Frasi su forza
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“[Su Lucrezia Borgia] Da queste nozze bianche [Con Giovanni Sforza] che solo una ragione politica aveva precipitate, comincia l'esistenza oscillante di Lucrezia quale era imposta a lei dalle circostanze e dalle ambizioni dei suoi familiari, ma quale ella accettava e sarebbe andata sempre meglio accettando. Non nella sua debolezza, ma nella fatalità intima dei suoi assensi ognuno dei quali è una capitolazione, sta il vero dramma di Lucrezia: e, a questo lume, il suo modo di non voler conoscere e non di non voler sapere quello che le accade dintorno appare una difesa femminile, nata dall'istinto, misera, ma patetica e coraggiosa. Innalzarsi tanto da giudicare il padre e il fratello non lo potrà mai, meno per incapacità di giudizio o per tenerezza di cuore, che per una verità più violenta ed elementare: perché anche lei è una Borgia, e sente anche lei la forza di quel sangue che le fa impeto e che si dà ragione da sé, fuori da ogni morale, brutalmente e splendidamente. Solo in tempi più tardi, dal disordine della sua anima che sta fra la religione e la sensualità, fra la volontà di una vita disciplinata e l'ardente anarchia dei desideri, saprà levarsi e intraprendere contro il padre, contro il fratello o contro il suocero duca di Ferrara quelle sue ribellioni che la condurranno, sola fra i Borgia, a salvarsi.”

Origine: Lucrezia Borgia, pp. 35-36

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“[a Sanremo] Buonasera. Buonasera. Buonasera a lei Faazio. […] se mi chiede un giudizio io le dirò senz'altro che il festival.. per l'enorme numero di individui che lo guardano, e con tale avidità, si può senz'altro definire come un fenomeno di VOYEURISMO COLLETTIIVO. Il voyeurismo, mi chiederà lei, è un… un.. un.. un eehhhehhe.. è u.. è…È UNO; curiosità smodata per atti o parti del corpo a connotazione sessuale, come per esempio la fi… il.. e.. i.. il la.. il.. quello messo sotto, là, IN BAASSO… tra le COOSCIUE… MA ANCHE DIETRO!, O DAVANTI!…ehm.. m… LÌ insomma, per lo più spiati attraveso pertusi, cespugli, SCHERMI TELEVISIVI, BUCHI insomma! che inducono una certaa… ECCITAZZIONE SESSUAALE, ma anche, financooOOOOOHHHH… l'orgasmoo. E dunque, nella settimana tra il 23 e il 27 febbraio, si verifica, come vediamo, questo fenomeno: milioni e milioni di individui guardano con occhi MORBOOUSI un fenomeno raro come l'eclissi, e cioè in cui il festival sì…….. INFIIILA nella televisione, PENETRA la televisione stessa, e per cinque sere, DAAI CHE TI RIDAAI, a forza di… MENARLO… è così…è così…, a forza di menarlo, dicevamo, il festival raggiunge il suo culmine… attraverso una… una.. UNA FIUMAANA di voti, un EMISSIONE di voti, che GERMINANO un vincitore. E dunque, gli individui che durante tale evento CROLLANO nel sonno si dicono normaali; gli individui che guardando tale evento si mastu……si eccittano.. m.. sì.. siii… fanno atti: SMANAZZAMENTI con il.. partner, in genere un ciocco rigido e inespressivo intento a guardare il finaale del festival stesso, si dicono voyer; gli individui, infine, i quali si ECCITANO a tal punto.. da cercare di avere un rapporto fisico con lo schermo stesso (!) si dicono SPOORCACCIONI. E questo è quello che penso.”

Anna Marchesini (1953–2016) attrice, doppiatrice e scrittrice italiana

Personaggi, La sessuologa Merope Generosa

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“Bisogna accorciare i tempi degli interventi perché la nostra non sarà una tragedia, ma anche noi abbiamo fame.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

interrompendo il presidente del Togo Gnassingbè Eyadéma mentre spiegava che in Malawi 13 milioni di persone rischiavano di morire di fame
2002
Origine: Dall'intervento al vertice mondiale della FAO sulla fame nel mondo, 10 giugno 2002; citato in Concita De Gregorio, Berlusconi, una mattina per l'Africa Ma adesso via, il pranzo è servito http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/06/11/berlusconi-una-mattina-per-africa-ma-adesso.html, la Repubblica, 11 giugno 2002.

