Frasi su madre
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“Uccidere una madre è il peccato più grande, e mi chiedo se ti sei mai chiesto il perché. Il motivo è che ognuno avverte un profondo odio verso la propria madre.”

Osho Rajneesh (1931–1990) filosofo indiano

Origine: Il libro dei segreti, I segreti del Tantra (vol. III), p. 78

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“È una cosa lunga, Avdot'ja Romànovna. Si tratta… come posso spiegarvelo?… Si tratta di una specie di teoria, secondo la quale io ritengo, per esempio, che un delitto sia lecito, se lo scopo essenziale è buono. Una sola cattiveria e cento buone azioni! Naturalmente, per un giovane con molti meriti e con un amor proprio smisurato è anche spiacevole sapere che, per esempio, se avesse solo tremila rubli, tutta la sua carriera, tutto il suo avvenire e lo scopo della sua vita assumerebbero un aspetto diverso; e intanto quei tremila rubli non ci sono. Ag­giungete, poi, l'esasperazione provocata dalla fame, da un'abi­tazione angusta, dagli stracci, dalla chiara consapevolezza della sua bella posizione sociale e anche di quella della sorella e della madre. Ma soprattutto la vanità, l'orgoglio e la vanità, accompagnati magari, lo sa Iddio, da inclinazioni buone…. Io non lo accuso, non pensatelo nemmeno, vi prego; e poi, non è affar mio. C'entrava anche una sua teoria personale, una teoria così e così, secondo la quale gli uomini si dividono in mate­riale grezzo e individui speciali, cioè individui per i quali, data la loro posizione elevata, la legge non vale; anzi, sono loro che fanno le leggi per gli altri uomini, per il materiale, per la spazzatura. Non c'è male, una teoria così e così: une thèorie comme une autre. Napoleone lo ha terribilmente affascinato; cioè, con più precisione, lo ha affascinato l'idea che moltissimi uomini geniali non abbiano badato a una cattiveria singola e siano passati oltre, senza stare a pensarci. A quanto sembra, si è immaginato di essere anche lui un uomo geniale, ossia ne è stato convinto per un certo tempo. Ha sofferto molto e soffre ancora, pensando che ha saputo formulare la teoria, ma che non è riuscito a passare oltre senza stare a pensarci, e che, quindi, non è un uomo geniale. […] oggi tutte le cose si sono arruf­fate; del resto, non sono mai state molto in ordine. I russi, in generale, hanno una mentalità molto larga, Avdot'ja Romà­novna, larga come il loro paese, e sono molto inclini alle fantasti­cherie, al disordine; però, è un guaio avere una mentalità larga senza essere particolarmente geniali.”

Delitto e castigo

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“Vorrei campare per vedere anche la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta: a differenza di Padre Pio ho avuto il piacere di conoscerla in vita.”

Giulio Andreotti (1919–2013) politico, scrittore e giornalista italiano

Origine: Citato in Corriere della Sera, 3 maggio 1999.

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“Panza piena nun crede ar diggiuno. (I: da La madre poverella, sonetto 914 del 18 febbraio 1833)”

