Frasi su pastore

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema pastore, essere, pecora, gregge.

Frasi su pastore

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“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.”

Gesù (-7–30 a.C.) fondatore del Cristianesimo

10, 11

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“[Rivolgendosi al capitano di una nave che si lamentava dell'abbordaggio appena subito] Dannazione a voi. Siete un animale strisciante come tutti quelli che accettano di essere governati da leggi che i ricchi si sono fatti per sé; perché questi piccoli cani vigliacchi non hanno il coraggio di difendere in un altro modo quello che si sono procurati con la rapina. Dannazione a tutti: a loro, che sono un ammasso di astute canaglie, e a voi che siete al lor servizio, voi, una massa di codardi dal cuore pavido. Ci disprezzano, quelle canaglie, benché tra noi e loro ci sia una sola differenza: loro rubano ai poveri facendosi scudo della legge, già, proprio così, mio Dio, mentre noi rubiamo ai ricchi difendendoci soltanto con il coraggio. Non fareste meglio a diventare uno dei nostri invece di strisciare dietro quegli scellerati per un lavoro? Quanto a me, sono un principe libero e ho tanta autorità per fare guerra al mondo intero, come se disponessi di cento vascelli sul mare o centomila uomini sulla terraferma, ecco ciò che sento. Ma non serve a niente discutere con simili cuccioli mocciosi che accettano di essere presi a pedate su e giù per il ponte dai loro superiori finché questi ne hanno voglia, cuccioli che mettono la propria fede in mano a un ruffiano pastore, a un merlotto che non crede né pratica quello che ficca nelle teste ridicole degli sciocchi a cui predica.”

Samuel Bellamy (1689–1717) pirata britannico

Origine: Citato in Gilles Lapouge, Pirati (Les pirates. Forbans, flibustiers, boucanieres et autres gueux de mer), traduzione di Anna Benucci Serva, Excelsior, p. 87.

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“[…] quando il pastore è cieco il gregge si disperde.”

Il signore di Cracovia; 2005, p. 227
Racconti

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“Un lavoratore fornisce abbondantemente agli altri ciò di cui necessitano ed essi gli procurano ampiamente ciò di cui necessita, e una generale abbondanza si diffonde attraverso tutti gli strati della società. Osserva la sistemazione del più comune artigiano o lavoratore giornaliero in un paese civile e fiorente, e ti accorgerai che del numero di persone della sua industria una parte, sebbene una piccola parte, che è stata impiegata per procurargli questa sistemazione, eccede ogni calcolo. Il cappotto di lana, per esempio, che copre i lavoratori giornalieri, grossolano e grezzo come può apparire, è il lavoro congiunto di una gran moltitudine di lavoratori. Il pastore, lo sceglitore, il pettinatore di lana o il cardatore, il tintore, il filatore, il tessitore, il lavatore, il sarto, con molti altri, devono tutti unire i loro differenti mestieri al fine di completare anche questo prodotto casalingo. Quanti mercanti e trasportatori, inoltre, devono essere impiegati nel trasportare i materiali da alcuni di questi lavoratori ad altri che spesso vivono in parti molto distanti del paese. Quanto commercio e quanta navigazione in particolare, quanti costruttori di navi, marinai, fabbricanti di vele e di funi devono essere stati impiegati al fine di mettere insieme le diverse sostanze usate dal tintore che spesso vengono dagli angoli più remoti del mondo! Che varietà di lavoro è anche necessario per produrre gli utensili del più umile di quei lavoratori! Per non parlare di quelle macchine complicate come la nave del marinaio, la fabbrica del follatore, o perfino il telaio del tessitore, consideriamo solo quale varietà di lavoro è richiesta per costruire quella semplicissima macchina, le cesoie con le quali il pastore tosa la lana. Il minatore, il costruttore delle fornaci per la fusione del minerale, il tagliaboschi, il bruciatore di carbone per far funzionare le fornaci, il produttore di mattoni, il dispositore di mattoni, i lavoratori che supervisionano la fornace, il riparatore di mulini, l'operaio della fucina, il fabbro devono tutti mettere insieme i loro differenti mestieri al fine di produrre questi. Dobbiamo esaminare allo stesso modo tutte le diverse parti del suo abito la mobilia di casa, la ruvida canottiera che indossa sulla pelle, le scarpe che coprono i suoi piedi, il letto in cui dorme, e tutte le diverse parti che lo compongono, la grata di cucina su cui prepara i suoi viveri, il carbone di cui fa uso per questo scopo, scavato dalle viscere della terra e portatogli forse attraverso un lungo trasporto per mare e per terra, tutti gli altri utensili della sua cucina, tutta la apparecchiatura del suo tavolo, i coltelli, le forchette, i piatti di coccio o di peltro sopra i quali egli serve e divide i suoi cibi, le differenti mani impiegate nel preparare il suo pane e la sua birra, le finestre di vetro che lasciano penetrare il caldo e al luce, e isolano dal vento e dalla pioggia con tutte le conoscenze e i requisiti del mestiere per preparare quella bellissima e felice invenzione senza cui queste parti nordiche del mondo avrebbero potuto scarsamente procurare un habitat confortevole, insieme con gli utensili di tutti i diversi lavoratori impiegati nel produrre queste diverse comodità; se noi esaminiamo, io dico, tutte queste cose, e consideriamo quale varietà di lavoro è utilizzato per ciascuna di esse, saremo coscienti che senza l'assistenza e la cooperazione di molte migliaia la persona più misera in un paese civilizzato non potrebbe provvedere perfino in accordo a quello che noi potremmo falsamente immaginare, la facile e semplice maniera in cui egli è comunemente sistemato.”

