Frasi su pagano

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema pagano, cristiano, dio, essere.

Frasi su pagano

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“[Anassimandro] ha detto… che principio delle cose che sono è l'infinito… donde le cose che sono hanno la generazione, e là hanno anche il dissolvimento secondo la necessità. Infatti esse pagano l'una all'altra la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo.”

Anassimandro (-610–-547 a.C.) filosofo greco antico

frammento 1
Frammenti da Sulla natura (titolo convenzionale)
Origine: Giunto ai giorni nostri tramite citazione di Simplicio (VI secolo d.C.) in Physica 24, 13

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“Io capisco, e siccome non mi so spiegare senza parole pagane, vorrei tacere.”

Arthur Rimbaud (1854–1891) poeta francese

da Sangue cattivo, 1972

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“[Hollywood è] un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e cinquanta centesimi per la tua anima.”

Marilyn Monroe (1926–1962) attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense

Origine: Marilyn, p. 98

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“Non ci sarebbero più pagani, se ci comportassimo da veri cristiani.”

Giovanni Crisostomo (349–407) arcivescovo e teologo bizantino

Origine: Da In Ep. ad Tim. 3, hom. 10. Citato in Francesco Gioia, La grazia e le grazie, Messaggero di San'Antonio, febbraio 2010, p. 8.

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“Ad amare i soli amici erano buoni anche i pagani.”

Primo Mazzolari (1890–1959) presbitero, scrittore e partigiano italiano

Tu non uccidere

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“La grande riputazione acquistatasi da Alaimo non potea non destar sospetti nell' animo dell' infante don Giacomo, precoce mirabilmente nella cattiveria, ed al quale bene appropriava il Muntaner il proverbio catalano: «Spina non punge se non nasce acuta (2)». Certamente contribuiva a renderlo sgradito all' infante e alla corte la superbia della moglie Macalda, la quale pare che molto potesse sull' oramai vecchio marito. Ella niegava di dare a Costanza il nome di regina; chiamavala «la madre di don Giacomo». In corte non andava quasi mai, o se qualche volta mostravasi era per fare sfoggio de' suoi vestiti di porpora e de' suoi ricchi adornamenti (3). Essendo incinta, come maggiore ad ogni legge, volle far soggiorno nel convento de Frati minori, che piacevale per l'amenità del luogo, e quivi partorì. Costanza andò a visitarla e fa sgarbatamenie ricevuta: si profferì col figlio a tenere al fonte battesimale il fanciullo: rispose la madre che temea il freddo dell' acqua gli nuocesse così piccino; e tre dì dopo lo fece battezzare dandolo a tenere ad uomini del popolo. Un' altra volta fu notato, che essendosi la regina, perché inferma, fatta portare su di una barella da Palermo al santuario di Morreale, l'indomani Macalda, ne inferma ne per cagione di divozione, si fece portare per le vie di Palermo in barella coperta di scarlatto, e di poi viaggiò in quella guisa da quella città fino a Nicosia, il che parve strana e superba cosa in quei tempi. Spiacque anco molto in corte, che viaggiando per l'isola 1 infante don Giacomo con iscorta di trenta cavalli, ella, che volle accompagnarlo, ne menasse seco trecento, e si arrogasse l'autorità di maestro giustiziere, ufficio stato conceduto al marito. Ne le parole raffrenava, e sappiamo che un dì disse al Loria, uomo alla corte devotissimo, e dell'autorità e fama di Alaimo invido e nemico: «Bel compenso ci rende il vostro re don Pietro! Noi lo chiamammo compagno e non re, ed egli, assumendo il dominio del regno, noi che siamo compagni tratta come servi (d)». Aggiungono gli storici a questi fatti palesi e certi altri oscuri e forse finti, cioè che Macalda facesse giurare il marito non darebbe consigli contro i Francesi, procurerebbe il loro ritorno in Sicilia (2). Queste femminili vanità ed intemperanze, se non cagionarono, sollecitarono la rovina di Alaimo, il quale avendo molto contribuito ad assicurare la corona di Sicilia a' reali di Aragona, dovea da costoro essere odiato, perché somiglianti beneficj si pagan sempre colla ingratitudine. Giacomo raduna segretamente in Trapani tutti i suoi fedeli e tutti i Catalani eh' erano ne' dintorni. Quivi egli chiama a sé Alaimo, gli espone i pericoli del regno se il padre non mandi solleciti aiuti : egli solo potrebbe ottener tutto: vada in Catalogna; le galere sono nel porto apparecchiate: salvi alla patria la libertà e al re la corona. Allora tutti i cortigiani circondano Alaimo, e lo priegano con grave istanza e lo sollecitano a partirsi. È li fissa in viso, comprende il suo stato, non vede scampo, risponde che andrà, e nel medesimo dì monta in nave e naviga verso Barcellona, ove Pietro lo accoglie onorevolmente, loda, promette e lo ritiene seco con segni di affetto non sì bene simulati che Alaimo dell' infingimento non s'accorgesse (4).”