II: titolo del sonetto 673 del 27 dicembre 1832
Sonetti romaneschi

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“[…] ma invece Lenz sulla via del ritorno si ritrova in preda a un'enorme compulsione idrolitica ad avere Green al suo fianco – o qualsiasi altra persona che non possa o non voglia andare via – vicino a sé, e a confidare a Green o a qualsiasi altro orecchio compiacente ogni esperienza e pensiero abbia mai provato. […] Lenz racconta a Green di quanto spettacolarmente obesa era sua madre, e usa le braccia per illustrare drammaticamente le dimensioni di cui sta parlando. Respira ogni terzo o quarto fatto, ergo circa una volta ogni isolato. Lenz racconta a Green le trame di molti libri che ha letto, ricamandoci sopra. […] Lenz racconta con euforia a Green che una volta gli successe di tranciarsi di netto la punta di un dito con la catena di un motorino e dopo pochi giorni di intensa concentrazione il dito gli era ricresciuto rigenerandosi come le code delle lucertole e disorientando le autorità mediche. […] Lenz spiega a Green che è una leggenda che il coccodrillo del Nilo sia il coccodrillo più temuto perché il coccodrillo dell'Estuario che può vivere anche in acque salate è un miliardo di volte più temuto da chi conosce queste cose. […] Segue un'analisi del termine disfunzione e la sua importanza nelle differenze tra, diciamo, la psicologia e la religione naturale. […] Lenz racconta il suo sogno ricorrente nel quale si trova seduto sotto uno di quei ventilatori tropicali da soffitto su una sedia di bambù e indossa un cappello da safari di L. L. Bean e ha una valigetta di vimini sulle ginocchia, e questo è tutto, questo è il suo sogno ricorrente. […] Lenz dice di ricordarsi alcuni fatti che sostiene gli siano capitati in vitro.”

David Foster Wallace (1962–2008) scrittore e saggista statunitense

pp. 667-670

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“Perché non mi volete? Forse con un altro mi scambiate: | non feci mai del male. | Mio padre è guardia comunale, | mia madre lavora all'ospedale.
Per questo tu non sei a noi uguale!”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da Gente per bene e gente per male, lato B, n. 3
Il mio canto libero

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“Ben venga la tecnologia, dunque, perché rappresenta certamente il futuro, ma ricordiamo che l'elemento uomo, che parrebbe da essa quasi relegato in secondo piano, rimane il centro, il motore, l'anima di quest'universo che ci sforziamo di governare. L'uomo e l'inquietudine, figlia dei tempi, che l'accompagna.
Perché inquietudine? Guardiamo in particolare al mondo della Magistratura e pensiamo all'aria avvelenata in cui essa si trova troppo spesso ad operare, e ci chiediamo se ciò avvenga per colpe proprie ovvero per gratuiti e interessati attacchi esterni. Ma è vano cercare di sciogliere il dilemma; occorre invece che ci si adoperi con ogni energia per togliere voce a quanti imputano ad alcuni esponenti della magistratura scarsa diligenza o vanità personale o spinte ideologiche che li orienterebbero altrove rispetto a un'interpretazione corretta e serena della norma. Se queste incrostazioni esistono devono essere rimosse perché lo esige la collettività e lo merita la stragrande maggioranza dei magistrati, per i quali la disposizione prevalente è quella della dedizione incondizionata, della volontà tenace di esercitare il proprio ministero in vista del solo bene comune, con spirito di sacrificio e senza clamori: nel silenzio che spesso non paga ma è dignità di servizio e gratificazione di coscienza. Parimenti, non sono più sopportabili quegli attacchi gratuiti, di provenienza varia, ingeneroso esercizio ormai troppo diffuso di quanti applicano la regola secondo cui la miglior difesa consiste nel distruggere l'immagine del "nemico". Il convincimento da taluni nutrito, da altri propagandato, del giudice come di un soggetto onnipotente e sordo ai problemi di coscienza, e teso a chissà quali fini impropri, è fasullo e banale: quanti ci sono vicini per ragioni di lavoro o affettive conoscono l'ansia del dubitare, la paura di non sapere offrire le corrette risposte, di non poter cogliere il frutto che a volta pare proibito e si chiama giustizia.
Non c'è e non ci può essere indifferenza nell'atto del giudicare. Non si avvia un uomo al calvario di un processo penale né lo si condanna con il sorriso sulle labbra, non si respinge un immigrato onesto con una scrollata di spalle, non si toglie un bambino a una madre o a un padre senza subirne un contraccolpo doloroso come un pugno nello stomaco. Stati d'animo con i quali il buon magistrato fa i conti in compagnia delle sole voci di dentro che impietosamente gli ricordano giorno dopo giorno come una decisione sbagliata possa stravolgere una vita e uccidere una speranza.
Rubo ancora un minuto alla vostra pazienza per un'ultima annotazione: entro pochi giorni o settimane un gruppo di magistrati milanesi chiuderà la propria attività, e a loro voglio dire: per quaranta e più anni s'è combattuta, credo, la buona battaglia – mi perdoni San Paolo per la citazione che non vuole essere irriverente – e ho speranza che ora, giunti al termine della corsa, integra si sia conservata in ognuno la fiducia negli ideali per i quali tutti fummo avviati a questo lavoro. A quanti operano e opereranno nel mondo del diritto, magistrati, avvocati, personale amministrativo, ai giovani soprattutto, auguro di raccogliere in abbondanza, forti del loro impegno e con l'aiuto di Dio, i frutti di quanto di buono si va seminando perché questo Paese, che è stato la culla del diritto e che a volte ci dilettiamo noi stessi a bistrattare al di là dei suoi demeriti, mentre dispensiamo ammirazione incondizionata a quasi tutti gli altri popoli del mondo che hanno invece, quasi tutti, tanto da imparare; questo Paese al quale, fuor d'ogni retorica, credete, mi onoro e sono fiero di appartenere, rivendichi e riprenda il suo ruolo di portabandiera nella faticosa ma entusiasmante corsa di civiltà che porta al traguardo della Giustizia.”

