Frasi su vivaio
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“Novant'anni, anzi novantuno, ha ora la stessa autrice [Varvàra Dolgorouki] di questo libro, che ne ha già cominciato un altro: Scrapbook: All I Know ('brogliaccio': tutto ciò che so). In esso ritroveremo senza dubbio, ampliato ancora, come la sua generosità che aumenta prodigiosamente con gli anni (e la sua casetta di Roma è una sorta di universale pellegrinaggio per chiunque cerchi soave aiuto e arguto consiglio), il monito di S. Paolo, che si possegga come non possedendo, si sia come non essendo: lasciando che in sé viva ed operi Altri. Il che potrebbe dirsi, tra l'altro, il solo vero ritratto dell'aristocratico.”

Cristina Campo (1923–1977) scrittrice, poetessa e traduttrice italiana

Origine: Dalla Prefazione a I Quaderni. Russia 1885-1919 di Varvàra Dolgorouki, traduzione italiana di Amalia D'agostino Schanzer, Rusconi, Milano, 1976. La prefazione, nell'edizione Rusconi in forma anonima e senza titolo è pubblicata nuovamente in: Appassionate distanze, a cura di Monica Franetti, Filippo Sacchieri e Roberto Taioli, Tre lune Edizioni con l'attribuzione a "C. Campo" e sotto il titolo: Una delle ultime gran dame di questa terra.

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“Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana

“Di solito non parlo con gli sconosciuti. Non mi piace parlare con chi non conosco. E non per via della famosa frasa Non Dare Confidenza Agli Sconosciuti che ci ripetono continuamente a scuola, che tradotto vuol dire non accettare caramelle o un passaggio da uno sconosciuto perché vuole fare sesso con te. Non è questo che mi preoccupa. Se un estraneo mi toccassse lo colpirei immediatamente, e io so colpire molto forte. Come per esempio quella volta che ho preso a pugni Sarah perché mi aveva tirato i capelli e l’ho fatta svenire e le è venuta una commozione cerebrale e avevano dovuto portarla al pronto soccorso. E poi ho sempre con me il mio coltellino svizzero che ha una lama a seghetto in grado di tranciare le dita a un uomo.
Non mi piacciono gli estranei perché non mi piacciono le persone che non conosco. Sono difficili da capire. È come essere in Francia, dove andavamo qualche volta in campeggio quando mio madre era ancora viva. E io odiavo la Francia perché se entravo in un negozio o in un ristorante o andavo in spiaggia non capivo quel che dicevano, e la cosa mi terrorizzava.

Ci metto un sacco di tempo per abituarmi alle persone che non conosco. Per esempio, quando c’è una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali e qual è il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.”

The Curious Incident of the Dog in the Night-Time

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“BENVOLIO - Tuo padre, sì… Ma quale interna pena fa tanto lunghe
l’ore di Romeo?
ROMEO - La pena di non posseder per sé la cosa che gliele farebbe brevi.
==========

È la crudele legge dell’amore. Già le pene del mio pesano troppo
sul mio cuore, e tu vuoi ch’esso trabocchi coll’aggiungervi il peso
delle tue: giacché quest’affettuosa tua premura altro non fa che
aggiunger nuova ambascia a quella che m’opprime, ch’è già troppa.
L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve,
è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è
ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti.
Che altro è più? Una follia segreta, un’acritudine che mozza il
fiato, una dolcezza che ti tira su.
==========
Oh, ch’ella insegna perfino alle torce come splendere di più viva
luce! Par che sul buio volto della notte ella brilli come una gemma
rara pendente dall’orecchio d’una Etiope. Bellezza troppo ricca per
usarne, troppo cara e preziosa per la terra! Ella spicca fra queste
sue compagne come spicca una nivea colomba in mezzo ad uno stormo
di cornacchie. Finito questo ballo, osserverò dove s’andrà a posare
e, toccando la sua, farò beata questa mia rozza mano… Ha mai amato
il mio cuore finora?… Se dice sì, occhi miei, sbugiardatelo,
perch’io non ho mai visto vera beltà prima di questa notte.
==========

Codesti subitanei piacimenti hanno altrettanta subitanea fine, e
come fuoco o polvere da sparo s’estinguono nel lor trionfo stesso,
si consumano al loro primo bacio. Miele più dolce si fa più
stucchevole proprio per l’eccessiva sua dolcezza, e toglie la sua
voglia al primo assaggio. Perciò sii moderato nell’amare. L’amor
che vuol durare fa così. Chi ha fretta arriva sempre troppo tardi,
come chi s’incammina troppo adagio.”

