Frasi su nemico
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“L'opera dell'ebreo convertito Otto Weininger, Geschlecht und Charakter (Sesso e carattere) che, pubblicata nel 1904, conobbe vasta popolarità, faceva della dicotomia maschio-femmina addirittura un principio cosmico. La teoria dell'Eros, maschiocentrica, destinava la donna a una posizione ancillare rispetto all'uomo. Nelle donne, affermava Weininger, mancava l'Eros proprio degli uomini: gli interessi delle donne erano il matrimonio, la riproduzione, la soddisfazione dei bisogni dei figli, ragion per cui era da escludere che fossero responsabilmente depositarie dell'Eros culturale. Nel tentativo di conferire obbiettività alla propria tesi, Weininger esaltava il «femminino-materno» come una forza fondamentale, facendo però il panegirico del «mascolino-creativo» inteso come la forza superiore racchiudente le qualità spirituali dell'uomo. E, non contento ancora, si spinse più in là, col risultato di sconfinare vieppiù nell'assurdo e nell'irrazionale: non solo attribuì alla donna un ruolo inferiore, ma introdusse una componente razziale. Come la femmina era opposta al maschio, così l'ebreo si contrapponeva all'ariano. Le caratteristiche dell'ebreo erano equiparate a quelle della donna: l'uno e l'altra aspiravano a beni materiali a scapito degli interessi spirituali, l'uno e l'altra trasformavano l'amore in lussuria. Laddove tuttavia la femmina nell'ambito di una razza aveva semplicemente un ruolo secondario rispetto al maschio l'ebreo, di sesso maschile o femminile che fosse, era inferiore all'intera razza ariana. Le donne erano semplicemente suddite; gli ebrei nemici dell'anima e della vita spirituale.”

George Mosse (1918–1999) storico tedesco

Origine: Le origini culturali del Terzo Reich, p. 317-318

“Travaglio è il capolavoro di Santoro, televisivamente inventato da lui come Sgarbi fu inventato da Maurizio Costanzo, come Lorella Cuccarini da Pippo Baudo. E ha funzionato benissimo finché Santoro lo ha diretto nel ruolo di attor giovane, gli ha permesso di leggere la sua pungente letterina senza contraddittorio, senza esporlo mai, senza risposte da dare e senza domande da fare, e infatti non ne fece neppure a Berlusconi quando finalmente se lo trovò davanti. Chiuso e dunque protetto nel recinto del monologo sprezzante, Travaglio era il momento militare, l'esibizione per sadici in panciolle del campione di batteria, un grande spettacolo di ferocia "il cui core business", gli disse Berlusconi, "sono io", non corrida ma rodeo, il combattimento del Selvaggio West ma sotto il tendone da circo. Ogni tanto il padre padrone Santoro gli muoveva qualche dolce rimprovero paterno, "buono, stai buono", che era anche il segnale del viatico dal padrino al figlioccio, dal professore all'allievo, dal vecchio al giovane, dall'uomo al cucciolo. Come sappiamo, quella narrazione e quell'epica sono finite. E senza più il nemico – dicono gli esperti – sta morendo il talk show come spettacolo.”

Francesco Merlo (1951) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Travaglio in fuga dalla piazza tv http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/10/18/travaglio-in-fuga-dalla-piazza-tv37.html, la Repubblica, 18 ottobre 2014.

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“Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch'io. […] Se dobbiamo difendere il crocifisso come "arredo", tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una "tradizione" (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta "civiltà ebraico-cristiana" (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all'asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l'ideologia più pagana della storia, il nazismo – l'ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. […] Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all'uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l'8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell'uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Ma io difendo quella croce, 5 novembre 2009
Il Fatto Quotidiano

