Frasi su abitudine
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“Fare proprie alcune abitudini del partner è segno di affetto.”

Nasr Hamid Abu Zayd (1943–2010) teologo egiziano

pag. 167
Una vita con l'islam

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“In quella che abbiamo ribattezzato l'interpretazione comunitarista del danno, la contaminazione è stata considerata come una «disgrazia» venuta dall'esterno, che ha rischiato di disperdere la comunità. È questo pericolo che i sevesini hanno cercato di contrastare, difendendo il proprio attaccamento al territorio. In questo affermare la comunità come bene da difendere, i sevesini hanno trovato il modo di rivendicare pubblicamente ciò che stava loro a cuore, e che vedevano altrimenti inascoltato: l'importanza del loro legame con il territorio e la volontà, per quanto fosse possibile, di preservarlo, nonostante il danno ambientale.
Il prevalere dell'interpretazione comunitarista del danno da diossina, che spiega la singolare trasformazione della vicenda dell'Icmesa da disastro industriale a conflitto culturale, chiama allora in causa quella che fu una sconfitta chiara e senza sfumature. la sconfitta delle istituzioni, quelle della scienza come quelle della politica, che fallirono nel loro compito di far esistere un mondo "in comune" tra gli attori, all'interno del quale poter agire insieme per perseguire interessi collettivi condivisi. […]
Le conseguenze furono gravi, perché la perdita di legittimità che ne conseguì portava con sé la fragilizzazione del legame sociale, già scosso dall'incidente, che alimentò l'emergere di comportamenti opportunistici e un diffuso ripiegamento nel privatismo, confermando tra cittadini e istituzioni un rapporto di alterità e distanza che aveva una lunga consuetudine. E in questa abitudine alla distanza delle – e dalle – istituzioni che mette radici la chiusura comunitaristica, in cui si perde il riferimento alla corresponsabilità verso la cosa pubblica per riconoscere nella propria comunità l'unico bene da difendere.”

Laura Centemeri sociologa economica e saggista italiana

dalle Conclusioni, p. 186
Ritorno a Seveso

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“Negli ultimi decenni in Italia è divenuta corrente l'abitudine a discutere se il termine nicciano di Übermensch debba essere tradotto come Superuomo o come Oltreuomo. A questo rispettabile quesito filologico si unisce spesso anche un'inutile e fuorviante diatriba politica, sul fatto cioè che il termine Superuomo è di "destra", mentre il termine Oltreuomo è di "sinistra". Questa diatriba è ideologica, non filosofica. Si tratta di una diatriba interminabile, che rischia di non cogliere mai il centro storico del problema. Infatti Nietzsche, che, come persona, ai suoi tempi era ideologicamente piuttosto di "destra", come filosofo (che è la sola cosa che conta) non è né di destra né di sinistra, in quanto ha di mira soprattutto una critica radicale dell'intera cultura borghese, cui Hegel, aveva a suo tempo conferito un profilo "ideale" non coincidente con il capitalismo e con la sua dimensione economica. In una fase storica in cui il capitalismo si globalizza e si universalizza nel mondo intero, ed è perciò del tutto post-borghese (e post-proletario), la filosofia di Nietzsche non cambia di natura, ma muta di funzione. Quando si trattava di bastonare i proletari rivoluzionari, lo Übermensch era un Superuomo. Una volta bastonati e resi innocui i proletari, quando si tratta di sciogliere e distruggere gli ultimi resti dell'eticità borghese hegeliana, lo Übermensch può diventare un innocuo ed educato Oltreuomo. È questa la chiave storica per affrontare il segreto di Nietzsche.”

Costanzo Preve (1943–2013) filosofo e saggista italiano

Origine: I Secoli Difficili, p. 96

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“L' amore è un attimo da vivere davvero | muore d' abitudine quell' attimo sincero.”

Enrico Ruggeri (1957) cantautore, scrittore e conduttore televisivo italiano

da L' amore è un attimo
Fango e stelle

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“Causare loro [agli animali] dolore senza necessità è una crudeltà e un'ingiustizia. Forse l'esempio più forte del potere dell'abitudine e del costume su di noi sta nel fatto che essi abbiano soffocato, nella maggior parte degli uomini, ogni rimorso.”

Pierre Louis Moreau de Maupertuis (1698–1759) matematico, fisico e filosofo francese

Origine: Da Du droit sur les bêtes, in Œuvres (1768); citato in Erica Joy Mannucci, La cena di Pitagora. Storia del vegetarianismo dall'antica Grecia a Internet, Carocci editore, Roma, 2008, p. 80. ISBN 978-88-430-4574-7

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“C'è una parte dell'Islam (piccola ma reale) che ha messo fuorilegge noi, le nostre scelte, le nostre abitudini. Trovo quanto meno sorprendenti le litanie dei politici che dopo ogni attentato parlano come se fosse la prima volta. Chi ha delle responsabilità deve muoversi di conseguenza. Questa è una guerra che non possiamo permetterci di perdere.”

