Frasi su passaggio
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“Tito Livio descrive l'ambiente fisico soltanto per spiegare le emozioni morali; solo avendo di mira l'anima, osserva il corpo. Polibio non rappresenta né l'uno né l'altra. Il passaggio delle Alpi non è per lui altro che un'ascensione, anabolé, che bisogna non far vedere, bensì far comprendere.”

Hippolyte Taine (1828–1893) filosofo, storico e critico letterario francese

Origine: Da Essai sur Tite-Live; citato in Gian Biagio Conte, Emilio Pianezzola, Storia e testi della letteratura latina 2: la tarda repubblica e l'età di Augusto, Le Monnier, Firenze, p. 799. ISBN 88-00-42019-2

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“Il benessere è il passaggio dalla povertà alla scontentezza.”

Helmar Nahr (1931) matematico

citato in Alessandro Pronzato, Ad ogni giorno la sua speranza http://books.google.it/books?id=wzOTj02QzcsC&lpg=PA181&dq=Il%20benessere%20%C3%A8%20il%20passaggio%20dalla%20povert%C3%A0%20alla%20scontentezza.&pg=PA181#v=onepage&q&f=false, Piero Gibaudi editore, 2005

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“Se un lettore coscienzioso trova che un passaggio è oscuro, questo deve essere riscritto.”

Karl Raimund Popper (1902–1994) filosofo austriaco

da La ricerca non ha fine, traduzione e cura di Dario Antiseri, Armando Editore, 1997

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“[Durante una lezione, in risposta ad uno studente che aveva alzato la mano e avevo detto «non ho capito questo passaggio»] Questa è una constatazione, non una domanda… Qualcuno ha domande?”

Paul Dirac (1902–1984) fisico e matematico britannico

citazione necessaria, Se sai qual è la fonte di questa citazione, inseriscila, grazie.
Attribuite

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“[su Margherita di Valois] La giovane sposa, figlia di Enrico II, era la perla della co­rona di Francia, Margherita di Valois, che con affettuosa fa­miliarità il re Carlo IX chiamava sempre mia sorella Margot. Certo, accoglienze tanto lusinghiere non erano mai state più meritate di quelle che si facevano in quel momento alla nuova regina di Navarra. Margherita a quel tempo aveva appena vent'anni, e già era oggetto delle lodi di tutti i poeti che la paragonavano alcuni all'Aurora altri a Venere citerea. Era in realtà la bellezza senza rivali di quella Corte nella quale Ca­terina de' Medici aveva riunito, per farne le proprie sirene, le più belle donne che aveva potuto trovare. La giovane sposa aveva i capelli neri, il colorito brillante, gli occhi voluttuosi velati da lunghe ciglia, la bocca rossa e fine, il collo elegante, il corpo tornito e snello e, perduto in una pianella di seta, un piede di bambina. I francesi cui apparteneva, erano fieri di vedere sbocciare nella loro terra un così splendido fiore e gli stranieri di passaggio per la Francia ripartivano abbagliati dalla sua bellezza se l'avevan soltanto vista, storditi dalla sua cultura se avevano parlato con lei. Certo è che Margherita era non soltanto la più bella, ma anche la più colta delle don­ne del suo tempo; si citava la frase di un dotto italiano che le era stato presentato e dopo aver parlato con lei un'ora in ita­liano, in spagnolo, in latino e in greco, l'aveva lasciata dicen­do nel suo entusiasmo:
«Vedere la Corte senza vedere Margherita è non vedere né la Francia, né la Corte».
Così i panegirici non mancarono al re Carlo IX e alla gio­vane regina di Navarra; si sa quanto gli ugonotti siano fecon­di. Inevitabilmente, allusioni al passato e domande per l'av­venire furono accortamente insinuate in mezzo a quegli indi­rizzi al re; ma a tutte le allusioni egli rispondeva con le sue labbra pallide e il suo sorriso astuto:
«Nel dare mia sorella Margot a Enrico di Navarra, io do il mio cuore a tutti i protestanti del regno».
La frase rassicurava gli uni e faceva sorridere gli altri poi­ché aveva in realtà due sensi: uno paterno e del quale in buo­na coscienza Carlo IX non voleva sovraccaricare il suo pen­siero; l'altro ingiurioso per la sposa, per il marito e anche per chi lo pronunciava, poiché ricordava alcuni sordi scandali con i quali la cronaca di Corte aveva già trovato il modo di lordare la veste nuziale di Margherita di Valois.”