Romeo and Juliet

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“Vorrei solo poter restare qui tutta la notte e continuare a scrivere. Scrivere mi fa bene. Lo sento. Anche quando scrivo cose tristi, qualcosa in me si tranquillizza, sento di avere uno scopo.

Voglio rimanere qui e raccontare le cose più semplici. Descrivere la foglia che è appena caduta. O la catasta di sedie in veranda. O le falene attratte dalla lampada. E raccontare ciò che avviene durante la notte finché il buio si tramuta in luce, fino ai cambiamenti di colore. Potrei rimanere qui seduta per giorni e notti a descrivere ogni stelo d'erba, ogni fiore, i sassi del muretto, le pigne. Solo dopo, quando mi sentirò pronta, passerò a scrivere di me. Del mio corpo, per esempio. Comincerò da lui, da ciò che è tangibile. Ma anche con lui partirò da lontano, dalle dita dei piedi, per avvicinarmi piano piano. Descriverò ogni sua parte, ne annoterò le sensazioni, quelle di un tempo e quelle attuali. I ricordi della caviglia, per esempio, o della guancia, o del collo. Perché no? Attraverso le carezze, i baci e le cicatrici. Mantenermi viva con la scrittura. Ci vorrà un sacco di tempo ma ne ho molto a mia disposizione. La vita è lunga e voglio raccontare di me stessa, raccontare quello che probabilmente nessuno mi racconterà mai. La mia storia. Senza aggiunte, ma anche senza detrazioni. Scrivere senza pretendere nulla. Da nessuno. Scrivere solo la mia voce.”

David Grossman (1954) scrittore e saggista israeliano

Be My Knife

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“Mi ricordi una versione giovane, gay e ancora viva di Christopher Hitchens.”

Bill Maher (1956) comico, conduttore televisivo, autore televisivo, opinionista, scrittore e attore statunitense
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“Ho dichiarato pubblicamente la posizione del Ghana nei confronti dell'Algeria. Abbiamo pubblicamente appoggiato i nazionalisti algerini. La tesi che i coloni europei avevano fatto dell'Algeria la loro casa e si consideravano algerini è irrilevante. Se fossero stati veramente dei patrioti algerini, non si sarebbero opposti ai nazionalisti algerini. Non avrebbero ucciso e terrorizzato, e infranto le clausole dei trattati di pace franco-algerini. Per l'africano, il colono europeo, che viva in Sudafrica, Kenya, Angola o altrove in Africa, è un intruso, uno straniero che si è impossessato della terra africana. Nessun tipo di argomentazione sui cosiddetti benefici d'un governo europeo può alterare il diritto fondamentale degli africani di dirigere i loro propri affari.”

Kwame Nkrumah (1909–1972) rivoluzionario e politico ghanese

Africa Must Unite
Variante: Ho dichiarato pubblicamente la posizione del Ghana nei confronti dell'Algeria. Abbiamo pubblicamente appoggiato i nazionalisti algerini. La tesi che i coloni europei avevano fatto dell'Algeria la loro casa e si consideravano algerini è irrilevante. Se fossero stati veramente dei patrioti algerini, non avrebbero si sarebbero opposti ai nazionalisti algerini. Non avrebbero ucciso e terrorizzato, e infranto le clausole dei trattati di pace franco-algerini. Per l'africano, il colono europeo, che viva in Sudafrica, Kenya, Angola o altrove in Africa, è un intruso, uno straniero che si è impossessato della terra africana. Nessun tipo di argomentazione sui cosiddetti benefici d'un governo europeo può alterare il diritto fondamentale degli africani di dirigere i loro propri affari.