cap. 1 http://www.wsu.edu/~dee/ENLIGHT/WEALTH1.HTM
La ricchezza delle nazioni

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“Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo custode come protettore e pastore, per condurlo alla vita.”

Basilio Magno (329–379) vescovo e teologo cristiano greco antico

Origine: Da Adversus Eunomium, 3, 1; citato nel Compedio del Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana.

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“Non ci fa paura la bestemmia, perché anche nella maledizione di Dio riconosciamo l'immagine stranita dell'ira di Geova che maledice gli angeli ribelli. Non ci fa paura la violenza di chi uccide i pastori in nome di qualche fantasia di rinnovamento, perché è la stessa violenza dei principi che cercarono di distruggere il popolo di Israele. Non ci fa paura il rigore del donatista, la follia suicida del circoncellione, la lussuria del bogomilo, l'orgogliosa purezza dell'albigese, il bisogno di sangue del flagellante, la vertigine del male del fratello del libero spirito: li conosciamo tutti e conosciamo la radice dei loro peccati che è la radice stessa della nostra santità. Non ci fanno paura e soprattutto sappiamo come distruggerli, meglio, come lasciare che si distruggano da soli portando protervamente allo zenit la volontà di morte che nasce dagli abissi stessi del loro nadir. Anzi, vorrei dire, la loro presenza ci è preziosa, si iscrive nel disegno di Dio, perché il loro peccato incita la nostra virtù, la loro bestemmia incoraggia il nostro canto di lode, la loro sregolata penitenza regola il nostro gusto del sacrificio, la loro empietà fa risplendere la nostra pietà, così come il principe delle tenebre è stato necessario, con la sua ribellione e la sua disperazione, a far meglio rifulgere la gloria di Dio, principio e fine di ogni speranza.”

Il nome della rosa

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“Amate ciò che mai due volte tornerà.”

Alfred De Vigny (1797–1863) poeta, scrittore, drammaturgo

da La casa del pastore, ne I destini

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“Il buon pastore deve tosare le sue pecore, non scorticarle.”

