Frasi su ferocia
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“[Riferendosi alla Strage di Bologna] Sono convinta che quella bomba, così come purtroppo le tante altre bombe che hanno insanguinato l'Italia in quegli anni, siano prima di tutto un crimine contro l'umanità per il totale disprezzo della vita umana che portava con sé, per la cieca ferocia, per l'efferatezza che le ha contraddistinte.”

Anna Maria Cancellieri (1943) prefetto e funzionaria italiana

Citazioni di Annamaria Cancelleri
Origine: Dall' intervento del Ministro Annamaria Cancellieri al Trentaduesimo anniversario della strage di Bologna http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/interview/Interventi/2099_500_ministro/2012_08_02_bologna.html_1823588871.html, 2 agosto 2012.

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“I Boemi, sì violenti, sì feroci nella pugna, hanno l'anima tenera e malinconica, siccome tutti i popoli slavi.”

Georges de Pimodan (1822–1860) militare francese, al servizio dell'Austria-Ungheria e dello Stato pontificio

Origine: Memorie, p. 6

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“L'odio feroce, l'odio ruggente, | fa male dentro e brucia la mente, | io ti capisco ne so qualcosa, | esser civile come pesa.”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da Gelosa cara, lato A, n. 3
Una giornata uggiosa

“Sarò come non sono mai stato. Feroce, sarò. Non offeso ma arrabbiato sarò.”

Niccolò Agliardi (1974) cantautore italiano

da "Maledettamente" n. 8
1009 giorni

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“«Dio» dice San Paolo «lo vediamo qui in terra per riflesso e per enigma. Dopo morte lo vedremo sul serio.»
Per «riflesso» si possono intendere anche certi uomini dabbene chiamati santi, che fanno come da genitori a quei bimbi un po' feroci che sono gli uomini. Che San Benedetto e Santa Scolastica fossero buoni genitori, non pare cosa dubbia.”

Alfredo Panzini (1863–1939) scrittore e critico letterario italiano

da Ultimi viaggi di un povero letterato, in La cicuta, i gigli e le rose
Origine: Prima lettera ai Corinzi: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia.»

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“Meglio, in politica, avere rappresentato venti bandiere che nessuna? – scrisse pensando a lui Benedetto Croce. Indro Montanelli nella sua biografia di Garibaldi, Luigi Magni nel suo film Il generale ce lo hanno rappresentato come un simpatico birbante. E anche Nico Perrone […] ci presenta una non schematica riabilitazione: anche a sorpresa, rispetto a un titolo che sembrerebbe ben altrimenti critico. È vero, riconosce, Liborio Romano era un voltagabbana. Ma non per volgare tornaconto personale, bensì sempre al servizio di progetti autenticamente riformisti. In campo penale, ad esempio, si dovette al suo pur breve passaggio per il governo delle Due Sicilie l'abolizione della pena barbarica delle legnate. E in campo sociale fu promotore alla Camera di una proposta di riforma agraria che forse contribuì al suo isolamento politico più ancora delle troppe giravolte. Naturalmente, molto dipende poi dal modo in cui si vuole valutare il passaggio dal Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Perrone non nasconde affatto i nodi dell'Unità, dall'accentramento brutale alla feroce repressione del brigantaggio. Ma non indulge neanche sull'opposta retorica della monarchia borbonica come mitica età dell'oro: prima ancora dei bersaglieri contro i briganti erano stati i soldati di Ferdinando I a tagliare teste in quantità per reprimere la rivolta del Cilento del 1828, e gli investimenti infrastrutturali e industriale che pur la dinastia borbonica aveva fatto si concentravano a Napoli dimenticando il resto del Regno. Romano, a suo modo, era stato appunto fautore di un fallito progetto di riscatto del Sud accettando la nuova logica unitaria, ma salvaguardandone gli interessi specifici.”

Nico Perrone (1935) saggista, storico e giornalista italiano

da il Foglio, 27 luglio 2010

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“Se Spillane è feroce, se King è un manierista del terrore, Woolrich sa essere ineguagliabilmente violento e tenero.”