Giuseppe La Farina (1815–1863) patriota e scrittore italiano

Vol VI: 1250-1314, Cap. LV Della rovina di Alaimo di Lentini e di sua moglie Macalda, pp. 303-304
Storia d'Italia narrata al popolo italiano

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“La seconda spiacevole verità è che l'Aids, come 7 secoli fa la peste, e 5 secoli fa le malattie infettive euroasiatiche che sconvolsero e quasi distrussero le popolazioni indigene d'America, è un frutto avvelenato della globalizzazione. I microbi non pagano dazio e non s'arrestano alle frontiere.”

Massimo Livi Bacci (1936) politico e docente italiano

Origine: Da L'Aids non è uguale per tutti http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/07/09/aids-non-uguale-per-tutti.html, la Repubblica, 9 luglio 2002.

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“Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch'io. […] Se dobbiamo difendere il crocifisso come "arredo", tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una "tradizione" (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta "civiltà ebraico-cristiana" (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all'asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l'ideologia più pagana della storia, il nazismo – l'ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. […] Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all'uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l'8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell'uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Ma io difendo quella croce, 5 novembre 2009
Il Fatto Quotidiano

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“Indiscreto e sfacciato. Non lo nego. Ma io sono un investigatore privato. Mi pagano perché sia indiscreto e sfacciato. Non spesso né in abbondanza come vorrei, ma io sono comunque professionalmente indiscreto e sfacciato.»
«Che peccato. Io trovo che sia molto più divertente essere indiscreti e sfacciati per hobby. E così lei è un professionista e io una dilettante a livello olimpionico. Lei non ha l'aria di un investigatore privato.»
«Nessun investigatore privato ha l'aria dell'investigatore privato. Questa è una delle regole fondamentali dell'investigazione privata.»
«Ma se nessun investigatore privato ha l'aria dell'investigatore privato, come fa l'investigatore privato a sapere che aria non deve avere? A me pare che qui nasca un problema.»
«Sì, ma non così grosso da tenermi sveglio la notte» ribatte Dirk esasperato. «Comunque, io non sono come gli altri investigatori privati. I miei metodi sono olistici e, nel senso proprio della parola, caotici. Io opero investigando la fondamentale interconnessione tra tutte le cose.»
Sally Mills non disse nulla, batté solo le palpebre.
«Ogni particella dell'universo» continuò Dirk infervorandosi e cominciando a mostrare un certo sguardo spiritato «influisce su ogni altra particella, per quanto debolmente o indirettamente. Ogni cosa è interconnessa con ogni altra cosa. Il battito delle ali di una farfalla in Cina può influire sul percorso di un uragano nell'Atlantico. Se io potessi interrogare la gamba di questo tavolo in un modo che avesse senso per me o per la gamba del tavolo, essa potrebbe darmi la risposta a ogni interrogativo sulla natura dell'universo. Potrei porre a una persona qualsiasi, scelta a caso, tutte le domande che mi vengono in mente; e le sue risposte, o l'assenza delle risposte, sarebbero in qualche modo pertinenti al problema di cui sto cercando la soluzione. È solo questione di sapere come interpretarle. Anche lei, che ho incontrato in modo del tutto casuale, probabilmente è a conoscenza di cose che hanno un'importanza fondamentale per la mia investigazione, se solo sapessi che cosa chiederle, cosa che non so, e se solo me ne prendessi la briga, cosa che non voglio.”

