Frasi su regione
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“Sulla base della tecnologia acquisita finora, l'Iran necessita circa un anno o un po' di più per produrre armi nucleari. Ma noi ovviamente non vogliamo arrivare vicini a quel punto… Il nostro obiettivo è di accertarci che l'Iran non venga a dotarsi di armi nucleari che metterebbero in pericolo Israele ed innescherebbero una corsa agli armamenti nella Regione.”

Barack Obama (1961) 44º Presidente degli Stati Uniti d'America

2013
Origine: Citato in Obama: "Entro un anno l'Iran avrà l'atomica, ma li fermeremo prima" http://www.lastampa.it/2013/03/14/esteri/obama-entro-un-anno-l-iran-avra-l-atomica-ma-li-fermeremo-prima-rRBi6LPIgxLgBO4GkqyPgK/pagina.html, La Stampa.it, 14 marzo 2013.

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“Appena a sud del carbonio c'è il silicio. Come accade spesso tra i vicini si tratta di una prossimità ambigua, che crea un po' di disagio. Come il carbonio, ma in misura minore, il silicio ha la capacità di formare alcune tra le lunghe molecole a catena necessarie per i processi complessi come la vita. E tuttavia il silicio non ha dato origine a un proprio tipo di vita; forse però da questo punto di vista è solamente dormiente. I prodotti principali del carbonio, gli organismi viventi, hanno impiegato miliardi di anni per mettere a punto meccanismi di accumulo e dispersione dell'informazioni (una definizione austera e sintetica di ciò che intendiamo per «vita»); nel frattempo il silicio è rimasto in attesa. La recente alleanza tra le due regioni, che ha visto organismi basati sul carbonio sviluppare utensili basati sul silicio per la tecnologia dell'informazione, ha portato alla schiavizzazione del silicio. Però gli organismi basati sul carbonio sono ricchi d'inventiva e stanno sviluppando sempre più le potenzialità nascoste del silicio, tanto che forse un giorno il silicio capovolgerà i rapporti di forza con il suo vicino settentrionale e assumerà il ruolo dominante. Sicuramente sui tempi lunghi il silicio ha grandi potenzialità, perché il suo metabolismo e la sua replicazione possono essere meno complessi di quelli del carbonio. Questo potrebbe rivelarsi uno dei più astuti giochi di alleanze di tutto il Regno: il silicio potrà realizzare il proprio potenziale soltanto se il carbonio si sarà prima sobbarcato tutto il lavoro preparatorio.”

Peter Atkins (1940) chimico, saggista e divulgatore scientifico britannico

Origine: Il Regno periodico, pp. 29-30

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“Darò immediatamente disposizioni alla mia comandante dei vigili urbani affinché faccia pulizia etnica dei culattoni. I culattoni devono andare in altri capoluoghi di regione che so che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non c'è nessuna possibilità per culattoni o simili.”

Giancarlo Gentilini (1929) politico italiano

da Gentilini:"Pulizia etnica contro i culattoni" http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/gentilini-omosessuali/gentilini-omosessuali/gentilini-omosessuali.html, Repubblica.it, 9 agosto 2007; Gentilini:"Pulizia etnica per i gay" http://it.youtube.com/watch?v=vrt-Cf4Pe-4, video dell'intervista su YouTube

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“L'obiettivo di Vladimir Putin è non soltanto le regioni di Donetsk e Lugansk, lui vuole prendere l'intera Ucraina [ed] eliminarla in quanto stato indipendente. L’idea di avere un accordo bilaterale con la Russia non è la migliore. Io sono per il cosiddetto format di Ginevra con gli Stati Uniti, l'UE e la Russia, noi non siamo abbastanza forti per condurre negoziati con la Russia.”

Arsenij Jacenjuk (1974) politico, economista e avvocato ucraino

Origine: Citato in Ucraina. Premier Yatsenyuk, l’obiettivo di Putin e’ eliminarci http://www.internazionale.it/news/ucraina/2014/09/13/premier-yatsenyuk-lobiettivo-di-putin-e-eliminarci/, Internazionale.it, 13 settembre 2014.