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“[Raccontando di quando attraversò un campo di battaglia dal quale non erano stati ancora portati via i morti] Ad un tratto un cane sbuca di sotto il mantello di un cadavere, si slancia verso di noi, e ritorna subito nel suo nascondiglio emettendo dolorosi guaiti. La bestiola leccava, convulsamente la faccia del morto, e si dirigeva poi di nuovo verso di noi come per implorare soccorso, o per chiedere vendetta. Fosse lo stato d'animo, o il luogo o il tempo o il fatto stesso, o altro che non so spiegare, certo è che mai nulla, in nessun altro campo di battaglia, mi ha tanto commosso. Mi fermai un momento per apprezzare quella scena. Quest'uomo, mi dicevo, forse ha degli amici, ne ha forse in questo campo, nella sua compagnia, e giace qui, abbandonato da tutti meno che dal suo cane! Che lezione ci dà la natura tramite un animale!…
Che cosa è mai l'uomo e quale è il mistero delle sue impressioni! Avevo, senza commuovermi, ordinato battaglie che dovevano decidere della sorte dell'esercito, avevo veduto, con occhio distaccato, eseguire movimenti che portavano alla perdita di molti tra noi e ora mi sentivo toccato nel profondo dai gemiti e dal dolore di un cane… Quello che è certo è che in quel momento sarei stato più arrendevole verso un nemico supplichevole: capii meglio il gesto di Achille che restituisce il corpo di Ettore al pianto di Priamo.”

Origine: Citato in Las Cases, p. 203 https://books.google.it/books?id=bbtZAQAAQBAJ&pg=PT203.

“Perché così combattiamo più vicino ai nemici.”

Antalcida ammiraglio, politico e diplomatico spartano, eforo nel 386 a.C.

217 E

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“Tieni i tuoi amici vicino, ma i tuoi nemici più vicino”

James Patterson (1947) scrittore statunitense

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“Più saggio sarebbe per lo zoppo di non spezzare le sue grucce sulla testa del suo nemico.”

Khalil Gibran (1883–1931) poeta, pittore e filosofo libanese

Sabbia e spuma

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“La minoranza ha sempre ragione.”

Henrik Ibsen (1828–1906) scrittore, drammaturgo e poeta norvegese

da Un nemico del popolo, in Drammi moderni

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“Il pauroso non sa che cosa significa essere soli: dietro la sua poltrona c'è sempre un nemico.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

249; 2006

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“All'uomo prudente giovano più i nemici che allo sciocco gli amici.”

Baltasar Gracián (1601–1658) gesuita, scrittore e filosofo spagnolo

da Sapersi servire anche dei nemici, p. 71
Oracolo manuale e arte di prudenza

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“[A proposito della nomina di Hitler a Cancelliere] Non fu una vittoria, perché mancarono i nemici.”

Oswald Spengler (1880–1936) filosofo, storico e scrittore tedesco

citato in Ioachim Fest, Hitler, una biografia

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“La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, ed anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

Origine: In The illustrated London news, 16 luglio 1910.

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“È meglio avere degli acerrimi nemici piuttosto che quegli amici che si fingono dolci: i primi spesso dicono il vero, i secondi mai.”

Marco Porcio Catone (-234–-149 a.C.) politico, generale e scrittore romano

citato in Cicerone, De amicitia, 24, 90

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“Nessuno che si riconcilia con un nemico può essere tranquillo!”
Cum inimico nemo in gratiam tuto redit.