capitolo 10
Serie di Dirk Gently, La lunga oscura pausa caffè dell'anima

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“E mi svolse (fors'anche perché fossi preparato a gli esperimenti spiritici, che si sarebbero fatti questa volta in camera mia, per procurarmi un divertimento) mi svolse, dico, una sua concezione filosofica, speciosissima, che si potrebbe forse chiamare lanterninosofia. Di tratto in tratto, il brav'uomo s'interrompeva per domandarmi: – Dorme, signor Meis? E io ero tentato di rispondergli: – Sì, grazie, dormo, signor Anselmo. Ma poiché l'intenzione in fondo era buona, di tenermi cioè compagnia, gli rispondevo che mi divertivo invece moltissimo e lo pregavo anzi di seguitare. E il signor Anselmo, seguitando, mi dimostrava che, per nostra disgrazia, noi non siamo come l'albero che vive e non si sente, a cui la terra, il sole, l'aria, la pioggia, il vento, non sembra che sieno cose ch'esso non sia: cose amiche o nocive. A noi uomini, invece, nascendo, è toccato un tristo privilegio: quello di sentirci vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cioè come una realtà fuori di noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i tempi, i casi e la fortuna. E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che projetta tutt'intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l'ombra nera, l'ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch'esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell'Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione? – Dorme, signor Meis? – Segua, segua pure, signor Anselmo: non dormo. Mi par quasi di vederlo, codesto suo lanternino. – Ah, bene… Ma poiché lei ha l'occhio offeso, non ci addentriamo troppo nella filosofia, eh? e cerchiamo piuttosto d'inseguire per ispasso le lucciole sperdute, che sarebbero i nostri lanternini, nel bujo della sorte umana. Io direi innanzi tutto che son di tanti colori; che ne dice lei? secondo il vetro che ci fornisce l'illusione, gran mercantessa, gran mercantessa di vetri colorati. A me sembra però, signor Meis, che in certe età della storia, come in certe stagioni della vita individuale, si potrebbe determinare il predominio d'un dato colore, eh? In ogni età, infatti, si suole stabilire tra gli uomini un certo accordo di sentimenti che dà lume e colore a quei lanternoni che sono i termini astratti: Verità, Virtù, Bellezza, Onore, e che so io… E non le pare che fosse rosso, ad esempio, il lanternone della Virtù pagana? Di color violetto, color deprimente, quello della Virtù cristiana. Il lume d'una idea comune è alimentato dal sentimento collettivo; se questo sentimento però si scinde, rimane sì in piedi la lanterna del termine astratto, ma la fiamma dell'idea vi crepita dentro e vi guizza e vi singhiozza, come suole avvenire in tutti i periodi che son detti di transizione. Non sono poi rare nella storia certe fiere ventate che spengono d'un tratto tutti quei lanternoni. Che piacere! Nell'improvviso bujo, allora è indescrivibile lo scompiglio delle singole lanternine: chi va di qua, chi di là, chi torna indietro, chi si raggira; nessuna più trova la via: si urtano, s'aggregano per un momento in dieci, in venti; ma non possono mettersi d'accordo, e tornano a sparpagliarsi in gran confusione, in furia angosciosa: come le formiche che non trovino più la bocca del formicajo, otturata per ispasso da un bambino crudele. Mi pare, signor Meis, che noi ci troviamo adesso in uno di questi momenti. Gran bujo e gran confusione! Tutti i lanternoni, spenti. A chi dobbiamo rivolgerci? Indietro, forse? Alle lucernette superstiti, a quelle che i grandi morti lasciarono accese su le loro tombe?”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934

Cap XIII

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“L'inferno non può intaccare i pagani.”

Arthur Rimbaud (1854–1891) poeta francese

da Notte dell'inferno, 1972

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“Ventotto milioni e 622 mila italiani pagano meno tasse.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

ibidem

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“I debiti di riconoscenza si pagano entro le ventiquattro ore con l'antipatia.”