Ruggero Pesce (1938) giudice italiano

da Discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario 2010 per il distretto della Corte d'Appello di Milano del Presidente Ruggero Pesce http://it.wikisource.org/wiki/Discorso_di_inaugurazione_dell%27anno_2010_per_il_distretto_della_Corte_d%27Appello_di_Milano

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“Costi quel che costi è necessario che parli di mia madre del Cielo.”

Bernadetta Soubirous (1844–1879) religiosa e mistica francese

Le parole di Bernadette

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“Madre | tuo figlio sta tornando | lui, è finalmente un angelo | ora, puoi perdonarlo.”

Renato Zero (1950) cantautore e showman italiano

da Almeno una parola, n. 10
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“Da piccolo io ero il tipo di bambino con il quale mia madre mi diceva di non giocare mai.”

Origine: Citazione n.° 771 da Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano, edizione completa 2004

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“Continuano a definirci immigrati di seconda generazione […] Immigrati da dove? Dal ventre di nostra madre?”

Igiaba Scego (1974) scrittrice italiana

Origine: Da Siamo ancora pecore nere http://www.internazionale.it/opinione/igiaba-scego/2015/01/21/siamo-ancora-pecore-nere, Internazionale.it, 21 gennaio 2015.

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“Il vostro è un mondo di culle che diventano tombe e di tombe che diventano culle; di giorni che divorano notti e di notti che rigurgitano giorni; di pace che dichiara guerra e di guerra che sollecita la pace; di sorrisi galleggianti sulle lacrime e di lacrime rischiarate da sorrisi. Il vostro è un mondo in continuo travaglio, con la Morte come levatrice. Il vostro è un mondo di setacci e di vagli, in cui non ci sono due setacci e due vagli che siano uguali. Voi soffrite costantemente setacciando l'insetacciabile e vagliando l'invagliabile. Il vostro è un mondo diviso contro se stesso, poiché è l'Io in voi ad esser diviso. Il vostro è un mondo di barriere e recinzioni, poiché è l'Io in voi ad avere barriere e recinzioni. Alcune cose, esso preferisce porle fuori dal recinto, perché estranee a se stesso; altre, le pone dentro al recinto, perché ad esso affini. Ma quelle che stanno fuori dal recinto, irrompono continuamente dentro; e quelle che stanno dentro, non fanno altro che uscire. Poiché esse, essendo prole di una stessa madre – che è il vostro stesso Io – non vogliono esser separate. E voi, invece di gioire per la loro felice unione, vi cingete di nuovo nel vano tentativo di separar l'insepararible. Invece di fasciare la spaccatura che c'è nell'Io, tagliuzzate la vostra vita sperando di ricavarne un cuneo da inserire fra quello che credete essere il vostro Io, e ciò che immaginate diverso da esso. Pertanto, le parole dell'uomo sono immerse nel veleno. Perciò, i suoi giorni sono così ebbri di dolore. Per questo, le sue notti sono così tormentate dalla sofferenza.”

