Frasi su motivo
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“Se viene un marziano a Roma, vede una città allo sbando. Con periferie in condizioni difficilissime. Ad amici che dovevano andare a Tor Bella Monaca la polizia ha consigliato di non fermarsi ai semafori rossi con il motorino, per sicurezza. Hai una città nell’occhio del ciclone da anni per diecimila motivi. L’ultima cosa di cui hai bisogno sono le Olimpiadi.”

Roberto Perotti (1961) economista italiano

Origine: Dall'intervista Spesa pubblica, Perotti: «Dalle partecipate ai troppi sussidi, ecco perché le riforme hanno fallito» http://www.corriere.it/economia/16_settembre_03/spesa-pubblica-perotti-dalle-partecipate-troppi-sussidi-ecco-perche-riforme-hanno-fallito-7998c5de-7217-11e6-a5ab-6335286216cb.shtml, Corriere.it, 3 settembre 2016.

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“Senza alcun dubbio le diete a base vegetariana sono tra le più salutari. Le prove sono così palesi e schiaccianti e riguardano un arco di tempo così lungo che la cosa non è più discutibile. […] Il motivo principale per cui seguo una dieta ricca di cibi vegetali è il sapore. Mi sento privata del gusto se a ogni mio pasto non ci sono molte verdure.”

Origine: Da un articolo sulla rivista Nutrition Action Healthletter, ottobre 1996; citato in Jeffrey Moussaieff Masson, Chi c'è nel tuo piatto?, traduzione di Nello Giugliano, Cairo editore, Milano, 2009, p. 182. ISBN 978-88-6052-218-4

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“Io ho smesso di mangiare animali nel 1987, ma sono diventato vegano solo il primo gennaio 2011, eppure non ho cambiato le mie motivazioni: quando decisi di passare al vegetarismo, lo feci perché non volevo contribuire all'uccisione di animali. […] fingevo di non sapere che la produzione di latte e uova è parte della stessa catena di sfruttamento e morte che produce la carne. Non andavo fino in fondo nei miei pensieri e nelle mie scelte […]. Quando diventi vegetariano, i familiari e gli amici si preoccupano per la tua salute e tu cominci a sentirti diverso; sai che ogni invito a pranzo comporterà la necessità di spiegare i motivi per cui non mangi carne e così via. Alla fine i più si fermano lì e non osano andare oltre: dire no a tutto ciò che comporta sfruttamento e morte per gli animali, quindi latte, uova, lana eccetera. Sembra impossibile, una cosa da estremisti e asociali. Ma bisogna ricordare che estremisti e asociali erano definiti i vegetariani fino a poco tempo fa; ora che il vegetarismo è più diffuso e accettato, quest'etichetta è passata a stigmatizzare i vegani. […] In realtà credo che l'unico modo per essere davvero vegetariani, cioè rispettosi degli animali, sia la scelta vegan e spero che presto il termine vegetariano torni ad indicare un'alimentazione a base vegetale e non lacto-ovo-vegetariana come avviene ora.”

Lorenzo Guadagnucci (1963) giornalista italiano

Origine: Dall'intervista di Lorenzo Strisciullo, Intervista a Lorenzo Guadagnucci http://www.mangialibri.com/interviste/intervista-lorenzo-guadagnucci, mangialibri.com, 2013.