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“Amici miei, popolo mio, gente: voi credete che io sia pazzo e forse avete ragione voi: io sono pazzo veramente. Ma non è colpa mia, sono stati loro che per forza mi hanno fatto impazzire! Io vi volevo solo bene e forse sarà questa la pazzia che ho nella testa. Voi prima eravate immondizia ed adesso siete liberi. Io vi ho resi liberi. Ma quanto può durare questa vostra libertà? Un giorno?! Due giorni?! E già perché poi vi viene il sonno e vi andate tutti a coricare. E fate bene: non si può vivere tutta la vita con un fucile in mano. Fate come Masaniello: impazzite, ridete e buttatevi a terra, perché siete padri di figli. Ma se invece volete conservare la libertà, non vi addormentate! Non posate le armi! Lo vedete? A me hanno dato il veleno e adesso mi vogliono anche uccidere. Ed hanno ragione loro quando dicono che un pescivendolo non può diventare generalissimo del popolo da un un momento all'altro. Ma io non volevo far niente di male e nemmeno niente voglio. Chi mi vuol bene veramente dica per me solo una preghiera: un requiem soltanto quando sarò morto. Per il resto ve lo ripeto: non voglio niente. Nudo sono nato e nudo voglio morire. Guardate!!”

Masaniello (1620–1647) rivoluzionario italiano

citato in Luciano De Crescenzo, Così parlò Bellavista, Arnoldo Mondadori, Milano, 1977
Amice miei, popolo mio, gente: vuie ve credite ca io sò pazzo e forze avite raggione vuie: io sò pazze overamente. Ma nunn'è colpa da mia, so state lloro che m'hanno fatto'ascì afforza n'fantasia! Io ve vulevo sulamente bbene e forze sarrà chesta 'a pazzaria ca tengo 'ncapa. Vuie primme eravate munnezza e mò site libbere. Io v'aggio fatto libbere. Ma quanto pò durà sta libbertà? Nu juorno?! Duie juorne?! E già pecchè pò ve vene 'o suonno e ve jate tutte quante 'a cuccà. E facite bbuone: nun se pò campà tuttà a vita cu na scupetta 'mmano. Facite comm'a Masaniello: ascite pazze, redite e vuttateve 'nterra, ca site pat' 'e figlie. Ma si ve vulite tenere 'a libbertà, nun v'addurmite! Nun pusate ll'arme! 'O vedite? A me m'hanno avvelenate e mò me vonno pure accidere. E ci 'hanno raggione lloro quanno diceno ca nu pisciavinnolo nun pò addeventà generalissimo d'a pupulazione a nu mumento a n'ato. Ma io nun vulevo fa niente 'e male e manco niente voglio. Chi me vo' bbene overamente diccesse sulo na preghiera pe me: nu requia-materna e basta pé quanno moro. P' 'o rriesto v' 'o torno a dì: nun voglio niente. Annudo so' nato e annudo voglio murì. Guardate!!

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“[…] questo «io eroico» non si pone più autonomamente dinanzi ai propri avversari, come al tempo dei cinismi giovanili o delle prime dispute contro la pedagogia istituzionale, ma è certo d'agire per conto di un'istanza superiore ben identificata e inesauribile, la dottrina del Vangelo – del testo greco dei Vangeli ritradotto dallo stesso Tolstòj (un'ottima traduzione). Una dottrina che Tolstòj fa valere integralisticamente, ignorando di proposito la distanza di diciotto secoli, rifiutandosi di «storicizzare» e di attenuare come che sia i comandamenti di Gesù, e aprendo così un fronte immenso sul quale battersi nel mondo «pseudo-cristiano» o «cristiano-ecclesiastico» (come egli lo chiama) in cui non c'è versetto del Vangelo che, tradotto fedelmente, non suoni completamente sconosciuto e scandaloso. In questa sua ultima ed enorme scommessa sulla propria energia e forza d'urto, a Tolstòj non rimane più tempo né spazio per una dimensione privata, per una qualche quinta in cui riprendere fiato: tutto è messo in gioco, e tutto è illuminato dai riflettori. Da questa condizione Tolstòj trae adesso la forza e il gusto di continuare a vivere; da questa condizione – e dalla forza e dal gusto di vivere che gliene vengono – la sua arte trae vigore, volontà, argomenti; e di questa sua arte Tolstòj vive – scrittore com'egli è, fino al midollo. In questo cerchio virtuoso, trionfante, percorre i suoi cicli la dialettica tra pubblico e privato dell'ultimo periodo della vita di Tolstòj, vecchio conte che è diventato in tutto attore e non lo è più in nulla. (Non per nulla questo Tolstòj fu l'ultima grande passione di Nietzsche, prima della follia, e Nietzsche lo leggeva e compulsava avidamente, riconoscendo in lui lo stesso mito al quale anch'egli si sentiva forzato: la consumazione del confine tra «arte» e «vita», tra «volontà» e «realtà».)”