Publilio Siro scrittore e drammaturgo romano

Sententiae

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“Sta il fatto che mai come oggi, cioè con altrettanta irruenza e rapidità, torme di bruttissimi neologismi sono venute a cacciar di nido, e in esilio, termini e modi profondamente radicati nel nostro idioma, senz'alcun riguardo né per il vigore né per le benemerenze. E ciò, in piena armonia con la maggior parte dei loro compagni sorti col buon fine di dare un termine alle idee nuove (che sono moltissime). Insomma, dove si tratta di fare il brutto, la concordia non manca.
C'è anzitutto una legge, in questo campo nemico e compatto: quella che vorrei chiamare della mostrina, perché mi ricorda (senz'alcuna gioia) la vita militare. Il cittadino che va a rispondere alla chiamata del distretto, non sa nulla, ancora, della sua destinazione; ma per lui è verità matematica che fra poche ore non sarà più il "signor X", libero cittadino in tutti i sensi che quest'espressione può assumere nella vita d'un uomo: farà parte d'un corpo, d'una specialità. Scomparirà molto, in lui, dell'individuo; e per tutto il tempo che egli passerà "sotto la naia" non lo abbandonerà mai il senso d'esser divenuto qualcosa di simile a una pedina fra le tante d'una scacchiera, o a una mattonella in un pavimento o, forse meglio, a un'unità in un numero grande grande, che è appunto il corpo a cui appartiene. […] e centinaia d'altre simili parole che sembrano messe insieme coi cubi di legno o coi pezzi d'un "meccano", secondo un procedimento altrettanto di casa nelle lingue nordiche — p. e., in tedesco, pietoso è barmherzig; pietà: barmherzigkeit; spietato: unbarmherzig; spietatezza: unbarmherzigkeit; in inglese, pietà è pity; pietoso: pitiful; spietato: pitiless; spietatamente: pitilessly; spietatezza: pitilessness… — quanto estraneo e ripugnante alla nostra, dove il posto d'onore è sempre toccato alla libera fantasia, e non alla scienza esatta o all'officina per macchine di precisione.
Se l'italiano si conserverà italiano (il che nessuno oserebbe giurare), proverà sempre disagio di fronte a una siffatta maniera d'esprimere i pensieri, nella quale ogni sillaba sembra distillata da un alambicco nucleare, e a cui s'accompagna costante, ossessiva, la pretesa di rincorrere sino in fondo — chiamiamola così — la vocabologenesi.”

Franco Fochi (1921–2007) linguista e saggista italiano

Tutti al distretto, p. 29

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“Clitennestra: Re vincitor non serba odio a nemico | Di cui non teme.”

atto I, scena II, vv. 54-55, p. 17
Agamennone

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“A che pro sventolare lo spauracchio dei camerati? Semplice, caduto Silvio e sepolto – almeno per ora – l'antiberlusconismo, è indispensabile costruire un nuovo nemico.”

da È sparito il nemico Berlusconi. Spuntano i fascisti immaginari http://www.liberoquotidiano.it/news/920291/E--sparito-il-nemico-Berlusconi-Spuntano-i-fascisti-immaginari.html, Libero, 27 gennaio 2012

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“Voi [Gesù] le avete offerte [le preghiere] per i vostri nemici; non rifiutatele a me che desidero amarvi.”

Claude de la Colombière (1641–1682) gesuita e scrittore francese

Il libro dell'interiorità.

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“La vittoria cantando ci apre la via, la libertà ci guida e dal Nord al Mezzogiorno la tromba di guerra ha suonato l'ora della battaglia. Tremate, nemici della Francia.”

Marie-Joseph Chénier (1764–1811) poeta, drammaturgo e politico francese

(da Le chant du départ)
La victoire en chantant nous ouvre la barrière. | La Liberté guide nos pas. | Et du nord au midi, la trompette guerrière | A sonné l'heure des combats. | Tremblez, ennemis de la France.

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“Se un nemico ti prega, non respingere la sua richiesta, ma prendi le tue cautele: non è diverso da un cane.”

Epicuro (-341–-269 a.C.) filosofo greco antico

da Scritti morali

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“[I ministri di corte] Ferdinando sta attento, perché questi ti rendono nemici i popoli; perciò, prima di ascoltarli, raccomandati alla Madonna.”

Maria Cristina di Savoia (1812–1836) principessa del Regno di Sardegna

Origine: Citato in Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, Giunti Editori, Firenze.

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“Nessun amico mi ha reso servigio, nessun nemico mi ha recato offesa, che io non abbia ripagati in pieno.”

Lucio Cornelio Silla (-138–-78 a.C.) generale romano

Epitaffio sulla sua lapide, dettato prima della morte; citato in Indro Montanelli, Storia di Roma, Rizzoli, 1959

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“Nella testa ho così tanti nemici, | prima o poi li becco tutti come i preti l'ICI.”

