Frasi su parente
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“Intanto a Napoli con l'editto del 1802 (RD 30.06.1802) il Re proibiva l'accattonaggio per le Chiese, per le strade e nei luoghi pubblici (art. 1); ordinava il ricovero nel Real Albergo de' poveri, se storpi ed inabili al lavoro (artt. 2 e 4); comminava pene ai trasgressori (art. 3), e ai parenti, che non ne prendessero cura (artt. 5 e 9); prescriveva norme per l'amministrazione dell'Istituto e all'art. 12 dichiarava espressamente: «Oltre ai mendici saranno raccolti e rinchiusi per ora nel Real Albergo de' Poveri tutti i fanciulli e le fanciulle che vagano per la città abbandonati dai loro genitori, o da coloro che avendoli presi dalla Santa Casa dell'Annunziata, gli lascino esposti di nuovo, senza più curarne il mantenimento e l'istruzione». Inoltre l'editto distingueva tra abbandonati da genitori naturali che potevano essere destinati alla Santa Casa dell'Annunziata e abbandonati da genitori di allievo (baliatico) che erano invece rivolti al Real Albergo de' Poveri. Le disposizioni del 1802 mal celavano però un carattere di provvisorietà, determinato dalla penuria di eliminare al più presto l'accattonaggio, e dalle tristi condizioni economiche del Reame. Ma le intenzioni del primo Ferdinando dovevano fare i conti con un imprevisto di suprema importanza: l'occupazione francese avvenuta nel 1806 per la quale il Re e la sua Corte furono costretti a fuggire a Palermo sotto la protezione degli inglesi.”

Origine: L'assistenza degli esposti in Napoli, p. 15

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“La giustizia, se è rispetto a Dio dicesi religione, se verso i parenti pietà, se nelle cose affidate dicesi fede.”

Marco Tullio Cicerone (-106–-43 a.C.) avvocato, politico, scrittore, oratore e filosofo romano

da De partitione oratoria, 22

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“Non parenti di magistrati o poliziotti ma di giornalisti, medici, sindacalisti e albergatori. Gente normale e onesta, che poteva scegliere di farsi i fatti propri, ma che per senso civico ha detto no alla mafia e ha pagato questa scelta con la vita. A ispirarmi sono state le tante lapidi che invadono Palermo, spesso dedicate a persone di cui non conosciamo la storia. Ho provato a raccontare cosa c'è dietro queste targhe.”

Pif (1972) conduttore televisivo e scrittore italiano

Origine: Citato in Vassily Sortino, Così 'Il testimone' Pif racconta mafia e States http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/15/cosi-il-testimone-pif-racconta-mafia-states.html, Corriere della sera, 15 ottobre 2008, p. 20.

“Convergenze evolutive significa che esistono animali che si assomigliano senza essere parenti: vivendo nello stesso ambiente tendono evolutivamente pian piano ad assomigliarsi.”

Danilo Mainardi (1933–2017) etologo italiano

Origine: Citato in Piero Crispiani, Nicola Serio, Manifesto sulla progettazione, Armando Editore, Roma, 2000, p. 240 http://books.google.it/books?id=A0LJE1uwbaIC&pg=PA240. ISBN 88-7144-654-2

“[Riferendosi ai film da lui creati] Novità non ci devono mai essere, naturalmente, senò siamo rovinati. Sempre lo stesso film bisogna fare. Cambia la storia, chiaramente, cambiano i soggetti, cambiano le avventure, cambiano gli attori in qualche caso, però, diciamo il connotato è divertimento. Gli ingredienti sono sempre quelli: ridere, ridere, ritmo, azione.”

Neri Parenti (1950) regista e sceneggiatore italiano

dall'intervista Neri Parenti: "Faccio sempre lo stesso film" http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/neri-parenti-faccio-sempre-lo-stesso-film/40413/40455, VideoRepubblica.it, 17 dicembre 2009

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“Una volta avevamo politici che facevano affari. Oggi abbiamo affaristi che fanno politica.”