Igor Sibaldi (1957) traduttore, saggista e scrittore italiano

p. L

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“[Su Giacinto Facchetti] Era una grande figura sia in campo che fuori. È stato un compagno di squadra meraviglioso, uno dei punti di riferimento della squadra. Il primo terzino fluidificante dell'era moderna, Cabrini è arrivato molto dopo. Sempre pronto a lottare, un grande. Il gigante buono era un soprannome perfetto: aveva una grande forza fisica ed era molto buono.”

Sandro Mazzola (1942) calciatore italiano

Origine: Citato in Mazzola: "Compagno meraviglioso sempre pronto a lottare" http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/sport/calcio/morto-facchetti-reazioni/morto-facchetti-reazioni/morto-facchetti-reazioni.html, Repubblica.it, 4 settembre 2006.

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“Quando facevo il servizio militare in Asia, mi capitò di alloggiare a Pergamo presso una famiglia privata. Ci stavo volentieri non solo perché la casa era comoda e pulita ma soprattutto in grazia del figlio del mio ospite, un bellissimo ragazzo; sicché mi misi subito a escogitare il modo di farmene un amichetto senza dare sospetti al padre. […]
Pochi giorni dopo, offertasi [di notte] l'occasione propizia, appena sentii russare il padre, cominciai a pregare il mio efebo di far la pace, di concedersi alla gioia, e tutte quelle parole che può suggerire un intenso desiderio. Ma lui, tutto corrucciato, non faceva che rispondermi:
– Dormi o lo dico a mio padre.
Tuttavia non c'è nulla di così difficile che a forza d'insistere non si possa ottenere. E, mentre lui bada a ripetermi "Adesso sveglio mio padre", io scivolo nel suo letto e, dopo un po' di resistenza mal simulata, raggiungo il mio scopo. La mia perfidia non dovette dispiacergli molto perché, dopo essersi lamentato un bel pezzo, aggiunse:
– Tuttavia, vedrai che non sono [un bugiardo] come te. Se vuoi, fallo ancora.
Allora, dimenticato ogni rancore, torno nelle grazie del ragazzo e, dopo aver approfittato della sua condiscendenza, mi abbandonai al sonno. Ma la replica non bastò al mio efebo nel pieno fiore di un'età ardente di desideri. Mi tolse dunque ai miei sogni e:
– Non desideri altro? – mi chiese.
Il dono non mi riusciva del tutto sgradito, sicché, alla meno peggio, tra un grande anfanare e sudare, gli diedi quello che desiderava e ricaddi sfinito nel sonno. Ma non era nemmeno trascorsa un'ora che quello mi dà un pizzicotto e riprende a dire:
– Perché non lo facciamo più?
Allora nel sentirmi svegliare a ogni momento, vado su tutte le furie e gli restituisco tali e quali le sue parole:
– Dormi, o lo dico a tuo padre!”

Petronio Arbitro (27–66) scrittore, filosofo

Eumolpo; capp. LXXXV–LXXXVII; 1960

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“[Al generale von Below dopo Caporetto] Il nostro antico alleato spergiuro ha provato che cosa siano capaci di fare la forza e il corruccio tedesco.”