Alexandre Dumas (padre) (1802–1870) scrittore francese

pp. 26-27

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“All'odio dal timor breve è il passaggio.”

Giovanni Battista Casti (1724–1803) poeta e librettista italiano

IX, 110
Gli animali parlanti

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“Una volta stavamo tornando da Mosca, e lungo la via ci dettero un passaggio dei carrettieri, che venivano da Serpuchòv ed erano diretti a un bosco, da un mercante, per caricare del legname. Era il giovedì santo. Io m'ero seduto sulla telega davanti, accanto al carrettiere, un mužìk forte, rosso, grossolano, che ad ogni evidenza era anche un gran bevitore. Passando per un villaggio, vedemmo che dall'ultima casa stavano trascinando fuori un maiale, ben ingrassato, nudo, roseo, per ucciderlo. Urlava con una voce disperata, simile a un grido umano. E proprio mentre stavamo passando noi, si misero a sgozzarlo. Uno degli uomini gli fece un lungo taglio sulla gola, con un coltello. Il maiale mandò un urlo ancora più forte e penetrante, si divincolò e corse via, inondandosi di sangue. Io sono miope e non vidi tutto nei dettagli, vidi soltanto il corpo del maiale, un corpo roseo come un corpo umano, e udii quello strillo disperato; ma il carrettiere vide tutti i dettagli, e continuava a guardare senza mai distogliere gli occhi. Acchiapparono il maiale, lo rovesciarono a terra e si misero a finirlo. Quando il suo strillo tacque, il carrettiere fece un sospiro profondo: «Possibile che un giorno non dovranno rispondere di questo?» borbottò.
A tal punto è forte negli uomini la ripugnanza per ogni uccisione, ma con l'esempio, con lo stimolo dell'umana avidità, con il ripetere che Dio ha permesso queste cose, e soprattutto con l'abitudine, si spinge la gente fino al punto di perdere del tutto questo loro naturale sentimento.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“[Ai genitori] La vita umana sulla terra è un pellegrinaggio. Noi tutti siamo consapevoli di essere di passaggio nel mondo.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Vasai, 9 febbraio 1986
Dal viaggio in India 1986

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“Pregiudicati dalla scarsa domanda dell'esterno, i giovani stazionano nel "Reclusorio" grazie anche alla compiacenza degli amministratori, fino al punto di disattivare i criteri per il loro allontanamento. Alla fine del XVIII secolo, questo fenomeno è largamente rinvenibile, tanto da richiamare l'attenzione dei governatori che, nel 1790, dopo aver riscontrato che nei cinque anni precedenti nessun recluso è uscito impiegato, propongono alcune modifiche ai regolamenti vigenti. Considerando che i criteri fino ad allora osservati di licenziarsi dopo i diciotto anni i reclusi maschi, debbano essere rispettati più largamente, la Giunta dell'Albergo introduce alcune restrizioni per quanto riguarda la permanenza nell'Istituto, al fine di incentivare il reinserimento dei giovani nella società. Infatti, mentre si continua a raccomandare di non licenziare il recluso se non è perfettamente "istruito nell'arte", se ne prevede il trasporto nella casa di correzione di San Francesco fuori porta Capuana «se discepolo e resistente all'apprendere l'arte», oppure il passaggio ai vecchi dell'Albergo se "incapace e scimunito". Resta, invece, confermata la norma di dotare il giovane licenziato di un abito intero, ma questo misero incentivo, ben presto, è arricchito dalla dotazione dei basiliari strumenti di lavoro, nella vana speranza di invogliare i vittitanti a lasciare l'ospizio. Si tratta di espedienti poco convincenti che si scontrano, m annullandosi, contro i numeri sempre più grandi di quanti confluiscono nell'istituto”