“Nel 1964 [Alan Paton] aveva testimoniato a favore di Nelson Mandela nel processo che doveva poi condannare all'ergastolo il leader dell'African national congress. Nonostante ciò nessuna organizzazione radicale sudafricana, né l'Anc né l'Udf, e nessun leader, né il reverendissimo Desmond Tutu, né Allen Boesak, ha ritenuto di dovere onorare la memoria di Ala F. Paton. Perché? Perché Paton era portatore di un virus che per l'intellighenzia sudafricana (e non solo sudafricana), nera e bianca, è peggiore dell'Aids: era contrario alla violenza. Peggio: sosteneva che la grande maggioranza dei neri sudafricani non è violenta ed è fortemente contraria all'uso della violenza per dare uno sbocco alla complessa situazione politica del Sud Africa. […] Naturalmente gli feci la domanda rituale. «È ancora possibile fermare la rabbia nera?». Rispose: «Lei è stato nello Kwa Zulu Natal, dove vivono sei milioni di Zulu, ed ha visto la rabbia nera? Io ho vissuto al bordo della "valle delle mille colline" per trentacinque anni e non ho mai visto nessuna rabbia nera. E se andrà in Transkei, dove vivono altri quattro o cinque milioni di persone, lei non vedrà nessuna rabbia nera, non sentirà nessun odio nero. La rabbia nera c'è a Soweto, ma dipende molto più da questioni di disgregazione urbana, di perdita totale delle proprie radici contadine, che da questioni razziali che comunque sono continuamente alimentate, fomentate, incoraggiate dall'Anc». […] Paton aveva molto in sospetto questo genere di progressisti che sono soliti far gli eroi sulla pelle degli altri. Di Edward Kennedy, che era stato in Sud Africa qualche anno prima, mi disse: «È venuto solo per farsi propaganda; dei neri, in verità, non gliene importa niente. Se gliene importasse dovrebbe andare ad Harlem prima che a Soweto.»”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Questi sono i motivi per cui nessun fiore progressista è stato posato sulla tomba di Alan F. Paton. Così a quest'uomo, che ha dedicato l'intera sua vita e le sue opere alla battaglia antirazzista, è toccato il paradosso di ricevere, in morte, un solo telegramma di condoglianze: quello del presidente sudafricano Botha.
Origine: Da Sud Africa, pace e astratti furori, L'Europeo, 29 aprile 1988.

