Frasi su proprio
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“Volare è sicuro? Sì, rispondono i dati. Nel 1989 ci sono stati 35 incidenti mortali, nel 2000 solo 21, nel 2005 solo 15 e l'anno scorso appena 11. Ai viaggiatori però interessano le probabilità di essere coinvolti in un incidente simile. Nelle peggiori compagnie le possibilità sono una su un milione e mezzo, in quelle medie una su 3,4 milioni e nelle migliori una su dieci milioni. Secondo Arnold Barnett, del Massachussetts institute of technology, uno statunitense dovrebbe volare ogni giorno per quattro milioni di anni per essere sicuro di morire in un incidente. Vi sembra ancora troppo pericoloso? Facciamo qualche paragone. Le probabilità che facendo un bagno in mare siate attaccati da uno squalo sono una su tre milioni. Ma di solito il confronto è con gli incidenti stradali. Il consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti ha fatto il calcolo sette anni fa: la probabilità di morire in un incidente d'auto è 75 volte superiore a quella di morire in un disastro aereo. Quindi perché non abbiamo paura di salire in auto? Ma i dati hanno un difetto. Non tengono conto della psiche dellHomo sapiens, che si è formata decine di migliaia di anni fa nella lotta per la sopravvivenza. E questa logica, sebbene poco aderente alla realtà, dice che una persona che guida un'auto è più o meno padrona del proprio destino, mentre in aereo non lo è. L'esperienza del cacciatore ha la meglio su qualunque statistica.”

Zbyněk Petráček (1959) giornalista cecoslovacco

Origine: Dal quotidiano ceco Lidové Noviny; tradotto in Paura di volare, Internazionale, n. 1095, 27 marzo 2015, p. 19.

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“L'uomo è un essere sociale, politico e comunitario (il politikòn zoon di Aristotele), è un essere dotato di ragione, linguaggio e capacità di calcolo (lo zoon logon echon sempre di Aristotele), un essere che ha un bisogno incoercibile ed assoluto di riconoscimento, da parte di un altro (Hegel, ma anche Lévinas), un essere generico che progetta la propria configurazione sociale (l'ontologia di Karl Marx), ed infine un animale fortemente simbolico (Cassirer). In questa sommaria elencazione io non ho volutamente inserito presunte tendenze all'accaparramento economico individualistico, alla concorrenza di mercato, ed in generale alla proprietà privata capitalistica fatta passare surrettiziamente per un "diritto naturale". Nella mia personale concezione filosofica, l'uomo non è caratterizzato né dal cosiddetto "dono", come ritiene la scuola francese anti-utilitarista (Mauss, Latouche, eccetera), né dal cosiddetto "mercato" inteso come virtuosa mano invisibile (Hume, Smith, eccetera). L'uomo può adattarsi sia al dono che al mercato. Semplicemente, il dono è preferibile razionalmente al mercato, perché dà luogo ad una configurazione sociale più solidale, da un lato, e meno istericamente orientata alla crescita ecologicamente distruttiva, dall'altro.”

Costanzo Preve (1943–2013) filosofo e saggista italiano

da Borghesia e postborghesia nell'era neocapitalista http://www.centroitalicum.it/giornale_2006/2006_12_preve-intervista.php, Italicum, gennaio-febbraio 2006.

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“Non è certo una preferenza filosofica, o ideologica, che mi spinge a cercare soluzioni di tipo federale alla crisi del nostro Paese, ma la semplice constatazione che il centralismo, in Italia, ha giocato tutte le proprie carte e ha perso la partita.”

Gianfranco Miglio (1918–2001) giurista, politologo e politico italiano

Origine: Da Gianfranco Miglio e Augusto Barbera, Federalismo e Secessione – Un dialogo, febbraio 1997, Arnoldo Editore.

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“Ci fu un attimo di silenzio. E perché mai avrebbe dovuto aspettarsi qualcosa di diverso? Un bacio e il contatto di due corpi spaventati che si aggrappano l'uno all'altro nel momento del pericolo era tutto quel che c'era stato fra loro. Inoltre l'anello di fidanzamento avrebbe dovuto metterlo in guardia; perché aveva creduto che si trattasse solo di un espediente per tener lontano Drax? Perché aveva immaginato che anche lei condividesse i suoi desideri, i suoi progetti? E ora? si chiese Bond. Scosse le spalle per liberarsi dal peso della delusione, dal dolore della sconfitta che è sempre tanto più forte del piacere procurato dal successo. Doveva uscire dalla vita di quei due esseri e portare altrove il suo cuore deluso. Niente rimpianti né inutili sentimentalismi. Doveva sostenere la sua parte, quella dell'uomo forte, dell'uomo che era solo un personaggio. Lei lo guardava piuttosto nervosamente; pareva ansiosa di liberarsi di quell'estraneo che aveva cercato di entrare nel suo cuore. Bond le sorrise con calore. «Sono geloso,» disse; «avevo fatto altri piani per domani sera.» Gala ricambiò il sorriso, lieta che il silenzio fosse stato rotto. «E dove avrebbero dovuto realizzarsi?» chiese. «Pensavo di portarti in Francia, in una locanda di campagna,» disse. «E dopo un'ottima cena, avrei voluto accertarmi se è vero quel che dicono delle rose.» Lei rise. «Mi spiace di non poterti accontentare. Ma ce ne sono tante altre che sarebbero ben liete di essere colte.» «Sì, spero di sì,» disse Bond. «Bene, addio, Gala.» Le tese la mano. «Addio, James.»”