Gino Paoli (1934) cantautore e musicista italiano

Origine: Dall'intervista di Aldo Cazzullo, «I miei parenti sono finiti nelle foibe», Corriere della Sera, 21 dicembre 2005, p. 15.

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“Abdellah Taïa si è esiliato in Europa per timore di essere aggredito fisicamente da qualche fanatico. Sua madre aveva appreso con sgomento che il figlio non si sarebbe mai sposato, né mai le avrebbe dato dei nipotini; era affranta per la vergogna e il timore dei commenti di parenti e vicini. Ma Abdellah Taia aveva scelto, come ha detto lui stesso, «la via della libertà» e doveva «percorrerla fino in fondo.»”

Tahar Ben Jelloun (1944) scrittore marocchino

Origine: Da La difficile condizione degli omosessuali arabi http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/08/21/la-difficile-condizione-degli-omosessuali-arabi.html, traduzione di Elisabetta Horvat, la Repubblica, 21 agosto 2007, p. 20.

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“Avevo una madrina stravagante che in una delle sue visite decise di rimediare a tutte le sue precedenti dimenticanze e di farmi un regalo sul serio. Fui così accompagnato da tutta la famiglia in un'elegante libreria di Plymouth, dove mi venne detto che potevo scegliere sei libri a mio piacimento. Non ci misi molto: volevo una sgargiante serie di Billy Bunter. Gli adulti mi dissero che non andava affatto bene, e mi propinarono un bell'assortimento di libri edificanti di Arthur Ransome sulle avventure all'aria aperta di intrepidi ragazzi inglesi. Per vendetta, furono per sempre lasciati alla polvere in cima al mio scaffale. E neppure mai aperti, finché riuscii artatamente ad abbandonarli in uno dei tanti traslochi della mia famiglia. Così, del tutto ignaro, persi l'occasione di fare la conoscenza di un autore che, secondo il corrispondente a Mosca del «Manchester Guardian», nel 1918 aveva rivelato i «trattati segreti» il cui ruolo nella Prima Guerra Mondiale era stato tanto importante, e che aveva avuto, per giunta, un flirt con la segretaria di Trockij. (Questa scoperta fatta in seguito mi stupì, come avrebbe certamente stupito moltissimo i miei parenti che mi avevano costretto a prendere Ransome.) Mia madre fu irritata per tutto il giorno: «Sciocchino, – disse.”

Christopher Hitchens (1949–2011) giornalista, saggista e critico letterario britannico

Zia Pam era talmente ben disposta che avresti potuto avere facilmente un bell'orologio da polso se lo avessi chiesto».
Ma non volevo un maledetto orologio. Volevo essere lasciato in pace con una pila di libri di mia scelta. (p. 73)
Hitch 22. Le mie memorie

“Spine letali, spine pungenti | tali sono le zie e le parenti.”

Leonardo Sinisgalli (1908–1981) poeta, ingegnere e pubblicitario italiano

da La vigna vecchia, Mondadori

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“Tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009 tre anziani muoiono tra le fiamme nella provincia di Lucca: la vestaglia di Veronica, 80 anni, prende fuoco quando la donna passa troppo vicino a un fornello. Liliana viene consumata da un incendio misterioso. Giuseppina dormiva quando un corto circuito della presa elettrica sotto il suo letto ha scatenato le fiamme. A Voltri, nel marzo 2008, i pompieri sfondano una porta e si trovano davanti il cadavere di Maria, 84 anni. Suo fratello Giovanni, 82, è semisvenuto. A Roma, nello stesso periodo, un'altra porta viene abbattuta: dietro c'è una donna morta da dodici ore. Aveva 88 anni. Nell'altra stanza, due parenti ancora vivi: due ultraottentenni invalidi che da lei erano accuditi. A Genova, il giorno di Santo Stefano, qualcuno ha l'idea di bussare alla porta di Edda e Ottavio per fare gli auguri. Erano morti da una settimana.
Nel gennaio di quello che sarà il suo ultimo anno di vita, il 2009, la poetessa Alda Merini sbotta: "è una vergogna: i vecchi in questa città vengono trattati come carta igienica". E aggiunge: "C' è indifferenza, a Milano, ed è il crimine più grosso. Si è tanto parlato della violenza del branco contro le ragazze, ed è certamente un fatto orribile, ma c' è una violenza sotterranea che non è meno feroce. Una persona che muore da sola e nessuno se ne accorge è davvero il silenzio degli innocenti."”