Guglielmo II di Germania (1859–1941) imperatore della Germania e re di Prussia

citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 682

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“Euclione: Sono perduto! Sono morto! Sono assassinato! Dove correre? Dove non correre? Fermalo, fermalo! Fermare chi? Chi lo fermerà? Non so, non vedo nulla, cammino alla cieca. Dove vado? dove sono? chi sono? Non riesco a stabilirlo con esattezza. [Al pubblico] Vi scongiuro, vi prego, vi supplico, aiutatemi voi: indicatemi l'uomo che me l'ha rubata. [A uno spettatore] Che ne dici tu? Voglio crederti: lo capisco dalla faccia, che sei una brava persona… Che c'è? perché ridete? Vi conosco tutti: so che qua ci sono parecchi ladri, che si nascondono sotto una toga imbiancata a gesso, e se ne stanno seduti, come fossero galantuomini… Eh? Non ce l'ha nessuno di costoro? Mi hai ucciso! Dimmi dunque, chi l'ha? Non lo sai? Ah, povero, povero me! Sono morto! Sono completamente rovinato, sono conciato malissimo: troppe lacrime, troppe sventure, troppo dolore mi ha portato questo giorno; e fame, e miseria!… Sono il più sventurato tra gli esseri della terra. Che bisogno ho di vivere, ora che ho perduto tutto quell'oro che avevo custodito con tanta cura! Mi sono imposto sacrifici, privazioni; ed ora altri godono della mia sventura e della mia rovina. Non ho la forza di sopportarlo.
Liconide: [A parte, uscendo dalla casa di Megadoro] Chi sta lamentandosi? Chi piange e geme davanti a casa nostra? Ma è Euclione, mi pare. Sono completamente perduto; s'è scoperto tutto. Senza dubbio sa già che sua figlia ha partorito. Ora non so che fare. Devo andarmene o rimanere? affrontarlo o evitarlo? Per Polluce! Non so più che fare.
Euclione: Chi sta parlando là?
Liconide: Sono io, un infelice.
Euclione: Infelice sono io, e sventurato! io che sono stato colpito da sì grande disgrazia, da sì grande dolore!
Liconide: Fatti coraggio.
Euclione: Farmi coraggio? Come potrei, di grazia?
Liconide: Il misfatto che t'angustia il cuore, sono stato io a compierlo: lo confesso.
Euclione: Cosa mi tocca sentire?
Liconide: La verità.
Euclione: Che male t'ho dunque fatto, o giovine, perché tu agissi così e rovinassi me e i miei figli?
Liconide: È un dio che mi ci ha indotto e mi ha attratto verso di lei.
Euclione: Come?
Liconide: Confesso d'aver commesso un torto; so di essere colpevole. E così vengo a pregarti di essere indulgente, di perdonarmi.
Euclione: Come hai osato fare una cosa simile: toccare ciò che non era tuo?
Liconide: Che vuoi farci? Ormai è fatta; non si può disfare. È stato il volere degli dèi, senza dubbio: certo, senza la loro volontà, non sarebbe accaduto.
Euclione: E allora credo che gli dèi abbiano anche voluto che io ti facessi crepare in catene, in casa mia.
Liconide: Non dir questo!
Euclione: Perché dunque hai toccato, contro il mio volere, una cosa mia?
Liconide: È stata colpa del vino e dell'amore.
Euclione: Sfrontatissimo essere! Aver osato presentarti a me con un simile discorso! Impudente! Se esiste un diritto che ti permette di scusare una simile azione, non ci resta che andare a rubare pubblicamente gioielli alle matrone, in pieno giorno; e se poi dovessimo essere arrestati, ci scuseremmo dicendo che l'abbiamo fatto in istato d'ebbrezza, per amore! Varrebbero troppo poco, il vino e l'amore, se l'ubriaco e l'innamorato avessero il diritto di soddisfare impunemente i loro capricci.
Liconide: Ma io vengo di mia spontanea volontà a supplicarti di perdonare la mia follia.
Euclione: Non mi piacciono gli individui che si scusano dopo aver fatto del male. Tu sapevi che essa non era tua; non avresti dovuto toccarla.
Liconide: Dal momento che ho osato toccarla, non voglio cercare pretesti, ma tenerla nel migliore dei modi.
Euclione: Tu vorresti tenere, contro il mio volere, una cosa mia?
Liconide: Non pretendo d'averla contro il tuo volere; ma penso ch'essa mi spetti. Converrai subito tu stesso, Euclione, ch'essa deve spettare a me.
Euclione: E io – per Ercole!”