Leo Longanesi (1905–1957) giornalista, pittore e disegnatore italiano

Milano, 28 agosto 1953
La sua signora

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“Caro direttore [Indro Montanelli], sono quasi 6 anni che non ci sentiamo. Da quel 22 luglio 2001 quando, dopo avere speso gli ultimi respiri a mettere in guardia gli italiani dal virus Berlusconi, te ne volasti in cielo. Ora che sei in Paradiso, immagino che tu abbia di meglio da fare che occuparti dell'Italia: in 92 anni di vita, hai già dato. Ma qui succedono cose talmente strane che devo proprio raccontartele. Intanto Berlusconi non c'è più, al governo intendo. Ma non è che si noti molto. Anzi, forse torna. Il vaccino non ha funzionato. Ora c'è di nuovo Prodi, almeno fino a un paio di minuti fa c'era. Non sappiamo. Si parla, tanto per cambiare, di crisi della politica. E in quel vuoto s'infilano indovina chi? La Confindustria e il Vaticano. Come diceva Totò, quando vedo un buco ci entro. Tu eri un laico risorgimentale a 24 carati, ma due papi, Roncalli e poi Woytjla, ti vollero conoscere perché eri molto rispettoso della religione. Un po' meno di certi Preti e di certi Vescovi che s'impicciavano di politica. Dicevi: "Aborro i preti, esseri autoritari e prepotenti. Quando qualcuno mi dice che stiamo andando verso il fascismo, vorrei quasi rispondere: magari! Il fascismo è brutto, ma passa. Invece andiamo incontro a forme di vita clericale, anzi ci siamo dentro, perché non abbiam saputo amministrare il nostro libero esame. Abbiamo liquidato la coscienza, dandola in appalto al prete. Ecco dove nasce il più macroscopico difetto degli italiani: la mancanza di una coscienza morale. Non siamo religiosi: siamo cattolici per comodità, abitudine, tradizione, non per coscienza. Il problema di Dio gli italiani non se lo pongono. Perciò non siamo mai stati una Nazione: l'unico Stato che conosciamo è quello Pontificio". Ecco, ci siamo dentro fino al collo adesso, direttore. I cattolici liberali si sono estinti. Già tu rimpiangevi De Gasperi, "un democristiano che credeva in Dio e non aveva bisogno di fare il bigotto, forse perché era nato in Austria. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". Oggi con Dio ci parlano in pochi, persino tra i cardinali. In compenso tutti parlano con i preti e i cardinali. Ma anche con Andreotti, che a 90 anni è sempre un bijou: è vivo e lotta insieme a noi. Il Papa invece è cambiato: Woytjla non c'è più, ora c'è Ratzinger. Quando dice no alle coppie di fatto, si mettono tutti sull'attenti. Quando invece dice che il capitalismo non è molto meglio del socialismo, quando dice che bisogna salvaguardare l'occupazione, privilegiare i poveri, gli ultimi, difendere l'ambiente da uno sviluppo scriteriato, parlano d'altro e fanno finta di non sentire. Un giorno, di recente, ha detto addirittura che bisogna cacciare i corrotti dalla politica, e lì anche i politici più bigotti sono diventati anticlericali: come si permette di impicciarsi in affari che non gli riguardano? Ti parlo dallo studio di Santoro, che è tornato in tv dopo 5 anni di riposo, diciamo così: l'ultima volta che in Rai si sentì la tua voce fu da Biagi e da Santoro, entrambi i programmi furono subito chiusi. Stiamo per trasmettere un reportage della Bbc sulla pedofilia nel clero, già visto su internet da alcune decine di milioni di persone nel mondo e 3-4 milioni in Italia. Mi dirai: "dov'è il problema, già ai miei tempi tutti volevano una Rai modello Bbc". Appunto: adesso hanno visto cosa fa la Bbc e gli è passata la voglia. Persino la Cei ha detto: "Nessuna censura, discutiamo pure con equilibrio". La censura la invocano i politici e alcuni papaveri Rai, che sono più papisti del Papa. C'è un tale Landolfi, lo stesso capo della Vigilanza che nel 2001 ti accusò di linciare Berlusconi e chiese addirittura a Ciampi di intervenire per la tua intervista a Biagi a ridare dignità al servizio pubblico, che 10 giorni fa già sapeva che avremmo imbastito un processo mediatico contro la Chiesa: una specie di Nostradamus. E ha aggiunto: "Non sono queste le finalità del servizio pubblico, non è per questo che i cittadini pagano il canone". Lui li conosce uno per uno, gli telefona tutti i giorni per sapere che cosa vogliono. Poi c'è Fassino, che una volta era comunista, però ha studiato dai gesuiti: ora parla come don Abbondio e ci invita al massimo equilibrio e alla massima prudenza. Fini l'altra sera ha annunciato a "Ballarò" che il nostro programma non andrà mai in onda: deve averglielo detto in sogno l'Arcangelo Gabriele, ma era un imitatore: infatti siamo in onda. Casini chiese un programma riparatore che raccontasse tutto il bene che fa la Chiesa nel mondo. Potrebbe commissionarlo ai suoi uomini alla Rai, che sono un po' più numerosi di quelli che aveva la Dc una volta, però la Dc aveva anche il decuplo dei suoi voti; oppure potrebbe chiederlo a Buttiglione, che ha mezza famiglia in Rai e l'altra mezza a Mediaset; invece chiede a noi. Tu dirai: che c'entrano i politici con la libera informazione? Da quando i giornalisti prendono ordini dai segretari di partiti? Ecco, il problema è che ormai non se lo domanda più nessuno. Trovano tutto ciò molto normale. I politici non si accontentano di lottizzare la Rai: vogliono fare i palinsesti e i critici televisivi; prima o poi condurranno direttamente programmi e si intervisteranno da soli. Ricordi Giuliano Ferrara? L'avevi lasciato ateo. Bene, adesso è rimasto ateo ma è diventato anche clericale, nel frattempo. Dice che il reportage Bbc è una schifezza. E lui se ne intende. C'è perfino chi pretendeva che mostrassimo in anticipo all'editore una scaletta sicura prima di decidere se mandarci in onda oppure no. Come se l'amministratore della Fiat Marchionne volesse leggere gli articoli della Stampa o De Benedetti quelli della Repubblica, prima di mandare in stampa i giornali. Anche questo, è un po' strano, è passato sotto silenzio, come una cosa normale. La nostra categoria non ha brillato, ma questa per te non è una novità: già 30 anni fa tu scrivevi che "il giornalismo italiano è servo per vecchia abitudine: i potenti vogliono il monumento equestre e il piedistallo, e noi glielo diamo". Non ti dico gli intellettuali sedicenti liberali: tutti zitti, o addirittura solidali con i censori. Sono quelli che tu definivi "una grossa camorra al servizio di ogni potere". L'altro giorno, rileggendo i tuoi ultimi articoli, mi è capitata una lettera a Franco Modigliani, Nobel dell'Economia, in cui tu parlavi della corruzione e dicevi: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, dietro l'esempio e sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni… Un popolo italiano consapevole della propria identità e ben deciso a difenderla, non c'è. E non c'è perché, nei secoli in cui questa coscienza nazionale maturava nel resto dell'Occidente, in Italia veniva soffocata da una Chiesa timorosa che il cittadino soppiantasse il fedele e creasse un potere temporale laico contrapposto al suo". Questo scrivevi sulla prima pagina del Corriere della Sera non 1000 anni fa, 6 anni fa. Oggi passeresti per un nemico della fede, della famiglia, dell'Occidente, forse per un fiancheggiatore di Al Qaeda. Non è che potresti prenderti una libera uscita e tornare giù un po' da noi per un paio di giorni, non di più? Ci manchi tanto, e non sai quanto. Ciao, direttore.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