Loredana Lipperini (1956) giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica italiana

Non è un paese per vecchie

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“La retorica è un veleno micidiale.”

Giovanni Giolitti (1842–1928) politico italiano

citato in Alfredo Frassati, Giolitti, Parenti, 1959

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“Status sociale, cultura, ricchezza, persino salute: il contrario stesso di tutto questo in Marie-Bernarde Soubirous, detta Bernadette, quattordicenne (ma con lo sviluppo di una decenne, secondo i medici che la visitarono, e non ancora donna, a causa dell'alimentazione insufficiente); asmatica; sofferente di stomaco; chiusa nel suo silenzio di timida e di introversa; analfabeta e considerata da qualche suo parente stesso incapace di imparare alcunché; incolta anche in materia religiosa, tanto da ignorare persino il mistero della Trinità; figlia della famiglia più miserabile della città; residente nella cella della prigione comunale, sgomberata dalle autorità perché considerata insalubre per gli stessi detenuti; con il padre non solo fallito e con la fama – seppure abusiva – di fannullone e di beone, ma con anche alle spalle un soggiorno in prigione per un sospetto di furto: rilasciato dopo nove giorni, si lasciò cadere l'accusa tanto era inconsistente, ma senza procedere ad alcun giudizio, così da lasciargli addosso un sospetto infamante.
Rendiamocene conto: in tutto questo, solo gli occhi della fede possono scorgere una misteriosa conformità al Vangelo e, dunque, le stigmate della verità. Solo l'adesione a una prospettiva rovesciata rispetto agli «occhi della carne» può far sentire gli echi del Magnificat intonato da Colei di cui Bernadette Soubirous fu testimone: «…ha guardato l'umiltà della sua serva […]; ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati; ha rimandato i ricchi a mani vuote…»”

Lc 1, 48 e 51 ss.
Origine: Ipotesi su Maria, p. 92

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“Cassandra [rivolgendosi al Capo coro] Aiuto, aiuto! | di nuovo l'angoscia divina in me | fa vorticare la sua tempesta di voci! | Guardate questi ragazzi seduti | davanti al palazzo, ombre di sogno: | sì, sono i figli massacrati dai parenti, | le mani colme di carne, portano in pasto | le loro interiora, le loro viscere, | a un padre che se le porta alla bocca… | Ve lo dico: c'è uno di cui qualcuno vuole | la vendetta, un leone – ma un leone pavido, | nella casa, accucciato sul letto, che aspetta | che ritorni il padrone: padrone anche mio, | se mi trascina nelle catene della schiava. | E il capo della flotta, il distruttore di Troia, | non sa cosa l'atroce cagna, la cui voce | non fa che ridire una gioia ch'è morte, | gli prepara in nome delle vecchie colpe. | È dannata. Femmina assassina del maschio, | solo qualche mostro – Scilla, con le sue | due teste, terrore dei naviganti – forse | potrebbe prestarle il nome che si merita, | madre infuriata, uscita dall'inferno, in guerra | contro tutti i suoi! Ah, il grido di trionfo, | ch'essa ha lanciato, come sul nemico morto! | E doveva essere gioia per un felice ritorno! | Che mi crediate o non mi crediate, che importa? | Tutto si compirà. E tu, pieno di dolore, | vedrai che ho detto soltanto la verità.”

Agamennone
Origine: Da L'Orestiade: Agamennone, traduzione di Pier Paolo Pasolini, Istituto Nazionale del Dramma Antico, 1960.

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“Possibile che sia così difficile trovare al Sud un amministratore che non abbia la moglie o la sorella, un parente o un compare proprietario di una clinica?”