“Non lo dimentichiamo: esistono treni rapidi che «avvicinano» Torino (o Düsseldorf) al meridione, c'è la televisione che invia messaggi di… unità attraverso i presentatori e le acconciature delle belle annunciatrici, c'è il cinema, ci sono anche i libri e i rotocalchi (senza contare l'azione più specificamente politica dei partiti governativi e delle opposizioni)… Pure non si sfugge all'impressione che il Mezzogiorno resti ancora e in larga parte la terra solitaria e difficile, talvolta incomprensibile, che Abba e gli altri – le armi in pugno – vennero a scoprire e a «ricondurre» all'Italia vincendo, com'è noto, molte e cruente e gloriose battaglie ma in definitiva perdendo la loro guerra liberatrice. […] non è una affermazione che si faccia a cuor tranquillo, giacché resta comunque incomprensibile come un secolo così complesso di tragedie e di sommovimenti possa aver lasciato tanta parte del Mezzogiorno ferma ed estranea.
Come è possibile questo?
Se appena però ci si rifiuta di limitare il ragionamento alle modifiche più evidenti e naturali del costume meridionale (del resto molto limitate per esempio nei paesi dell'interno) e si bada invece al crescente dislivello nello sviluppo economico e culturale del sud rispetto alle altre regioni italiane (dislivello paurosamente cresciuto negli ultimi dieci anni) si deve ammettere come un dato della situazione italiana la perdurante «estraneità» del sud rispetto al resto della Nazione.
Né vi può ormai essere alcuno disposto seriamente a imputare questo ai meridionali in genere e non al blocco industriale-agrario che ha guidato secondo il proprio interesse la Nazione determinando per il Mezzogiorno una funzione e un destino coloniali.”

Aldo De Jaco (1923–2003) giornalista e scrittore italiano

da Letteratura e Mezzogiorno a cento anni dall'Unità, in Francesco D'Episcopo, «Le ragioni narrative» 1960-1961, Antologia di una rivista, Tullio Pironti Editore, Napoli, 2012, pp. 194-195. ISBN 978-88-7937-408-8

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“[Sul Regno delle due Sicilie] In queste regioni non basta uccidere il nemico, bisogna straziarlo, bruciarlo vivo a fuoco lento… son regioni che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandare i caffoni in Africa a farsi civili.”

Nino Bixio (1821–1873) militare, politico e patriota italiano

Origine: Citato in Pontelandolfo, i briganti e l'unità d'Italia http://www.ilgiornale.it/news/pontelandolfo-i-briganti-e-l-unit-d-italia.html, il Giornale.it, 27 agosto 2015.

“Il 21 febbraio, quattro giorni dopo l'arresto di Chiesa, viene a farmi visita Ugo Finetti, vicepresidente della Regione Lombardia, magna pars del socialismo milanese. Lo accompagna Paolo Berlusconi, che non è ancora l'editore del Giornale (lo diventerà il 16 luglio: e per questo Montanelli fin dal 20 gennaio aveva scritto a Silvio informandolo che il preannunciato passaggio di proprietà non avrebbe potuto modificare le intese sull'indipendenza del Giornale e del suo direttore, a suo tempo intercorse con Silvio e «sempre rispettate»). Finetti era pallido, Paolo aveva l'aria di essere seccato per il fatto che i vari appelli rivolti a me da esponenti della Fininvest, affinché Il Giornale non turbasse i rapporti del gruppo con il Psi, continuassero a cadere nel vuoto. Finetti ha una cartella con articoli della nostra cronaca milanese, sottolineati con evidenziatore color verde pisello. Me li consegna affinché io possa contestarli ai colleghi cronisti. «I giudici della Procura – mi spiega Finetti – fanno i fascicoli con i ritagli dei giornali, proprio come questo: poi, quando succede qualcosa, si trovano una documentazione già abbondante e vanno a scavarvi quello che vogliono.»”