dalla coperina di Annozero, 31 maggio 2007
Annozero

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“Il desiderio di individuare uno scopo in ogni dove è naturale in un animale che vive circondato da macchine, da opere d'arte, da strumenti e da manufatti aventi una precisa destinazione; un animale, per di più, i cui pensieri sono costantemente dominati dai propri obiettivi personali. Un'automobile, un apriscatole, un cacciavite o un forcone giustificano tutti la domanda: "A che cosa serve?". È probabile che i nostri predecessori pagani si siano posti il medesimo interrogativo sul tuono, sulle eclissi, sulle rocce e sui corsi d'acqua. Oggi ci facciamo vanto di esserci scrollati di dosso questo animismo primitivo. Se una pietra che si trova nel mezzo di un ruscello si rivela un comodo punto di appoggio per attraversarlo, noi consideriamo la sua utilità come un beneficio casuale, non come un vero e proprio scopo. Ma la tentazione atavica riaffiora prepotentemente quando veniamo colpiti da una tragedia (la parola stessa "colpiti" ha un'eco animistica): "Perché, perché il cancro/il terremoto/l'uragano ha colpito proprio mio figlio?". E la medesima tentazione può diventare addirittura motivo di compiacimento quando il dibattito verte su argomenti come l'origine di tutte le cose o le leggi fondamentali della fisica, nel qual caso culminerà puntualmente nella vuota domanda esistenziale "Perché vi è qualcosa invece del nulla?"”

Richard Dawkins (1941) etologo, biologo e divulgatore scientifico britannico

Ormai ho perso il conto delle volte in cui qualcuno si è alzato al termine della conferenza per proclamare: "Voi scienziati siete molto bravi a rispondere alle domande sui "Come", ma dovreste ammettere di essere impotenti dinanzi alle domande sui "Perché" ".
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“Gratta il cristiano e troverai il pagano – rovinato.”

