Frasi su voglia
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“Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava. Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto. Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. 'Nel frattempo, voglio chiederti un favore,' concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio. 'Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.' Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio. 'Allora,' gli domandò questi, 'hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?' Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato. 'Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo,' disse il Saggio. 'Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.' Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d'arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d'arte era disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto. 'Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato?' domandò il Saggio. Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate. 'Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti,' concluse il più Saggio dei saggi. 'Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino.' Il ragazzo tacque. Aveva capito la storia del vecchio re: un pastore ama viaggiare, ma non dimentica mai le sue pecore.”

The Alchemist

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“Non aveva voglia di morire. La era bella. Il sole caldo. E gli esseri umani?”

Virginia Woolf (1882–1941) scrittrice, saggista e attivista britannica

Mrs. Dalloway

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“Dunque," mormorò, "secondo lei le feste natalizie sono un'epoca poco favorevole ai delitti."
"E' quel che penso."
"Perché?"
"Perché?" Johnson parve un pò perplesso. "Perché, come ho detto, c'è un senso diffuso di allegria, di buona volontà… di buoni pranzi…"
"Come siete sentimentali, voi inglesi!"
"Bé, e anche se fosse così, che male ci vede? E' forse un male amare le tradizioni, le vecchie feste?"
"Oh no, nessun male, anzi è una cosa molto poetica! Ma esaminiamo i fatti. Lei ha detto che Natale è un'epoca di buoni pranzi. Questo significa che in questi giorni si mangia e si beve troppo… Per conseguenza… indigestioni, e all'indigestione si accompagna spesso una speciale irritabilità del carattere."
"Ma i delitti non vengono commessi per irritabilità."
"uhm! Non ne sono troppo sicuro… Ma partiamo anche da un altro punto di vista. A Natale impera lo spirito di "buona volontà". Vecchi litigi vengono dimenticati, coloro che si trovano in disaccordo fanno la pace… Sia pure provvisoriamente, le famiglie che sono state separate per tutto l'anno si raccolgono ancora una volta. In queste occasioni, amico mio, deve ammettere che i nervi possono venir sottoposti a dura prova. Persone che non hanno alcuna voglia di essere amabili fanno uno sforzo per apparirlo… C'è in essi molta ipocrisia, a Natale, onorevole ipocrisia, senza dubbio, ipocrisia pour le bon motif, ma sempre ipocrisia."
"Bé… io non presenterei le cose in questo modo," disse Johnson con aria dubbiosa.
Poirot gli sorrise.
"No, no, sono io che le presento così… e che sostengo come lo sforzo per essere buoni e amabili crei un malessere che può riuscire in definitiva pericoloso. Chiudete le valvole di sicurezza del vostro contegno naturale, e, presto o tardi, la caldaia scoppierà provocando un disastro."
Il colonnello Johnson guardò il piccolo belga.
"Non riesco mai a capire quando parla sul serio e quando si sta burlando di me."
"Non parlo sul serio, no!" disse Poirot ridendo. "Nemmeno per sogno. Ma sostengo che condizioni artificiali di vita finiscono sempre con una naturale reazione.”

Hercule Poirot's Christmas

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“Robert Lindet, ossessionato creatore di quella piovra che aveva la sua testa nel comitato di sicurezza generale e che stendeva le braccia, ventunmila!, su tutta la Francia attraverso i comitati rivoluzionari; Lebuef, sul quale Girey-Duprè scrisse nel suoquesto verso: «Lebouf vit Legendre et beugla»; Thomas Paine, americano, incline alla clemenza; Anacharsis Cloots, tedesco, barone, milionario, ateo, hébertiano, animo candido; l'integerrimo Lebas, amico dei Duplay; Rovère, una delle rare creature che godono della perfidia come uno può godere dell'arte per l'arte, il che avviene più frequentemente di quanto non si creda; Charlier, il quale voleva che si trattassero gli aristocratici con il; Tallien, elegiaco e feroce, dai cui amori nascerà il 9 termidoro; Cambacéres, un procuratore che diverrà principe; Carrier, un procuratore che si paleserà tigre; Laplanche, il quale esclamò un giorno: «Voglio che sia data priorità al cannone d'allarme»; Thuriot, che propose la votazioneda parte dei giurarti del tribunale rivoluzionario; Bourdon de l'Oise, che sfidò a duello Chambon, denunciò Paine e fu denunciato da Hébert; Fayau, il quale propose l'invio nella Vandea di «un'armata incendiaria»; Tavaux, che il 13 aprile tentò la mediazione tra Gironda e Montagna; Vernier il quale chiese che i capi girondini e quelli della Montagna andassero a servire la patria come semplici soldati; Rewbell, che si chiuse dentro Magonza assediata; Bourbotte, che ebbe il suo cavallo ucciso alla presa di Saumur; Guimberteau, che fu a capo dell'armata delle Côtes di Cherbourg; Jard-Panvilliers, il quale comandò le truppe della Côtes de la Rochelle; Lecarpentier, che comandò la squadra di Concale; Roberjot, vittima dell'imboscata di Radstadt; Prieur de la Marne, che si compiaceva di indossare sul campo di battaglia le sue vecchie spalline di comandante si squadrone; Levasseur de la Sarthe, il quale, con una sola parola, indusse al sacrificio Serrent, comandante del battaglione di Saint-Armand; Reverchon, Maure, Bernard de Saintes, Charles Richard, Lequinio, e, in testa a questo gruppo un Mirabeau che portava il nome di Danton. Estraneo a questi due gruppi e dominatore di entrambi, Robespierre.”