Federico Orlando (1928–2014) giornalista e politico italiano

Paolo Berlusconi taglia corto: «Con le istituzioni, Regione, Comune, Fiera, noi dobbiamo lavorare, perciò dobbiamo poter mantenere buoni rapporti».
Il sabato andavamo ad Arcore

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“Libertà: […] a ripeterla oggi, questa dolce parola che si può ancora gridare ad alta voce, il cuore trema come al primo incontro con l'amante ritrovata; e vien voglia di abbracciare, in nome di essa, il primo sconosciuto che s'incontra per via, tutti fratelli in questo nome, tutti rinati per essa a dignità di persone? Superata la prima emozione si rimane esitante: che vuol dire libertà? Qualcuno potrebbe osservare che tutto quello che è avvenuto, è avvenuto proprio per colpa della libertà: libertà dei ricchi, di oziare e accumulare altre ricchezze; libertà di una banda di criminali, d'impadronirsi del potere e di precipitare i popoli nell'abisso; libertà di un popolo di preparare scientificamente la schiavitù di altri popoli. Se a questo ha servito la parola libertà, cinquantacinque milioni di uomini si sarebbero dunque sacrificati soltanto per ricominciare tra dieci anni la stessa esperienza?
Non vogliamo crederlo. Se la carneficina deve avere un senso, se essa non è stata soltanto un fenomeno cieco e senza perché, bisogna che essa abbia servito ad arricchire la coscienza umana di una verità che va oltre la libertà: di una fede che non è contro la libertà, ma che è un approfondimento di essa, una libertà più piena e universale. Unità e indipendenza, il programma del Risorgimento, non basta più. Libertà intesa soltanto come indipendenza può voler dire, nelle relazioni tra singoli, rissa di egoismi, privilegio, sfruttamento, «homo homini lupus»; nelle relazioni tra regioni di una stessa patria, campanilismo e separatismo; nelle relazioni tra nazioni, nazionalismo e guerra. Indipendenza, ecco il tragico pregiudizio: l'orgoglio dell'uomo che considera la propria sorte staccata da quella degli altri, la cieca albagia nazionale che si illude di servire la patria collo schiacciare le patrie altrui. Non più indipendenza, ma "interdipendenza": questa è la parola non nuova in cui se non si vuol che il domani ripeta ed aggravi gli orrori di ieri, si dovrà riassumere in sintesi il nuovo senso della libertà, quello da cui potrà nascere da tanto dolore un avvenire diverso dal passato.”

Piero Calamandrei (1889–1956) politico italiano

Citazioni tratte da articoli de Il Ponte, Settembre 1945

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“Ti riveggo, fumoso | accogliendo l'estreme parole, | sotto il raggio del patrio mio sole, | appoggiato a quest'arpa morrò!”

Pietro Paolo Parzanese (1809–1852) presbitero, poeta e traduttore italiano

Il ritorno del viggianese, in Raffaele Giglio, Letteratura delle regioni d'Italia, Storia e testi, Campania, Editrice La Scuola, Brescia, 1988, pp. 250-251. ISBN 88-350-7971-3

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“Qual è il nostro scopo? Uno solo: affermare il nome dell'Italia nelle regioni africane e dimostrare anche ai barbari che siamo forti e potenti! I barbari non sentono se non la forza del cannone; ebbene, questo cannone tuonerà al momento opportuno.”

Francesco Crispi (1818–1901) patriota e politico italiano

Origine: Dal discorso alla Camera dei Deputati del 7 maggio 1885; citato in Giuseppe Piccinini, Guerra d’Africa, Perino, Roma, 1887, p. 981.

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“È un accordo che mi soddisfa molto, perché con quest'accordo posso ragionevolmente affermare che in Lombardia si vince. Andare da soli sarebbe una inevitabile sconfitta. Capisco qualche mal di pancia, ma ricordo a tutti quanti che se non ci fosse stato l'accordo con il Pdl allora, più di 400 Comuni sarebbero a rischio con i sindaci che dovrebbero dimettersi. Ci sono quindi tutte le ragioni per considerare l'accordo utile, positivo e coerente con il disegno illustrato nell'ultimo congresso. Non temo malumori territoriali, c'è qualcuno che non era d'accordo, in Veneto, come in Piemonte, ma a questi ricordo che, nel Veneto siamo al governo della Regione con il Pdl". Cosi' Roberto Maroni ha risposto a chi gli chiedeva se teme i mal di pancia dei veneti sull'accordo raggiunto tra Pdl e Lega. Ci sono tutte le ragioni per aver stretto questo accordo che e' utile, positivo e soprattutto coerente col disegno che ho fatto approvare al congresso federale. L'accordo con il Pdl serve per vincere in Lombradia. Con questo accordo vincerò in Lombardia con buona pace dei miei avversari. Albertini mi sembra destinato ad un modesto piazzamento. Aveva detto che se avessi vinto mi avrebbe regalato una Ferrari. Bene, allora gli dico di prenotarla. L'accordo per le politiche è conseguenza dell'accordo per la Regione, ma funzionale all'accordo per la Regione. Per questo nell'accordo si dice esplicitamente che Berlusconi non sarà il premier. È un fatto rilevante ed esprimo riconoscenza per questo gesto a Silvio Berlusconi. Ho sentito che Silvio Berlusconi ha indicato Angelino Alfano come candidato premier. È una persona che stimo, con cui ho lavorato, non mi dispiace. Ma io mi permetto di indicare Giulio Tremonti.”