cap. 2, p. 51
L'industria della carità

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“[Parlando del passaggio di Federer da junior a professionista] Il suo potenziale era visibile, ma il suo fisico non era ancora pronto. I suoi movimenti e la sua resistenza dovevano essere migliorati. E durante il punto aveva così tanti colpi nel suo arsenale, così tanti modi per vincere. Aveva talmente tante opzioni da rendere tutto più complicato perché era capace di fare tante cose. Poi batté Sampras e fu come un nuovo inizio. Restava un lungo cammino da percorrere per vincere uno Slam.”

Peter Lundgren (1965) allenatore di tennis e ex tennista svedese

Origine: Nell'edizione 2001 di Wimbledon, Federer batté Sampras (7 volte campione sull'erba londinese) con il punteggio di 7-6<sup>7</sup>, 5-7, 6-4, 6<sup>2</sup>–7, 7-5, ponendo così fine alla striscia positiva dell'americano di 31 vittorie consecutive nel torneo inglese.
Origine: Citato in Robert Davis, traduzione di Stefano Pentagallo, Federer: storia di un campione http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/11/30/629561-federer_storia.shtml, Ubitennis.com, 30 novembre 2011.

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“Caro Inler, per noi ci può essere spazio nel Napoli ma il Napoli è una fede. Il giocatore vuole una clausola rescissoria con un valore che lascia pensare che siamo una tappa di passaggio per altri lidi, e questo non va bene, Inler deve dimostrare di voler abbracciare il progetto.”

Aurelio De Laurentiis (1949) produttore cinematografico, dirigente sportivo e imprenditore italiano

Origine: Citato in «A Inler e Criscito dico che il Napoli è una fede» http://www.corrieredellosport.it/calcio/calcio_mercato/2011/06/09-177365/%C2%ABA+Inler+e+Criscito+dico+che+il+Napoli+%C3%A8+una+fede%C2%BB, Corriere dello Sport, 9 giugno 2011.

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“Il suono deve essere usato come un passaggio verso la sensazione.”

Osho Rajneesh (1931–1990) filosofo indiano

Origine: Il libro dei segreti, I segreti della trasformazione (vol. II), p. 330

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“Paolo Luigi Courier descrive nelle sue lettere gli episodi quotidiani di questa guerra di parte, che aveva finito col prendere dai due lati un carattere atroce. «Figuratevi», egli dice, «sul pendio di qualche collina, lungo le rocce ornate come vi ho già detto, un distaccamento di un centinaio dei nostri, in disordine. Si marcia alla ventura, non si ha cura di nulla. Prendere delle precauzioni, stare attenti, perché? Da più di otto giorni non si sono avute truppe massacrate in questa zona. Alla base della collina scorre un ripido torrente che bisogna attraversare per giungere sull'altra salita: parte della fila è già in acqua, parte di qua e di là. Tutto a un tratto da diversi punti spuntano mille contadini, banditi, forzati, evasi, disertori, comandati da un suddiacono, bene armati, eccellenti tiratori; fan fuoco sui nostri, prima di esser visti; gli ufficiali cadono per primi; i più fortunati muoiono sul posto; gli altri, per qualche giorno, servono di balocco ai loro carnefici».
«Intanto il generale, colonnello o capo, non importa di qual grado, che ha fatto partire questo distaccamento senza pensare a nulla, senza sapere, quasi sempre, se il passaggio era libero, edotto della sconfitta, si vendica sui villaggi vicini; v'invia un aiutante di campo con 500 uomini. Si saccheggia, si viola, si sgozza, e quelli che sfuggono, vanno ad ingrossare la banda del suddiacono.»”