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“Io sono nato a Genova | Funicolari ascensori e creuze | Io sono nato a Genova | Città viva di troppe attese”

Max Manfredi (1956) cantautore italiano

da Fado del dilettante
Citazioni tratte dalle canzoni, L'intagliatore di santi
Origine: Testo della canzone http://www.maxmanfredi.com/fado-del-dilettante/ sul sito ufficiale

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“Il ricordo di Dionysos e di Bacco su questa terra italiana che è in effetti satura di memorie di quei tempi, il tarantismo del medioevo che era diffuso molto al di là di Napoli, verso il nord, insieme a molti altri elementi che non sappiamo ancora identificare, hanno contribuito a provocare questo scatto, questo salto in un altro stato che noi chiamiamo trance ma che non è il termine popolare: infatti siamo noi che parliamo così quando descriviamo questo pellegrinaggio, il " vodu ", o il sabba medioevale. La linea storico-culturale di fondo ancora viva nell'inconscio popolare, e il resto, ha provocato questo gran chiasso nella chiesa che non vuole schiamazzi, come si dice, ma che è forzata ad ammettere, e perché no?, ad integrare un giorno, se conviene, come sono state integrate le vergini nere. Per adesso ciò che ho visto è una lotta tra il tentativo dei preti di mantenere un ordine borghese in questa basilica con l'aiuto della polizia, e il popolo che conserva la sua tradizione e la propria maniera, un po' pagana, di servirsi di questo luogo sacro.
A questo proposito, nella basilica della Madonna si produce come un ritorno del " rimosso " della Campania che è anche, più in generale, il rimosso d'Europa: i contadini e le culture popolari. (In «La voce della Campania», 4.4.1976.)”

Georges Lapassade (1924–2008) filosofo e sociologo francese

Origine: Il riferimento è allo stato di "trance" in cui entrano molti portatori della statua della Madonna dell'Arco al momento dell'entrata nel Santuario.
Origine: In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, Aspetti e problemi del Sud, Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 135.

“La guerra partigiana ha dato agli italiani una viva coscienza soggettiva di non essere inferiori agli altri popoli, li ha salvati da un aggravarsi di quel complesso di inferiorità, che può poi tramutarsi di colpo nel suo opposto, e far luogo a episodi di nazionalismo frenetico, ad eccessi di violenza orgogliosa e folle.”

Aldo Garosci (1907–2000) storico, politico e antifascista italiano

Origine: Da  I risultati politici della guerra partigiana, Nuovi quaderni di Giustizia e Libertà, anno I, numero 5-6, gennaio-agosto 1945, p. 6.

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“I guerrieri erano tenuti a rispettare tutta una serie di regole di condotta. Non dovevano mai stringere la mano di un non-simba, non dovevano lavarsi, né pettinarsi i capelli o tagliarsi le unghie, altrimenti sarebbero diventati di nuovo vulnerabili. Molte di quelle regole erano meno bizzarre di quanto sembrasse a prima vista. La maggior parte dei simba non aveva uniformi ed era praticamente priva di armi da fuoco. Andavano a combattere a torso nudo, coperti di ramoscelli e di pelli di animali e muniti solamente di lance, machete e randelli. Con tale equipaggiamento dovevano affrontare l'armata governativa di Mobutu che, pur essendo ancora un'accozzaglia di persone male organizzate, era comunque dotata di mitragliatrici semiautomatiche. Quelle regole magiche imponevano ai simba una forma di disciplina militare. Il sesso era proibito, perché altrimenti i guerrieri si sarebbero abbandonati a stupri continui. Farsi prendere dal panico era proibito, altrimenti si sarebbero dati alla fuga. Guardarsi dietro era proibito, così come il nascondersi. Il guerriero simba doveva gettarsi contro il nemico urlando "Simba, simba! Mulele mai! Mulele mai! Lumumba mai! Lumumba oyé!" (Leone, leone, acqua di Mulele, acqua di Lumumba, viva Lumumba!). Se avessero gridato quelle parole, i proiettili degli avversari si sarebbero trasformati in acqua al contatto con i loro torsi. Quelli che venivano colpiti evidentemente non avevano rispettato una qualche regola di condotta. Assurdo? Sì, ma non più assurdo di determinati attacchi durante la Prima guerra mondiale, in cui si ordinava ai soldati di avanzare sotto un fuoco di sbarramento. E la cosa bizzarra era che non erano soltanto i simba a credere nel loro potere magico, ma anche gli uomini dell'esercito governativo. I soldati di Mobutu avevano una paura del diavolo di quei bruti isterici e drogati che si gettavano contro di loro gridando e con gli occhi sgranati.”