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“Beh, guarda… io… Noi due non ci conosciamo, sicuramente non ci conosciamo. Però… apro una parentesi veloce, senza polemiche e senza niente. Credo che tu non sia stato… non sei molto al corrente della mia carriera., la Fiorentina anc… eh però, però nel mio curriculum… Però, se ti devo dire la verità, ti devo dir la verità… arrivato qua mi sembra di esser tornato ai tempi del Chievo. Però cosa c'è qua? Che respiri un'aria, pur essendo piccola… ecco la differenza, eh… c'è, c'è aria di una società mol… importante, secondo me. Ecco, queste sono le mie prime sensazioni quando mi son calato nel nero-verde.
[…] E quando vieni fuori da una situazione di 'sto tipo qua, che comunque poi ti hanno scelto, beh, parti ancora più rinvigorito, perché vuol dire che… che tu li hai convinti e… e che è una cosa bella! Se tu invece vieni fuori da situazioni forzate, eccetera, non sta bene, capisci? Ecco, questa l'ho vissuta molto bene. Perché comunque credo che alla fine dopo, o per un motivo o per l'altro, la scelta è caduta su di me perché ero quello… quello a cui la scoietà voleva arrivare.
[…] Esonero se tu fai… Allora, chiaro che se tu fai 2 anni di carriera, la statistica, magari fai 2 esoneri di fila, è un conto. Se tu fai 20 anni di Serie A e lavori anche all'estero qualche esonero ci sta, vai a vedere le carriere degli allenatori… Poi dopo, sai… un conto è lavorare in un posto, un conto è lavorare in un altro posto. È una cosa normale in un… in un trand, diciamo di lavoro di un allenatore. La vivo, l'ho sempre vissuta… chiaro che non fa mai piacere essere esonerati, però bisogna sempre trovare l'energia e la forza di andare avanti, di capire perché comunque sei stato esonerato, di cercare di, di, di, di… di avere quel coraggio di insistere e di migliorarti in modo che poi di far ricredere anche chi ti ha esonerato, ecco, questo ti deve sempre animare secondo me. […] Modena, Modena fu… il mio esonero è stato perché c'è stata incompatibilità col direttore sportivo Tosi. Non è stato un esonero di quelli… e non c'era incompatibilità, io purtroppo ho un carattere di quelli, allora magari più di adesso, avevo un carattere che io non, non… non ci si deve sposare per forza nella vita, se c'è incompatibilità ci si lascia. Ecco, di Modena ho 'sto ricordo qua.
[…] Però sono parito dalle giovanili, ho fatto un percorso, un cammino credo giusto e mi hanno scelto per allenare la prima squadra, ho fatto 2 anni di allenatore in seconda, ho imparato; poi mi hanno dato in mano la squadra, l'ho portata in Serie B, credo che se non è un'impresa come il Sassuolo, ci manca poco. Perché il Chievo, chi sa dov'è Verona, era un posto dove c'era la diga, ci passa l'Adige… ci sono 500 persone, e lì siamo andati in Serie B. In Serie B ho fatto 3 anni, tutti in miglioramento fino alla soglia della Serie A. Poi l'ho lasciato… l'ho lasciato perché sai, e lo sa anche il Sassuolo, tu quando vai, ad esempio il Sassuolo va in Serie A e cerca il giocatore di grande esperianze, eccetera, a volte ti senti dire di no. Quindi al Chievo c'era questo grande enigma. Noi eravamo in B madovevamo fare ancora con giocatori di C. Quindi sono state grandi imprese quelle lì. Perché, chi veniva al Chievo? Capisci? Chi veniva… adesso al Chievo ci va anche il grande giocatore, ma allora figurati. Quindi, abbiamo seminato insieme anche là con una grande società insieme con buon lavoro di gruppo, e siamo arrivati alla soglia della Serie A, che dopo l'ha ottenuta Del Neri dopo 2 anni. Però bisogna guardare anche il lavoro precedente, perché non è che tutto quanto è da buttare a mare, capito? Ecco, questo voglio dire.
[…] Io quando la mattina apro gli occhi e guardo il cielo ringrazio il Signore, perché credo che bisogna anche nella vita essere… Io credo di aver fatto, di avere avuto la fortuna di fare il lavoro che mi piace e di averlo svolto in maniera professionale al massimo e sono ancora qua dopo 20 che ho questa voglia qua perché penso che sia… per me è il più bel lavoro del mondo. E mi limito a dire questo, capito? Cioè, non ho nessun rimpianto, non ho nessun rammarico. La carriera di un allenatore purtroppo, o bene o male, ha degli alti e bassi e bisogna accetarli, bisogna sempre essere lì sul pezzo, a migliorarsi, a… la voglia di, di… altrimenti quando non c'è quella voglia lì bisogna smettere. Se non c'hai quella voglia lì bisogna smettere, qualsiasi tipo di lavoro. Oppure cambiare lavoro. Io questa voglia qua ce l'ho ancora, quindi sono qua con la voglia di, di, di… di trasmettere le, le, le, le, le, le mie sensazioni e le mie motivazioni a questa società ma soprattutto ai ragazzi.”

Alberto Malesani (1954) allenatore di calcio e ex calciatore italiano
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“Non è intenzione di questo Governo [Renzi] chiedere dimissioni di Ministri o sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia, ma eventualmente per motivi di opportunità politica.”

Maria Elena Boschi (1981) politica italiana

Origine: Citato in Camera dei deputati – XVII Legislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea – Seduta n. 183 http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0183&tipo=stenografico#sed0183.stenografico.tit00030.sub00010.int01150 di mercoledì 5 marzo 2014.

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“Ho subito odiato la Juve ancor prima di capire di calcio. I motivi c'erano: Togliatti era per la Juve, i missini erano per la Juve e così i romagnoli. Tutti schierati dalla parte del più forte perché come diceva Flaiano l'italiano è sempre il primo a soccorrere i vincitori.”