Mikha'il Nu'ayma (1889–1988) scrittore e poeta libanese

Origine: Il libro di Mirdad, p. 50

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“In età molto tenera i bambini sono indifesi e completamente dipendenti; li si può controllare facilmente esprimendo disapprovazione oppure facendo ricorso alla forza fisica e alle punizioni. Nei confronti dei bambini più grandi si può raggiungere lo stesso scopo con la seduzione. Al bambino viene promesso un trattamento speciale, una maggiore intimità, se si adeguerà ai desideri dei genitori. […] II bambino che viene portato a sentirsi speciale diventa il centro della lotta dei genitori per il potere e la sua posizione diventa particolarmente critica nel periodo edipico. Se è maschio entra in competizione con il padre, perché la madre lo induce a sentirsi superiore a lui. L'interesse speciale che il padre riversa sulla ragazza fa sì che questa divenga la rivale della madre. Il bambino è intrappolato in una situazione disperata. C'è sempre, da un lato, il pericolo dell'ostilità del genitore dello stesso sesso e dall'altra, se c'è stata una risposta sessuale alla seduzione, la paura dell'incesto o di un rifiuto umiliante. In quasi tutti i casi, il genitore che seduce è anche un genitore che rifiuta. A quell'età la paura dell'incesto è paura fisica dell'organo genitale adulto, che appare potente. Purtroppo per il bambino non c'è via d'uscita da questo genere di situazione edipica se non quella di sopprimere i sentimenti sessuali. Il bambino non soffoca la genitalità ma la sessualità – e cioè sensazioni di languore nell'area della pelvi, che sono la base dell'amore sessuale. Ma la soppressione dei sentimenti equivale a una castrazione psicologica e lascia orgasticamente impotenti. Sono fermamente convinto che, al livello più profondo, questa impotenza sia alla base della lotta per il potere.”

Alexander Lowen (1910–2008) psicoterapeuta, medico e psichiatra statunitense

Origine: Il narcisismo. L'identità rinnegata, pp. 77-79

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“Perché è la Madonna che appare? Perché a Lourdes (come a rue du Bac, a La Salette, a Pontmain, a Beauraing, a Fatima, per stare solo all'ultimo secolo e mezzo e a fatti approvati dalla Chiesa) non si è manifestato Gesù stesso o qualche santo canonizzato? Ma è perché – risponde la teologia, meditata dai mistici –, stando al Credo cattolico «l'Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Così, le parole del dogma dell'Assunzione, definito e proclamato da Pio XII solo nel 1950 ma creduto, nel suo oggetto, sin dai tempi dei Padri della Chiesa sia in Oriente che in Occidente (la festa della Dormizione, che ha in nuce l'Assunzione della Vergine Madre, è probabilmente la più antica delle feste mariane che uniscono la Chiesa universale).
Maria, insomma, avendo portato nel suo ventre Colui che disse: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11, 25), ha seguito il Figlio nel suo destino eterno prima di ogni altra creatura umana; è colei che tutti ci ha preceduti, già accolta nell'eternità «in anima e corpo». Dunque, se è lei ad apparire ai mortali, è anche per ricordare che ciò che ella già è, anche noi saremo. Il segno e il pegno, insomma, nella sua persona stessa, di quella salvezza di cui dicevamo e che ci darà la vera salute: la visione del corpo di Maria già «salvato» è garanzia che quello di tutti lo sarà.”

