Frasi su torbido

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema torbido, vita, ancora, essere.

Frasi su torbido

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“Qual diverrà quel fiume,
Nel lungo suo cammino,
Se al fonte ancor vicino
É torbido così?”

Pietro Metastasio (1698–1782) poeta italiano

Morte d' Abele (1732)

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“Solo un fumo torbido è il sogno della morte, | e il fuoco della vita sotto vi arde.”

Hermann Hesse (1877–1962) scrittore, poeta e aforista tedesco

Vagabondaggio, Da Cimitero di campagna

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“M'accingevo a dare più minuti particolari, quando il padrone m'ingiunse di tacere. "Chiunque conosce" egli disse "l'indole degli yahoo può agevolmente capire che un animale così abietto diventi capace di commettere tutte le orribili azioni da voi menzionate, sol che forza ed accortezza eguaglino la tristizia. Poiché il vostro discorso ha fatto aumentare il mio aborrimento per l'intera razza yahoo, provo, a sentirvi parlare, un turbamento mentale affatto nuovo. Non è escluso che col tempo le mie orecchie si abituino alle parole detestabili che vi escono dalla bocca, e imparino poco per volta ad accoglierle con minore ripugnanza. Odio, sì, gli yahoo di questo paese, ma non li biasimo per i loro abominevoli difetti più di un gnnayh (uccello rapace) per la sua crudeltà, o d'una pietra acuminata per la sua qualità di ferirmi lo zoccolo. Ma quando un essere che si vanta ragionevole può essere capace di tutte le atrocità cui avete accennato, comincio allora a temere che la ragione male adoperata sia qualche cosa di peggio della stessa naturale bestialità. Voglio, dunque, credere che voi siate dotati, non già di ragione, ma d'una facoltà atta ad accrescere i vostri difetti naturali; quale un torbido ruscello che riflette l'immagine d'un corpo deforme, non soltanto ingrandita, ma più stravolta che mai."”

da Opere, traduzione di Masolino d'Amico, Mondadori, Milano, 1983
I viaggi di Gulliver

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] Si esercitò da giovine nell'arte di murare e portò lo schifo della calce nelle fabbriche […] s'incontrò a far le colle ad alcuni pittori che dipingevano a fresco, e tirato dalla voglia di usare i colori accompagnossi con loro, applicandosi tutto alla pittura. […] Dopo, essendo egli d'ingegno torbido e contenzioso, per alcune discordie fuggitosene da Milano giunse in Venezia, ove si compiacque tanto del colorito di Giorgione che se lo propose per iscorta nell'imitazione. […] Condottosi a Roma vi dimorò senza ricapito e senza provvedimento […] sichè dalla necessità costretto, andò a servire il cavaliere Giuseppe d'Arpino, da cui fu applicato a dipinger fiori e frutti sì bene contrafatti che da lui vennero a frequentarsi a quella maggior vaghezza che tanto oggi diletta. […] Ma esercitandosi egli di mala voglia in queste cose, e sentendo gran rammarico di vedersi tolto alle figure, incontrò l'occasione di Prospero, pittore di grottesche, e uscì di casa di Giuseppe per contrastargli la gloria del pennello. […] …era solito usare drappi e velluti nobili per adornarsi; ma quando poi si era messo un abito, mai lo tralasciava finché non gli cadeva in cenci […] …era negligentissimo nel pulirsi; mangiò molti anni sopra la tela di un ritratto, servendosene per tovaglio mattina e sera.”

Giovanni Pietro Bellori (1613–1696) scrittore italiano

da Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, parte prima, pp. 201-214

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“Già in una lettera scritta a Raymond Queneau a Roma, nel 1934, subito dopo aver visitato la mostra sulla rivoluzione fascista, Bataille confessava il fascino esercitato su di lui da quell'esibizione di simboli mortuari, di drappi neri, di teschi, osservando che si trattava nonostante tutto di qualcosa di serio, che non doveva rimanere dominio esclusivo della propaganda fascista. In una conferenza su «Le pouvoir», tenuta al Collège da Bataille il 19 febbraio 1938, in sostituzione di Caillois ammalato, la fascinazione esercitata dalla simbologia fascista si traduceva addirittura nella contrapposizione tra il fascio effigiato in Italia «sur le ventre de toutes les locomotives» e il crocifisso collegato frazerianamente a una «représentation obsessionnelle de la mise à mort du roi». La scure littoria, commentava Bataille, in quanto strumento delle esecuzioni capitali, «est opposé ostensiblement à l'immage du roi supplicié». La stessa atmosfera torbida, intimamente colpevole attrazione per i riti mortuari del nazismo fa da sfondo al romanzo Le blue du ciel, scritto nel 1935 e pubblicato più di vent'anni dopo.”