Carlo Laurenzi (scrittore) (1920–2003) scrittore e giornalista italiano

Origine: Citato in Emanuela Audisio, Quel gusto ribelle di tifare "contro" http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/04/05/quel-gusto-ribelle-di-tifare-contro.html, la Repubblica, 5 aprile 1986.

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“Non capisco per quale motivo non si riesca a superare il problema razzismo. Credo sia solo ignoranza.”

Patrice Evra (1981) calciatore senegalese naturalizzato francese

Origine: Dalla conferenza stampa di presentazione alla Juventus; citato in Evra: Razzismo? È solo ignoranza http://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2014/07/31/evra-razzismo-e-solo-ignoranza_1ecbf4a0-f1ae-48bf-ad6a-7421bf626cdf.html, Ansa.it 31 luglio 2014.

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“"Non c'è nessun motivo di essere nervosi", | ti dicono agitando i loro sfollagente.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Cercando un altro Egitto, n. 2
Francesco De Gregori

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“Questo è un appello alle buone coscienze che gioiscono per la moratoria sulla pena di morte nel mondo, votata ieri all'ONU da 104 paesi. Rallegriamoci, e facciamo una moratoria per gli aborti. […] condanniamo in linea di principio la soppressione legale di un essere umano senza guardare ai suoi motivi, che in qualche caso, in molti casi, sono l'aver inflitto la morte ad altri. Bene, anzi male. Il miliardo e più di aborti praticati da quando le legislazioni permettono la famosa interruzione volontaria della gravidanza riguarda persone legalmente innocenti, create e distrutte dal mero potere del desiderio, desiderio di non averli e di odiarsi fino al punto di amputarsi dell'amore. È lo scandalo supremo del nostro tempo, è una ferita catastrofica che lacera nel profondo le fibre e il possibile incanto della società moderna. È oltre tutto, in molte parti del mondo in cui l'aborto è selettivo per sesso, e diventa selettivo per profilo genetico, un capolavoro ideologico di razzismo in marcia con la forza dell'eugenetica. Rallegriamoci, dunque, in alto i cuori, e dopo aver promosso la Piccola Moratoria promuoviamo la Grande Moratoria della strage degli innocenti. Si accettano irrisioni, perché le buone coscienze sanno usare l'arma del sarcasmo meglio delle cattive, ma anche adesioni a un appello che parla da solo, illuministicamente, con l'evidenza assoluta e veritativa dei fatti di esperienza e di ragione.”

Giuliano Ferrara (1952) giornalista, conduttore televisivo e politico italiano

dall'editoriale de Il Foglio, 19 dicembre 2007

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“Per me, - disse Walter, - la differenza è che gli uccelli uccidono perché devono mangiare. Non lo fanno con rabbia, non lo fanno senza motivo. Non è una cosa nevrotica. Per me è questo che rende la natura un luogo pacifico. Le cose vivono o non vivono, ma non esiste il veleno del risentimento, della nevrosi e dell'ideologia. È un sollievo dalla mia rabbia nevrotica”

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Variante: La differenza è che gli uccelli uccidono solo perché devono mangiare. Non lo fanno con rabbia, non lo fanno senza motivo. Non è una cosa nevrotica. Per me è questo che rende la natura un luogo pacifico. Le cose vivono o non vivono, ma non esiste il veleno del risentimento, della nevrosi e dell'ideologia. È un sollievo dalla mia rabbia nevrotica.