ti trascinerò subito dal pretore e t'intenterò un processo, se non restituisci...
Liconide: Cosa dovrei restituirti?
Euclione: Ciò che mi hai rubato.
Liconide: Io? rubato? dove? Cosa significa?
Euclione: [ironicamente] Che Giove ti protegga, com'è vero che tu non sai niente!
Liconide: A meno che tu non dica cosa stai cercando... (vv. 713-762; 1998)
Aulularia
Origine: Nel lamento dell'avaro Euclione per il furto della pentola dell'oro, Plauto parodia i registri della poesia tragica, come farà anche Gaio Lucilio nel libro XXVI delle Satire.
Origine: Fedria, figlia dell'avaro Euclione, ha partorito prima del matrimonio. Il padre del bambino è Liconide, che l'aveva violentata nove mesi prima, durante le Cerealia. Per riparare al danno, vuole prenderla in sposa, ma deve prima parlarne con il padre della ragazza, Euclione. Gli si avvicina, origlia, lo vede in preda al dolore e subito crede che egli abbia saputo della maternità della figlia. Infatti non sa che Euclione ha una pentola d'oro, il cui furto è la causa di tanto dolore. Il giovane si fa coraggio e gli parla: entrambi sottintendono la causa del dolore, così che il dialogo si intride di equivoco, in quanto Liconide confessa d'aver reso incinta Fedria mentre Euclione lo crede reo confesso del furto della pentola. Questa, per Plauto, è un'occasione d'oro per impostare la satira contro la categoria degli avari: l'avaro, influenzato nelle decisioni dalla sua stessa avarizia, formula male la classifica delle sue priorità e pospone la preoccupazione per i figli alla salvezza del patrimonio, che finisce per trascendere l'utilità e non procura altro che vane preoccupazioni.

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“Mi piacerebbe, dunque, negare che parte delle candidature del Pdl facciano espressamente schifo, e che siano solamente plastilina nelle mani del capi-listone. Ma non ci riesco. Nessuno, per definizione, è indegno di entrare in Parlamento: ma quando vedi certi esclusi ti prudono le mani. Militari contro militari, imprenditori contro imprenditori, sindacalisti contro sindacalisti, handicappati contro handicappati, e portavoce, parenti, segretarie, scienziati contro scienziati: va bene tutto. Ma ditemi perché dev'esserci la moglie di Emilio Fede e non Daniele Capezzone, cui Berlusconi di ripiego ha offerto di fare il suo portavoce. Ditemi perché dev'esserci la chirurga di Berlusconi e la fisioterapista di Berlusconi quando di converso hanno spazzato e non sostituito praticamente tutti i liberali (da Alfredo Biondi a Egidio Sterpa a Lino Jannuzzi) per infilare oltretutto anche il tassista Loreno Bittarelli, capopolo della cricca corporativa più illiberale d'Occidente. Non hanno candidato Paolo Cirino Pomicino, ma abbiamo la giornalista del Tg4 Gabriella Giammanco, e Gabriella Carlucci, Elisabetta Gardini, l'avvocatessa Nunzia Di Girolamo già indicata come «la nuova Mara Carfagna» come se ci fossimo già abituati alla vecchia. Chissà che hanno pensato Elio Vito e Antonio Martusciello nel vedersi esclusi a vantaggio della nota conduttrice Elisa Alloro: questo mentre Maurizio Gasparri aveva il fegato di spiegare che le sciampiste stanno tutte a sinistra, dove pure abbondano segretarie e portavoce che di politica capiscono poco ma di accondiscendenza già di più. In compenso nel Pd non c'è l'islamista moderato Khaled Foud Allam, e non c'è neppure Nando Dalla Chiesa: ma c'è Massimo Calearo, che sino a due settimane fa aveva la suoneria del cellulare (sul serio) con l'inno di Forza Italia.”

Filippo Facci (1967) giornalista italiano

Origine: Da Che schifo E adesso come li voto? http://www.rosanelpugno.it/rosanelpugno/node/18320, Il Riformista, 12 marzo 2008.

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“Sono un mediano d'interdizione. La mia parte in squadra è questa, impedire che la palla filtri dal centrocampo. Conosco bene i miei punti di forza e quelli deboli. Non sono uno che scende in dribbling e insacca da 20 metri, come mi piacerebbe. Capita che mi porti in avanti, se la partita è aperta, e ci provi. Ma il mio lavoro è lanciare le punte: un lavoro senza fronzoli.”

