Frasi sull'inferno
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“Il mondo del capitalismo odierno come inferno e l'impotenza di tutto ciò che è umano davanti alla potenza di questo inferno, costituisce il contenuto dell'opera di Kafka.”

György Lukács (1885–1971) filosofo e critico letterario ungherese

Origine: Citato nell'introduzione di Roberto Fertonani a Franz Kafka, Il castello, traduzione di Anita Rho, Oscar Mondadori, 1979, p. 32.

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“Cassandra [rivolgendosi al Capo coro] Aiuto, aiuto! | di nuovo l'angoscia divina in me | fa vorticare la sua tempesta di voci! | Guardate questi ragazzi seduti | davanti al palazzo, ombre di sogno: | sì, sono i figli massacrati dai parenti, | le mani colme di carne, portano in pasto | le loro interiora, le loro viscere, | a un padre che se le porta alla bocca… | Ve lo dico: c'è uno di cui qualcuno vuole | la vendetta, un leone – ma un leone pavido, | nella casa, accucciato sul letto, che aspetta | che ritorni il padrone: padrone anche mio, | se mi trascina nelle catene della schiava. | E il capo della flotta, il distruttore di Troia, | non sa cosa l'atroce cagna, la cui voce | non fa che ridire una gioia ch'è morte, | gli prepara in nome delle vecchie colpe. | È dannata. Femmina assassina del maschio, | solo qualche mostro – Scilla, con le sue | due teste, terrore dei naviganti – forse | potrebbe prestarle il nome che si merita, | madre infuriata, uscita dall'inferno, in guerra | contro tutti i suoi! Ah, il grido di trionfo, | ch'essa ha lanciato, come sul nemico morto! | E doveva essere gioia per un felice ritorno! | Che mi crediate o non mi crediate, che importa? | Tutto si compirà. E tu, pieno di dolore, | vedrai che ho detto soltanto la verità.”

Agamennone
Origine: Da L'Orestiade: Agamennone, traduzione di Pier Paolo Pasolini, Istituto Nazionale del Dramma Antico, 1960.

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“Se sei buono andrai all'inferno, Dr. Dobermann […].”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Dr. Dobermann, n. 3
Mira Mare 19.4.89

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“Se c'è un inferno mi saprà ascoltare.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Buonanotte fratello, n. 5
Alice non lo sa

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“Alle due e mezzo del mattino XN varcò il confine di Milano. Le notti milanesi, file di luci rosse e bianche delle auto, crocchi di persone lungo i marciapiedi, solitari nottambuli in cerca di una meta. Ad ogni metro di asfalto, le insegne dei locali offrono antidoti alla depressione, cocktail di solitudine a prezzi da boutique. In via Brera, per cinquanta euro, l'uomo barbuto vende un futuro migliore in un mazzo di carte. L'auto di XN arranca davanti al Piccolo Teatro, l'Arena e poi finalmente l'ultima spiaggia di un uomo disperato: negrolandia. Una terra di nessuno, popolata da volti scuri invisibili nella notte, risuona di una lingua babelica, in quelle strade il passaporto con l'italico stellone è un miraggio, un lasciapassare per schiudere le porte dell'inferno. In quelle vie incombono paure ancestrali, leggende, esseri mitologici. XN cercava proprio uno di quegli uomini dal passato epico, un uomo che ha attraversato i mari e la storia di due mondi: Omero. Le luci della pizzeria cinese Mergellina, vedi Shangai e poi muori, illuminavano di un'opaca luce rossa una decina di uomini dai colori esotici. Il gruppetto bivaccava sul marciapiede, individui seduti a terra con le gambe incrociate fumavano sigarette, bevevano vino da scatole di tetrapack, gli occhi fissi verso il cantore. Omero seduto, come sempre, sul gradino della vetrina illuminata narrava leggende. Impartiva lezioni di letteratura avanzata ad individui che non possedevano nemmeno l'idea astratta di libro, insegnava a scrivere e leggere: almeno quanto bastava per compilare i moduli della questura. XN aveva conosciuto il cantore di strada qualche anno prima, un'altra vita, un'era felice e perfetta.”