Giulio Tremonti (1947) politico e avvocato italiano

dall'intervista al Corriere della sera, 16 settembre 2009

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“Si tratta di un autentico cult movie, tra i pochi che può vantare il cinema italiano del dopoguerra. Un'intuizione geniale è all'origine del film, che può essere definito un road movie; il confronto di due generazioni nel territorio neutro di una giornata di vacanza. La complementarietà dei caratteri dei due protagonisti è un supporto dalle solide basi. La sceneggiatura di Scola, Risi e Maccari è in perfetto equilibrio tra la commedia all'italiana e il dramma sociale, questo appena accennato con alcune allarmanti sequenze disseminate nel film e concluso nell'impietoso finale. Il cialtronesco Gassman, finalmente libero, come lui stesso ammette, dai vincoli delle caratterizzazioni, dai ghigni classicheggianti, esprime in alcune sequenze la sua dirompente fisicità. Distrugge con l'intuizione del superficiale i luoghi comuni che lo studente Trintignant si era costruito in un'intera vita, sui suoi parenti. Libera lo charme opaco di una zia del suo amico. In ogni spostamento, dalla Roma deserta del mattino di Ferragosto lungo le strade della Versilia fino alla Costa Azzurra, si gioca la sua dignità e persino la sua figura di padre. la partita a ping-pong con Gora è al riguardo esemplare. L'attonito Trintignant in questa scuola dei diritti è infatti l'unico a soccombere, emblematicamente. Non pochi hanno lamentato il cambio di atmosfera dell'epilogo: un brusco risveglio dalla partitura scoppiettante di una pellicola che sembrava dover dispensare un eclettico piacere a fior di pelle. Come in La grande guerra e Una vita difficile il cinema italiano aveva trovato, se non un vero e proprio stile, un equilibrio basato su una precisa rappresentazione della società italiana, senza dover ricorrere ai macchiettoni che il depravato cinema d'oggi mostra con lugubre allegria. Il rimpianto di quel cinema è presente in ogni spettatore che abbia solo visto quei film pur non facendo parte di quella generazione. Ed ecco allora la Lancia Aurelia Sport diventare un oggetto mitico. Così come alcune battute di questi film vengono tramandate con puntuale approssimazione, ma con sincera partecipazione. Il sorpasso, al suo apparire quasi snobbato dalla critica, si è ritagliato col tempo uno spazio che appartiene di diritto alle grandi memorie del cinema.”

Il Farinotti (1951) critico cinematografico italiano

Il sorpasso, p. 1892

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“Quando i parenti lottano, gli estranei allargano il divario.”

Marion Zimmer Bradley (1930–1999) scrittrice, glottoteta e curatrice editoriale statunitense

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La signora delle Tempeste

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“Mia moglie e altri miei parenti stretti erano lì, così, naturalmente, ho temuto per la loro sicurezza e ho pensato a coloro che avevano perso la vita, ma continuo a pensare che era giusto giocare la partita.”

Alan Hansen (1955) calciatore e giornalista britannico

I had my wife and close members of my family there, so of course you fear for their safety and think of others who had lost their lives – but I still think it was right to play the game.

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“Vigiak (Sorte, Foruna, Destino), che ricorda la tradizione pagana, è una delle principali feste armene, che comincia il giovedì dell'Ascensione e dura fino alla domenica di Pentecoste. Alla vigilia dell'Ascensione le ragazze del villaggio si riuniscono e scelgono fra loro una brigatella per organizzare la festa. Le prescelte prendono un'anfora di terra cotta, l'empiono d'acqua attinta a sette fonti o pozzi, ne ornano la bocca con fiori colti in sette campi diversi, poi vi gettano dentro un oggetto caro (bracciali, anelli, grani di monili o di corone, orecchini, fermagli, ecc.), facendo voti di gioia pei parenti e per l'amato, a occhi chiusi e con profondo raccoglimento. La notte dal mercoledì al giovedì, esse nascondono l'anfora in un cantuccio segreto di giardino, all'aperto, per esporla all'influsso delle stelle, e la sorvegliano, perché non sia rapita dai giovanotti, che la cercano per portarla via. Se i giovani vi riescono, le fanciulle, per riaver l'anfora, devono offrir loro gran quantità di non la rapiscano. – La domenica di Pentecoste, le ragazze si raccolgono per l'ultima volta; circondano l'anfora, e, dopo averla baciata, la mettono fra le braccia d'una di loro; poi, un'altra fanciulla, vestita da sposa, a rappresentar appunto la sposa della festa della "Vigiak", trae dal'anfora un oggetto, mentre una vecchia canta un ritornello, di felicità o di mal augurio o di burla; e così via via per ciascun oggetto gettato nell'anfora; onde le fanciulle si rallegrano o si attristano secondo il presagio lieto o triste. Nelle varie contrade dell'Armenia, la festa della Vigiak presenta qualche cambiamento; ma in tutte è deliziosamente gentile e pensosa, degna d'un popolo delle tradizioni derivate dall'India, la più poetica delle antiche nazioni.”