Roberto Maroni (1955) politico italiano

giorno. it http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/2013/01/07/826460-Maroni-Candidato-Governatore-Lombardia.shtml, 7 gennaio 2013

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“[Se sarò eletto Governatore della regione Liguria] Andremo insieme a Novi Ligure per porre fine allo scempio toponomastico. Chiederemo al sindaco di tornare ad aggregarsi alla Regione Liguria oppure di cambiare il nome della città in Novi Piemontese.”

Giovanni Toti (1968) giornalista italiano

Origine: Dichiarazione resa a seguito di una nota gaffe (aveva affermato che Novi Ligure fosse in Liguria anziché in Piemonte) fatta dopo essersi candidato per la carica di Governatore della Regione Liguria.
Origine: Citato in Massimo Putzu, Toti dopo la gaffe: «Novi Ligure? Se vinco io la annetto o cambia nome in Novi Piemontese» http://www.ilsecoloxix.it/p/basso_piemonte/2015/04/11/ARbOvF6D-piemontese_annetto_cambia.shtml, Il Secolo XIX.it, 11 aprile 2015.

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“Più che di allargamento, che sembra un processo che parte da Bruxelles verso il resto d'Europa, mi piace parlare di integrazione. La presidenza italiana ha posto l'integrazione tra le sue priorità e l'ha inserita nel programma dei diciotto mesi delle 'tre presidenze', per cui ritiene importante dedicare attenzione ai Balcani occidentali. Ne ha la prova concreta la visita che ho programmato proprio agli inizi della presidenza nella regione e a Skopje.”

Federica Mogherini (1973) politica italiana

Origine: Citato in Mogherini a stampa macedone, Italia per integrazione Balcani http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2014/07/25/mogherini-a-stampa-macedone-italia-per-integrazione-balcani_cee7ec43-6a1c-4094-b317-ea1e07917d71.html, Ansa.it, 29 luglio 2014.

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“[…] la borghesia napoletana non si è saputa raccontare; non ci sono romanzi e personaggi che la rappresentano, così come invece hanno saputo fare in Sicilia con De Roberto, Verga, Tomasi di Lampedusa; Napoli ha eccelso soltanto nel pensiero, è stata più avanti, non solo della Sicilia ma anche di altre regioni italiane, nella speculazione filosofica.”

Raffaele La Capria (1922) scrittore italiano

Origine: Citato in Arbore, La Capria e Napoli in un docufilm su Rai Storia http://www.cinemaitaliano.info/news/25935/arbore-la-capria-e-napoli-in-un-docufilm.html, Cinemaitaliano.info, 27 settembre 2014.

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“Partendo dalla convinzione (mai confermata) che il clero avesse elaborato un piano che approfittasse delle confische di oggetti sacri per dichiarare guerra al potere dei soviet, Lenin scrisse: «Per noi, questo momento è quello in cui abbiamo il 99% delle possibilità di riuscire a distruggere il nemico [la Chiesa] e assicurarci una posizione indispensabile per i decenni a venire. È precisamente ora e solamente ora, mentre nelle regioni affamate le popolazioni si nutrono di carne umana e centinaia se non migliaia di cadaveri marciscono sulle strade, che noi possiamo (e dobbiamo) realizzare la confisca dei tesori della Chiesa con l'energia più selvaggia e impietosa. Noi dobbiamo, come che sia, confiscare i beni della Chiesa il più rapidamente possibile e in modo decisivo per assicurarci un fondo di centinaia di milioni di rubli. Senza questo fondo, nessun lavoro governativo in generale, nessuno sforzo economico in particolare, nessuna difesa delle nostre posizioni alla conferenza di Genova sono concepibili». E, per riuscirvi, Lenin ordinò nella stessa lettera delle confische brutali e implacabili «senza fermarsi davanti a niente», e «l'esecuzione del più gran numero possibile di componenti del clero reazionario […]. Più grande sarà il numero delle esecuzioni, meglio sarà»”