Victor Hugo (1802–1885) scrittore francese
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“Dall'archivio magnetico del signor Alex D. Alla fine, l'equilibrio interiore non é da cercare. Forse ce l'abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne alltonatniamo. Il fatto é che a parlare di equlibrio interiore mi sento un povero stronzo. Mi sembra uno di quei termini che si usano nelle sedute di psicoanalisi liberatoria collettiva o nei rifugi per donne violentate.
Okay. Tutto mi dice di essere forte, determinato negli scopi, capace di andare avanti nella Vita, ma se uno sente che é arrivato il momento di cambiare un pò rotta o anche solo il bisogno di fermarsi a ragionare sul serio per proprio conto? Voglio dire: e i cazzi di sette e mezzo in latino, per esempio, che da semplici strumenti sono diventati una specie di fine ultimo?… Insomma, a quanto ne so dovrei studiare per strappare un titolo di studio che a sua volta mi permetta di strappare un buon lavoro che a sua volta mi permetta di strappare abbastanza soldi per strappare una qualche cavolo di serenità tutta guerregiata e ferita e massacrata dagli sforzi inauditi per raggiungerla.
Cioè, uno dei fini ultimi é questa cavolo di serenità martoriata. Il ragionamento é così. Non ci vuole un genio. E allora, perché dovrei sacrificare i momenti di serenità che mi vengono incontro spontaneamente lungo la strada?
Perché dovrei buttarli in un pozzo, se fanno parte anche loro del fine a cui tendere? Se un pomeriggio posso andare a suonare o uscire con una ragazza che mi piace, perché cavolo devo starmene in casa a trascrivere le versioni dal traduttore o far finta di leggereil sunto di filosofia? La realtà é che mi trovo a sacrificare il me diciassettenne felice di oggi pomeriggio a un eventuale me stesso calvo e sovrappeso, cinquantenne soddisfatto, che apre la porta del garage col comando a distanza e dentro c'ha una bella macchina, una moglie che probabilmente gli fa le corna col commercialista e due figli gemelli con i capelli a caschetto identici in tutto ai bambini nazisti della kinders. Tutti dentro il garage, magari, no. Diciamo più o meno intorno. Cioè, circondato. Dovunque la domanda è: un orrore di queste proporzioni vale più del sole e del gelato di oggi pomeriggio? Più di qualunque ragazza? Più di Valentina che arriva sorridendo all'appuntamento con dieci minuti di ritardo e una maglietta blu con dentro quel ben di Dio sorprendente?”

Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll

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“Libertà e uguglianza sono tra gli scopi primari perseguiti dagli esseri umani per secoli; ma libertà totale per i lupi significa morte per gli agnelli; una totale libertà dei potenti, dei capaci, non è compatibile col diritto che anche i deboli e i meno capaci hanno a una vita decente. Un artista che voglia creare un capolavoro è indifferente alla miseria e allo squallore a cui condanna col suo tipo di esistenza la propria famiglia: noi possiamo condannarlo e sostenere che il capolavoro dev'essere sacrificato ai bisogni umani, oppure possiamo schierarci dalla parte dell'artista; ma in entrambi i casi ci troviamo davanti a valori che per certi uomini e donne sono valori assoluti e che sono intelleggibili a tutti noi se abbiamo immaginazione o solidarietà o comprensione per gli esseri umani. L'uguaglianza può esigere la limitazione della libertà di coloro che vorrebbero dominare. Senza un minimo di libertà ogni scelta è esclusa e perciò non c'è possibilità di restare umani nel senso che attribuiamo a questa parola; ma può essere necessario mettere limiti alla libertà per fare spazio al benessere sociale, per sfamare gli affamati, per vestire gli ignudi, per dare un alloggio ai senza tetto, per consentire agli altri di essere liberi, per non ostacolare la giustizia e l'equità.”