Israel Zangwill (1864–1926) scrittore, drammaturgo e umorista inglese
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“García: Che cosa significa amare, Lucindo, se non ostinarsi pervicacemente?
Lucindo: Codesta è la migliore definizione dell'amore!
García: Il credere alle parole di una donna mi ha gettato in tanta confusione.
Lucindo: Chi ripone fiducia in una donna, ara nel vento e semina nel mare!
García: La fragile natura loro può scagionarle. Scrive un antico greco che un giorno si spezzò la prima corda della cetra di Apollo, e allora la corda stessa salì in cielo a lamentarsi del dio. «Chiedo giustizia a voi, giudici sommi, – disse al trono d'avorio, – giacché essendo io la più sottile sono quella che Apollo fa vibrare più spesso! Io sono debole ed egli non si stancaa di solleticarmi, mentre tocca molto meno spesso il bordone, che è ben più forte di me. Quindi Apollo non deve lagnarsi se talora mi spezzo mentre egli sta accompagnando il suo canto, giacché vengo costretta da lui a vibrare tante volte!» Con questo bel paragone lo scrittore vuol dire che quella corda così sottile e delicata che è la donna, l'uomo la carica di tanto onore, fiducia, amore, verità, piacere, cura, lealtà. verecondia, valore e patrimonio, che non è strano che talora, a furia di usarla, la perda, e spezzata in più parti gli sembra impazzita.
Lucindo: Quella corda parlò sottilmente, non per nulla era sottile e strumento nelle mani di Apollo! E da parte sua Seneca, che fra i pagani fu il più degno d'approvazione, affermò che la natura operò sapientemente negando potere e forza fisica alla donna, giacché se avesse anche quella non si potrebbe vivere!”

Lope De Vega (1562–1635) poeta, drammaturgo

Atto III, Scena Prima
San Giacomo il Verde

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“Ma la maggior parte di quelli che hanno lo spirito d'avventura lo combinano con lo spirito di conquista. Vanno in lontane contrade non tanto per diffondervi la Fede, quanto per depradarle dell'oro. Questi uomini vogliono che il loro coraggo serva a loro, non a Dio. Non è necessario essere cristiano per questo! Qualunque pagano potrebbe fare altrettanto. Dov'è l'uomo che ha lo spirito dei veri crociati? L'uomo che vuole compiere una missione, non perché egli lo vuole, ma perché Dio lo vuole? Deus lo vult: non ho mai udito questo grido in tutta la mia vita! Lasciamo che le cose vadano per la loro via, e le future generazioni non capiranno nemmeno più come un grido di tal genere si sia potuto proferire. Lo traduranno nelle loro anime mercenarie come una strana specie di ipocrisia, Dio mi perdoni, come una superstizione.”

Variante: "Ma la maggior parte di quelli che hanno lo spirito d'avventura lo combinano con lo spirito di conquista. Vanno in lontane contrade non tanto per diffondervi la Fede, quanto per depradarle dell'oro. Questi uomini vogliono che il loro coraggo serva a loro, non a Dio. Non è necessario essere cristiano per questo! Qualunque pagano potrebbe fare altrettanto. Dov'è l'uomo che ha lo spirito dei veri crociati? L'uomo che vuole compiere una missione, non perché egli lo vuole, ma perché Dio lo vuole? Deus lo vult: non ho mai udito questo grido in tutta la mia vita! Lasciamo che le cose vadano per la loro via, e le future generazioni non capiranno nemmeno più come un grido di tal genere si sia potuto proferire. Lo traduranno nelle loro anime mercenarie come una strana specie di ipocrisia, Dio mi perdoni, come una superstizione."
Origine: L'ultimo crociato, p. 251

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“[Anacarsi a Solone] Che le leggi siano come le tele di aragno, in dove restano i soli deboli inviluppati, nell'atto che i potenti le spezzano e se ne liberano.”

Anacarsi filosofo (uno dei Sette Sapienti greci)

citato in Francesco Mario Pagano, Principj del codice penale ; e, Logica de' probabili per servire di teoria ..., p. 4, Da' Torchi di Raffaello Di Napoli, Napoli 1828

“Francesco di Sales nulla concede allo stile pagano che peraltro nelle antiche scuola ha già da tempo dismesso l'abito tragico.”

Salvatore Natoli (1942) accademico e filosofo italiano

da L'Esperienza del dolore: le forme del patire nella cultura occidentale, Feltrinelli Editore, 1986