Domenico Ciampoli (1852–1929) scrittore e bibliotecario italiano
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“Sì, effettivamente a prima vista [le iguane] possono sembrare dei piccoli dinosauri, ma non lo sono. Appartengono al grande filone dei rettili, ma non sono parenti stretti dei dinosauri. Diciamo più o meno quanto noi lo potremo essere con una foca.”

Alberto Angela (1962) divulgatore scientifico italiano

Origine: Dalla trasmissione televisiva Il Pianeta dei Dinosauri, episodio 1: I primi dinosauri, Rai 1, 1993.

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“Capodanno nella lista di Rocco Schiavone veniva al terzo posto delle peggiori date del calendario. Al primo posto c'era il suo compleanno, che lui odiava in maniera totale, violenta, omicida. Gli auguri li considerava degli insulti. E non era un atteggiamento preso dopo i quaranta, non era una cosa da scambiare con la senilità incipiente e col tempo che passa sempre più veloce. Lui già a sei anni, quando giocava per le strade di Trastevere, poteva spaccare teste e setti nasali se un amichetto o un parente gli avesse fatto i fatidici auguri il 7 di marzo.
Al secondo posto c'era la Pasqua. Rocco la odiava per tre motivi. Il primo era che non arrivava mai lo stesso giorno. Cambiava ogni anno, e questo la rendeva imprevedibile e micidiale come un killer professionista. Il secondo che, proprio per la sua imprevedibilità, faceva arrivare le colombe e le uova mentre ancora stavi digerendo il panettone di Natale. Il terzo era di natura squisitamente teologica. Sapete quando è nato il figlio di Dio. Possibile che non siete mai riusciti a capire quand'è che è risorto? Al terzo posto c'era il Capodanno. Dovere per forza andare da qualche parte a fare il conto alla rovescia, stappare la bottiglia, urlare auguri a squarciagola e fingere di divertirsi e essere sereno. E poi c'erano i botti. Nel suo personalissimo codice la pena per i costruttori e i fruitori dei fuochi di Capodanno andava da un anno di reclusione ai lavori forzati in una miniera in Cile, in base ai botti che utilizzavano, al rumore che provocavano e ai soldi che riuscivano a sprecare in sei minuti. Gente che lesina sulla frutta e la verdura tutto l'anno per poi scoppiare centinaia di euro in pochi minuti ferendosi, facendosi danni, spaccando oggetti e coglioni, lui la detestava. Il primo gennaio invece era uno dei giorni più belli dell'anno. Nessuno per le strade, nessuno nei negozi, tutti a dormire gonfi di cibo e vino da supermercato, con le bocche secche e le orecchie che ancora fischiano per la musica a palla e i tricchetracche sul balcone. E lui solo, a Ostia a passeggiare sulla spiaggia.”

Antonio Manzini (1964) attore, sceneggiatore e regista italiano

da L'accattone
Cinque indagini romane per Rocco Schiavone, L'accattone

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“E incomincia fra i commenti | la sfilata dei parenti | ma io proprio non capisco | perché son così contenti.”