Origine: Congo, pp. 346-347

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“oggi uno de li due Casali più belli, più ricchi e ben culti tra li che abbia la nostra Città di Capua (atteso l'altro è Santa Maria Maggiore,) popolato di ben cinque mila persone, e più centinaia, buona parte di natali assai civili, di molti Dottori di Legge, di più Medici, e Notaj, di un Clero assai dotto, e ben costumato: le strade sono ben lastricate di pietra viva, ed è tutto il Paese adorno di molti, e vaghi palagi. Per mezzo di esso passava l'antichissima strada Atellana, che da Capua nell'antica Atella conduceva; ed ha tal pago il bel pregio di farsi in esso ogni Venerdì un pingue mercato, col concorso di gente di tutti i paesi convicini.
Finalmente Marcianesi si è reso famoso per le bellissime Chiese, che vi sono, e per le rare pitture della celebre scola del Marchese Francesco Solimena, di cui è principal discepolo Paolo de Majo, naturale di tal luogo, che ave adornato le Chiese suddette, specialmente quella dell'Arcangelo San Michele, dove è la Collegiata, e l'altra della Santissima Annunciata, delle più fine, e maravigliose pitture. Questo Villaggio per lo temporale alla Città di Capua, per lo spirituale poi nella maggior parte alla Chiesa di Capua, in a quella di Caserta si appartiene.”

Francesco Granata (1701–1771) vescovo cattolico italiano

Origine: Da Storia civile della fedelissima città di Capua, Libro I e II, Napoli, Stamperia Muziana, 1752, pp. 23-24 https://books.google.it/books?id=vKE5PJJ8doIC&hl=it&pg=PA23#v=onepage&q&f=false,.

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“Mia cara Miledy — Son più morta che viva. I rapporti di Pignatelli fatti a Luzzj, i documenti forniti da quelle canaglie di nobili provano che la rivoluzione è intieramente consumata. Il popolo è unito col potere costituente. Essi hanno disarmata tutta l'infame truppa, castelli, arsenale ec. Mack è scomparso. Calandra con 2500 uomini dice di non poter far nulla. Tutta la truppa chiama il popolo e dà loro le armi. Zurlo è stato trascinato ferito innanzi il tribunale dell'infame città e messo in castello. Ciò prova che la nobiltà dirìge tutto. Tre colonnelli, Fardella, Bologna e Baumont tradotti innanzi al tribunale; i due primi messi in libertà, il terzo imprigionato, infine orrori. Castellammare e Salerno sono già in rivoluzione. M'aspetto domani sentir l'istesso delle Calabrie. Sono così afflitta, che preferisco l'entrata dei Francesi e che tolgano a quei miserabili fino all' ultima camicia, piuttosto che di vedere i nostri proprii sudditi bestie vili, poltroni, ma furfanti, condursi in tal guisa. Il pranzo è contramandato. Ohimè, mia cara, sono molto sventurata. Dio voglia che il contro colpo non si faccia sentire in Sicilia: sono desolata, ma bisogna riacquistar Napoli e difendere la Sicilia. Egli è certo che qualche birbante nascosto vi tien la mano. Questi sciocchi… non ho più testa: in una parola, sono molto fuor di speranza. Se potessi vedervi alle ore 23 o 24 col cavaliere ed il nostro eroe Nelson mi sarebbe di sollievo, bisogna efficacemente pensare a salvarci. Compatite un onesta amica, un alleata fedele, ma un affettuosa madre, sposa e sventurata regina.”