Le sfiorò le dita per l'ultima volta, e poi si allontanarono, ciascuno verso la propria vita.
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“Quanta gente ha voluto uccidersi e si è limitata invece a lacerare la propria fotografia!”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

29 dicembre 1888; Vergani, p. 15
Diario 1887-1910

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“Emancipazione (s. f.). Fenomeno per cui uno schiavo sfugge alla tirannia altrui per piegarsi al dispotismo del proprio ego.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 73
Dizionario del diavolo

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“[…] noi donne europee, abbiamo bisogno di cominciare una discussione vera su quello che l'immigrazione sta portando nei nostri paesi; sul disagio, e sulle vere e proprie minacce alla nostra incolumità fisica che avvertiamo nelle strade, sui bus, nei quartieri delle nostre città.”

Lucia Annunziata (1950) scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva italiana

Citazioni di Adriano Celentano
Origine: Da Sul corpo delle donne no pasaran http://www.huffingtonpost.it/lucia-annunziata/blog-direttore_b_8920534.html, Huffington Post.it, 6 gennaio 2016.

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“L'è mort? l'è propri mort? Cossa voeur dì | Sta gran parola che fa tant spavent?”

Tommaso Grossi (1790–1853) scrittore e poeta italiano

da In morte di Carlo Porta, citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921

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“Voglio la rivoluzione nei confronti della prostituzione, perché io dico che la donna è libera del proprio corpo! Voglio eliminare quei miliardi di denari che vanno ad ingrassare i commerci della droga, delle armi!”

Giancarlo Gentilini (1929) politico italiano

da La Procura di Venezia indaga su Gentilini http://tribunatreviso.repubblica.it/dettaglio/articolo/1521850, La Tribuna di Treviso; Video su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=_WCZNQJkV3E, 14 settembre 2008

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“[Su Diego Velázquez] Economia dei gesti. Il corpo più pesante genera uno schema quasi astratto. Tutto lo scintillio di tocchi, di cui la tela è coperta, finisce nell'uniformità, un po' smorta, del volto. La pesantezza carnale non è altro che il sostegno per lo spirito che la anima. L'eloquenza di Velázquez consiste proprio in questa sua grande discrezione. L'anima è, qui, la forma del corpo.”

René Schwob (1895–1946) critico d'arte francese

da Profondeurs de l'Espagne, 1937
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Soprattutto non bisogna formulare obiezioni mediante i vari pezzi della propria ignoranza.”

Libro Primo – Capitolo VII
La Certosa di Parma

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“Di lui [Demade] tutte le parti del corpo sono conformate a perversità: gli occhi a sfacciata lussuria, le mani alla rapina, il ventre a ingordigia, le membra che non si possono con decenza nominare, ad ogni genere di corruzione, i piedi alla fuga: proprio come se i vizi siano scaturiti da lui o egli stesso sia stato generato dai vizi.”

Licurgo di Atene (-390–-324 a.C.) politico e oratore ateniese

Contro Cefisodoto, forse, frammento conservato da Rutilio Lupo in De figuris sententiarum et elocutionis, I, 18; traduzione in Oratori attici minori, p. 925
Orazioni, Frammenti

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“[Riferendosi al suo periodo al Brescia] Quando Roby si allenava, dava sempre tutto. Sembrava sempre un ragazzino, ed io lo invidiavo. In quel periodo faceva da chioccia a molti di noi. Diceva sempre, per ogni problema o consiglio, io sono qui… All'epoca ero giovane, ed a volte capitava che mi alzavo dal letto con zero voglia di allenarmi. Capitò un periodo in cui fallivo molte occasioni da goal. La porta non la vedevo proprio. Un giorno Roby, in allenamento, mi vide giù di morale, si avvicinò a me e disse: Luca, nel calcio capitano quei momenti, non ti abbattere, se posso darti un consiglio, quando sei davanti alla porta, prima di tirare, con l'occhio guarda per un secondo il portiere. Sembra una stronzata, ma in quel momento capisci che intenzioni ha. Ricordati che la porta è di sette metri, ed il portiere occupa solo un settimo dello specchio… A fine allenamento, rimaniamo a fare un po' di uno contro uno con il portiere. Parto prima io e poi tu. Guardami però, così vedi un po' quello che faccio io… Non sto qui a raccontarvi che lui fece sempre goal. Da lì però imparai ad essere più calmo, e da quel giorno anche grazie a Roberto, non mi sono più fermato.”