Giorgio Gaber (1939–2003) cantautore, commediografo e regista teatrale italiano

da Il signor G nasce, n. 2
Il signor G

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“Gioacchino poi che vidde possibile ogni delitto a' briganti, fece legge che un generale avesse potere supremo nelle Calabrie su di ogni cosa militare o civile per la distruzione del brigantaggio. Il generale Manhès, a ciò eletto, passò il seguente ottobre in apparecchi, aspettando che le campagne s'impoverissero di frutta e foglie, aiuti a' briganti per alimentarsi e nascondersi; e dipoi palesò i suoi disegni. Pubblicate in ogni comune le liste de' banditi, imporre a' cittadini di ucciderli o imprigionarli; armare e muovere tutti gli uomini atti alle armi; punire di morte ogni corrispondenza co' briganti, non perdonata tra moglie e marito, tra madre e figlio; armare gli stessi pacifici genitori contro i figli briganti, i fratelli contro i fratelli; trasportare le gregge in certi guardati luoghi; impedire i lavori della campagna, o permetterli col divieto di portar cibo; stanziare gendarmi e soldati ne' paesi, non a perseguire i briganti, a vigilare severamente sopra i cittadini. Nelle vaste Calabrie, da Rotonda a Reggio, cominciò simultanea ed universale la caccia al brigantaggio. Erano quelle ordinanze tanto severe che parevano dettate a spavento; ma indi a poco, per fatti o visti o divulgati dalla fama e dal generale istesso, la incredulità disparve. Undici della città di Stilo, donne e fanciulli (poiché i giovani robusti stavano in armi perseguitando i briganti), recandosi per raccorre ulivi ad un podere lontano, portavano ciascuno in tasca poco pane, onde mangiare a mezzo del giorno e ristorare le forze alla fatica. Incontrati da' vigilatori gendarmi, dei quali era capo il tenente Gambacorta (ne serbi il nome la istoria), furono trattenuti, ricercati sulla persona, e poiché provvisti di quel poco cibo, nel luogo intesso, tutti gli undici uccisi. Non riferirò ciò che di miserevole disse e fece una delle prese donne per la speranza, che tornò vana, di salvare, non sé stessa, ma un figliuolo di dodici anni. […]Lo spavento in tutti gli ordini del popolo fu grande, e tale che sembravano sciolti i legami più teneri di natura, più stretti di società; parenti e amici dagli amici e parenti denunziati, perseguiti, uccisi; gli uomini ridotti come nel tremuoto, nel naufragio, nella peste, solleciti di sé medesimi, non curanti del resto dell'umanità. Per le quali opere ed esempi viepiù cadendo i costumi del popolo, le susseguenti ribellioni, le sventure pubbliche, le tirannidi derivavano in gran parte dal come nel regno surse, crebbe e fu spento il brigantaggio. Questa ultima violenza non fu durevole: tutti i Calabresi, perseguitati o persecutori, agirono disperatamente; e poiché i briganti erano degli altri di gran lunga minori, e spicciolati traditi, sostenitori d'iniqua causa, furono oppressi. Sì che, di tremila che al cominciare di novembre le liste del bando nominavano, né manco uno solo se ne leggeva al finire dell'anno; molti combattendo uccisi, altri morti per tormenti, ed altri di stento, alcuni rifuggiti in Sicilia, e pochi, fra tante vicissitudini di fortuna, rimasti, ma chiusi in carcere.”

Charles Antoine Manhès (1777–1854) generale francese

Pietro Colletta

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“Penso che un giocatore italiano meriti di giocare in nazionale, mentre chi non è nato in Italia, anche se ha dei parenti, credo non lo meriti. È la mia opinione.”

Roberto Mancini (1964) allenatore di calcio ed ex calciatore italiano

Origine: Citato in Nazionale, Mancini: "In azzurro solo gli italiani: no agli oriundi" http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2015/03/23/news/mancini_oriundi-110264313/, Repubblica.it, 23 marzo 2015.