Tiberio (-42–37 a.C.) secondo imperatore romano

in Svetonio, Vita dei Cesari – Libro III (Tiberio), passim 32

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“[…] Io crederei, Beatissimo Padre, che a rimunerare in qualche modo la fede ardente del sig. Duca, V. S. dovesse avere la benignità di conferire o a lui, o a suo fratello Don Rodrigo, canonico della cattedrale di Tolosa, la sacra porpora, la quale egli si ha già acquistato con le sue escursioni tingendola nel sangue maledetto di quegli sciagurati.
Basta che in questi paesi si senta il suo nome perché gli eretici Albigesi tremino da capo a piedi. Il suo costume è di andare per le corte spacciando in un sol colpo i più arrabbiati. Quanti gliene capitano nelle mani, costringe a professare la nostra fede con la formola ingiunta da V. S. Se ricusano, li fa battere ben bene mentre che si accende il rogo. Quindi interrogati se si sien pentiti ed ascoltato che no, conchiude: "O credi o muori". Li mettono ad ardere a fuoco lento per dare loro tempo di pentirsi, e di meritare l'eterno perdono.
Alcuno di questi miserabili, benché assai raramente, sullo spirare ha dato segni di ritrattazione e di orrore della morte che meritamente subiva; ed io mi consolavo nel Signore osservando quegli atti che potevano essere indizio di pentimento. Quando più essi si dibattevano tanto più noi godevamo nella speranza che quelle brevi pene fruttassero loro il gaudio eterno, dove speriamo di trovarli salvi nel santo paradiso quando al Signore piacerà di chiamarci agli eterni riposi.
Intorno poi agli altri che furono sedotti, e perciò meno rei, non si costuma di condannarli subito, ma per esercitare con essi quella carità che il nostro Salvatore comanda, da principio si risparmia loro la vita ed invece si adoprano alcuni tormenti i quali per quanto siano gravi alla carne, sono infinitamente più lievi degli altri riserbati allo spirito nelle fiamme eterne. Si adoprano rotelle, eculei, letti di ferro, stirature, tenaglie ed altre simili mortificazioni del corpo, che secondo la legge del nostro Signor G. Cristo dev'essere macerato in terra per averlo glorioso nella vita eterna.
In altra mia mi farò un dovere di rallegrare il cuore della Santità Vostra, con più minuta narrazione di questa opera che il Signore si compiace di fare per nostro mezzo. Intanto, prostrato al sacro piede della S. V., imploro per me e per questi miei collaboratori e compagni l'apostolica benedizione e mi dichiaro
della S. V. Re dei Re e Pastore dei Pastori
l'ultimo dei servi e figli
Domenico Guzman.”

Domenico di Guzmán (1170–1221) presbitero spagnolo

Citato in Giuseppe Garibaldi, Il governo dei preti, Kaos edizioni, 2006

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“I governi democratici possono diventare violenti e anche crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di pericolo, ma queste crisi saranno rare e passeggere. Quando penso alle piccole passioni degli uomini del nostro tempo […] non temo che essi troveranno fra i loro capi dei tiranni, ma piuttosto dei tutori. Credo, dunque, che la forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, […] poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome. Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all'infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, […] il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore. Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo. […] In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra.”

Citazione un po' troppo lunga: tagliarla
La democrazia in America
Variante: I governi democratici possono diventare violenti e anche crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di pericolo, ma queste crisi saranno rare e passeggere.
Quando penso alle piccole passioni degli uomini del nostro tempo […] non temo che essi troveranno fra i loro capi dei tiranni, ma piuttosto dei tutori. Credo, dunque, che la forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, […] poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome.
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.
Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all'infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere?
Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, […] il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore.
Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo.
[…] In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra.

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“Quando un pastore porta la preda nella tana del lupo, significa che è la fine del regno del lupo.”

Ljudmil Stojanov (1886–1973) poeta e scrittore bulgaro

Mehmed Sinap, Le autorità non dormono mai, p. 158
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“In modo generale le opere dei popoli sedentari possono esser dette opere del tempo: costretti nello spazio in un campo strettamente limitato essi sviluppano la loro attività in una continuità temporale che appare loro indefinita. All'opposto, i popoli nomadi e pastori non edificano nulla di durevole, e non lavorano in vista d'un avvenire che sfugge loro; ma hanno davanti a sé lo spazio, il quale non oppone nessuna limitazione, aprendo loro, al contrario, costantemente nuove possibilità.”

René Guénon (1886–1951) scrittore e esoterista francese

Variante: In modo generale le opere dei popoli sedentari possono esser dette opere del tempo: costretti nello spazio in un campo strettamente limitato essi sviluppano la loro attività in una continuità temporale che appare loro indefinita. All'opposto, i popoli nomadi e pastori non edificano nulla di durevole, e non lavorano in vista d'un avvenire che sfugge loro; ma hanno davanti a sé lo spazio, il quale non oppone nessuna limitazione, aprendo loro, al contrario, costantemente nuove possibilità. (p.144)
Origine: Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, p. 144

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“Io amo la maestà dell'umano soffrire.”