Carlo Ginzburg (1939) storico, scrittore e saggista italiano

Origine: nota del coautore della voce: essendo stato, tale romanzo, da me letto, presento il fatto che, personalmente, tale atmosfera ed eventuali rapporti d'essa coi riti mortuari del nazismo può essere denotata verso la fine d'esso e non nella sua totalità. Ma questa può pur sempre essere un'impressione personale.
Origine: Miti emblemi spie. Morfologia e storia, p. 230

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“[Dino Grandi] Bigio, torbido, infido.”

Galeazzo Ciano (1903–1944) diplomatico e politico italiano
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“Io sono sposato con figli, ma a un certo punto mi sono imbattuto in una donna che mi seguiva ovunque sostenendo davanti a tutti che lei era mia moglie. Mi telefonava negli studi televisivi, mi aspettava fuori, mi inseguiva, chiedendomi a che ora sarei tornato a casa per la cena. Non sapevo più che fare. Tanto più che mia moglie, quella vera, dopo un po' cominciò a sospettare qualcosa di torbido. E a scrivermi lettere come se fosse lei una mia ammiratrice…”

Takeshi Kitano (1947) regista, sceneggiatore e attore giapponese

da Kitano si celebra in stile felliniano «Ma non capisco il vostro regista» https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2005/settembre/03/Kitano_celebra_stile_felliniano_non_co_9_050903032.shtml, Corriere della sera, 3 settembre 2005

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“Le cose non sono mai tanto torbide, che non abbiano alcun attacco di speranza.”

Gasparo Gozzi (1713–1786) scrittore italiano

dalla lettera al cardinale Scipione Gonzaga, in Opere, 1820

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“Pochi sono i duri e puri, molti i morbidi e torbidi.”

Giuseppe Pollicelli (1974) giornalista, poeta e regista cinematografico italiano

Origine: Da Moralista da fumetto, Ed. Mefisto, Roma, 1998.

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“Le questioni principali che affrontiamo in Inchiesta su Gesù sono quattro. Quattro domande in particolare. Primo. Gesù era un cristiano o invece era un ebreo che è rimasto sempre tale e non mai voluto fondare una nuova religione? E se il cristianesimo è nato dopo la sua morte, quando e perché si è formato e in che misura gli è fedele? Se Gesù era un ebreo la nostra civiltà occidentale ha alla sua base anche l'ebraismo o solo il cristianesimo? Secondo. Gesù era convinto che l'avvento del Regno di Dio fosse imminente? Pensava davvero che avrebbe posto fine alle ingiustizie, portato la salute ai malati e la liberazione ai poveri e agli schiavi? Oppure attendeva solo la risurrezione ed era portatore di un messaggio di salvezza ultraterrena? Terzo. La responsabilità della morte di Gesù fu dei Romani che lo giustiziarono con la pena romana della crocifissione oppure fu prevalentemente degli ebrei? E infine, quarto. I Vangeli canonici (Marco, Luca, Matteo e Giovanni) datano all'incirca tra il 70 e il 100 dopo Cristo? Oppure a scriverli furono dei testimoni oculari? Le loro informazioni sempre sono esatte? Oppure a volte si contraddicono? Per sapere chi fu realmente Gesù è necessario utilizzare anche fonti non canoniche come la Didachè, l'Ascensione di Isaia, il Vangelo di Pietro, ecc.? Oppure devono bastare i quattro Vangeli canonici e le lettere di Paolo? E ancora. Gesù era un celibe come vuole la tradizione o invece era sposato o addirittura gay come vorrebbe tutto un filone di film e romanzi torbidi?”

Mauro Pesce (1941) docente, biblista e storico italiano

da Inchiesta su Gesù http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2006/12/14/gesu.htm, in magazine.unibo.it, 14 dicembre 2006

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“Nordica miscela d'acqua anice cielo mare Trapani | ingabbiato di gru metalliche galleggianti | e torbide scritture di pioggia grafomane in necrologie.”

Filippo Tommaso Marinetti (1876–1944) poeta, scrittore e romanziere italiano

Origine: Da Il porto di Trapani invernale, 1928; citato in Salvatore Mugno, Trapani futurista, Isspe, Palermo, 1995.

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“I teorici della chiarezza scrivono libri torbidi.”