François Lenormant (1837–1883) assiriologo e numismatico francese

Origine: La Magna Grecia. Paesaggi e storia, La Calabria (vol. III), pp. 40-41

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“[Sul Palio di Siena] Il resto è una serie di immagini che non sembrano aver nesso tra loro, ordinate in rapida sequenza, come i passaggi improvvisi delle scene in un film. La luce del sole è ancora forte. Una fanfara di trombe e di tamburi che fa sporgere la gente avanti avidamente. Sessantamila persone. […] Il suono del campanone, ossessivo, un suono cupo, lugubre, da quando un fulmine ne ha modificato il timbro. […] Il resto è l'animale che striscia la testa per terra quasi rovesciandola, emettendo un gemito pietoso che pare di vedere uscire dalla bocca, i denti digrignanti; ed è come accorgersi all'improvviso che anche le bestie possano esprimere tensione, sofferenza, voglia di libertà in un palio fatto da loro ma non per loro. […] Il resto sono le finestre di una stessa casa che ti indicano: se nasci a destra sei di una contrada, se a sinistra di un'altra. I vestiti da mezzo quintale […]; le stanze che ti vengono aperte quando il sole si è abbassato e ricche di asgalani, bandiere ricamate a mano e una storia che non è cresciuta nei musei ma a Piazza del Campo, una conchiglia di nove spicchi a ricordo del governo dei Noverchi. Il resto è la storia con la maiuscola che si incrocia con la minuscola: le banche, gli uffici che avanzano e occupano il centro, il popolo che se ne va, costretto, fuori le mure, ma dentro di sé porta la vecchia contrada.”

Emanuela Audisio (1953) giornalista e scrittrice italiana

la Repubblica

“La filosofia la intendo come il passaggio dal senso al significato, attraverso le mediazioni culturali, dottrinali, attraverso la struttura del puro pensare e attraverso le mediazioni della prassi.”

Italo Mancini (1925–1993) presbitero e filosofo italiano

da Aspetti e problemi dell'ermeneutica, a cura di A. Verri e G. A. Roggerone, Milella, 1988

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“Flavio [Merkel] è il mio passaggio dall'incertezza alla decisione, un insegnante perfetto, metodico, per niente improvvisato, in grado di traghettarti dalle nebulose del gusto al trovare un tuo stile di vita..”

Platinette (1955) conduttore radiofonico, autore televisivo e attore italiano

Origine: .Da Ricordo di Flavio Merkel: eravamo mine vaganti http://www.arcigaymilano.org/riviste/articoli.asp?IDTestata=1428&Anno=2004&Mese=10&IDArticolo=508&offset=, Pride, novembre 2004.

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“Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più semplice, facile a accessibile ai contadini.”

Lenin (1870–1924) rivoluzionario e politico russo

Origine: Da Le cooperative sotto il socialismo, in Opere scelte, Editori riuniti, 1965.

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“Meglio, in politica, avere rappresentato venti bandiere che nessuna? – scrisse pensando a lui Benedetto Croce. Indro Montanelli nella sua biografia di Garibaldi, Luigi Magni nel suo film Il generale ce lo hanno rappresentato come un simpatico birbante. E anche Nico Perrone […] ci presenta una non schematica riabilitazione: anche a sorpresa, rispetto a un titolo che sembrerebbe ben altrimenti critico. È vero, riconosce, Liborio Romano era un voltagabbana. Ma non per volgare tornaconto personale, bensì sempre al servizio di progetti autenticamente riformisti. In campo penale, ad esempio, si dovette al suo pur breve passaggio per il governo delle Due Sicilie l'abolizione della pena barbarica delle legnate. E in campo sociale fu promotore alla Camera di una proposta di riforma agraria che forse contribuì al suo isolamento politico più ancora delle troppe giravolte. Naturalmente, molto dipende poi dal modo in cui si vuole valutare il passaggio dal Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Perrone non nasconde affatto i nodi dell'Unità, dall'accentramento brutale alla feroce repressione del brigantaggio. Ma non indulge neanche sull'opposta retorica della monarchia borbonica come mitica età dell'oro: prima ancora dei bersaglieri contro i briganti erano stati i soldati di Ferdinando I a tagliare teste in quantità per reprimere la rivolta del Cilento del 1828, e gli investimenti infrastrutturali e industriale che pur la dinastia borbonica aveva fatto si concentravano a Napoli dimenticando il resto del Regno. Romano, a suo modo, era stato appunto fautore di un fallito progetto di riscatto del Sud accettando la nuova logica unitaria, ma salvaguardandone gli interessi specifici.”