Hélène Carrère d'Encausse (1929) storica francese

cap. 14, pp. 408-409
Lenin
Origine: Chiosa dell'Autore.
Origine: Omissione dell'Autore.

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“Il giorno del Big Bang non è lontano. Il denaro, nella sua estrema essenza, è futuro, rappresentazione del futuro, scommessa sul futuro, rilancio inesausto sul futuro, simulazione del futuro ad uso del presente. Se il futuro non è eterno ma ha una sua finitudine, noi, alla velocità cui stiamo andando proprio grazie al denaro, lo stiamo vertignosamente accorciando. Stiamo correndo a rotta di collo verso la nostra morte come specie. Se il futuro è infinito ed illimitato, lo abbiamo ipotecato fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. L'impressione infatti è che, per quanto veloci si vada, anzi propri in ragione di ciò, questo futuro orgiastico arretri costantemente davanti a noi. O forse, in un moto circolare, niciano, einsteniano, proprio del denaro, ci sta arrivando alle spalle gravido dell'immenso debito di cui lo abbiamo caricato. Se infine, come noi pensiamo, il futuro è un tempo inesistente, un parto della nostra mente, come lo è il denaro, allora abbiamo puntato la nostra esistenza su qualcosa che non c'è, sul niente, sul Nulla. In qualunque caso questo futuro, reale o immaginario che sia, dilatato a dimensioni mostruose e oniriche dalla nostra fantasia e dalla nostra follia, un giorno ci ricadrà addosso come drammatico presente. Quel giorno il denaro non ci sarà più. Perché non avremo più futuro, nemmeno da immaginare. Ce lo saremo divorato.”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Origine: Da Il denaro, sterco del demonio, Marsilio, 1998.

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“Ma già il fuoco rivoluzionario si era esteso a Kronštadt, la base navale orgoglio del regime, in cui i marinai proclamarono la loro solidarietà agli scioperanti, annunciando la liquidazione del soviet della città da parte di un Comitato militare provvisorio, e la futura elezione di un nuovo soviet. «Il soviet senza i comunisti»: questo slogan univa i contadini in rivolta nella regione di Tambov e i marinai del Baltico. La Comune rivoluzionaria istituita dai marinai, che durerà sedici giorni, prese le mosse dall'agitazione operaia e propose un programma che prendeva in contropiede il sistema politico in vigore dal 1918: dissoluzione dei soviet e libere elezioni a scrutinio segreto per sostituirli; libertà di stampa e di riunione per i socialisti, gli anarchici e i sindacalisti; libertà per i contadini di poter disporre dei raccolti; soppressione dei distaccamenti incaricati delle requisizioni in campagna; libertà di lavoro per gli artigiani che non impiegavano lavoratori salariati.
Senza dubbio, Lenin lo dirà, Kronštadt non era tutta la Russia; ma la sua «Comune» era un simbolo inquietante: quello del rifiuto del potere comunista da parte di coloro che ne erano stati i migliori difensori, ed era anche testimonianza del legame esistente fra tutte le rivolte: i contadini di Tambov, l'Ucraina raccolta intorno a Machno, l'insieme della campagna russa.”

Hélène Carrère d'Encausse (1929) storica francese

cap. 14, p. 393
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“Il terremoto in Abruzzo è stato un dolore, una cosa lancinante e lacerante. Tutte le storie che mi sono venute addosso sono state drammatiche. L'ho promesso sulle bare: non lasceremo mai sola questa Regione.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2009
Origine: 10 aprile 2009; citato in Francesca Lombardi, Il terremoto dell'Aquila tre anni dopo. Numeri e frasi da non dimenticare http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/06/terremoto-dellaquila-anni-dopo-numeri-frasi-dimenticare/202814/, ilFattoQuotidiano.it, 6 aprile 2012.