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“Comunque ho lasciato gli altri a pallavolare in palestra e sono uscita dalla scuola, c'era un sole pallido color miele. Sono andata al bar di fronte, a vedere le facce. Come faccio spesso, mi sono tappata le orecchie per concentrarmi e capire cosa succedeva intorno. E mi sono sentita strana. Qual'era il motivo del mio disagio? E quale segrato nascondeva la gente seduta?
L'uomo corpulento con la fronte sudata, che sbarrava gli occhi in segno di meraviglia, e disegnava rabbia con la mano. E l'uomo piccolo che ne seguiva il discorso scuotendo la testa e ricalcando i gesti dell'altro. E la giovane carica di gioielli come una Cleopatra che sibilava a bassa voce contro qualcuno, un veleno d'astio che le sue amiche assorbivano come un balsamo ristoratore, ammiccando tra loro per dividere il piacere. O il ragazzo che litigava ad alta voce con la ragazza, costringendola a guardarlo negli occhi, mentre lei si mordeva la mano per la vergogna, col volto rigato di lacrime. O la tavolata dove un giovane zerbinotto raccontava e tutti ridevano. O i due ragazzi che parlavano probabilmente di sport, uno battendo le mani su un giornale, l'altro interrompendolo con una voce roca.
E di colpo ho capito.
Quei signori e signore e ragazzi e ragazze seduti, tutti avevano ragione. E parlandone, si rafforzavano in questa loro certezza. E la loro ragione era costruita sul dileggio, sulla rovina, sul disprezzo degli altri. E più parlavano, più la ragione cresceva e chiedeva il suo tributo di parole, di minacce, di gesti. E sempre di più gli altri, quelli dalla parte del torto, diventavano lontani e miserabili. Ma guardando oltre la strada, nei bar di fronte, altra gente era seduta e anche loro avevano ragione. Una gigantesca, unica ragione divideva il mondo in quelli che l'avevano, cioè tutti, e gli altri, e cioè tutti.
E io, che sentivo di non avere ragione, cosa avrei fatto?
Sono tornata in classe e c'era aria pesante. Marra e Gasparrone avevano insultato Zagara chiamandolo terrone e figlio di galeotto. Lui li aveva assaltati con un tirapugni fatto con la maniglia di una porta. Erano finiti tutti e tre dal preside. Quante battaglie stupide e quante nobili e giuste ci sono nella giornata media di ognuno?”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano

Margherita Dolce Vita

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“Come sapete la domanda che più spesso viene posta a noi scrittori, la domanda preferita è: perché scrive? Io scrivo perché sento il bisogno innato di scrivere! Scrivo perché non posso fare un lavoro normale, come gli altri. 
Scrivo perché voglio leggere libri come quelli che scrivo. 
Scrivo perché ce l'ho con voi, con tutti. Scrivo perché mi piace stare chiuso in una stanza a scrivere tutto il giorno.
 Scrivo perché posso sopportare la realtà soltanto trasformandola.
 Scrivo perché tutto il mondo conosca il genere di vita che abbiamo vissuto, che viviamo io, gli altri, tutti noi a Istanbul, in Turchia.
 Scrivo perché amo l'odore della carta, della penna e dell'inchiostro.
 Scrivo perché credo nella letteratura, nell'arte del romanzo più di quanto io creda in qualunque cosa. 
Scrivo per abitudine, per passione.
 Scrivo perché ho paura di essere dimenticato. 
Scrivo perché apprezzo la fama e l'interesse che ne derivano. Scrivo per star solo. Forse 
scrivo perché spero di capire il motivo per cui ce l'ho così con voi, con tutti. 
Scrivo perché mi piace essere letto.
 Scrivo perché una volta che ho iniziato un romanzo, un saggio, una pagina, voglio finirli. 
Scrivo perché tutti se lo aspettano da me.
 Scrivo perché come un bambino credo nell'immortalità delle biblioteche e nella posizione che i miei libri occupano negli scaffali. 
Scrivo perché la vita, il mondo, tutto è incredibilmente bello e sorprendente. 
Scrivo perché è esaltante trasformare in parole tutte le bellezze e ricchezze della vita. 
Scrivo non per raccontare una storia ma per costruirla. 
Scrivo per sfuggire alla sensazione di essere diretto in un luogo che, come in un sogno, non riesco a raggiungere. 
Scrivo perché non sono mai riuscito ad essere felice. 
Scrivo per essere felice.”