Luca Toni (1977) calciatore italiano

Origine: Da un'intervista rilasciata al Corriere dello Sport, citato in Luca Toni racconta Roberto Baggio http://hellaslive.it/news/luca-toni-racconta-roberto-baggio/, HellasLive.it, 25 gennaio 2016.

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“Ciò che si fa a propria discrezione […] è per il diavolo.”

Martín Lutero (1483–1546) teologo tedesco

Origine: Breviario, p. 72

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“La tendenza del Sufi è quella di guardare ad ogni cosa da due punti di vista: il proprio e quello altrui.”

Inayat Khan (1882–1927) mistico indiano

Origine: Citato in Rotondi 1981, p. 115.

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“Per assurdo, in questa situazione, la minore extracomunitaria [Ruby] – persona, lo ripeto, intelligente, furba, di quella furbizia proprio, "orientale", delle sue origini – sfrutta, riesce a sfruttare il proprio essere extracomunitaria.”

Ilda Boccassini (1949) magistrato italiano

Origine: Durante la requisitoria nel processo di Milano contro Silvio Berlusconi, 13 maggio 2013; citato in Boccassini e la "furbizia orientale" di Ruby http://www.ilpost.it/2013/05/13/boccassini-e-la-furbizia-orientale-di-ruby/, Il Post.it.

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“Non so se è possibile correggersi dei propri difetti, ma so che si può esser presi dal disgusto dalle proprie qualità soprattutto quando le si ritrova negli altri.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

10 marzo 1906; Vergani, p. 236
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“Le polemiche intorno ad Allegri hanno rafforzato l'ambiente. Questa squadra [la Juventus] sembrava avesse bisogno di un allenatore come lui per far bene anche in Europa. Conte ha fatto un lavoro straordinario, ma anche quel ciclo era finito. Allegri ha fatto crescere molti giocatori come lo stesso Morata. Non ha mai ascoltato le critiche, portando avanti le proprie idee e centrando dei risultati pazzeschi.”

Alessio Tacchinardi (1975) allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Citato in Raffaella Bon, Tacchinardi: "Alla Juve serviva un tecnico come Allegri" https://www.tuttomercatoweb.com/serie-a/esclusiva-tmw-tacchinardi-alla-juve-serviva-un-tecnico-come-allegri-680188, Tuttomercatoweb.com, 14 maggio 2015.

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“Chi descrive il proprio dolore, anche se piange è sul punto di consolarsi.”

Ugo Ojetti (1871–1946) scrittore, critico d'arte e giornalista italiano

Origine: Sessanta, XIX

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“Mi basta giusto un pochettino di gloria, proprio l'indispensabile per non aver l'aria di un imbecille quando attraverso le strade del mio villaggio.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

aprile 1898; Vergani, p. 145
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“BIANCO- Non mi pare proprio. Lei lo vede, Gesù?
NERO- No. Non lo vedo.
BIANCO- Però ci parla.
NERO- Ogni santo giorno.
BIANCO- E lui parla con lei.
NERO- Mi ha parlato. Si.
BIANCO- Ma lei lo sente? Sente proprio la sua voce?
NERO- No, non sento la sua voce. Non sento neanche la mia, se è per questo. A lui però l'ho sentito.
BIANCO- Bè, allora Gesù non potrebbe essere soltanto nella sua testa?
NERO- Infatti è nella mia testa.
BIANCO- Allora non capisco cos'è che sta cercando di dirmi.
NERO- Lo so che non capisci, zuccherino. Sta' a sentire. La prima cosa che devi tenere presente è che io, nella testa, non ho manco un pensiero originale. Se non ho dentro la scia del profumo della divinità, allora non mi interessa.
BIANCO- La scia del profumo della divinità.
NERO- Esatto. Che te ne pare?
BIANCO- Non è male.
NERO- L'ho sentito alla radio. Da un predicatore nero. Ma il punto è che ci ho anche provato a fare nell'altro modo. E mica a spizzichi e bocconi, eh. Dico proprio benda sugli occhi, briglia sciolta e via a correre in mezzo ai boschi. Oddio. Ci ho provato eccome. Se trovi un cristiano che ci ha provato più di me, mi piacerebbe conoscerlo. Mi piacerebbe davvero. E secondo te che cosa ci ho guadagnato?
BIANCO- Non lo so. Che cosa ci ha guadagnato?
NERO- La morte in vita. Ecco cosa ci ho guadagnato.
BIANCO- La morte in vita.
NERO- Esatto. Ero un cadavere ambulante. Così morto che non sapevo manco stendermi nella tomba.”