Antonio Debenedetti (1937) scrittore e critico letterario italiano

citato in Corriere della sera, 30 maggio 2009

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“In Hitler il popolo tedesco ha trovato riassunti, al di sopra di ogni schema tradizionale di divisioni classistiche, alcuni dei motivi essenziali da sempre ritornanti a definire il proprio carattere, la fisionomia del proprio ethos: il gusto della violenza, il misticismo «romantico», la fanatica dedizione a un ordine meccanico, disumano. Hitler sapeva trascinare il grande industriale con l'esca dell'interesse e col ricorso al mito prediletto della supremazia tedesca nel mondo; affascinava il piccolo borghese col suo estetismo pompier, con la sua oratoria accesa e volgare, pronta sempre ad offrire, di ogni problema, la soluzione più semplicistica; piaceva all'intellettuale decadente, permeato di femmineo postnicianesimo (l'intelligencija tedesca già nel 1914 era in stato fallimentare come nessun'altra in Europa), per la sua ostentata energia virile, per il suo dichiarato disprezzo di ogni indugio morale o sentimentale, per quel suo rozzo materialismo demagogico che, nonostante tutto, pretendeva considerazione «spirituale». Conquistava infine anche l'operaio, facendo leva non soltanto sul suo sciovinismo non perfettamente esorcizzato, ma porgendogli, anche, delle sue rivendicazioni sociali, un'attuazione più concretamente immediata, meno utopica e intellettualistica di quanto non gliela prospettasse il programma della rivoluzione proletaria: e fosse pure nei limiti di una umiliante, paternalistica nota di concessioni padronali. […] il nazismo non è certo la realizzazione di un genio. Hitler è effettivamente uno dei tanti […].
Parlare di tirannide perciò non persuade. Esiste una tecnica della tirannide, esposta in classiche trattazioni. Ma il nazionalsocialismo al potere non ne tiene conto per nulla, e in questo sì che è rivoluzionario. Assolutista, il nazismo raggiunge la popolarità proprio in ragione del suo prepotere. […] Il nazionalsocialismo, al contrario, non concede nessuna rivincita, sia pure formale, alle avanguardie dello Spirito. Il suo cinismo, la sua crudeltà, la sua perfidia, trovano dall'inizio tutta una orgogliosa cultura preparata a giustificarli, a farseli propri. La tirannide non presenta più il viso odioso e meschino del regime di polizia, non adopera più di soppiatto, tra impaurita e feroce, i vecchi mezzucci della sobillazione e della calunnia, ma si accampa, fanatica e violenta, con la sicurezza, l'intransigenza esclusiva di una religione messianica. […]
Sentirsi puri, non contaminati. Il popolo tedesco ha sempre reagito alle proprie crisi con un disperato, irrazionale desiderio di purezza: e la rivolta luterana – a un livello umano e ideale ben diverso, d'accordo – rappresenta forse il primo, imponente documento storico di questo impulso innato. Sorto dopo Versaglia, il nazionalsocialismo non si è tanto imposto con la violenza alle masse, quanto piuttosto le ha trovate già pronte ad accoglierlo e ad acclamarlo.”

Giorgio Bassani (1916–2000) scrittore e poeta italiano

La rivoluzione come gioco, p. 44

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“Cavalleria rusticana [di Pietro Mascagni], sembra pressocchè classica. Ha la terribile ferocia di una trageda greca, ma anche la dignità che la tragedia greca non ha mai violato.”

Henry Edward Krehbiel (1854–1923) scrittore e critico musicale statunitense

citato in Mario Morini, I cento anni di «Cavalleria rusticana»

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“[Su Novak Đoković] Non è un giocatore che incanta, non ha il repertorio e la varietà di colpi di Federer, né la caparbia ferocia agonistica e l'esplosività di Nadal ma amministra con ordine e con ammirevole continuità le sue qualità.”