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“Non è vero che ci sono parole per esprimere ogni cosa. E non è neanche vero che i pensieri sono fatti sempre di parole.(…) Le regioni interiori non coincidono con il linguaggio, esse si trascinano là dove le parole non riescono a soffermarsi. Spesso sono le cose essenziali quelle su cui non si può dire più niente, e l'impulso di parlarne scorre bene perché va oltre senza fermarcisi. Solo in occidente si pensa di risolvere questo disordine parlandone. Il parlare non rimette ordine né nella vita del campo di mais né in quella sull'asfalto. E solo in occidente si pensa anche che non ha senso ciò che non si riesce a sopportare. Che cosa può fare il parlare? Quando gran parte della mia vita non quadra più, anche le parole vanno a fondo. Ho visto precipitare le parole che avevo. Ed ero certa che insieme ad esse, se le avessi avute, sarebbero precipitate anche quelle che non avevo. Le parole non esistenti sarebbero diventate come quelle esistenti che precipitavano. Non ho mai saputo di quante parole ci sarebbe stato bisogno per coprire completamente lo smarrimento della fronte. Uno smarrimento che subito si allontana di nuovo dalle parole trovate per definirlo. Ma di quali parole si tratta e come dovrebbero essere subito pronte a scambiarsi con altre per recuperare i pensieri. E che cosa significa recuperare. Il pensiero però parla con se stesso in modo del tutto diverso da come le parole parlano con esso. Il desiderio tuttavia di poterlo dire. Se non avessi avuto sempre questo desiderio, non si sarebbe arrivati a sperimentare nomi per il cardo da latte, per chiamarlo con il suo vero nome. Senza questo desiderio non avrei prodotto intorno a me quel senso di vergogna come conseguenza di una vicinanza malriuscita.”

Herta Müller (1953) scrittrice tedesca

Il re s'inchina e uccide

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“E solo per un attimo avevo raggiunto quell'apice d'estasi che avevo sempre desiderato raggiungere, che era il completo passaggio attraverso il tempo cronologico nelle ombre senza tempo, e stupore nella desolazione del regno mortale, e la sensazione di morte che mi batteva ai calcagni perché andassi avanti, con un fantasma che stava alle calcagna di se stesso, e io che correvo verso un trampolino dal quale si tuffavano tutti gli angeli per volare nel vuoto sacro della vacuità non creata, le potenti e inconcepibili radiazioni che splendono nella luminosa Essenza Mentale, innumerevoli regioni del loto che sbocciavano in un magico sciamare di falene nel cielo. Potevo sentire un indescrivibile rombo ribollente che non era nelle mie orecchie ma dovunque e non aveva niente a che fare col suono. Capii che ero morto ed ero tornato alla luce innumerevoli volte ma solo non me lo ricordavo, soprattutto perché i passaggi dalla vita alla morte e di nuovo alla vita sono così fantomaticamente facili, una magica azione per nulla, come cadere addormentati e svegliarsi di nuovo un milione di volte, la pura casualità e la profonda ignoranza di ciò. Capii che era solo a causa della stabilità della Mente intrinseca che aveva luogo questo lieve ondeggiare del nascere e del morire, come l'azione del vento su una distesa di acqua pura, serena, simile a uno specchio. Provavo un senso di benedizione dolce, travolgente, come un grosso getto di eroina nella vena principale; come un sorso di vino nel tardo pomeriggio che ti fa rabbrividire; i piedi mi formicolavano. Mi pareva che sarei morto da un momento all'altro. Ma non morii…”

On the Road

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“Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava. Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto. Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. 'Nel frattempo, voglio chiederti un favore,' concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio. 'Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.' Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio. 'Allora,' gli domandò questi, 'hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?' Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato. 'Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo,' disse il Saggio. 'Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.' Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d'arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d'arte era disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto. 'Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato?' domandò il Saggio. Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate. 'Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti,' concluse il più Saggio dei saggi. 'Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino.' Il ragazzo tacque. Aveva capito la storia del vecchio re: un pastore ama viaggiare, ma non dimentica mai le sue pecore.”