Charles Péguy (1873–1914) scrittore, poeta e saggista francese

Lui è qui

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“Nulla mai viene veramente perduto, o può venir perduto, | non nascita, identità, forma – oggetto veruno del mondo, | non vita, non forza, né cosa alcuna visibile; | le apparenze non debbono ingannare, sfera mutata non deve confonderti il cervello. Vasti sono il Tempo e lo Spazio – vasti i campi della Natura. | Il corpo torbido, vecchio, freddo – ceneri che sono rimaste dai fuochi d'un tempo, | la luce offuscata degli occhi tornerà a splendere […].”

Continuità, p. 643
Foglie d'erba, Foglie dei settant'anni (primo allegato)
Origine: Parte di questa poesia viene recitata da Duke (interpretato da James Garner) nel film Le pagine della nostra vita (2004): «Niente è mai perduto o può essere perduto. Il corpo lento, vecchio, freddo, ceneri rimaste dai fuochi del tempo, tornerà a splendere ancora.»

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“In lui [Reinhard Heydrich] le capacità intellettuali si accompagnarono ai caratteri somatici, per cui egli poteva apparire la conferma della teoria della «stretta relazione tra psiche e razza»: l'anticipazione di quel nuovo tipo d'uomo che avrebbe dovuto essere distillato dal torbido materiale biologico del popolo tedesco attraverso «una serie d'incroci obbligati» e allevato in scuole speciali; «il tipo d'uomo», come Hitler dichiarò, «padrone della vita e della morte, che comanda sulla paura e sulla superstizione, che ha imparato a dominare il suo corpo, i suoi muscoli e i suoi nervi… ma che non si lascia vincere dalle tentazioni dello spirito e da una sedicente libertà scientifica.»”

Joachim Fest (1926–2006) storico, giornalista e saggista tedesco

Parte seconda: Tecnici e realizzatori del regime autoritario, Capitolo 3 Reinhard Heydrich: il successore, p. 162
Il volto del Terzo Reich
Variante: In lui le capacità intellettuali si accompagnarono ai caratteri somatici, per cui egli poteva apparire la conferma della teoria della «stretta relazione tra psiche e razza»: l'anticipazione di quel nuovo tipo d'uomo che avrebbe dovuto essere distillato dal torbido materiale biologico del popolo tedesco attraverso «una serie d'incroci obbligati» e allevato in scuole speciali; «il tipo d'uomo», come Hitler dichiarò, «padrone della vita e della morte, che comanda sulla paura e sulla superstizione, che ha imparato a dominare il suo corpo, i suoi muscoli e i suoi nervi... ma che non si lascia vincere dalle tentazioni dello spirito e da una sedicente libertà scientifica». (Parte seconda: Tecnici e realizzatori del regime autoritario, Capitolo 3 Reinhard Heydrich: il successore», p. 162)

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“Radiosa Speme

E mi incammino mero scalzo
nei versi cinerei del tempo
tra le pigre piaghe dei solchi
degli eventi sordi e ostili,
ai riarsi gemiti
in quella ambascia
che m'investe monsonico
nel recinto spinato
prominente di cespugli
di rose assenti
al sorriso della lucente vita
nei miei limiti,
al confine della mia
intrinseca fede
volta alla radiosa speme
di quell'albore che mi veste
di lene intrepidezza
nell'oltrepassare l'acre sentito
del mio lungometraggio,
senza fine ai minuti
del mio irresoluto
destino ricamato
a punto ermellino
sulla pelle di seta del cuore
similare a pioggia di stelle!
Oh cuore mio sei dunque
foce di fiducia nell'avvenire?
Oh caro cuore mio
confidarmi flebile quanto ancor dovrò camminare
per non morire d'emblée
da greve manrovescio,
quando ostile vuol effigermi
sul viso mio riflesso
al propizio astro celeste
senza nebulose che offuschi
a rendermi buona sorte.
Cuor mio terso e impavido
nel cobalto respiro persuaso
da fulgida sterminata fiducia,
sussurrarmi ancora ti prego
quel segreto antico
che ancora e ancora
ti lascia risorgere
da torbide acque
lindo e cheto senza
fronzoli penduli d'incertezze,
a serrarti il sorriso
nella intima pozzanghera
che inghiottire ti vorrebbe!
Ragguagliami inarrestabile
all'invocarti del giorno
e sulle fauci della notte,
affinché di radiosa speme
al sapor di vaniglia
io viva chiara nell'amore
in serbo in grembo alla vita
che a sé mi intreccia,
per non lasciarmi sdrucciolare via
negli arroventati fondali
dai spigolosi enigmi
che inghiottirmi mi vorrebbe,
ed io per sempre ti loderò
come un dio d'oro
originato nel mio petto
unicamente per rendermi
libra nell'essenza d'anima
che designa il mio folklore.
©Laura Lapietra”