Roy Keane (1971) allenatore di calcio e ex calciatore irlandese

Origine: Citato in Giancarlo Galvanotti, Keane, una vita da duro http://archiviostorico.gazzetta.it/1999/novembre/20/Keane_una_vita_duro_ga_0_9911208063.shtml, Gazzetta dello Sport, 20 novembre 1999.

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“La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.”

Benedetto Croce (1866–1952) filosofo, storico e politico italiano

da La storia come pensiero e come azione

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“In tal modo esso è dunque eterno e infinito e uno ed uguale tutto quanto. E neanche può perire ne diventare maggiore ne modificarsi nella sua natura o nella sua disposizione, ne sente dolore o tristezza. Perché se andasse soggetto a una qualsiasi di queste cose, non sarebbe più uno. Se infatti si altera nella sua natura, è necessario che non sia più omogeneo, ma si distrugga quel che prima esisteva, e si generi quel che non esisteva. Ora, se si alterasse di un solo capello in diecimila anni, si distruggerebbe tutto quanto nella totalità del tempo. Ma neppure è possibile che muti disposizione: infatti la disposizione che c'era prima non perisce e quella che non c'è non nasce. Ma dal momento che nulla ne si aggiunge ne perisce ne diventa diverso, come potrebbe mutare disposizione? Difatti se una cosa diventasse diversa con ciò già sarebbe mutata la disposizione. Neppure prova sofferenza: perché non potrebbe essere tutto se soffrisse; infatti non potrebbe soffrire una cosa che soffre e neppure ha una forza pari a una cosa sana. Neppure sarebbe uguale, se soffrisse; infatti soffrirebbe o perché qualcosa viene a mancare o perché qualcosa sopravviene: e in questo modo non sarebbe più uguale. Neppure potrebbe ciò che è sano provare sofferenza: perché perirebbe ciò che è sano e ciò che è, e ciò che non è nascerebbe. Ancora, per provare pena vale la stessa dimostrazione che per il soffrire. E non c'è vuoto alcuno perché il vuoto è nulla: dunque non può esistere ciò che è appunto nulla. Neanche si muove, perché non ha luogo ove subentrare, ma è pieno. Giacche se ci fosse il vuoto subentrerebbe nel vuoto: non essendoci il vuoto non ha dove subentrare. Non può essere denso o rado, perché non è possibile che il rado sia pieno allo stesso modo del denso, ma il rado, appunto perché rado è più vuoto del pieno. Questa è la distinzione che bisogna fare tra pieno e non pieno: se qualcosa fa luogo e da ricetto, non è piena, se ne fa luogo ne da ricetto, è piena. Cosicché è necessario che sia pieno se il vuoto non c'è. Se dunque è pieno non si muove.”

Melisso di Samo (-470–-430 a.C.) filosofo e militare greco antico

frammento 7
Frammenti di Sull'essere (titolo convenzionale)

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“Senza dubbio ci troviamo un gradino più sopra rispetto agli animali per la nostra intelligenza e la nostra forza spirituale. Ma per quel che riguarda il diritto alla vita ci troviamo sul loro medesimo piano.”

Dalai Lama (1935) 14º Dalai Lama e Premio Nobel per la Pace 1989

Origine: Citato in Claus Leitzmann, Vegetariani: fondamenti, vantaggi e rischi, traduzione di Margherita Cavalleri, Bruno Mondadori, 2002, pp. 21 http://books.google.it/books?id=Ri3JqD6E8vwC&pg=PA21-22. ISBN 88-424-9584-0

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“Ma più potere acquisiamo, più ci separiamo dalla nostra forza fisica.”