Toni Capuozzo (1948) giornalista italiano

Origine: Dall'intervista di Pier Luigi Pellegrin, Toni Capuozzo: "L'Islam ci ha messo fuorilegge. Basta con le litanie dei politici" http://www.ilpopulista.it/news/19-Luglio-2016/2968/toni-capuozzo---l-islam-ci-ha-messo-fuorilegge--basta-con-le-litanie-dei-politici-.html, Il Populista.it, 19 luglio 2016.

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“Nessun progresso può abolire le convinzioni, le abitudini, il senso della vita, il peso di quelli che vengono di lontano.”

Léon-Paul Fargue (1876–1947) poeta e scrittore francese

Origine: Da Almanach de la nuit; citato in Guido Ceronetti, La pazienza dell'arrostito: giornale e ricordi (1983-1987), Adelphi, Milano, 1990, p. 302. ISBN 88-459-0793-7

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“Uno dei primi effetti dell'abitudine è di creare dei bisogni fittizi, e di rendere necessario finanche il superfluo.”

Giuseppe Fumagalli (1863–1939) bibliografo e bibliotecario italiano

Chi l'ha detto?

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“Come è stato ben documentato io ho fumato marijuana quando ero giovane, la considero un'abitudine sbagliata ed un vizio, ma non molto diverso dalle sigarette che ho fumato anche da grande. Ma non penso che sia più pericoloso dell'alcol.”

Barack Obama (1961) 44º Presidente degli Stati Uniti d'America

2014
Origine: Citato in Obama: «Marijuana? Non è più rischiosa di fumo e alcool» http://www.unita.it/mondo/obama-marijuana-non-e-piu-br-rischiosa-di-fumo-e-alcool-1.546129, l'Unità.it, 19 gennaio 2014.

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“Piange l'abitudine, perché così esige il mondo dall'inizio.”

Giorgio Falco (1967) scrittore italiano

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“Vidi il sole passare come un'abitudine qualunque sopra le cose sorde e distratte.”

Giovanni Comisso (1895–1969) scrittore italiano

da Al vento dell'Adriatico, Libreria Canova

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“Ha guastato volendo costruire | Palladio, e per gran tempo guastatore | lo disse stolta e zotica la gente. | L'artista pesa e si fa sentire; | ed io ti detterò leggi ed esempi, | non tu a me; ed ecco la gran mostra | che prova chi val di più: l'arte e l'artista, | o la grigia abitudine di sempre.”

Ferenc Kazinczy (1759–1831) scrittore, poeta e traduttore ungherese

I guastatori della lingua
Origine: In Andrea Csillaghy, Sotto la maschera santa, Antologia storica della poesia ungherese, traduzioni di Andrea Csillaghy, Cooperativa Libraria Universitaria Friulana, Udine-Firenze, 1991, p. 183.

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“Ormai ci si sono abituati, e non c'è niente di più difficile da estirpare di un'abitudine.”

Marco Malvaldi (1974) scrittore italiano

Origine: La battaglia navale, p. 56

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“Cos'altro potrei dire, se non che mi piaceva tutto della metropolitana? Amavo le lunghe gallerie, i treni fumosi, i collegamenti intricati delle linee, ciascuna delle quali possedeva caratteristiche proprie, una propria identità, per così dire. Avevo l'abitudine di bighellonare nella stazione di Richmond solo per guardare il cerchio rosso trafitto da una barra blu, il viavai dei convogli, e soprattutto per studiare la piantina, con quella forma che ricordava vagamente un insetto, il groviglio di fili colorati che, a un esame più attento, si rivelava qualcosa di più sensato: un simulacro di concatenazioni, un gioco di alternative. Me ne restavo lì impalato per ore a pormi domande tipo: Se dovessi andare da Chancery Lane a Rickmansworth, quale sarebbe il tragitto più breve? E il più lungo? Quale mi consentirebbe di percorrere le linee più colorate? Scegliere il percorso più veloce mi sembrava banale, rozzo persino, una scelta priva di immaginazione. Trovavo preferibile – o avevo fede – nel percorso più lungo.
Il cerchio rosso trafitto dalla barra blu conteneva il nome della stazione. Era una promessa di altre stazioni: Richmond prometteva i Kew Gardens, che promettevano Gunnersbury, che prometteva Turnham Green, Stamford Brook, Hammersmith e Londra. Londra! Le linee sotterranee, la Piccadilly, la Northern e la Bakerloo! Le scale mobili che sembravano sprofondare per miglia e miglia, gli interminabili corridoi tubolari col loro caldo odore di gas di scarico, il vento dei treni, il misterioso vento sotterraneo dei treni. E altre stazioni verso nord. Altre ancora verso est e ovest. Stazioni che si moltiplicavano come isole, tutte in attesa di essere visitate, con il nome racchiuso, in modo identico, in quel cerchio rosso, con quella barra blu!”

David Leavitt (1961) scrittore statunitense

IV; pp. 56-57
Mentre l'Inghilterra dorme

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