The Sunset Limited

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“Certa gente perde una creatura amata e tira dritto e sposta il proprio affetto su un'altra. Ma è doloroso. Troppo doloroso. L'amore supera l'istinto. Quando ami smetti di vivere per te stesso. Vivi per un'altra persona. La sofferenza è l'emozione più forte che un uomo o un bambino o un animale possano provare. E' una buona sensazione. La sofferenza ti spinge a lasciare te stesso. Esci dal tuo piccolo e limitato guscio. E non puoi soffrire se prima non hai amato. La sofferenza è l'esito finale dell'amore, perché è amore perduto. È il completamento del ciclo dell'amore: amare, perdere, soffrire, lasciare e lasciarsi, poi amare di nuovo. Soffrire è la consapevolezza che dovrai essere solo, e al di là di questo non c'è nulla, perché essere solo è il destino ultimo, definitivo di ogni creatura vivente. Ecco cos'è la morte: la grande solitudine. La conoscenza della mancanza di coscienza. Quando moriremo non ce ne accorgeremo, perché morire è perdere tutto quanto. Ma soffrire è morire ed essere vivi allo stesso tempo. L'esperienza più assoluta, più totale che si possa provare. È troppo. Il corpo arriva quasi a distruggersi, con tutti quei sussulti, quelle contorsioni. Ma io voglio provare dolore. Versare lacrime. La sofferenza ti unisce di nuovo a ciò che hai perso. E' una fusione. Te ne vai anche tu con la cosa o la persona amata che scompare. In un certo senso, ti dividi da te stesso e l'accompagni, fai con lei una parte del viaggio. La segui sin dove ti è concesso spingerti. Ma alla fine, la sofferenza se ne a e tu torni in sintonia con il mondo. Senza l'altro. E riesci ad accettarlo. Che altra scelta abbiamo? Piangi, continui a piangere, perché non torni mai del tutto indietro dal posto in cui sei andato con l'altro. Un frammento che si è staccato dal tuo cuore pulsante è ancora là. C'è una lesione. Una ferita che non guarisce mai. E se ti succede una volta e un'altra e un'altra volta ancora, col tempo se ne va una parte troppo grande del tuo cuore e non riesci più a soffrire. E allora tu stesso sei pronto a morire. Salirai la scala in diagonale e qualcun altro resterà indietro a soffrire per te.”

Flow My Tears, the Policeman Said

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“Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo. Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così continua il cammino in un'attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualcosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa in tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una all'altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alla nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa in tempo a tornare.”

The Tartar Steppe

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“Anche se toccando il tema dell’Inquisizione, dell’ortodossia che difendeva e della politica cui obbediva, del suo universo giuridico, dei mezzi e delle persone di cui si serviva, immediatamente si e portati a una traduzione visiva in cui prevalentemente gioca la memoria dei quadri del Greco o di Zurbaran, a guardar bene è la pittura di Murillo che, al di là dell’atmosfera da idillio, può meglio spiegare le manifestazioni eterodosse di un vastissimo arco temporale e la conseguente reazione del Sant’Uffizio. E può, soprattutto, spiegarcele a livello di eterodossia spicciola, triviale o soltanto blasfema.
Perchè sarà magari possibile cogliere nella pittura di Murillo influssi dottrinali dell’Inquisizione o dei gesuiti, ma quel che appare più evidente è che siamo di fronte a un pittore che interpreta il sentire religioso del popolo nel modo più autentico e semplice, con una familiarità alle cose della fede da cui è facile travalicare in una eresia di tipo quietista o in un culto talmente umano da diventare blasfemo o che in vera e propria bestemmia si rovescia.
I santini che da secoli moltiplicano e diffondono le immagini del Murillo come di nessun altro pittore, sono in questo senso una prova. Il mondo sacro che egli rappresenta — cosi sospeso tra il terrestre e il celeste, tra la natura e la transumana beatitudine — è un mondo familiarizzabile, familiarizzante; e quindi, nel momento in cui delude, nel momento in cui appare estraneo, in cui non interviene a stornare sventure e a correggere la sorte, bestemmiabile.
Bisogna anche aggiungere che la santità, nelle rappresentazioni di questo pittore, sembra essere un attributo della buona salute, del buon nutrimento, della domestica pace economica: e da ciò l’insinuarsi, nei momenti più affannati e affamati del mondo contadino, di un sentimento che può assomigliarsi all’invidia e comunque di insofferenza, di avversione.”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

Ore di Spagna