Fabri Fibra (1976) rapper, produttore discografico e scrittore italiano

da A me di te, n. 6
Guerra e pace

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“Ben venga la tecnologia, dunque, perché rappresenta certamente il futuro, ma ricordiamo che l'elemento uomo, che parrebbe da essa quasi relegato in secondo piano, rimane il centro, il motore, l'anima di quest'universo che ci sforziamo di governare. L'uomo e l'inquietudine, figlia dei tempi, che l'accompagna.
Perché inquietudine? Guardiamo in particolare al mondo della Magistratura e pensiamo all'aria avvelenata in cui essa si trova troppo spesso ad operare, e ci chiediamo se ciò avvenga per colpe proprie ovvero per gratuiti e interessati attacchi esterni. Ma è vano cercare di sciogliere il dilemma; occorre invece che ci si adoperi con ogni energia per togliere voce a quanti imputano ad alcuni esponenti della magistratura scarsa diligenza o vanità personale o spinte ideologiche che li orienterebbero altrove rispetto a un'interpretazione corretta e serena della norma. Se queste incrostazioni esistono devono essere rimosse perché lo esige la collettività e lo merita la stragrande maggioranza dei magistrati, per i quali la disposizione prevalente è quella della dedizione incondizionata, della volontà tenace di esercitare il proprio ministero in vista del solo bene comune, con spirito di sacrificio e senza clamori: nel silenzio che spesso non paga ma è dignità di servizio e gratificazione di coscienza. Parimenti, non sono più sopportabili quegli attacchi gratuiti, di provenienza varia, ingeneroso esercizio ormai troppo diffuso di quanti applicano la regola secondo cui la miglior difesa consiste nel distruggere l'immagine del "nemico". Il convincimento da taluni nutrito, da altri propagandato, del giudice come di un soggetto onnipotente e sordo ai problemi di coscienza, e teso a chissà quali fini impropri, è fasullo e banale: quanti ci sono vicini per ragioni di lavoro o affettive conoscono l'ansia del dubitare, la paura di non sapere offrire le corrette risposte, di non poter cogliere il frutto che a volta pare proibito e si chiama giustizia.
Non c'è e non ci può essere indifferenza nell'atto del giudicare. Non si avvia un uomo al calvario di un processo penale né lo si condanna con il sorriso sulle labbra, non si respinge un immigrato onesto con una scrollata di spalle, non si toglie un bambino a una madre o a un padre senza subirne un contraccolpo doloroso come un pugno nello stomaco. Stati d'animo con i quali il buon magistrato fa i conti in compagnia delle sole voci di dentro che impietosamente gli ricordano giorno dopo giorno come una decisione sbagliata possa stravolgere una vita e uccidere una speranza.
Rubo ancora un minuto alla vostra pazienza per un'ultima annotazione: entro pochi giorni o settimane un gruppo di magistrati milanesi chiuderà la propria attività, e a loro voglio dire: per quaranta e più anni s'è combattuta, credo, la buona battaglia – mi perdoni San Paolo per la citazione che non vuole essere irriverente – e ho speranza che ora, giunti al termine della corsa, integra si sia conservata in ognuno la fiducia negli ideali per i quali tutti fummo avviati a questo lavoro. A quanti operano e opereranno nel mondo del diritto, magistrati, avvocati, personale amministrativo, ai giovani soprattutto, auguro di raccogliere in abbondanza, forti del loro impegno e con l'aiuto di Dio, i frutti di quanto di buono si va seminando perché questo Paese, che è stato la culla del diritto e che a volte ci dilettiamo noi stessi a bistrattare al di là dei suoi demeriti, mentre dispensiamo ammirazione incondizionata a quasi tutti gli altri popoli del mondo che hanno invece, quasi tutti, tanto da imparare; questo Paese al quale, fuor d'ogni retorica, credete, mi onoro e sono fiero di appartenere, rivendichi e riprenda il suo ruolo di portabandiera nella faticosa ma entusiasmante corsa di civiltà che porta al traguardo della Giustizia.”

Ruggero Pesce (1938) giudice italiano

da Discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario 2010 per il distretto della Corte d'Appello di Milano del Presidente Ruggero Pesce http://it.wikisource.org/wiki/Discorso_di_inaugurazione_dell%27anno_2010_per_il_distretto_della_Corte_d%27Appello_di_Milano

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