Alfred De Vigny (1797–1863) poeta, scrittore, drammaturgo

da La casa del pastore, ne I destini

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“L'uomo è il pastore dell'Essere.”

Martin Heidegger (1889–1976) filosofo tedesco

dalla Lettera sull'umanismo, a cura di Franco Volpi, Adelphi, Milano 1995, p. 56

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“Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l'elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell'eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.”

Papa Benedetto XVI (1927) 265° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Comunicazione di rinuncia al Ministero Petrino, 11 Febbraio 2013
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“La verità è che la Chiesa Cattolica è sorta intorno all'Eucarestia. Cristo ci ha comandato: "Fate questo in memoria di me". E da allora l'abbiamo fatto: celebrando l'Eucarestia, cambiando il pane e il vino nel Corpo e Sangue così che il Buon Pastore possa continuare a nutrire il suo gregge.”

Sean Patrick O'Malley (1944) cardinale e arcivescovo cattolico statunitense

Ricordati di santificare le feste: la Famiglia nel Giorno del Signore http://www.zenit.org/it/articles/santificare-la-festa-la-famiglia-nel-giorno-del-signore, Congresso Internazionale Teologico Pastorale di Milano, 1 giugno 2012

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“[Sui sogni:] Immagini del dì guaste e corrotte.”