Orhan Pamuk (1952) scrittore e saggista turco

My Father's Suitcase: The Nobel Lecture

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“Dal Ka-Be la musica non si sente bene: arriva assiduo e monotono il martellare della grancassa e dei piatti, ma su questa trama le frasi musicali si disegnano solo a intervalli, col capriccio del vento. Noi ci guardiamo l'un l'altro nei nostri letti, perchè tutti sentiamo che questa è musica infernale.
I motivi sono pochi, una dozzina, ogni giorno gli stessi, mattina e sera: marce e canzoni popolari care a ogni tedesco. Esse giacciono incise nelle nostre menti, saranno l'ultima cosa del Lager che dimenticheremo: sono la voce del Lager, l'espressione sensibile della sua follia geometrica, della risoluzione altrui di annullarci prima come uomoni per ucciderci poi lentamente.
Quando questa musica suona, noi sappiamo che i compagni, fuori nella nebbia, partono in marcia come automi; le loro anime sono morte e la musica li sospinge, come il vento le foglie secche, e si sostituisce alla loro volontà. Non c'è più volontà, ogni pulsazione diventa un passo, una contrazione rilflessa dei muscoli sfatti. […] Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestiemme e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato centro volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare all'uomo.”

Primo Levi (1918–1987) scrittore, partigiano e chimico italiano
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“Vi dirò come mi sono trasformata in un uomo.
Prima ho dovuto trasformarmi in una donna.
Ero stata neutra molto tempo, voglio dire che non ero affatto una donna ma uno-dei-ragazzi, perché se entri in una riunione di uomini, per motivi professionali o di altro genere, tanto vale mettersi un cartellone pubblicitario con la scritta: GUARDATE! HO LE TETTE! Ci sono sogghigni e risolini, rossori, contorsioni ipocrite, giochini con la cravatta, bottoni che vengono sistemati, allusioni, citazioni cortesi e una galanteria molto consapevole, sommata a un’insistenza compiaciuta sul mio fisico. Tutta questa robaccia solo per farmi piacere. Se diventi brava a essere uno-dei-ragazzi, il problema scompare. Naturalmente ciò comporta una certa spersonalizzazione, ma il cartellone pubblicitario svanisce; ribattei a tono e risi alle battute scherzose, specialmente quelle di natura ostile. Sotto sotto continui a ripetere in maniera gradevole ma risoluta: No, no, no, no, no, no. Ma è vitale per il mio lavoro e a me piace il mio lavoro. Ritengo abbiano deciso che le mie tette non erano autentiche, o che appartenessero a qualcun’altra (alla mia sorella gemella), così mi hanno diviso dal collo in su; come dicevo, questo richiede una certa spersonalizzazione. Ero certa che una volta ottenuto il dottorato di ricerca, la cattedra universitaria, la medaglia al torneo di tennis, il contratto da ingegnere, uno stipendio da diecimila dollari l’anno, una domestica a tempo pieno, la fama e il rispetto dei colleghi, una volta divenuta forte, alta e bella, una volta che il mio quoziente di intelligenza avesse superato la quota 200, e una volta divenuta un genio, soloavrei potuto togliermi il cartellone pubblicitario. Lasciai a casa sorrisi e risate allegre. Non sono una donna; sono un uomo. Sono una donna con la mente d’un uomo. Lo dicono tutti.”

The Female Man

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“Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava. Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto. Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. 'Nel frattempo, voglio chiederti un favore,' concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio. 'Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.' Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio. 'Allora,' gli domandò questi, 'hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?' Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato. 'Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo,' disse il Saggio. 'Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.' Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d'arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d'arte era disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto. 'Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato?' domandò il Saggio. Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate. 'Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti,' concluse il più Saggio dei saggi. 'Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino.' Il ragazzo tacque. Aveva capito la storia del vecchio re: un pastore ama viaggiare, ma non dimentica mai le sue pecore.”