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“Ciò che differenzia i pagani da noi, è che all'origine di tutte le loro credenze vi è un terribile sforzo per non pensare in quanto uomini, per mantenere il contatto con l'intera creazione, cioè con la divinità.
So bene che il più piccolo slancio d'amore vero ci avvicina molto di più a Dio che tutta la scienza che possiamo avere della crezione e dei suoi gradi.
Ma l'Amore che è una forza non va senza la Volontà.
Non si ama senza la volontà, la quale passa attraverso la coscienza; – è la coscienza della separazione consentita che ci conduce al distacco dalle cose, che ci riconduce all'unità di Dio.
Si conquista l'amore prima attraverso la coscienza e attraverso la forza dell'amore poi.
Tuttavia, vi sono molte dimore nella casa di mio padre. E colui che, gettato sulla terra con la coscienza dell'idiota, dopo Dio solo sa quali fatiche o quali colpe in altri stati o altri mondi che gli hanno valso la sua idiozia; ma con quel tanto di coscienza che gli necessita per amare, e amare in un distacco senza grandi parole, in un meraviglioso slancio spontaneo; colui al quale tutto ciò che è il mondo sfugge, che dell'amore non conosce che la fiamma, la fiamma senza l'irraggiamento e la moltitudine del focolare, avrà meno di quell'altro accanto il cui cervello domina l'intera creazione, e per il quale l'amore è un minuzioso e orribile scollamento.
Ma – ed è sempre come la storia del ditale – avrà sempre tutto ciò che può assorbire. Godrà d'una felicità chiusa, ma che, riempiendo tutta la sua misura, darà anche a lui la sensazione dell'immensità.
Sino al giorno in cui questo povero in ispirito sarà spazzato via come le altre cose. Gli verrà ritirata la sua immensità. Verremo tutti giudicati, grandi e piccoli, dopo il nostro paradiso di delizie, dopo la felicità che non è tutto, voglio dire, che non è il grande Tutto, cioè Niente. Verremo mescolati, verremo fusi sino all'Uno, Uno Solo, il grande Uno cosmico che presto farà posto allo Zero infinito di Dio.”

Antonin Artaud (1896–1948) commediografo, attore teatrale e scrittore francese

Origine: Eliogabalo o l'anarchico incoronato, pp. 55-56

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“[A proposito di Inchiesta su Gesù] Strana ci sembra anche l'affermazione che Gesú non sia cristiano e che egli non abbia fondato né abbia voluto fondare una nuova religione, il cristianesimo. In realtà, egli ha rivolto la sua predicazione «alle pecore perdute della casa d'Israele» (Mt 10,6): a tale scopo ha chiamato a seguirlo dodici discepoli, perché «stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Mc 3,14-15). Ma il suo messaggio non è accolto dal popolo d'Israele e dai suoi capi. Ecco che allora egli si consacra all'istruzione dei suoi discepoli e delle persone – uomini e donne – che credono in lui: insegna loro a pregare, a vedere in Dio il Padre che li ama, che ha cura di loro; insegna loro il retto uso delle ricchezze, il perdono delle offese; nella sua ultima cena, alla vigilia della morte, istituisce un nuovo rito pasquale e chiede ai Dodici di ripeterlo in sua memoria. Dopo la sua morte e la sua risurrezione, i suoi discepoli, pur restando all'interno dell'ebraismo, formano un gruppo a parte, che ha i suoi capi (i Dodici), un suo rito particolare – la ripetizione dei gesti compiuti da Gesú nella sua Ultima Cena –, gli insegnamenti di Gesú. Proprio questo piccolo gruppo di seguaci di Gesú forma la «sua» Chiesa che, ingrandendosi con l'adesione di nuove persone, sia ebree sia pagane che credono in Cristo, forma il primo cristianesimo. Non c'è dunque nessuna frattura tra Gesú «ebreo» e il cristianesimo, che vivedegli insegnamenti di Gesú e lo professa suo Dio e Signore.”

Giuseppe De Rosa (1921–2011)

da Civiltà Cattolica, 2 dicembre 2006

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“Oggi il nucleare è sicuro, gli italiani pagano il doppio di energia, il nostro Paese è purtroppo uno di quelli che non riesce a modernizzarsi in Europa. Facemmo una scelta scellerata venti anni fa con quel referendum sull'onda dell'emotività di Chernobyl, ma oggi c'è bisogno di ritornare sulla strada del nucleare.”

Pier Ferdinando Casini (1955) politico italiano

Origine: Dall'intervista al Tg1 del 7 ottobre 2007; citato in Nucleare, Casini attacca Pecoraro http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200710articoli/26429girata.asp, LaStampa.it, 7 ottobre 2007.