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“Scrisse già Claudio Fauriel che l'Alighieri «ha voluto fare ed ha fatto di Sordello il tipo, l'ideale del patriotta in generale e più particolarmente forse del patriotta italiano; egli ne ha fatto un ghibellino, il quale non sa perdonare a Rodolfo d'Asburgo d'aver neglette le cose d'Italia, aggravandone con siffatta negligenza le condizioni; ma che tuttavia spera ed invoca ancora da un altro imperatore la salvezza della penisola». Vi sono in cotesto giudizio del dotto francese inesattezze gravi. Sordello non rappresenta già nel Purgatorio l'amor di patria in generale e neppur l'amore dell'Italia, bensì personifica, a mio avviso, nella sua forma più caratteristica, più primitiva, se così posso esprimermi, la carità verso il loco, la tenerezza, che lega indissolubilmente l'uomo al terreno dove posò pria, dove fu nudrito dolcemente, dove riposano l'ossa dell'uno e dell'altro suo parente. Dante ha voluto mostrare in lui non l'Italiano, bensì il Mantovano; e se egli sorge così impetuoso, obliando l'alterezza innata e l'abituale disdegno, ad abbracciare Virgilio, ciò è dovuto unicamente al magico suono di quel nome che spunta sul labbro del poeta: Mantua me genuit. S'egli non fosse nato tra i canneti del Mincio, se non trasse l'origine dal luogo ond'ei pure è venuto, avrebbe il cattano di Goito mutato sì prontamente contegno? No davvero. È dunque indubitabile: Sordello raffigura quel sentimento, quel vincolo che nasce dall'avere comuni, secondo dice Cicerone, i monumenti dei maggiori, i templi, i sepolcri.Ma codesto sentimento non esiste più nel petto degli italiani a' dì dell'Alighieri: esso ne è stato violentemente sradicato. In luogo suo i cuori non nutriscono che odio; e dall'odio son generate le fazioni, per colpa delle quali appaiono partiti non gli abitanti soltanto delle città tutte della penisola, ma quelli pure de' borghi, e fin de' villaggi.”

Francesco Novati (1859–1915) filologo italiano

Origine: Citato in Maria Acrosso, La critica letteraria, pp. 78-79

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“Gioacchino poi che vidde possibile ogni delitto a' briganti, fece legge che un generale avesse potere supremo nelle Calabrie su di ogni cosa militare o civile per la distruzione del brigantaggio. Il generale Manhès, a ciò eletto, passò il seguente ottobre in apparecchi, aspettando che le campagne s'impoverissero di frutta e foglie, aiuti a' briganti per alimentarsi e nascondersi; e dipoi palesò i suoi disegni. Pubblicate in ogni comune le liste de' banditi, imporre a' cittadini di ucciderli o imprigionarli; armare e muovere tutti gli uomini atti alle armi; punire di morte ogni corrispondenza co' briganti, non perdonata tra moglie e marito, tra madre e figlio; armare gli stessi pacifici genitori contro i figli briganti, i fratelli contro i fratelli; trasportare le gregge in certi guardati luoghi; impedire i lavori della campagna, o permetterli col divieto di portar cibo; stanziare gendarmi e soldati ne' paesi, non a perseguire i briganti, a vigilare severamente sopra i cittadini. Nelle vaste Calabrie, da Rotonda a Reggio, cominciò simultanea ed universale la caccia al brigantaggio.
Erano quelle ordinanze tanto severe che parevano dettate a spavento; ma indi a poco, per fatti o visti o divulgati dalla fama e dal generale istesso, la incredulità disparve. Undici della città di Stilo, donne e fanciulli (poiché i giovani robusti stavano in armi perseguitando i briganti), recandosi per raccorre ulivi ad un podere lontano, portavano ciascuno in tasca poco pane, onde mangiare a mezzo del giorno e ristorare le forze alla fatica. Incontrati da' vigilatori gendarmi, dei quali era capo il tenente Gambacorta (ne serbi il nome la istoria), furono trattenuti, ricercati sulla persona, e poiché provvisti di quel poco cibo, nel luogo intesso, tutti gli undici uccisi. Non riferirò ciò che di miserevole disse e fece una delle prese donne per la speranza, che tornò vana, di salvare, non sé stessa, ma un figliuolo di dodici anni. […]
Lo spavento in tutti gli ordini del popolo fu grande, e tale che sembravano sciolti i legami più teneri di natura, più stretti di società; parenti e amici dagli amici e parenti denunziati, perseguiti, uccisi; gli uomini ridotti come nel tremuoto, nel naufragio, nella peste, solleciti di sé medesimi, non curanti del resto dell'umanità. Per le quali opere ed esempi viepiù cadendo i costumi del popolo, le susseguenti ribellioni, le sventure pubbliche, le tirannidi derivavano in gran parte dal come nel regno surse, crebbe e fu spento il brigantaggio. Questa ultima violenza non fu durevole: tutti i Calabresi, perseguitati o persecutori, agirono disperatamente; e poiché i briganti erano degli altri di gran lunga minori, e spicciolati traditi, sostenitori d'iniqua causa, furono oppressi. Sì che, di tremila che al cominciare di novembre le liste del bando nominavano, né manco uno solo se ne leggeva al finire dell'anno; molti combattendo uccisi, altri morti per tormenti, ed altri di stento, alcuni rifuggiti in Sicilia, e pochi, fra tante vicissitudini di fortuna, rimasti, ma chiusi in carcere. (Libro VII, Regno di Gioacchino Murat”