Isaiah Berlin (1909–1997) filosofo, politologo e diplomatico britannico

The Crooked Timber of Humanity: Chapters in the History of Ideas

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“Voglio farle una domanda, disse il dottor Cardoso, lei conosce i médecins-philosophes? No, ammise Pereira, non li conosco, chi sono? I principali sono Théodule Ribot e Pierre Janet, disse il dottor Cardoso, è sui loro testi che ho studiato a Parigi, sono medici e psicologi, ma anche filosofi, sostengono una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sè, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perchè noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l'io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione.
Forse, concluse il dottor Cardoso, dopo una paziente erosione c'è un io egemone che sta prendendo la testa della confederazione delle sue anime, dottor Pereira, e lei non può farci nulla, può solo eventualmente assecondarlo. Il dottor Cardoso finì di mangiare la sua macedonia e si asciugò la bocca con il tovagliolo. E dunque cosa mi resterebbe da fare?, chiese Pereira. Nulla, rispose il dottor Cardoso, semplicemente aspettare, forse c'è un io egemone che in lei, dopo una lenta erosione, dopo tutti questi anni passati nel giornalismo a fare la cronaca nera credendo che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, forse c'è un io egemone che sta prendendo la guida della confederazione delle sue anime, lei lo lasci venire alla superficie, tanto non può fare diversamente, non ci riuscirebbe e entrerebbe in conflitto con se stesso, e se vuole pentirsi della sua vita si penta pure, e anche se ha voglia di raccontarlo a un sacerdote glielo racconti, insomma, dottor Pereira, se lei comincia a pensare che quei ragazzi hanno ragione e che la sua vita finora è stata inutile, lo pensi pure, forse da ora in avanti la sua vita non le sembrerà più inutile, si lasci guidare dal suo nuovo io egemone e non compensi il suo tormento con il cibo e con le limonate piene di zucchero.”

Sostiene Pereira

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“Gli scrittori di oggi, e ci sono anch'io fra quelli, hanno la tendenza a mettere in risalto l'avvilimento dello spirito, e Dio solo sa quanto spesso la cosa avvenga. Ma quando, qualche volta, questo non succede, è come se si accendesse un faro davanti a noi. E a tale proposito voglio dedicare un momento per spiegare come stanno le cose. A dispetto dei sorrisini provenienti dai sudisti della "Cintura delle Nevrosi" e dagli scrittori, sono convinto che i grandi- Platone, Lao-tsu, Buddha, Gesù, Paolo, oltre ai profeti ebrei- non siano arrivati fino a noi in forza della loro negatività. Chi scrive ha il dovere di incoraggiare, illuminare e dare sollievo alla gente. Se si può dire che la parola scritta sia in qualche modo servita allo sviluppo della specie e a un mezzo sviluppo della cultura, il suo contributo è consistito in questi: che una grande opera può dirsi tale se si offre come un bastone a cui si può appoggiare, una madre a cui ci si può rivolgere, la saggezza che corregge i passi falsi della follia, la forza che soccorre quando si è deboli e il coraggio che viene in aiuto quando si ha paura. Non saprei peraltro dire come si possa affrontare la realtà con un atteggiamento negativo o in preda alla disperazione e chiamare tutto questo letteratura. E' pur vero che siamo fragili, brutti, meschini e litigiosi, ma se quel che siamo fosse tutto qui, saremmo scomparsi dalla faccia della terra ormai da millenni. Questo oggi mi sento di dire, e lo voglio dire in modo chiaro, sì che non lo si debba dimenticare leggendo quanto di terribile e increscioso seguirà in questo libro; e perché il territorio a est dell'non è l'Eden, questo certamente no, ma non si può nemmeno dire che si collochi a un'insuperabile distanza." Da il suo”