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“Prendendo le mosse da un classico quesito di Mario Pagano, celebre pensatore e giurista napoletano di fine Settecento ("un reo, che chiama il complice, per quante ragioni può ciò fare?"), l'agile volumetto [Il truglio] dovuto alla penna fluida dello storico Nico Perrone si sviluppa su due piani diversi, spesso tra loro intersecati […]. Da un canto vi è il piano della vicenda storica, sullo sfondo dei fermenti giacobini alla vigilia della Repubblica partenopea, soprattutto incentrata sul famoso processo istruito nel 1794 contro Emmanuele De Deo, accusato di lesa maestà per avere cospirato contro la corona borbonica e, perciò, condannato a morte al termine di un giudizio celebrato in forma sommaria, senza reali garanzie e sulla base di prove di scarsa consistenza. […] D' altro canto, e proprio in rapporto alla realtà processuale del tempo, vi è il piano della analisi dedicata a un singolare istituto (il "truglio", per l' appunto, da cui trae titolo il volume) consistente in una sorta di transazione tra accusato e accusatore sulla entità della pena da infliggere al primo, al di fuori di un normale processo, anche sulla base delle dichiarazioni rese dal medesimo a carico di sé o di altri […]. È facile immaginare a quali oscure manovre potesse dar luogo un istituto del genere, soprattutto nel contesto di un sistema sostanzialmente antigarantistico come quello borbonico.”

Vittorio Grevi (1942–2010) giurista e editorialista italiano

da Corriere della sera, 24 novembre 2000

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“In tutti i paesi del mondo la ricerca vive di finanziamenti pubblici. Ci sono essenzialmente tre modi per assegnarli: criteri di opportunità politica, indici bibliometrici, o la peer review, la valutazione da parte dei pari, anonima e indipendente. Prima di assumere un docente, qualsiasi dipartimento chiederà cosa ne pensino i rappresentanti della sua disciplina sparsi per il mondo. Il capo del dipartimento manderà una ventina di e-mail ai più noti studiosi in quella disciplina, chiedendo loro di scrivere una o due pagine con una valutazione della ricerca e delle prospettive future del docente in esame, e una comparazione della sua ricerca con quella di altri studiosi della stessa età che insegnano in atenei dello stesso livello. E prima di decidere se pubblicare un lavoro, un direttore di rivista scientifica chiederà a dei referees esterni cosa ne pensano. Questi sottoporranno dei rapporti, con una valutazione dettagliata degli elementi di innovazione nel lavoro e di eventuali difetti, ed eventuali suggerimenti su come correggere questi ultimi. Il direttore della rivista deciderà quindi se accettare il lavoro, rigettarlo, oppure rimandarlo agli autori perché vi apportino modifiche, da far poi valutare nuovamente ai referees. Con questa procedura, le migliori riviste di ogni disciplina pubblicano meno del 10% dei lavori ad esse sottoposte. Infine, molti dipartimenti pagano per essere sottoposti periodicamente alla valutazione dei migliori colleghi di altri atenei che ne indichino i punti di forza e di debolezza.”

Roberto Perotti (1961) economista italiano

Origine: L'università truccata, p. 148

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“La religione cristiana ridotta a poco a poco alla semplicità del Vangelo; riformate nel clero le soverchie ricchezze di pochi e la quasi indecente miseria di molti; diminuito il numero dei vescovati e dei benefici oziosi; tolte quelle cause che oggi separan troppo gli ecclesiastici dal governo e li rendono quasi indipendenti, sempre indifferenti e spesso anche nemici, ecc. ecc.: è la religione che meglio di ogni altra si adatta ad una forma di governo moderato e liberale. Nessun'altra religione tra le conosciute fomenta tanto lo spirito di libertà. La pagana avea per suo dogma fondamentale la forza: produceva degli schiavi indocili e dei padroni tirannici. La religion cristiana ha per base la giustizia universale: impone dei doveri ai popoli egualmente che ai re, e rende quelli più docili, questi meno oppressori. La religione cristiana è stata la prima che abbia detto agli uomini che Iddio non approva la schiavitù: per effetto della religione cristiana, abbiamo nell'Europa moderna una specie di libertà diversa dall'antica; ed è probabile che i primi cristiani, nella loro origine, altro non fossero che persone le quali volevano, in tempi corrottissimi, ridurre la più superstiziosa idolatria alla semplicità della pura ed eterna ragione, ed il più orribile dispotismo che mai abbia oppresso la cervice del genere umano (tale era quello di Roma) alle norme della giustizia.”

Vincenzo Cuoco (1770–1823) scrittore, giurista e politico italiano

Origine: Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, pp. 71-72

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“[su Francesco Mario Pagano] Uno dei maggiori scrittori e martiri dell'illuminismo meridionale.”

Franco Venturi (1914–1994) storico italiano

da La rivolta greca del 1770 e il patriottismo dellʼetà dei lumi, Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dellʼarte in Roma, 1986, p. 31

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