The Alchemist

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“In secondo luogo questa piccola opposizione al Fascismo, formata dai detriti del vecchio politicantismo italiano (democratico, reazionalistico, radicale, massonico) è irriducibile e dovrà finire a grado a grado per interno logorio e inazione, restando sempre al margine delle forze politiche effettivamente operanti nella nuova Italia. E ciò perché essa non ha propriamente un principio opposto ma soltanto inferiore al principio del Fascismo, ed è legge storica che non ammette eccezioni che di due principi opposti nessuno vinca, ma trionfi un più alto principio, che sia la sintesi di due diversi elementi vitali a cui l’uno e l’altro separatamente si ispirano; ma di due principi uno inferiore e l’altro superiore, uno parziale e l’altro totale, il primo deve necessariamente soccombere perché esso è contenuto nel secondo, e il motivo della sua opposizione è semplicemente negativo, campato nel vuoto. Questo sentono i fascisti di fronte ai loro avversari e perciò hanno una fede inconcussa nel trionfo della loro parte e non transigono; e possono ormai con pazienza longanime attendere che le opposizioni, come hanno abbandonato il terreno legale della lotta in Parlamento, finiscano col persuadersi della necessità ineluttabile di abbandonare anche quello illegale, per riconoscere che il residuo di vita e di verità dei loro programmi è compreso nel programma fascista, ma in una forma balda, più complessa, più rispondente alla realtà storica e ai bisogni dello spirito umano.”

Giovanni Gentile (1875–1944) filosofo e pedagogista italiano

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“La cosa sbagliata… per un motivo giusto.”

Shantaram

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“La ignorancia sólo es motivo de vergüenza si se decide no corregirla”

Daniel Wallace (1959) scrittore statunitense

The Jedi Path: A Manual for Students of the Force

“In biblioteca, attraverso la porta aperta, vide Blay e Saxton che parlavano. Poi suo cugino fece un passo avanti e prese Blay tra le braccia. Rimasero cosi, stretti l'uno contro l'altro; Qhuinn fece un respiro profondo e si sentì morire un pochino anche lui. Ecco come siamo finiti, pensò. Vite separate, futuri separati. Difficile credere che all'inizio erano inseparabili… All'improvviso gli occhi azzurri di Blay incrociarono i suoi.
E ciò che Qhuinn vi colse lo fece vacillare: quel volto splendeva d'amore, un amore puro e inalterato dalla timidezza che era parte integrante del suo riserbo. Blay non distolse lo sguardo. E per la prima volta… non lo fece neanche Qhuinn. Non sapeva se quell'emozione era legata a suo cugino - probabilmente sì - ma decise di godersela: guardò Blaylock dritto negli occhi, lasciando trasparire sul suo viso tutto ciò che aveva nel cuore. Lo lasciò trapelare in piena libertà. Perché c'era una lezione nella cerimonia funebre di quella sera: possiamo perdere in un batter d'occhio quelli che amiamo. E quando succede, c'è da scommetterci, non pensiamo a tutti i motivi che avrebbero potuto dividerci: pensiamo a tutti i motivi che ci univano. E di sicuro rimpiangiamo amaramente di non aver avuto più tempo a disposizione, anche se abbiamo avuto secoli e secoli… Da giovani pensiamo che il tempo sia un peso, qualcosa da scaricare il prima possibile per poter crescere. Ma è un tragico errore… da adulti capiamo che i minuti e le ore sono la cosa più preziosa che abbiamo. Nessuno ha a disposizione tutta l'eternità ed è un delitto sprecare il tempo che ci è dato da vivere. Basta, pensò Qhuinn. Basta con le scuse, basta scappare, basta cercare di essere qualcun altro, chiunque altro. Anche se restava fregato, anche se il suo prezioso piccolo ego e il suo stupidissimo cuoricino andavano in mille pezzi, era ora di piantarla con le stronzate. Era ora di comportarsi da persona matura. Esatto, amico, pensò Qhuinn vedendo che Blay cominciava a raddrizzarsi come se avesse colto il messaggio. Il nostro futuro è arrivato.”