John Steinbeck (1902–1968) scrittore statunitense
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“Da quando mio padre è morto, gli chiedo di intervenire nella mia vita. Guardo il cielo e gli parlo con voce confidenziale e veemente. È l’unico essere a cui possa rivolgermi quando mi sento impotente. All’infuori di lui non conosco nessuno che potrebbe preoccuparsi di me nell’aldilà. Non mi viene mai in mente di parlare con Dio. Ho sempre ritenuto che non si possa disturbare Dio. Non si può parlare con lui direttamente. Dio non ha tempo di interessarsi ai singoli casi. A meno che non si tratti di casi eccezionalmente gravi. Nella scala delle suppliche, le mie sono diciamo così ridicole. Io la penso come la mia amica Pauline, quando ha ritrovato una collana che aveva ereditato dalla madre e perso nell’erba alta. Passando da un paese, suo marito ha fermato la macchina per precipitarsi in chiesa. Il portone era chiuso, e lui si è messo a scuotere freneticamente il catenaccio. Ma cosa fai? Voglio ringraziare Dio, ha risposto. – Dio se ne frega! – Voglio ringraziare la Madonna. – Ascolta Hervé, se mai c’è un Dio, se mai c’è una Madonna, credi che con tutto quello che succede nell’universo, con tutti i mali del mondo, gliene importi qualcosa della mia collana?!… Per cui io invoco mio padre, che mi sembra più accessibile. Gli chiedo dei favori ben determinati. Forse perché le circostanze mi portano a desiderare cose precise, ma anche, sotto sotto, per testare le sue capacità. È sempre la stessa richiesta d’aiuto. Una preghiera affinché succeda qualcosa. Ma mio padre è un disastro. Non mi sente, oppure non possiede alcun potere. È deprecabile che i morti non abbiano alcun potere. Disapprovo questa divisione radicale dei mondi. Ogni tanto gli attribuisco un sapere profetico. Penso: non soddisfa le tue richieste perché sa che non sarebbe un bene per te. Questo mi dà sui nervi, ho voglia di dire, non sono affari tuoi, ma almeno posso considerare il suo non intervento come un gesto deliberato. [Da].”

Yasmina Reza (1959) drammaturga, scrittrice e attrice francese

Heureux les heureux

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“Ma io voglio che tu abbi per indubitato che a conoscere perfettamente i pregi di un’opera perfetta o vicina alla perfezione, e capace veramente dell’immortalità, non basta essere assuefatto a scrivere, ma bisogna saperlo fare quasi così perfettamente come lo scrittore medesimo che hassi a giudicare. Perciocché l’esperienza ti mostrerà che a proporzione che tu verrai conoscendo più intrinsecamente quelle virtù nelle quali consiste il perfetto scrivere, e le difficoltà infinite che si provano in procacciarle, imparerai meglio il modo di superare le une e di conseguire le altre; in tal guisa che niuno intervallo e niuna differenza sarà dal conoscerle, all’imparare e possedere il detto modo; anzi saranno l’una e l’altra una cosa sola. Di maniera che l’uomo non giunge a poter discernere e gustare compiutamente l’eccellenza degli scrittori ottimi, prima che egli acquisti la facoltà di poterla rappresentare negli scritti suoi: perché quell’eccellenza non si conosce né gustasi totalmente se non per mezzo dell’uso e dell’esercizio proprio, e quasi, per così dire, trasferita in se stesso. E innanzi a quel tempo, niuno per verità intende, che e quale sia propriamente il perfetto scrivere. Ma non intendendo questo, non può né anche avere la debita ammirazione agli scrittori sommi.”