Battista Guarini (1538–1612) drammaturgo, scrittore e poeta italiano

da Il Pastor fido, I, 4

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“Vent'anni fa, Leopold Mapple era il giovane scienziato più brillante del nostro corso per studenti superdotati all'Istituto di Scienze di Londra. Era un ragazzone di cento chili, roseo e ben vestito. Lo si sarebbe potuto prendere per un ricco rampollo nullafacente: invece era lo scienziato più importante nella ricerca sulla fisica subatomica. Ma era anche il più inveterato gaudente, mangione, bevitore, tabagista, donnaiolo e cultore di ogni altra cosa dai più chiamata vizio. Spesso veniva richiamato dal nostro rettore, gran lucertolone calvinista, ad un atteggiamento più morale, ma Apple gli rispondeva sempre: "Sono uno scienziato e ho studiato con attenzione il mondo: e dico mai, nelle mie osservazioni, né col microscopio, né con con la camera a bolle, né con le analisi chimiche, né coi raggi X ho mai visto apparirmi una cosa chiamata 'morale'. Era infatti Leopold Mapple, l'uomo più radicalmente ateo, più rigidamente materialista, più lontano da qualsiasi sbavatura filosofica o mistica, che io avessi conosciuto. Per lui tutto era materia, numero, osservazione, confronto, realtà: su tutto il resto egli spargeva abbondantemente la sua risata fragorosa, ben conosciuta in tutte le birrerie londinesi. "C'è un solo mezzo", egli ripeteva spesso, "per elevarsi da questa terra: ed è possedere una velocità superiore a 11,45 chilometri al secondo: tutto il resto è carburante per la superstizione e l'ignoranza." E a questo suo monolitico approccio all'esistenza, egli si manteneva coerente. Radunava un gruppo di amici, io, il dottor Hyde, e Bohr, e Fermi e Jacobson e ci trascinava nella Londra notturna. Mangiava e beveva smodatamente: "Nulla teoria, sine hosteria,"diceva e aggiungeva: "Certo non ci si ciba in fondo che di molecole, ma tra un piatto di idrogeno e un pasticcio di maiale, c'è una bella differenza." E a chi gli diceva che diventa sempre più grasso, rispondeva: "Nell'Universo, le cose grosse sono più rare delle piccole: pochi elefanti, molte zanzare, pochi grandi stelle, tanti pianetini." Insomma, un tipo piuttosto bizzarro, l'avrete capito: ma l'eccezionale bravura scientifica e l'allegria contagiosa, lo rendevano simpatico a tutti. Piaceva anche alle donne, anche se lui ripeteva spesso:"Considero ogni parola detta a letto, oltre le sei, come una conferenza, e come tale mi riservo di abbandonarla." Questo suo carattere gli causava anche qualche guaio, come una volta, quando vide alcuni bambini fermi davanti a un presepe sotto Natale. Subito volle spiegare loro: uno, che Gesù Bambino non poteva essere nato seminudo nella capanna perché sarebbe morto assiderato entro pochi minuti, due, che la Madonna non poteva averlo partorito restando vergine perché la fecondazione artificiale è stata inventata quasi duemila anni dopo, e tre, che se veramente sulla capanna fosse arrivata una cometa avrebbe ridotto tutta la Palestina a una voragine fumante. Inoltre i pastori che arrivavano con le pecore probabilmente non erano venuti per regalarle, ma per venderle come è loro abitudine, e che i tre re magi erano la più grande delle fandonie perché mai nella storia un re si è fatto una cammellata nella notte per andare a portare dei doni a un bambino nudo, magari a una bambina di sedici anni sì, ma a un neonato mai nei secoli dei secoli amen e dopo, siccome i bambini erano piuttosto choccati, li portò tutti in una pasticceria e offrì loro una montagna di kraffen dicendo: prendete e mangiate, eccovi dio infinitamente buono nella sua santa trinità di crema, marmellata di arance e cioccolato. Fu denunciato dai genitori, e si guadagnò una nota di biasimo dal rettore, che però non lo espulse perché proprio in quei mesi Mapple stava ultimando un esperimento straordinario: era riuscito a costruire una camera a bolle speciale dove era sicuro di scoprire la terza forza elementare, la forza che, diceva, sta all'origine di tutte, e non è né onda né particella, qualcosa di completamente diverso, e definitivo. "Farò l'ultimo strip-tease alla cosiddetta materia," ci disse, troneggiando tra macerie di lattine di birre, a una festa organizzata la sera prima dell'esperimento. "E quello che resterà alla fine, sarà il principio: altroché Buddha e Javeh e Visnù e altri figuri metà uomo e metà cane e splendenti e resuscitanti e volanti e sibilanti su e giù per il cielo. Basta con il traffico aereo degli impostori! Quello che troveremo al termine del mio esperimento, sarà Dio a tutti gli effetti di legge: ciò da cui tutto è composto, e creato, e causato: una particella, un'onda, una relazione. Non lancerà fulmini, nel suo nome nessun profeta sarà costretto a massacri, non avrà bisogno di travestirsi da toro di legno per scopare: sarà una formula, tutto lì. Gioiosa, semplice, tangibile, consistente, divulgabile nelle scuole, utilizzabile in industria. Ragazzi quel giorno andrò dal rettore e gli dirò: 'faccia mettere questa formula nel presepe al posto di Gesù Bambino. E vedrà se giuseppi e marie e pastori e pecorelle e reganti cammellari e angeli trombettieri non ci faranno la figura dei fessi!" Noi scoppiammo a ridere, qualcuno era un po' scandalizzato, ma Mapple ci travolse, beveva e cantava e petava come un cavallo gridando: "In interiore hominis vox veritatis!" e passammo in rassegna tutte le bettolacce di Sub-Chelsea e per contare i tappi di birra fatti saltare Bohr disse che ci sarebbe voluta un'equazione complessa, e tornammo a casa ubriachi fradici. Il giorno dopo, fragoroso come sempre, Mapple arrivò all'Istituto per l'esperimento. "Bene," disse "ora prendiamo un bell'atomo grassotto e prendiamolo a cazzotti finché non gli cascano giù tutti gli elettrodentoni." Era questo un suo modo colorito di definire gli esperimenti subatomici. Un giovane tecnico si calò nella grande camera a bolle, dentro la quale sarebbe avvenuto il bombardamento, fino all'ultima particella. Quella mattina Mapple era particolarmente euforico, e ben farcito di birra. Non si accorse che il tecnico si era sdraiato a terra per controllare la temperatura del suolo. Così lo chiuse senza accorgersene dentro la camera e iniziò il bombardamento. L'esperimento durò otto giorni: per quel tempo, il reparto restò chiuso a tutti. Il nono giorno ecco arrivare Mapple in smoking, reduce dalla solita notte di baldoria. C'eravamo tutti con lui, mentre si avviava alla camera nucleare: "Ragazzi", egli gridava, facendo roteare il bastone d'avorio, "le nuvole di duemila anni di incensi religiosi stanno finalmente per dissolversi. Migliaia di preti invaderanno gli uffici di disoccupazione in tutto il mondo. Nessun bambino verrà mai più atterrito da purgatori e inferni! Le marmellate in cima agli armadi verranno sterminate, senza paura di ritorsioni. Nelle chiese risuonerà, liberatorio, il tintinnio dei brindisi. Suore nude si concederanno a rabbini infoiati, ex voto, ex stole, ex messali, tiare, sottanoni e paramenti e ultime cene tutto brucerà, nello stesso fuoco in cui la chiesa ha bruciato i libri, gli eretici, i villaggi degli infedeli. L'ultima crociata è giunta! L'umanità è salva! Cristo è disceso in terra, anzi è sempre stato lì, e io ve lo mostrerò! La causa causarum, la sacra particula, il colui da cui, il primo motore, l'ordo initialis, l'uovo cosmico, il fabbro celeste, il danzatore eterno, l'occhio del Buddha, il kkien, il waugwa, il primo bit, il supremo artefice! Presto a voi in tutto il suo scientifico splendore! Seguitemi!" E noi lo seguimmo, eccitati, fin davanti la porta sigillata della camera dell'esperimento, e trattenemmo il fiato insieme a lui, quando lui aprì la porta e vide… vide… Vide il tecnico, con la barba lunga, i capelli incolti, con il viso scavato da otto giorni di digiuno, e il camice bianco strappato, che alzava al cielo le mani bruciate dalle ustioni radioattive e gridava: "Sono qui! Sono io, Mapple, finalmente mi hai trovato!" Descrivere il viso di Mapple in quel momento, non mi è possibile: diventò bianco come un marmo, gli occhi sembrarono uscirgli dalle orbite, ed egli lanciò un urlo, un urlo che fece tremare i vetri dell'Istituto, e i nostri cuori. "Nooooooooooooooooo!" Fuggì, travolgendo tutti. Nessuno di noi riuscì a raggiungerlo per spiegargli cos'era veramente successo. Sparì nel nulla e riapparve solo dopo molti giorni, la barba lunga, gli occhi rossi: capimmo subito che era uscito di senno. "Mapple," cercammo di spiegargli "quello che hai visto era solo il tecnico dell'Istituto, rimasto chiuso nella tua camera atomica per otto giorni!" "No amici," egli disse con voce ispirata, "era Dio! In fondo a ogni atomo c'è Dio." Due mesi dopo partì, con questa strana astronave, nello spazio. Da quel giorno egli vola per le galassie, portando la Religione ovunque, nelle stazioni spaziali, nei pianeti, nelle astronavi: non c'è culto o rito o confessione che egli non conosca e commerci. Cosi sia.”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano
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“Morir denno i plebei furfanti oscuri, | Perché i furfanti illustri sien sicuri.”