Nico Perrone (1935) saggista, storico e giornalista italiano

da il Foglio, 27 luglio 2010

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“Ho visto anche Pelé, all'eleganza di Meazza non è arrivato. Una volta, all'Arena, gli vidi fare uno stop in rovesciata a due metri da terra: atterrò col pallone incollato, saltò l'avversario ipnotizzato e andò a infilare il portiere con quei suoi passaggi in porta millimetrici e beffardi.”

Luigi Veronelli (1926–2004) enologo e cuoco italiano

Origine: Citato in Gigi Garanzini, «Brindo all'Inter di Meazza» http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,detail/id,0332_01_2001_0222_0048_2907493/, la Stampa, 13 agosto 2001.

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“[Diego Velázquez] La tavolozza del nostro artista è estremamente semplice. Non vi troviamo che i colori fondamentali e imprescindibili, e quegli altri che chiameremo "puri". […] Questi colori sono le terre in genere, le ocre, la terra di Siena bruciata e il nero d'osso. […] Le tele che Velázquez usava agli inizi erano ruvide (preparate da lui o almeno nella sua bottega), con un tono rossastro e con una gran quantità di colore. Via via che l'artista procede nella sua carriera, adopera tele sempre più sottili e rischiara anche i colori dell'imprimitura, che divengono prima rossicci chiari, poi ocra, quindi grigiastri e, sulla fine, grigi quasi chiari. I toni rossastri, scuri, caldi, che usava nel suo primo periodo causavano poi l'annerimento della pittura, che certo non era, nell'insieme, scura come ci è giunta oggi. Ma ancor più che l'imprimitura, quel che ha scurito tante opere è stato l'uso del bitume. Si potrebbe dire che lo svolgimento della tavolozza di Velázquez si identifica con il passaggio dal bitume al nero d'osso.”

Aureliano de Beruete (1845–1912) pittore spagnolo

da La paleta de Velázquez, 1922
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“[In riferimento al caso Alma Shalabayeva ed alla mozione di sfiducia verso Angelino Alfano] Un fatto è chiaro. Il ministro Alfano ha ingannato il Parlamento. Lo ha fatto quando ha omesso scientemente di leggere in Aula alcuni passaggi della relazione del capo della Polizia Pansa, e in particolare quello in cui viene detto a lettere chiarissime che era stato proprio Alfano ad allestire l'incontro tra il suo capo di gabinetto Procaccini e l'ambasciatore kazako, per una questione molto delicata riguardante «l'arresto di un pericoloso latitante.»”

Loredana De Petris (1957) politica italiana

Chi può credere che, dopo una frase del genere, il Ministro si sia disinteressato della questione molto delicata?
Origine: Il riferimento è ad Alua Ablyazov che con la madre Alma Shalabayeva era stata espulsa dall'Italia, per approfondire vedi qui.
Origine: Citato nel resoconto stenografico della seduta n. 73 del 19 luglio 2013 http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=hotresaula, Senato della Repubblica- XVII Legislatura, Roma, 19 luglio 2013.