The Alchemist

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“Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò. Si devono avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

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“Sta diventando assiomatico che le potenze coloniali non rinunciano volontariamente al controllo politico di qualsiasi territorio. Prima di partire, fanno sforzi sovrumani per creare divisioni e rivalità che sperano di poter sfruttare quando se ne sono andati. L'India, con la sua divisione in due parti, lasciando la sua triste eredità di comunalismo e faide religiose, è il più lampante esempio. Ma gli scismi in Birmania, Ceylon, i Camerun, Vietnam, lo sgretolamento delle due federazioni nell'Africa Occidentale Francese e l'Africa equatoriale francese in stati separati della comunità francese, rappresentano tutti un'eloquente testimonianza di questa vasta politica di «dividi e domina». Lo è anche la divisione federale della Nigeria in tre regioni, dove l'amministrazione britannica aveva in precedenza meticolosamente eretto una forma di governo unitario da una conglomerazione vasta di popoli diversi. È difficile capire i metodi delle potenze coloniale se considerati superficialmente. Non lasciano l'Africa in pace anche quando sanno benissimo che si stanno arrampicando sugli specchi nei loro tentativi di impedire la liquidazione totale e definitiva del sistema coloniale. Agiscono come se avessero ancora il diritto di ingerirsi negli affari interni degli stati appena emersi. Presumono perfino di imporre quali dei nostri atti siano giusti e quali sbagliati. Se scrutate attentamente, queste manovre si possono considerare parte della strategia di «dividi e domina» esercitata da lontano.”

Kwame Nkrumah (1909–1972) rivoluzionario e politico ghanese

Africa Must Unite

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“L'Etiopia appoggia tutti gli sforzi compiuti per consentire al popolo del Sahara occidentale di ottenere la sua libertà, perché crede che la realizzazione di questo fine aumenterà la pace e la stabilità della regione.”

Menghistu Hailè Mariàm (1937) militare e politico etiope

Ethiopia supports all efforts being made to enable the people of Western Sahara attain their freedom, because it believes that the attainment of this goal will enhance the peace and stability of the region.
Variante: L'Etiopia appoggia tutti gli sforzi compiuti per consentire al popolo del Sahara occidentale di ottenere la sua libertà, perché crede che la realizzazione di questo fine aumenterà la pace e la stabilità della regione.

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“Non si tratta di abbandonare la scienza, la quale nel suo tortuoso cammino ha pur mostrato di essere ricerca docile alla verità, e dalla quale proprio oggi ci vengono le meno incerte indicazioni di speranza anche teoretica. Si tratta piuttosto di accompagnarle una ricerca filosofica che, in costante sforzo di attenzione, recuperi le necessarie armonie (con la natura e con gli altri) nelle regioni più proprie dell'umano: fantasia, sentimenti, esperienza storica, intelligenza. Questa collaborazione tra scienza e filosofia è indispensabile. Come l'opera manipolatrice e distruttiva della scienza non sarebbe giunta tanto lontano senza l'avallo e la spinta dell'idea filosofica dell'homo faber, così l'attuale riconversione della scienza a un'attività conoscitiva e conservativa non può dare tutti i suoi frutti se la filosofia non riproporrà l'idea perenne dell'homo sapiens, che illumina di sapienza anche il suo fare.
Oggi molti scienziati mostrano di aver inteso la lezione di questa sapienza che conosce il limite e la misura. Hanno compreso che, quand'anche si abbia di mira soltanto il fare e il produrre, non è più possibile continuare a provocare la natura. Ma occorre esplorarla riconoscendone la realtà, davvero inesauribile sul piano della conoscenza, e fors'anche sul piano di una utilizzazione sapientemente rispettosa; ma esauribile (e quanto rapidamente!) sul piano della manipolazione fabbrile che obbedisce alla misura egocentrica dell'uomo.”

Sergio Cotta (1920–2007) filosofo italiano

Origine: Proprio del fabbro e, per estensione, di ogni attività manuale. Manipolazione fabbrile è quindi un utilizzo indiscriminato delle ricchezze naturali.
Origine: da L'uomo tolemaico, Rizzoli, Milano. Citato in Giuseppe Passarello, Elena Janora e Serena Passarello, La memoria e la ragione: Ottocento e Novecento, [antologia di cultura generale. Per gli istituti professionali], Società Editrice internazionale, Torino, Ristampa luglio 1981, p. 827. ISBN 88-05-01587-3