Lorenzo Pignotti (1739–1812) poeta, storico e medico italiano

da Il pastore ed il lupo

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“Notte sola sola come il mio fuoco | piega la testa sul mio cuore e spegnilo poco a poco.”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

da Canto del servo pastore, n.° 2

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“La volgar poesia non ha una favola più delicata ed amabile del Pastor fido [Battista Guarini]. Cesso dal lodarlo, perché ricomincio a leggerlo.”

Andrea Rubbi (1738–1817) critico letterario italiano

Origine: Dalle Lettere proemiali; citato in Il Pastor fido: tragicommedia di Giovanbattista Guarini, Seguin Ainé, Avignon, 1816.

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“Ne ho piene le palle | piuttosto non esco, | nel gregge rimango | soltanto se faccio il pastore tedesco.”

Caparezza (1973) cantautore e rapper italiano

da Nessuna razza, n. 2
Verità supposte

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“Splendea quel dì nella città di Nola | festivo a Prisco che pastor già resse | là dei pagani e picentin Nocera.”

Paolino di Nola (354–431) vescovo italiano

da Carme XIX, vv. 515-518, traduzione di G. Remondini, citato in Della nolana Ecclesiastica storia, Napoli, 1751, t. II. Lib. III
Fonte sacrata dies illuxerat illa beati | natalem Prisci referens, quem te Nola celebrat | quamvis ille alia nucerinus Episcopus | Urbe sederit.

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