Origine: Ipotesi su Maria, pp. 61-62

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“Caro direttore [Indro Montanelli], sono quasi 6 anni che non ci sentiamo. Da quel 22 luglio 2001 quando, dopo avere speso gli ultimi respiri a mettere in guardia gli italiani dal virus Berlusconi, te ne volasti in cielo. Ora che sei in Paradiso, immagino che tu abbia di meglio da fare che occuparti dell'Italia: in 92 anni di vita, hai già dato. Ma qui succedono cose talmente strane che devo proprio raccontartele. Intanto Berlusconi non c'è più, al governo intendo. Ma non è che si noti molto. Anzi, forse torna. Il vaccino non ha funzionato. Ora c'è di nuovo Prodi, almeno fino a un paio di minuti fa c'era. Non sappiamo. Si parla, tanto per cambiare, di crisi della politica. E in quel vuoto s'infilano indovina chi? La Confindustria e il Vaticano. Come diceva Totò, quando vedo un buco ci entro. Tu eri un laico risorgimentale a 24 carati, ma due papi, Roncalli e poi Woytjla, ti vollero conoscere perché eri molto rispettoso della religione. Un po' meno di certi Preti e di certi Vescovi che s'impicciavano di politica. Dicevi: "Aborro i preti, esseri autoritari e prepotenti. Quando qualcuno mi dice che stiamo andando verso il fascismo, vorrei quasi rispondere: magari! Il fascismo è brutto, ma passa. Invece andiamo incontro a forme di vita clericale, anzi ci siamo dentro, perché non abbiam saputo amministrare il nostro libero esame. Abbiamo liquidato la coscienza, dandola in appalto al prete. Ecco dove nasce il più macroscopico difetto degli italiani: la mancanza di una coscienza morale. Non siamo religiosi: siamo cattolici per comodità, abitudine, tradizione, non per coscienza. Il problema di Dio gli italiani non se lo pongono. Perciò non siamo mai stati una Nazione: l'unico Stato che conosciamo è quello Pontificio". Ecco, ci siamo dentro fino al collo adesso, direttore. I cattolici liberali si sono estinti. Già tu rimpiangevi De Gasperi, "un democristiano che credeva in Dio e non aveva bisogno di fare il bigotto, forse perché era nato in Austria. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". Oggi con Dio ci parlano in pochi, persino tra i cardinali. In compenso tutti parlano con i preti e i cardinali. Ma anche con Andreotti, che a 90 anni è sempre un bijou: è vivo e lotta insieme a noi. Il Papa invece è cambiato: Woytjla non c'è più, ora c'è Ratzinger. Quando dice no alle coppie di fatto, si mettono tutti sull'attenti. Quando invece dice che il capitalismo non è molto meglio del socialismo, quando dice che bisogna salvaguardare l'occupazione, privilegiare i poveri, gli ultimi, difendere l'ambiente da uno sviluppo scriteriato, parlano d'altro e fanno finta di non sentire. Un giorno, di recente, ha detto addirittura che bisogna cacciare i corrotti dalla politica, e lì anche i politici più bigotti sono diventati anticlericali: come si permette di impicciarsi in affari che non gli riguardano? Ti parlo dallo studio di Santoro, che è tornato in tv dopo 5 anni di riposo, diciamo così: l'ultima volta che in Rai si sentì la tua voce fu da Biagi e da Santoro, entrambi i programmi furono subito chiusi. Stiamo per trasmettere un reportage della Bbc sulla pedofilia nel clero, già visto su internet da alcune decine di milioni di persone nel mondo e 3-4 milioni in Italia. Mi dirai: "dov'è il problema, già ai miei tempi tutti volevano una Rai modello Bbc". Appunto: adesso hanno visto cosa fa la Bbc e gli è passata la voglia. Persino la Cei ha detto: "Nessuna censura, discutiamo pure con equilibrio". La censura la invocano i politici e alcuni papaveri Rai, che sono più papisti del Papa. C'è un tale Landolfi, lo stesso capo della Vigilanza che nel 2001 ti accusò di linciare Berlusconi e chiese addirittura a Ciampi di intervenire per la