Frasi su cap.
pagina 23

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“Socrate diceva che è più facile trattenere sulla lingua un carbone ardente, piuttosto che un discorso che non deve essere pronunciato.”

Giovanni Stobeo scrittore bizantino

libro III, cap. 41
Anthologion
Origine: Citato in Alessandro Ravera e Francesco Adorno, Socrate: vita, pensiero, testimonianze, a cura di Armando Massarenti e Gabriele Giannantoni, Il Sole 24 Ore, 2006.

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“«All'avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle.»”

cap. III, 128
I promessi sposi
Variante: All'avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle.

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“Di coloro che non avrai assalito, potrai farti degli amici sinceri. L'amicizia più salda infatti è quella fra eguali ed eguali appaiono quelli che non hanno fatto il confronto delle proprie forze.”

Quinto Curzio Rufo storico romano dell'età imperiale

da Storie di Alessandro Magno, lib. VII, cap. VIII, 27, a cura di Alberto Giacone, UTET, 2013

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“Tutto ha un sapore migliore quando c'è qualcuno che mangia con te.”

Louisa May Alcott (1832–1888) scrittrice statunitense

cap. 6; 2016
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“Credono tutti che sia democratica solo perché è antifascista.”

Piero Calamandrei (1889–1956) politico italiano

citato in Indro Montanelli, Soltanto un giornalista. Testimonianza resa a Tiziana Abate, Milano, Rizzoli, 2002, cap. 26, p. 284. ISBN 88-17-12991-7

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“Tutte le bestie giovani sono attraenti, ma l'agnello ha ricevuto una dose di fascino che è addirittura ingiusta nei confronti degli altri.”

James Herriot (1916–1995) scrittore e veterinario britannico

da Creature grandi e piccole, cap. 22

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“Burri mette sotto il microscopio il saio di San Francesco, le zolle dell'Umbria.”

Francesco Bonami (1955) critico d'arte italiano

cap. XIX, Taglia, cuci e poi bruci - Alberto Burri, p. 50
Si crede Picasso

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“In questo istante di estatica sospensione («Affocato meriggio dorme sui campi. Non cantare! Taci!»), sacro al sonno del dio Pan che si riposa dalla caccia, la natura stessa sembra sepolta in un misterioso, impenetrabile sopore: i venti sono caduti e il sole, a perpendicolo sull'orizzonte, è come un'alta fiamma pietrificata. A questo punto si tronca repentinamente lo scorrere del tempo («Non se n'è volato via il tempo?») e Zarathustra sprofonda nel pozzo dell'eternità («Fiel ich nicht – horch! in den Brunnen der Ewigkeit?») ed ecco che emerge silenziosamente il mondo dalla sua perfezione, o meglio quella eternità, calata nella profondità del mondo, che costituisce la sua perfezione («Die Welt ist vollkommen»). Gli stessi attributi di questa perfezione, «maturo» e «rotondo» («Non era infatti il mondo perfetto, rotondo e maturo?», rimandano alla perfezione del circolo, in cui il movimento è conchiuso in se stesso e non si dispiega più in una progressione indefinita. L'anima e il mondo sono ora immersi in una trasognata mescolanza che ha lo stupore del possesso.”

Ferruccio Masini (1928–1988) germanista, critico letterario e traduttore italiano

da Parte seconda, cap. settimo, Il "mezzodì" come metafora cosmico-estatica della eternità, pp. 200-201
Lo scriba del caos
Origine: Da Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra; Schlechta, Werke in drei Bänden, II, p. 514 (Mittags) Lo scriba del caos, nota a p. 200.

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“È saggio moderarsi in tutte le cose, nelle parole così come nel mangiare e nel bere.”

Louisa May Alcott (1832–1888) scrittrice statunitense

cap. 19; 2016
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“Quella mattina pioveva e grandinava sui vetri dell'aula di seconda liceo, sezione C, liceo-ginnasio Cassini, Sanremo. Eravamo trentuno studenti in quella classe. I ripetenti quattro o cinque, confinati negli ultimi banchi come si usava allora.
Ma lo ricordo quel temporale, a Sanremo capitava di rado, c'era un clima un po' speciale, infatti le famiglie facoltose di Torino e di Milano rivenivano a svernare per sopportare meglio gli acciacchi. E per giocare al Casinò.
Me lo ricordo perché quel giorno ci fu uno degli incontri importanti della mia adolescenza: l'insegnante di filosofia, che teneva lezione due volte alla settimana, aveva preannunciato il tema nella lezione precedente. Aspettò chela grandine finisse e tornassimo a sederci ai nostri banchi. Poi cominciò a parlare di Cartesio: la vita, la morte, le opere di geometria, di matematica, di filosofia, il suo tempo. Disse che Cartesio era, nella storia delle idee, un punto di arrivo e anche una ripartenza con tante biforcazioni. Insomma un crocevia dal quale comincia la modernità. «Se non capite Cartesio non capirete niente di quello che è venuto dopo e non capirete niente di voi stessi e del mondo che vi circonda».
Ci mise molto calore in quella perorazione, non l'aveva mai fatto con gli altri filosofi che già avevamo studiato con lui sul manuale del Lamanna. Forse con Socrate l'anno prima, ma non con quelle parole e quel tono che sembrava voler coinvolgere la vita di ciascuno di noi.
E mio compagno di banco alzò la mano. «Dica pure», disse il docente che, insieme al prete che insegnava italiano e latino, rifiutava di usare il "voi" prescritto dal regime. «Secondo lei, professore, chi non fa il liceo e nemmeno sa che è esistito un certo Cartesio non potrà dunque dare nessun senso alla sua vita?».
Ci fu un gran silenzio in classe, perfino i ripetenti degli ultimi banchi in qualche modo chiamati in causa da quella domanda si fecero attenti. n professore guardò fisso il mio compagno e ricordo che rispose con una domanda: «Lei, Calvino, ha già trovato il senso della sua vita?»”

Eugenio Scalfari (1924) giornalista, scrittore e politico italiano

cap. II, La gabbia dell'io, p. 20
L'uomo che non credeva in Dio

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