Senza Ritorno

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“Dottoressa chiamata Aprile | che conosci l'inferno | portami via da questo inverno, | portami via da qua.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Gambadilegno a Parigi, n. 3
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“L'inferno esiste, ma è vuoto.”

Hans Urs Von Balthasar (1905–1988) presbitero e teologo svizzero

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“Ho il colon ustionato di versi.”

Alda Merini (1931–2009) poetessa italiana

Origine: Citato in Paolo Di Stefano, Alda Merini, la poetessa dei Navigli che cantò i poveri, l'amore e l'inferno.

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“Donne: diavoli senza i quali la vita sarebbe un inferno.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

Origine: Aforismi, p. 13

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“Un filmato di quelli accelerati, i fotogrammi veloci mischiati con una musica di sottofondo. Evocativa. Mani che si avventano. Poi, solo lo scheletro, arrugginito. Forse, dopo, neanche più il palo. Distrutto, bruciato. Alla base. Penzolante. Tenuto sospeso dai fili elettrici. L'immagine perfetta. Il palo è alla mercé del vento. Ma non cade. Mentre tutti si rendono conto che c'è un motorino abbandonato, mi guardo intorno. Castel Volturno. Il mare è vicino. Anche se non si vede. L'odore. Intorno case abbandonate. Sventrate. Come se ci fossero state delle esplosioni. Ma pochi le hanno udite. Canneti, arbusti, polvere, rifiuti, cartelli. Tutto nasconde la vista del mare. Osservo il motorino. Anche gli africani, dopo i casalesi, hanno fatto una scelta. Casale di Principe sede legale. L'Africa sede legale. La sede operativa La Domitiana, Castel Volturno, e le sue terre, strade sterrate tutt'intorno. Mentre i casalesi hanno combattuto le loro guerre con gli altri clan vicini per difendere e imporre la sede operativa, gli africani non ne hanno avuto bisogno. Decenni di permanenza. Inesorabile. Protetta. Utile. A testa bassa hanno subito colpi, lamentele, repulisti generali, promesse di miglioramento e promesse di esodi biblici. Hanno accettato tutto, in silenzio. E sono rimasti. Sempre pochi a rendersene conto, gli altri in ritardo. In ritardo a cercare nel vocabolario aggettivi e sostantivi iperbolici, costrutti intelligenti, paradossi eccentrici, aforismi, per colpire la fantasia. Trovare una bellezza nell'inferno, che non c'è.”

Sergio Nazzaro (1973) scrittore e giornalista italiano

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“Al mio segnale, scatenate l'inferno, gas a martello e su il piedino.”

Guido Meda (1966) giornalista e conduttore televisivo italiano

Prima dell'inizio di ogni gara.
Citazioni ricorrenti

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“Se non c'è redenzione | Ci vedremo all’inferno.”

Anastacia (1968) cantautrice e stilista statunitense

Resurrection

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“La precisione che ho appena indicato non è un artificio retorico; è affermazione dell'onestà, della pienezza con cui ogni circostanza del poema è stata immaginata. E altrettanto può dirsi dei dettagli di natura psicologica, così ammirevoli e al tempo stesso così semplici. Di tali dettagli è come intessuto il poema; ne citerò alcuni. Le anime destinate all'Inferno piangono e bestemmiano Dio; appena sulla barca di Caronte, il loro timore si trasforma in desiderio e intollerabile ansia (Inferno, III, 124). Dalle labbra di Virgilio Dante apprende che questi non avrà mai accesso al Cielo; subito lo chiama maestro e signore, sia per dimostrare che quella confessione non riduce il suo affetto, sia perché, sapendolo perduto, lo ama di più (Inferno, IV, 39). Nella nera bufera del secondo cerchio, Dante vuol conoscere la radice dell'amore di Paolo e Francesca; costei racconta che si amavano e non lo sapevano, «soli eravamo e sanza alcun sospetto», e che il loro amore fu rivelato da una lettura casuale. Virgilio confuta i superbi, che con la sola ragione pretendono di abbracciare la divinità infinita; subito china la testa e tace, perché uno di quegli sventurati è lui (Purgatorio, III, 34). Sull'aspro fianco del Purgatorio l'ombra del mantovano Sordello chiede all'ombra di Virgilio quale sia la sua patria; Virgilio dice Mantova; Sordello allora lo interrompe e lo abbraccia (Purgatorio, VI, 58).”