tua intervista a Biagi a ridare dignità al servizio pubblico, che 10 giorni fa già sapeva che avremmo imbastito un processo mediatico contro la Chiesa: una specie di Nostradamus. E ha aggiunto: "Non sono queste le finalità del servizio pubblico, non è per questo che i cittadini pagano il canone". Lui li conosce uno per uno, gli telefona tutti i giorni per sapere che cosa vogliono. Poi c'è Fassino, che una volta era comunista, però ha studiato dai gesuiti: ora parla come don Abbondio e ci invita al massimo equilibrio e alla massima prudenza. Fini l'altra sera ha annunciato a "Ballarò" che il nostro programma non andrà mai in onda: deve averglielo detto in sogno l'Arcangelo Gabriele, ma era un imitatore: infatti siamo in onda. Casini chiese un programma riparatore che raccontasse tutto il bene che fa la Chiesa nel mondo. Potrebbe commissionarlo ai suoi uomini alla Rai, che sono un po' più numerosi di quelli che aveva la Dc una volta, però la Dc aveva anche il decuplo dei suoi voti; oppure potrebbe chiederlo a Buttiglione, che ha mezza famiglia in Rai e l'altra mezza a Mediaset; invece chiede a noi. Tu dirai: che c'entrano i politici con la libera informazione? Da quando i giornalisti prendono ordini dai segretari di partiti? Ecco, il problema è che ormai non se lo domanda più nessuno. Trovano tutto ciò molto normale. I politici non si accontentano di lottizzare la Rai: vogliono fare i palinsesti e i critici televisivi; prima o poi condurranno direttamente programmi e si intervisteranno da soli. Ricordi Giuliano Ferrara? L'avevi lasciato ateo. Bene, adesso è rimasto ateo ma è diventato anche clericale, nel frattempo. Dice che il reportage Bbc è una schifezza. E lui se ne intende. C'è perfino chi pretendeva che mostrassimo in anticipo all'editore una scaletta sicura prima di decidere se mandarci in onda oppure no. Come se l'amministratore della Fiat Marchionne volesse leggere gli articoli della Stampa o De Benedetti quelli della Repubblica, prima di mandare in stampa i giornali. Anche questo, è un po' strano, è passato sotto silenzio, come una cosa normale. La nostra categoria non ha brillato, ma questa per te non è una novità: già 30 anni fa tu scrivevi che "il giornalismo italiano è servo per vecchia abitudine: i potenti vogliono il monumento equestre e il piedistallo, e noi glielo diamo". Non ti dico gli intellettuali sedicenti liberali: tutti zitti, o addirittura solidali con i censori. Sono quelli che tu definivi "una grossa camorra al servizio di ogni potere". L'altro giorno, rileggendo i tuoi ultimi articoli, mi è capitata una lettera a Franco Modigliani, Nobel dell'Economia, in cui tu parlavi della corruzione e dicevi: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, dietro l'esempio e sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni… Un popolo italiano consapevole della propria identità e ben deciso a difenderla, non c'è. E non c'è perché, nei secoli in cui questa coscienza nazionale maturava nel resto dell'Occidente, in Italia veniva soffocata da una Chiesa timorosa che il cittadino soppiantasse il fedele e creasse un potere temporale laico contrapposto al suo". Questo scrivevi sulla prima pagina del Corriere della Sera non 1000 anni fa, 6 anni fa. Oggi passeresti per un nemico della fede, della famiglia, dell'Occidente, forse per un fiancheggiatore di Al Qaeda. Non è che potresti prenderti una libera uscita e tornare giù un po' da noi per un paio di giorni, non di più? Ci manchi tanto, e non sai quanto. Ciao, direttore.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

dalla coperina di Annozero, 31 maggio 2007
Annozero

“Per me la poesia è come la vita. È memoria… Noi viviamo di memoria. Del resto gli intelligentissimi greci non avevano stabilito che la madre delle Muse era la Memoria?”

