

Il desiderio ineffabile, p. 620
Foglie d'erba, Canti di addio

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“L'amore di una donna è spesso come un'ala in cerca di orizzonti.”

Nino Salvaneschi (1886–1968) scrittore, giornalista e poeta italiano

Saper amare

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“Io vado sempre in cerca di Pirandello.”

Salvo Randone (1906–1991) attore italiano

citata in Loredana Faraci, Salvo Randone, la follia della ragione, Lombardi ed., Siracusa, 2006

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“Essere chiesa nel deserto significa anzitutto che la Chiesa cerca il deserto e di esso si nutre.”

Carlo Maria Martini (1927–2012) cardinale e arcivescovo cattolico italiano

Verso Gerusalemme

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“Cerca di tenere a mente il famoso proverbio indiano: «Un domani in cui non ci sarai più sta inevitabilmente arrivando.»”

Dalai Lama (1935) 14º Dalai Lama e Premio Nobel per la Pace 1989

L'arte della pace interiore

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“Sai" disse Ron, i capelli ritti a furia di passarci in mezzo le dita, preso dallo sconforto, "credo che sia ora di ricorrere alle vecchie misure d'emergenza per Divinazione"
"Cosa… dobbiamo inventare?"
"Sì" rispose Ron, spazzando via dal tavolo la gran massa di foglietti scarabocchiati, intingendo la penna nell'inchiostro e cominciando a scrivere.
"Lunedì prossimo" annunciò, "mi verrà la tosse a causa dell'infelice congiunzione di Marte e Giove". Alzò lo sguardo su Harry. "La conosci, no? Dalle un oceano di disgrazie e lei ci sguazzerà!"
"Giusto", disse Harry, appallottolando il suo primo tentativo e lanciandolo nel fuoco, al di sopra delle teste di un gruppo di allievi del secondo anno seduti a chiacchierare. "D'accordo, allora… Lunedì: rischio di… ehm, ustioni".
"Ci puoi giurare" fece Ron cupo, "Lunedì ci toccano di nuovo gli Schiopodi. Okay, martedì, io… ehm…"
"Perderai una cosa preziosa" disse Harry, che sfogliava Svelare il futuro in cerca di spunti.
"Giusto" rispose Ron, prendendo nota. "per colpa di… Mercurio. Perché invece tu non ti fai pugnalare alle spalle da qualcuno che credevi un amico?"
"Sì, dai!" approvò Harry, scrivendo "e sarà perché… Venere è nella dodicesima casa."
"E mercoledì avrò la peggio in una rissa."
"Aah, la rissa la volevo io. No, allora io perdo una scommessa…"
"E certo, perché scommetterai su di me nella rissa!”

Harry e Ron: p. 192-193
Harry Potter e il calice di fuoco

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“Ecco, se c'è un elemento che unifica tutte le trasmissioni di Radio3 è proprio il modo in cui si cerca di guardare i libri: è quello di considerarli degli oggetti caldi. Oggetti capaci di interloquire con tutti i nostri sensi, le nostre esperienze, la nostra vita.”

Marino Sinibaldi (1954) giornalista, critico letterario e conduttore radiofonico italiano

da una intervista http://www.radio.rai.it/radio3/archivio_2002/eventi/2002_03_21_salon/intervista_sinibaldi.htm

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“Io sono quel Desiderio che nella sua polvere cerca se stesso; ho creato una via in seno alla Mèta e (per quella via) io vado.”

Abdul-Qādir Bēdil (1644–1720) poeta persiano

Origine: In Alessandro Bausani, Storia delle letterature del Pakistan, p. 80

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“La vecchia attrice con la faccia di pesce cerca sempre di parlarvi in controluce.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

13 febbraio 1906; Vergani, p. 234
Diario 1887-1910

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“Il tizzo acceso fin che arde fuma; | simile, o mesto amico, al nostro cuore | che in pianto si consuma | fin che arde l'amore. || Lascia dunque che s'alzi e che s'esali | questa nube di duol cotanto intenso; | essa abbraccia i tuoi mali | come grani d'incenso. || Sii in te stesso al par d'un vaso sacro | d'olocausto, di fede e di speranza; | vedi, il fumo pare acro, | ma il turibolo danza. || Non ispegner per tema o per ristoro | quell'incendio divin che ti fa egro, | non far che il carbon d'oro | si muti in carbon negro. || Anzi affronta gli spasmi ed il martiro, | cerca nell'ansia del tormento occulto | dopo il duol del sospiro | l'estasi del singulto; || troverai qualche vero. È la tempesta | esultazione a chi non sa temerla, | e sulla duna resta | dopo l'onda la perla. || Piangi, medita e vivi; un dì lontano | quando sarai del tuo futuro in vetta | questo fiero uragano | ti parrà nuvoletta. || *** || Oggi volli per te cantar la vita, | ma la dolce canzon sul metro mio | torna fioca e smarrita | per troppo lungo oblio. || Torva è la Musa. Per l'Italia nostra | corre levando impetuösi gridi | una pallida giostra | di poeti suicidi. || Alzan le pugna e mostrano a trofèo | dell'Arte loro un verme ed un aborto | e giuocano al palèo | colle teste di morto. || Io pur fra i primi di cotesta razza | urlo il canto anatemico e macabro, | poi, con rivolta pazza, | atteggio a fischi il. || Praga cerca nel buio una bestemmia | sublime e strana! e intanto muor sui rami | la sua ricca vendemmia | di sogni e di ricami. || Dio ci aiuti, o Giovanni, egli ci diede | stretto orizzonte e sconfinate l'ali; | ci diè povera fede | ed immensi ideali. || E il mondo ancor più sterile, o fratello, | ci fa quel vol di pöesia stupendo, | e non trovando il Bello | ci abbranchiamo all'Orrendo. || Dio ci aiuti! Su te sparga l'ulivo, | sparga la pace e le benedizioni, | sii sulla terra un vivo | felice in mezzo i buoni. || A me calma più piena e più profonda; | quella che splende nell'orbita d'una | pupilla moribonda, | mite alba di luna.”

Arrigo Boito (1842–1918) librettista italiano

A Giovanni Camerana., pp. 796-798
Origine: Citato in G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti e G. Zaccaria, Dal testo alla storia dalla storia al testo , [Letteratura italiana con pagine di scrittori stranieri, Analisi dei testi e critica, vol III, tomo secondo, Dal Decadentismo ai giorni nostri, Storia del teatro e dello spettacolo a cura di Gigi Livio], Paravia, Torino, 1993. ISBN 88 395 0453 2