Jorge Luis Borges (1899–1986) scrittore, saggista, poeta, filosofo e traduttore argentino

dal prologo https://books.google.it/books?id=z7fFBQAAQBAJ&pg=PT4#v=onepage&q&f=false
Nove saggi danteschi

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“Straordinari dolcissimi inferni della timidezza.”

Gesualdo Bufalino (1920–1996) scrittore

Origine: Il malpensante, Maggio, p. 60

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“La bocca dell'Inferno e piena di buone volontà.”

Stefano Guazzo (1530–1593) scrittore italiano

Origine: Citato in Harbottle, p. 339
Origine: Dialoghi Piacevoli, Del Conoscimento di se stesso, p. 492

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“Vide i busti e i profili dei soldati che cavalcavano di fianco alla carrozza, e la folla lungo il percorso: i pugni alzati, e facce stravolte con le bocche spalancate a insultare e a maledire e a invocare una morte, la sua morte! Proseguendo verso Porta San Gaudenzio, s'accorse che per non sentire quelle grida bastava non ascoltarle. Guardava i volti e i corpi degli uomini là fuori come avrebbe guardato dei pesci in una boccia divetro; li vedeva lontani ed anche strani, anzi si meravigliava di non aver mai fatto caso a quei dettagli che ora le sembravano così assurdi; di non essersi mai stupita in precedenza di quelle forme, considerandole – come tutti – inevitabili, e assolutamente sensate! Di averle sempre credute… normali! Quei cosiddetti nasi, quelle orecchie…. Perché eran fatte così? Quelle bocche aperte con dentro quei pezzi di carne che si muovevano. Che insensatezza! Che schifo! E quell'esplosione incontenibile di odio, da parte di individui che fino a pochi giorni prima non sapevano nemmmeno che lei esistesse e ora volevano il suo sangue, le sue viscere, reclamavano d'ammazzarla loro stessi, lì sul momento e con le loro mani… C'era forse un senso, una ragione in tutto questo? E se non c'era, perché accadeva? Ecco, pensava: io sto qui, e non si perché sto qui; loro gridano, e non sanno perché gridano. Le sembrava di capire, finalmente!, qualcosa della vita: un'energia insensata, una mostruosa malattia che scuote il mondo e la sostanza stessa di cui sono fatte le cose, come il mal caduco scuoteva il povero Biagio quando lo coglieva per strada. Anche la tanto celebrata intelligenza dell'uomo non era altro che un vedere e non vedere, un raccontarsi vane storie più fragili d'un sogno: la giustizia, la legge, Dio, l'inferno…”

cap. 30, p. 291
La chimera

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“Quei buddhisti che si esercitano nella dottrina dell'assoluta buddhità, dovrebbero rendere la loro mente simile a un pezzo di roccia, essere oscuramente ignoranti, rimanere inconsapevoli (di tutte le cose), non aver discriminazione, mostrare disinteresse per tutte le cose, rassomigliare a un idiota. E perché? Perché il Dharma non ha consapevolezza né intelligenza; perché non dà intrepidità; esso è l'ultimo rifugio ove riposare. È come un uomo che ha commesso un delitto capitale ma che, graziato dal re, viene liberato dalla paura della morte. Così è per tutti gli esseri. Essi commettono i dieci atti malvagi e le cinque offese gravi che li porteranno sicuramente all'inferno. Ma il Dharma, come un re, ha il potere supremo di perdonare tutti i peccati, in modo da liberare i colpevoli dalla punizione. Vi è un uomo che è in amicizia col re. Egli viene a trovarsi in un luogo lontano dalla terra ove è nato, e uccide uomini e donne. Catturato, sta per essere punito dei suoi misfatti. Non sa cosa fare, non ha alcun aiuto, quando inaspettatamente vede il suo re e viene così liberato. Anche quando un uomo viola i precetti, commettendo omicidio, adulterio, furto, ed è terrorizzato all'idea di sprofondare nell'inferno, egli è risvegliato alla purezza del suo Dharma-re interiore e così compie la propria emancipazione.”