Lucio Piccolo (1901–1969) poeta italiano

Origine: Citato in Helga Marsala, Il meridiano della solitudine. Letteratura e nobiltà: un film sul poeta Lucio Piccolo e la Sicilia d'un secolo fa http://www.artribune.com/2015/11/il-meridiano-della-solitudine-letteratura-e-nobilta-un-film-sul-poeta-lucio-piccolo-e-la-sicilia-dun-secolo-fa/, Artribune.com, 21 novembre 2015.

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“[…] l'elisir che ti dà la vita, e te la toglie.”

I ragazzi del buco, Jean-Claude Van Damme e la Madre Superiora; 1996, p. 17
Trainspotting, Tirarsi fuori

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“Un fanciullo amava molto il pollo e aveva gran paura dei lupi. Una sera, mentre dormiva sul suo letto, fece un sogno: egli era solo nella foresta e cercava funghi. A un tratto, un lupo balzò da una macchia e si gettò su di lui. Spaventato, il fanciullo si mise a gridare: «Aiuto! Aiuto! Mi vuol mangiare!».Il lupo gli disse: «Aspetta a gridare: io non ti mangerò, voglio soltanto discutere con te».
E il lupo si mise a parlare come fosse un uomo.
Disse: «Tu hai paura che io ti mangi. Ma tu? Non ti piacciono forse i polli?».
«Sì!».
«Eppure li mangi, perché? Essi sono vivi come te, i piccoli polli. Va a vedere la mattina, come li pigliano, come il cuoco li porta in cucina e taglia loro il collo, e ascolta la loro madre gridare perché le hanno tolto i suoi piccini. Non hai mai osservato tutto questo?».
«No», rispose il fanciullo.
«No, davvero? Ebbene, guarda meglio! Del resto, per ora, sono io che ti mangerò. A modo tuo, tu non sei altro che un piccolo pollo: è deciso, ti mangerò».
Il lupo si gettò sul fanciullo che gridò spaventato: «Ahi! Ahi! Ahi!».
E si svegliò.
Da quel giorno, egli smise di mangiar carne: fosse di bue, di montone o di pollo.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

Origine: Favola registrata da Tolstoj il 19 luglio 1908 con un fonografo inviatogli in dono da Thomas Edison nello stesso anno, e pubblicata nel 1909 sulla rivista Il faro. Traduzione di Gianfranco Giorgi; citato in Perché sono vegetariano, pp. 16-17.

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“La scuola è una madre […].”

la madre di Enrico: Luglio, (L'ultima pagina di mia madre); 2001, p. 314
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“È una rivelazione confrontare il Don Chisciotte di Menard con quello di Cervantes. Questi, per esempio, scrisse (Don Chisciotte, prima parte, capitolo nono):«… la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire». Redatta nel XVII secolo, redatta dal «genio profano» Cervantes, quell'enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard, invece, scrive:«… la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire». La storia, madre della verità; l'idea è stupefacente. Menard, contemporaneo di William James, non definisce la storia come un'indagine della realtà, ma come la sua origine. La verità storica, per lui, non è ciò che è avvenuto; è ciò che riteniamo che sia avvenuto. Le clausole finali – esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire – sono sfacciatamente pragmatiche. È anche nitido il contrasto tra i due stili. Lo stile arcaizzante di Menard – in fin dei conti straniero – soffre di una certa affettazione. Non così quello del precursore, che impiega con disinvoltura lo spagnolo corrente della sua epoca.”

2003, p. 43
Finzioni, Il giardino dai sentieri che si biforcano, Pierre Menard, autore del Don Chisciotte

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