Giacomo Leopardi (1798–1837) poeta, filosofo e scrittore italiano

Operette Morali: Essays and Dialogues

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“«Alex, non ti capita mai di pensare come la nostra storia sia assolutamente folle e fuori da tutti i canoni, e di come la gente non la capisca e di come nessuno la potrà mai capire?»
«Se è per questo, ci penso praticamente tutti i giorni. Anzi, spesso mi domando quanto ne capisco io»
«Un sacco di gente mi chiede perché non stiamo insieme e… non so, è strano, a pensarci bene. Effettivamente, visti dal di fuori dobbiamo dare l'idea di due che stanno insieme.»
«Io non sto con te perché… perché va bene così, perché giugno è fantastico, e sapere che c'è l'America che arriva, e allora dirsi tutto perché tra una settimana è troppo tardi, è magnifico. Qualcosa mi manca, e lo sai. Io vorrei baciarti e tutto il resto, ma non tanto per il gesto in sé… Davvero. E’ difficile… E’ come mettere le basi per addomesticarti un po’ di più. Farai più fatica a dimenticarti di me, così. Resteremo più attaccati ogni cosa in più che faremo. Io ho paura, per l'anno prossimo. Bacerò cento ragazze, andrò a letto con gente di cui non m'importa, ma non sarà come uscire con te e non dirsi niente per tutto il pomeriggio. Io so già che l'anno prossimo farò le cose più facili, più banali. E con te è tutto così trasparente e da ragazzini… Se penso che non ti ho mai baciata, Aidi…»
«Lo sai, bisogna sempre fare solo Quello Che Ci Si Sente.»
«Certo, dicevo così. Dicevo Quello Che Mi Sento.»
«E cosa ti senti, ancora?»
«Sento che questo giugno, questo scoprirsi ogni giorno di più, e ogni pezzo di me che scopro trovarne uno nuovo di te, e ogni pezzo di me che ti regalo trovarne in cambio uno che tu mi lasci nel calzino di lana di fianco al camino mentre dormo, è bello. A me non era mai successo. E vedere crescere Aidi e Alex, ogni giorno, ogni mattina di sole, che per il resto della gente non vuol dire niente di particolare, è sovvertire tutti i pronostici, è ridere di fronte all'Uomo con le Previsioni Sicure, quello che era certo che la Danimarca avrebbe preso una vagonata di gol e sarebbe stata eliminata nelle qualificazioni e invece si è qualificata e agli Europei giocherà con squadre molto più forti, e l'Uomo con le Previsioni Sicure non si raccapezza. La Gente capisce solo quando le cose sono già successe, mai mentre accadono. E per noi due è lo stesso. La Gente che non capisce come sia possibile, visto che l'Uomo dei Sondaggi aveva negato categoricamente che due come noi potessero avere una pazza storia del genere.»
«Fantastico. E la Danimarca come gioca?»
«Bene. Si vede che si divertono.»
«Alex», aveva detto lei, stringendogli le mani con una strana intensità che l'aveva turbato. «Io voglio che la Danimarca vinca.»”

Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll

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“(…) Ma perché non siete mai a scuola? vi vedo ogni giorno, in giro, sempre vagabonda…"
"Oh, non soffrono troppo della mia mancanza, credetemi" rispose lei. "Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano, perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa si intenda per senso sociale, non vi sembra? Per me significa parlare con voi di cose come queste. (…) O anche parlare di quanto è strano questo mondo. Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla TV, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capite, nopn si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e ve le sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo seduti là per più di quattr'ore di lezioni con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco Divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possano fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano e ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia male, di questi tempi? (…) Ho paura dei ragazzi della mia età. Si uccidono a vicenda. (…) Sei amici miei sono morti d'arma da fuoco da un solo anno a questa parte. Dieci ne sono morti in incidenti automobilistici. Mi fanno paura e loro non mi hanno in simpatia perché ho paura
(…)
Soprattutto mi piace studiare la gente. A volte passo l'itera giornata nella Ferrovia Sotterranea, a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano. Spesso scivolo come un serpente su una vettura della Sotterranea a sentire cosa dicono le persone. O nelle mescite di bibite e dolci, e sapete cosa ho scoperto? (…) Che la gente non dice nulla. (…) Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice mai qualcosa di diverso dagli altri. E quasi sempre nei caffè hanno le macchinette d'azzardo in funzione, si raccontano le stesse barzellette, oppure c'è la parete musicale accesa con i disegni a colori che vanno e vengono.”

Ray Bradbury (1920–2012) scrittore statunitense
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“Posso sapere (o ignorare) tutto quello che voglio, il mondo resta quello che è.”

Maurizio Ferraris (1956) filosofo e accademico italiano

Manifesto del nuovo realismo

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“Voglio così tanto che non è quì e che non so dove cercarlo.”