Bodhidharma (483–540) monaco buddhista indiano

Origine: Citato in Daisetz T. Suzuki, La dottrina Zen del Vuoto Mentale, Ubaldini Editore, 1968, pp. 95-96.

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“Si sentiva stremata, l'appiglio sfuggente al presente, l'appiglio al mondo e alla vita, le sarebbe presto scivolato dalle mani. Era questa la morte? Stava forse per morire? Non avrebbe più rivisto il cielo, la terra, il sorgo, suo figlio, e il suo amante che combatteva alla testa dei soldati? Gli spari risuonavano in lontananza oltre la fitta cortina di nebbia. Douguan! Douguan! Figlio mio, aiutami, tienimi stretta, tua madre non vuole morire. Oh, cielo! Cielo… mi hai donato un amante, un figlio, la ricchezza, e questi trenta anni di vita densa come il sorgo rosso. Cielo, me le hai donate queste cose, non puoi riprendertele, perdonami, ma lasciami andare! Cielo, pensi che io sia in colpa? Credi che se avessi diviso il cuscino con un lebbroso, e generato un mostro rognoso e purulento insozzando questo bel mondo sarei stata nel giusto? Cielo, cos'è la castità? Cos'è la giusta via? Cos'è la bontà? Cos'è il male? Non me l'hai mai detto, ho sempre dovuto sbrigarmela da sola. Amo la felicità, amo la forza, amo la bellezza, il mio corpo mi appartiene, sono padrona di me stessa, non ho paura di sbagliare, non ho paura della punizione, non ho paura di entrare nei diciotto gironi del tuo inferno. Ho fatto tutto ciò che dovevo fare e ciò che andava fatto, e non temo nulla. Ma non voglio morire, voglio vivere, voglio vedere ancora un po' di mondo. Cielo…”

Mo Yan (1955) scrittore e sceneggiatore cinese

da Sorgo rosso, pp. 94-95

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“Al mio tre… scateniamo l'inferno!”

Alessandro Borghese (1976) cuoco e conduttore televisivo italiano

Origine: Dal programma televisivo Ale contro tutti http://it.wikipedia.org/wiki/Ale_contro_tutti, Sky uno, 11 ottobre 2012.

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“E il babbo diceva è perché sei vergine: non vedi? Le donne non sono mai vergini. La purezza è uno stato negativo e perciò contronatura. È la natura che ti fa soffrire non Caddy e io dicevo Queste sono soltanto parole e lui diceva Anche la verginità è una parola e io dicevo tu non sai. Non puoi sapere e lui diceva Sì. Nell'attimo, in cui si arriva a rendersene conto si scopre che non è più una tragedia.
Dove cadeva l'ombra del ponte potevo spingere lo sguardo molto in basso, ma non fino al fondo. Quando lasci una foglia nell'acqua per molto tempo dopo un po' il tessuto se ne va e restano le fibre delicate a ondeggiare con la stessa lentezza dei movimenti che si fanno nel sonno. Non si toccano, anche se prima formavano un groviglio… E forse quando Lui dirà Sorgete anche gli occhi verranno a galla, dal silenzio e dal sonno dell'abisso, per contemplare la sua gloria.
Non vedevo il fondo ma potevo spingere lo sguardo molto in basso nel moto dell'acqua, prima che l'occhio si desse per vinto, e allora vidi un'ombra sospesa come una grossa freccia che andava contro corrente. Le effimere entravano e uscivano dall'ombra del ponte sfiorando la superficie. Se di là ci fosse almeno un inferno: la pura fiamma noi due più che morti. Allora tu avrai soltanto me allora solo me allora noi due tra l'esecrazione e l'orrore oltre la pura fiamma… Il vorticce che svaniva fu portato via fu portato via dalla corrente e allora rividi la freccia, ferma a un palmo dalla superficie, tremare appena al moto dell'acqua sopra la quale le effimere volteggiando si posavano.
Tu e io soltanto allora tra l'esecrazione e l'orrore in un cerchio di pura fiamma”

The Sound and the Fury

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