Jessica Bird (1969) scrittrice statunitense

Lover Reborn

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“Ho aiutato e finanziato i guerriglieri dell'African National Congress di Nelson Mandela quando in Sudafrica c'era l'apartheid. Ero dalla loro parte quando ne avevano bisogno. Ora che ho bisogno io, dicono che non mi possono aiutare. Prima di partire da Harare mi avevano assicurato che non avrei avuto problemi perché viaggiavo per motivi sanitari e umanitari. Invece volevano consegnarmi all'Etiopia. […] E pensare che gli uomini al governo oggi a Pretoria sono miei ex compagni, commilitoni, amici.”

Menghistu Hailè Mariàm (1937) militare e politico etiope

Variante: Ho aiutato e finanziato i guerriglieri dell'African National Congress di Nelson Mandela quando in Sudafrica c'era l'apartheid Ero dalla loro parte quando ne avevano bisogno. Ora che ho bisogno io, dicono che non mi possono aiutare. Prima di partire da Harare i avevano assicurato che non avrei avuto problemi perché viaggiavo per motivi sanitari e umanitari. Invece volevano consegnarmi all'Etiopia. [... ] E pensare che gli uomini al governo oggi a Pretoria sono miei ex compagni, commilitoni, amici.

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“Ventisette motivi per cui un interista deve accettare la Juventus. 1 Perché c'è. 2 Perché, se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Altrimenti chi potremmo invidiare/detestare/sospettare (a seconda delle circostanze)? […] 5 Perché quelle due Coppe Campioni sono state così malinconiche (1985 e 1996, entrambe dal dischetto del rigore) che adesso potrebbe anche vincere una come si deve. […] 8 Perché, senza la Juventus, ogni saga calcistico-letteraria risulterebbe incompleta. Ricapitolando. La Juve è Voldemort (l'Inter Harry Potter, il Milan Draco Malfoy). La Juve è Sauron (l'Inter Frodo Baggins, il Milan l'elfo Legolas). La Juve è il Lato Oscuro della Forza (l'Inter Obi-Wan Kenobi, il Milan Joda, che deve avere l'età di Rivaldo). 9 Perché indossa una divisa carceraria, ma lo fa con noncuranza. […] 16 Perché, insieme al cioccolato e a Macario, la Juve è una delle poche cose che riesce a far sorridere certi piemontesi. 17 Perché ha riempito l'Italia di tifosi (dieci milioni!). Dicono che ce ne sia qualcuno anche a Torino, ma la notizia è in attesa di conferma. […] 24 Perché Scirea era Scirea. 25 Perché, in maglia azzurra, i bianconeri ogni tanto combinano pasticci (Del Piero, Francia 2000), ma spesso si danno da fare anche per noi”

Beppe Severgnini (1956) giornalista italiano

Argentina 1978, Spagna 1982
Italians, Corriere.it
Origine: Da Sportweek, Gazzetta dello Sport, 24 maggio 2003; riportato in Ventisette motivi per cui bisogna accettare la Juventus. http://www.corriere.it/solferino/severgnini/03-05-24/01.spm.

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“Quando, qualunque sia stato il motivo, l'esercito vietnamita cacciò via i Khmer Rossi, salvò questo paese dalla schiavitù e dalla probabile estinzione. I governi occidentali potrebbero non accettare questo fatto, ma niente è più palese per il popolo cambogiano.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

When the Vietnamese army threw out the Khmer Rouges, they rescued this country for whatever reason from slavery and possible extinction. Western governments may not want to recognise that fact, but nothing is more obvious to the Cambodian people.