Rino Tommasi (1934) giornalista e conduttore televisivo italiano

Origine: Da Non incanta ma è mostro di solidità http://archiviostorico.gazzetta.it/2011/gennaio/31/Non_incanta_mostro_solidita_ga_10_110131119.shtml, Gazzetta dello Sport, 31 gennaio 2011.

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“Respiro profondo pensando ai tuoi baci feroci, ma tu non ci sei.”

Meg (1972) cantante italiana

da Succhio Luce, n. 3
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“[Riferito a David Foster Wallace] [Sono rimasto folgorato] Dalla sua intelligenza dissacrante, dalla sua ferocia, dall'architettura linguistica composita dove spesso le note sovrastano il testo principale. E soprattutto dalla sua ossessione per il dettaglio, che sento molto vicina.”

Gioele Dix (1956) attore e comico italiano

Origine: Citato in Sara Chiappori, A bordo con Gioele Dix: Mi diverto in crociera con l'ironia di Foster Wallace http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/07/05/bordo-con-gioele-dix-mi-diverto.html, la Repubblica, 5 luglio 2012.

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“Passò molto tempo. Gallardo non sapeva con certezza se avesse dormito o no. Tutto a un tratto risuonò la voce di doña Sol a scuoterlo da quella pesante somnnolenza. Aveva lasciato da parte la sigaretta dalle azzurre spirali e, con voce sommessa dava risalto alle parole, imprimendovi appassionati tremori, cantava accompagnandosi al piano.
Il torero tese gli orecchi per capire qualcosa... Neanche una parola. Erano canzoni straniere. «Accidenti! Perché non un tango o una soleà…? E poi si vorrebbe che un cristiano non si addormentasse!»
Doña Sol posava le dita sui tasti, mentre i suoi occhi vagavano in alto, gettando indietro il capo, mentre il petto solido le tremava con i sospiri musicali.
Era la preghiera di Elsa, il lamento della bionda vergine che pensava all'uomo forte, il bel guerriero invincibile per gli uomini, dolce e timido con le donne.
Pareva sognare mentre cantava, imprimendo alle parole fremiti passionali e gli occhi le si riempivano di lacrime di commozione. L'uomo semplice e forte, il guerriero, forse era lì, dietro di lei… Perché no?
Non aveva l'aspetto leggendario dell'altro, era rude e goffo, ma lei vedeva ancora, con la lucidità di un saldo ricordo, la gagliardia con cui pochi giorni prima era corso in suo aiuto, la sorridente fiducia con cui aveva lottato contro un animale feroce, così come gli eroi wagneriani lottavano contro draghi terrificanti. Sì, era lui il suo guerriero.
E, scossa dai talloni fino alla radice dei capelli da un timore voluttuoso, dandosi anticipatamente per vinta, credeva di intuire il dolce pericolo che si avvicinava alle sue spalle. Vedeva l'eroe, il paladino levarsi lentamente dal divano con quei suoi occhi arabi fissi su di lei; ne sentiva i cauti passi, percepiva le mani di lui posarsi sulle sue spalle; poi un bacio infuocato sulla nuca, marchio di passione che la segnava per sempre, facendola sua schiava… Ma la romanza terminò senza che accadesse niente, senza sentire sulla schiena altra pressione che non fosse quella dei suoi fremiti di timoroso desiderio.”

Vicente Blasco Ibáñez (1867–1928) scrittore, sceneggiatore e regista spagnolo

Origine: Sangue e arena, pp. 115-116

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“Delle sue gesta passate non restano che le memorie di un ladro feroce, di un assassino volgare.”

Basilide Del Zio (1839–1919) medico e scrittore italiano

Il brigante Crocco e la sua autobiografia, Prefazione

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“[Su Pietro Mennea] Era il nero bianco, con una feroce determinazione nell'affrontare la vita fuori dalla pista d'atletica.”

Walter Veltroni (1955) politico italiano

Origine: Citato in Gabriella Greison, Sportivi, politici, attori in fila per salutare Mennea http://www.vanityfair.it/news/italia/13/03/22/mennea-ultimo-saluto-a-roma-camera-ardente, Vanityfair.it, 21 marzo 2013.

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