Maria Carolina d'Asburgo-Lorena (1752–1814) regina consorte di Napoli e Sicilia, moglie di Ferdinando I delle Due Sicilie

dalla lettera del gennaio 1799, p. 59
Carteggio di Maria Carolina Regina delle due Sicilie con Lady Emma Hamilton

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“La rivoluzione sarà viva fino a che vivrà Rafsanjani.”

Ruhollah Khomeyni (1902–1989) politico e religioso iraniano

Origine: Citato in Le lacrime di Rohani per la morte del suo demiurgo-Rafsanjani https://www.ilfoglio.it/esteri/2017/01/10/news/morte-rafsanjani-rohani-successione-iran-114239/, Ilfoglio.it, 10 gennaio 2017.

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“In Piemonte una tenue corrente di sperimentalismo baconiano, viva nel Pavesio, nel Galeani Napione, in Tommaso Valperga di Caluso, pur accogliendo Locke e Condillac mirava a integrarli oltrepassandone le conseguenze sensistiche.”

Eugenio Garin (1909–2004) filosofo italiano

vol. 3, parte quinta, cap. 1, p. 27
Storia della filosofia italiana, Dall'Illuminismo all'idealismo

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“Un manifesto era stato attaccato ai muri, ma il popolino lo ignorava; e, ignorandolo, al solito, come altrove, coi ritratti del re e della regina, un crocefisso in capo alla processione, gridando – Viva il re! Abbasso le tasse!”

s'era messo a percorrere le vie del paese, finché, uscendo dalla piazza e imboccando una strada angusta che la fronteggiava, vi aveva trovato otto soldati e quattro carabinieri appostati. L'ufficiale che li comandava aveva preso questo partito con strategia sopraffina, perché la folla inerme, lì calcata e pigiata, alle intimazioni di sbandarsi non si potesse più muovere; e lì non una ma più volte, aveva ordinato contro di essa il fuoco. Undici morti, innumerevoli feriti, tra cui donne, vecchi, bambini. Ora, tutto era calmo, come in un cimitero». (p. 237)
I vecchi e i giovani

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Malattia, dolore, ostacolo, avversità; penso che ognuno di noi, chi più chi meno durante il suo percorso terreno abbia avuto a che fare con simili esperienze, difficilmente riusciamo a essere obiettivi nei confronti di altri rispetto tali esperienze, come diceva spesso la mia mamma ( ognuno in questa vita ha la sua croce, chi più grande, chi più piccola). Ma non è detto che quella croce sia solo un peso, potrebbe essere invece un' opportunità. La malattia crea uno stato speciale, non puoi continuare a pensare e ragionare in maniera razionale e “normale”, se lo fai al dolore si somma la rabbia, rabbia derivata dal fatto che non vuoi accettare una simile situazione " perché proprio a me?" pensando poi che tutto il mondo viva felice e senza problemi. Per cui bisogna spostare la mente su pensieri meno reali, quasi irrazionali; per poterlo fare devi scavare dentro te stesso per riuscire in qualche modo a dare un senso a qualcosa che apparentemente non ha un senso. Superati i primi due ostacoli " dolore e accettazione". Inizi a vedere il mondo e le persone passarti accanto in maniera diversa. Stà ora iniziando il terzo processo.. la trasformazione della avversità in opportunità; come se tra te e loro ci fosse un grande schermo trasparente, puoi vederle, ma non puoi interagire con loro; incredibilmente nell' osservarle, provi tenerezza mista a compassione, quando si agitano o si arrabbiano per motivi che ora tu ritieni futili e superficiali, spostando la tua visione sui veri valori della vita….”