Yukio Mishima (1925–1970) scrittore, drammaturgo e saggista giapponese

Lezioni spirituali per giovani Samurai, Incipit

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“Lo scorso agosto venni ricevuta in udienza privata da Ratzinger, insomma da Papa Benedetto XVI. Un Papa che ama il mio lavoro da quando lesse "Lettera a un bambino mai nato" e che io rispetto profondamente da quando leggo i suoi intelligentissimi libri. Un Papa, inoltre, col quale mi trovo d'accordo in parecchi casi. Per esempio, quando scrive che l'Occidente ha maturato una sorta di odio contro sé stesso. Che non ama più sé stesso, che ha perso la sua spiritualità e rischia di perdere anche la sua identità. (Esattamente ciò che scrivo io quando scrivo che l'Occidente è malato di un cancro morale e intellettuale. Non a caso ripeto spesso: «Se un Papa e un'atea dicono la stessa cosa, in quella cosa dev'esserci qualcosa di tremendamente vero»). Nuova parentesi. Sono un'atea, sì. Un'atea-cristiana, come sempre chiarisco, ma un'atea. E Papa Ratzinger lo sa molto bene. Ne "La Forza della Ragione" uso un intero capitolo per spiegare l'apparente paradosso di tale autodefinizione. Ma sapete che cosa dice lui agli atei come me? Dice: «Ok. (L'ok è mio, ovvio). Allora Veluti si Deus daretur. Comportatevi come se Dio esistesse». Parole da cui si deduce che nella comunità religiosa vi sono persone più aperte e più intelligenti che in quella laica alla quale appartengo. […] E così ci incontrammo, io e questo gentiluomo intelligente. Senza cerimonie, senza formalità, tutti soli nel suo studio di Castel Gandolfo conversammo e l'incontro non-professionale doveva restare segreto. Nella mia ossessione per la privacy, avevo chiesto che così fosse. Ma la voce si diffuse ugualmente. Come una bomba nucleare piombò sulla stampa italiana.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana
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“Le democrazie non agiscono sulla spinta delle emozioni, ma con la forza lenta e profonda dei sentimenti.”

Massimo Gramellini (1960) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Su la testa http://www.lastampa.it/2014/08/21/cultura/opinioni/buongiorno/su-la-testa-EVyYtrRtxIM5TzOBZGMLZO/pagina.html, La Stampa.it, 21 agosto 2014.

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“La forza delle idee è immensa e conquista più degli eserciti.”

Michele Valori (1923–1979) urbanista e architetto italiano

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“Ed è da porre in rilievo che, quando si parla di società politica o Stato, si fa riferimento ad un tipo di società costituita, non per fini particolari, ma per fini generali, per soddisfare cioè i bisogni umani considerati nel loro complesso. Comunque, in qualsiasi caso, non si potrà fare a meno della posizione di regole che abbiano la forza di imporsi a tutti gli associati, e, quindi, di un ordinamento giuridico. Società e diritto, in altri termini, appaiono subito come realtà inscindibili.”

Paolo Maddalena (1936) giurista e magistrato italiano

Origine: Da Danno alla Collettività e finalità della responsabilità amministrativa http://www.amcorteconti.it/articoli/danno%20collettivit%C3%A0%20maddalena.htm, relazione tenuta al Convegno La corte dei conti – una magistratura al servizio dei cittadini, Osimo, 29-30 maggio 2008.

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“In età molto tenera i bambini sono indifesi e completamente dipendenti; li si può controllare facilmente esprimendo disapprovazione oppure facendo ricorso alla forza fisica e alle punizioni. Nei confronti dei bambini più grandi si può raggiungere lo stesso scopo con la seduzione. Al bambino viene promesso un trattamento speciale, una maggiore intimità, se si adeguerà ai desideri dei genitori. […] II bambino che viene portato a sentirsi speciale diventa il centro della lotta dei genitori per il potere e la sua posizione diventa particolarmente critica nel periodo edipico. Se è maschio entra in competizione con il padre, perché la madre lo induce a sentirsi superiore a lui. L'interesse speciale che il padre riversa sulla ragazza fa sì che questa divenga la rivale della madre. Il bambino è intrappolato in una situazione disperata. C'è sempre, da un lato, il pericolo dell'ostilità del genitore dello stesso sesso e dall'altra, se c'è stata una risposta sessuale alla seduzione, la paura dell'incesto o di un rifiuto umiliante. In quasi tutti i casi, il genitore che seduce è anche un genitore che rifiuta. A quell'età la paura dell'incesto è paura fisica dell'organo genitale adulto, che appare potente. Purtroppo per il bambino non c'è via d'uscita da questo genere di situazione edipica se non quella di sopprimere i sentimenti sessuali. Il bambino non soffoca la genitalità ma la sessualità – e cioè sensazioni di languore nell'area della pelvi, che sono la base dell'amore sessuale. Ma la soppressione dei sentimenti equivale a una castrazione psicologica e lascia orgasticamente impotenti. Sono fermamente convinto che, al livello più profondo, questa impotenza sia alla base della lotta per il potere.”