Pietro Colletta (1775–1831) patriota, storico e generale italiano

1808-1815), Capo II "Fatti di guerra e di brigantaggio, poi distrutto.", XXVII-XXVIII, Tip. e libreria Elvetica, Capolago, 1834
Storia del reame di Napoli

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“Quando noi abbiamo presentato la mozione di sfiducia nei confronti di questo Governo è perché la vicenda del salvataggio di queste banche, fatto pagare alle altre banche e ai risparmiatori, fa emergere un quadro gravissimo di rapporti, che è organico con tutto quello che è successo fino ad ora nel nostro Paese da quando il Presidente del Consiglio ha assunto la carica. Eppure, lui, il Presidente del Consiglio, viene qua a difendersi, e invece di spiegare questi rapporti che coinvolgono i parenti di un importante Ministro – guarda caso, il Ministro delle più importanti riforme nella storia di questo Paese – invece – ripeto – di spiegare i rapporti dei suoi parenti con l'ultimo direttore della Banca Etruria e con società panamensi – perché questo emerge dai dati – che cosa fa? Viene a dirci che ha commissariato Banca Etruria. Colleghi, ma ci prende per imbecilli? È la Banca d'Italia che ha commissariato Banca Etruria. La deve finire di venire qui a mentire. Piuttosto, ci deve spiegare com'è possibile che in questo Paese si voglia liquidare la Costituzione, nata dalla Resistenza, attraverso gruppi di soggetti tra loro collegati – non ultimo questo Carrai – che vogliono inserire al vertice di strutture pericolosissime! La conosciamo la storia della famiglia Carrai? Stiamo parlando del cuore nero di questo Paese, che non ha mai accettato la Costituzione repubblicana, che ha scalato il vostro partito [il Partito Democratico] e che non ha niente a che vedere con la storia del vostro partito. Ma quali nomine dobbiamo sentire in quest'Aula per fare scattare i campanelli d'allarme? Non vi dice niente Michael Ledeen? A cosa è servita la Commissione di inchiesta sul sequestro e l'omicidio Moro se non vi dice niente quel nome? Non dobbiamo essere preoccupati quando Carrai vuole l'immunità per ficcare il naso nelle vite di noi cittadini, di tutti i cittadini di questo Paese? Questo è un momento gravissimo.”

Mario Michele Giarrusso (1965) politico italiano
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“Se lei sapesse cos'è la vita sociale | non mi starebbe a seccare | perché io la faccia passare. | Se lei sapesse essere un uomo civile | aspetterebbe il suo turno | come fa tutta l'altra gente. | Senta, ma lei non sa chi sono io: | sono il commendator tale, | parente del ministro tale. | Mi spiace, ma questo non m'importa niente, | lo dica pure al suo parente, | io non mi lascio influenzare..”

Luigi Tenco (1938–1967) cantautore italiano

da Vita sociale,
Luigi Tenco canta Tenco, De André, Jannacci, Bob Dylan
Origine: Indicata da Tenco come quinta ballata, con il titolo originale Ballata della vita sociale o del progresso Enrico De Angelis, Luigi Tenco. Io sono uno. Canzoni e racconti, p. 96

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