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“Fate sempre in modo che la vostra donna sorrida, si senta amata e felicemente viva.”

Prevale (1983) disc jockey, produttore discografico e conduttore radiofonico italiano

Origine: prevale.net

“Speranza

I miei occhi soffrivano
al riverbero spento
riflesso nello spazio
dello specchio dei miei giorni
in questi astratti istanti
che incorniciano
le mie assenze
nelle immersioni oscure
delle apprensioni di amare!
Speranza non affievolirti
ai livori del tempo,
non sfiorire i tuoi sogni
alla risma dei sentimenti
appassendo il tuo sguardo fulgido quando inarcato
nei sorrisi lustri pieni di luce,
in quelle baldanzose movenze riverse
nelle rosee speranze!
Ma no, la tua mano
non mi lascerà lacrimare
nel mare
delle scure amarezze
spegnendomi al gelo
dei fallimenti e
dei tramonti delle paure,
poiché sei spirito puro
in autentici essenze lucenti,
riflessi nell'amore per cui vivi!
Nitida nel tuo mistico,
viaggi a cuor sincero nell'anima di chi
ti respira benevolmente!
Folle nella tua convulsa frenesia
d'adagiare l'ancora dei sussulti
nel fondo della risolutezza!
Viaggia nei cicli del tempo,
e attraversa la mia anima
poiché parte di te
è il nocciolo del mio essere.
Oh mia speranza,
inarcati ancora
sul volto del mio cuore
e lasciati riflettere
nei miei occhi
affinché possa sentirti
viva e autentica
in chiunque mi guarderà
parlandomi di te
con assoluta esperienza!
Oh dolce speranza
risorgi audace e sfavillante
ma con blande braccia
cullami soverchiando fiducia
nel mio cuore
pronto a riceverla,
lasciandomi rifiorire ancora corolla d'amore
nel cuore di chi mi ama,
profumandolo in ogni angolo di vivida gioia
coi miei petali colorati
che delicatamente,
incanterà chi mi incrocerà.”

“Radiosa Speme

E mi incammino mero scalzo
nei versi cinerei del tempo
tra le pigre piaghe dei solchi
degli eventi sordi e ostili,
ai riarsi gemiti
in quella ambascia
che m'investe monsonico
nel recinto spinato
prominente di cespugli
di rose assenti
al sorriso della lucente vita
nei miei limiti,
al confine della mia
intrinseca fede
volta alla radiosa speme
di quell'albore che mi veste
di lene intrepidezza
nell'oltrepassare l'acre sentito
del mio lungometraggio,
senza fine ai minuti
del mio irresoluto
destino ricamato
a punto ermellino
sulla pelle di seta del cuore
similare a pioggia di stelle!
Oh cuore mio sei dunque
foce di fiducia nell'avvenire?
Oh caro cuore mio
confidarmi flebile quanto ancor dovrò camminare
per non morire d'emblée
da greve manrovescio,
quando ostile vuol effigermi
sul viso mio riflesso
al propizio astro celeste
senza nebulose che offuschi
a rendermi buona sorte.
Cuor mio terso e impavido
nel cobalto respiro persuaso
da fulgida sterminata fiducia,
sussurrarmi ancora ti prego
quel segreto antico
che ancora e ancora
ti lascia risorgere
da torbide acque
lindo e cheto senza
fronzoli penduli d'incertezze,
a serrarti il sorriso
nella intima pozzanghera
che inghiottire ti vorrebbe!
Ragguagliami inarrestabile
all'invocarti del giorno
e sulle fauci della notte,
affinché di radiosa speme
al sapor di vaniglia
io viva chiara nell'amore
in serbo in grembo alla vita
che a sé mi intreccia,
per non lasciarmi sdrucciolare via
negli arroventati fondali
dai spigolosi enigmi
che inghiottirmi mi vorrebbe,
ed io per sempre ti loderò
come un dio d'oro
originato nel mio petto
unicamente per rendermi
libra nell'essenza d'anima
che designa il mio folklore.
©Laura Lapietra”