Alexander Lowen (1910–2008) psicoterapeuta, medico e psichiatra statunitense

Origine: Il narcisismo. L'identità rinnegata, pp. 77-79

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“[Dopo la nomina a segretario federale della Lega Nord] Riuniremo in settimana il consiglio federale, e in settimana, e in settimana lo dico solo adesso, non l'ho detto prima per scaramanzia, nominerò la squadra che mi affiancherà in questo difficile, complicato, affascinante e meraviglioso nuovo incarico. Tre vice segretari con un vice, il vicario, il numero due, che sarà naturalmente del Veneto. Cominciamo a lavorare subito, non c'è tempo da perdere. Io sono uno di voi, voglio che mi consideriate uno di voi. La mia porta sarà sempre aperta. Sono a disposizione dei militanti: ho cominciato come militante e voglio che mi consideriate un semplice militante della Lega momentaneamente incaricato di un compito che fa tremare le vene ai polsi, dopo tanto tempo di Umberto Bossi. Per me è mio fratello, lo porterò sempre nel cuore. Ma oggi inizia una fase nuova: stiamo tutti insieme, statemi vicino, statemi vicino perché ho bisogno di sentire il calore e la passione dei militanti, i nostri meravigliosi militanti: non c'è niente che valga di più nella Lega, voi siete i nostri diamanti, voi siete la nostra ricchezza, voi siete la nostra forza e il nostro futuro. Grazie a tutti amici, grazie! Viva la grande Lega Nord!”

Roberto Maroni (1955) politico italiano

Origine: Dal Finale del discorso di Roberto Maroni, V congresso federale http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Finale_del_discorso_di_Roberto_Maroni,_V_congresso_federale,_Milano_2012.webm, Milano, 1º luglio 2012.

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“Le mani sono l'unica parte del corpo che non mente. Calore, sudore, tremito e forza. È quello il linguaggio delle mani.”

Luis Sepúlveda (1949) scrittore, giornalista e sceneggiatore cileno

La lampada di Aladino e altri racconti per vincere l'oblio, La lampada di Aladino

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“La guerra è un atto di forza, all'impiego della quale non esistono limiti.”

libro I, I, 3, Impiego assoluto della forza
Della guerra

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“La solidarietà è la forza dei deboli. La solitudine è la debolezza dei forti.”

Ugo Ojetti (1871–1946) scrittore, critico d'arte e giornalista italiano

Origine: Sessanta, CXIII

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“Il sistema politico brasiliano è sempre stato corrotto. Durante la dittatura le commissioni erano del 20 per cento. Tutti i governi, a cominciare da quello del presidente liberale Fernando Collor de Mello, sono initi al centro di qualche scandalo, perché nessun presidente può ottenere la maggioranza in parlamento senza comprare sostegno con denaro e incarichi. Il Pt è preso di mira più degli altri perché si era presentato come un'alternativa alla corruzione e perché nel 2005 era già stato coinvolto nello scandalo del mensalão, in cui era emerso che il partito comprava i voti dei parlamentari con i fondi delle aziende statali. Il capo di gabinetto del governo di Luiz Inácio Lula da Silva, José Dirceu, è finito in carcere, ma si sospetta che abbia continuato a fare affari con la copertura di una società di consulenza. Roussef è pulita, ma sembra incapace di cambiare il sistema. Un po' perché non fa parte del gruppo fondatore del Pt [(Partito dei Lavoratori)], un po' perché non ha la forza necessaria per denunciare le debolezze di un partito che non vuole abbandonare il potere, come ha dimostrato la campagna di menzogne che ha afossato la candidatura dell'avversaria Marina Silva alle presidenziali. Roussef ha appena presentato un pacchetto di misure contro la corruzione, ma pochi credono che sarà davvero applicato.”

Manuel Castells (1942) sociologo spagnolo

Origine: Da I liberisti brasiliani scendono in piazza, Internazionale, n. 1096, 3/9 aprile 2015, p. 40