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“Io non sono un musicista, ma ho molto studiato la declamazione. Mi si accorda il talento di recitare assai bene i versi, e specialmente i miei. Venticinque anni or sono, mi venne fatto di pensare che la sola musica conveniente alla poesia drammatica e, soprattutto, all'aria e al dialogo che noi chiamiamo d'azione, sia quella che maggiormente s'accosta alla declamazione naturale, animata, energica; che la declamazione non è essa stessa che una musica imperfetta; che noi potremmo notarla quale essa è, solo quando avessimo escogitato un numero di segni bastevole ad esprimere tanti toni, tante inflessioni, tanti elevamenti, abbassamenti e sfumature d'una verietà pressocché infinita, quanti sono quelli che la voce assume declamando… Io giunsi a Vienna nel 1761 tutto preso da quest'idea. L'anno seguente, Sua Eccellenza il conte Durazzo, allora direttore degli spettacoli della Corte imperiale, ed oggi suo ambasciatore a Venezia, al quale avevo letto il mio Orfeo, mi sollecitò a darlo in teatro. Io vi acconsentii, a condizione che la musica sarebbe stata scritta a mio piacimento, al quale scopo egli mi indirizzò a Gluck, che – mi disse – si presterebbe a tutto. Io gli lessi il mio Orfeo e, declamandogliene ripetutamente alcuni brani, gli indicai le sfumature che mettevo nella mia declamazione, le sospensioni, i rallentamenti, le accelerazioni, i suoni della voce talvolta forzati, tal'altra fievoli e sommessi, di cui intendevo ch'egli si valesse nella composizione. Lo pregai, al tempo stesso, do abolire i passaggi, le cadenze, i ritornelli e tutto quanto si è introdotto di gotico, di barbaro, di stravagante nella nostra musica. Gluck adottò le mie vedute.”

Ranieri de' Calzabigi (1714–1795) poeta e librettista italiano

citato in Clemente Fusero, Mozart

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“Nei giardini della villa ci si può tro­vare a cena, oppure a pranzo, con imprendito­ri di passaggio, e con amici, con parlamentari, con dirigenti politici… ma anche, e questo è uno degli aspetti francamente più simpatici, con tante belle famigliole.”

Sandro Bondi (1959) politico italiano

Origine: Villa Certosa, la residenza di Silvio Berlusconi in Costa Smeralda.
Origine: Dall'intervista di Fabrizio Roncone, Bondi: ragazze? Alla villa ricordo famigliole http://www.corriere.it/cronache/09_giugno_01/bondi_ragazze_villa_roncone_1467a634-4e71-11de-be80-00144f02aabc.shtml, Corriere della sera, 1º giugno 2009.

“È repressivo. Dobbiamo liberare le donne come loro. Le donne con il velo allevano dei fondamentalisti: il velo è la "droga di passaggio" all'estremismo».
Ziad rise. Sorseggiò il tè e ci pensò un attimo prima di rispondere.
«Un velo non è una bomba», disse. «Inoltre, liberarle da cosa? Il velo è un simbolo culturale che ha una storia lunga. Se vivi nel Qatar per un bel po', prima o poi ti troverai in una tempesta di sabbia. Le particelle di sabbia sono finissime, e ti entrano negli occhi, nel naso e nella gola e ti tappano tutto. Ti assicuro che quando ne arriverà una, ti coprirai il naso e la bocca anche tu. Probabilmente è così che la gente di questa parte del mondo ha iniziato a portare il velo migliaia di anni fa. In ogni caso, comunque, se vogliono portare il velo, sono libere di farlo. Perché non rilassarsi e compiacersi della varietà del mondo? Mi piace pensare al mondo come a un film di fantascienza. Ci sono tutte queste creature che si trovano vicendevolmente bizzarre, e anche se qualcuno non ci piace dobbiamo comunque rivolgergli la parola».
«Ma in questo mondo ci sono anche persone – musulmani – che vogliono imporre il velo a tutti. Sono queste le persone che la riforma dell'Islam cerca di fermare».
«Questa però non è una riforma islamica», rispose Ziad. «Per "imporre" qualcosa a qualcuno, si deve stare al governo. Ogni volta che un governo ti impone qualcosa e tu ti opponi, quella è un'opposizione al governo e basta. Perché devi tirare in ballo l'Islam?»
«Perché sono loro a dire che è tutta una questione di Islam».
«Il fatto che lo dicano non vuol dire che sia vero. Sta a te vedere al di là. Ascolta, se il governo americano dice che una parte della popolazione va messa in prigione in nome dei Pokémon, ti trasformi in un esperto di Pokémon per cercare di dimostrargli che mai e poi mai i Pokémon farebbero una cosa del genere?”

Ali Eteraz scrittore e giornalista pakistano
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