Charles Bukowski (1920–1994) poeta e scrittore statunitense

The Roominghouse Madrigals: Early Selected Poems, 1946-1966

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“BENVOLIO - Tuo padre, sì… Ma quale interna pena fa tanto lunghe
l’ore di Romeo?
ROMEO - La pena di non posseder per sé la cosa che gliele farebbe brevi.
==========

È la crudele legge dell’amore. Già le pene del mio pesano troppo
sul mio cuore, e tu vuoi ch’esso trabocchi coll’aggiungervi il peso
delle tue: giacché quest’affettuosa tua premura altro non fa che
aggiunger nuova ambascia a quella che m’opprime, ch’è già troppa.
L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve,
è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è
ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti.
Che altro è più? Una follia segreta, un’acritudine che mozza il
fiato, una dolcezza che ti tira su.
==========
Oh, ch’ella insegna perfino alle torce come splendere di più viva
luce! Par che sul buio volto della notte ella brilli come una gemma
rara pendente dall’orecchio d’una Etiope. Bellezza troppo ricca per
usarne, troppo cara e preziosa per la terra! Ella spicca fra queste
sue compagne come spicca una nivea colomba in mezzo ad uno stormo
di cornacchie. Finito questo ballo, osserverò dove s’andrà a posare
e, toccando la sua, farò beata questa mia rozza mano… Ha mai amato
il mio cuore finora?… Se dice sì, occhi miei, sbugiardatelo,
perch’io non ho mai visto vera beltà prima di questa notte.
==========

Codesti subitanei piacimenti hanno altrettanta subitanea fine, e
come fuoco o polvere da sparo s’estinguono nel lor trionfo stesso,
si consumano al loro primo bacio. Miele più dolce si fa più
stucchevole proprio per l’eccessiva sua dolcezza, e toglie la sua
voglia al primo assaggio. Perciò sii moderato nell’amare. L’amor
che vuol durare fa così. Chi ha fretta arriva sempre troppo tardi,
come chi s’incammina troppo adagio.”

Romeo and Juliet

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“Che cosa comporta, di preciso, essere un uomo, uno vero? Repressione delle emozioni.
Mettere a tacere la propria sensibilità. Vergognarsi della propria delicatezza, della propria vulnerabilità. Lasciare l'infanzia brutalmente, e definitivamente: gli uomini-bambini non hanno una buona reputazione. Essere angosciati per le dimensioni del proprio cazzo. Saper far godere le donne senza che queste sappiano o vogliano dare indicazioni su come fare. Non mostrare la propria debolezza. Imbavagliare la propria sensualità. Indossare abiti di colori spenti, portare sempre le stesse scarpe goffe, non giocare con i propri capelli, non portare troppi anelli, braccialetti eccetera, non truccarsi. Dover fare il primo passo, sempre. Non avere alcuna cultura sessuale per migliorare il proprio orgasmo. Non saper chiedere aiuto. Dover essere coraggiosi, anche senza averne la minima voglia. Valorizzare la forza qualunque sia il proprio carattere. Dar prova di aggressività. Avere un accesso limitato alla paternità. Riuscire socialmente, per pagarsi le donne migliori. Temere la propria omosessualità perché un uomo, uno vero, non deve essere penetrato. Non giocare con le bambole da piccoli, accontentarsi delle automobiline e di orribili armi di plastica. Non prendersi troppa cura del proprio corpo. Essere sottomessi alla brutalità di altri uomini, senza lamentarsi. Sapersi difendere, anche se si è dolci. Non essere in contatto con la propria femminilità, simmetricamente alle donne che rinunciano alla loro virilità, non in funzione dei bisogni di una situazione o di un carattere, ma in funzione di quello che il corpo collettivo richiede. Affinché, sempre, le donne facciano i figli per la guerra, e gli uomini accettino di andare a farsi ammazzare per salvare gli interessi di tre o quattro cretini che non vedono al di là del loro naso.”

Virginie Despentes (1969) scrittrice e regista francese
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“Io attaccai discorso con una splendida ragazza di campagna che portava una camicetta di cotone molto scollata e rivelava la sommità abbronzata del suo bel seno. Era ottusa. Parlò di serate in campagna passate a fare il popcorn sotto il portico. Un tempo ciò mi avrebbe rallegrato il cuore ma poiché il cuore di lei non se ne rallegrava mentre lo diceva, capii che in esso non c'era altro che l'idea di ciò che si dovrebbe fare. «E in quale altro modo si diverte?» Cercai di tirar nel discorso le amicizie maschili e il sesso. I suoi grandi occhi scuri mi scrutarono vacui e con una specie di dolore nel sangue che risaliva a generazioni addietro per non aver fatto ciò che urgeva venisse fatto… qualsiasi cosa fosse, e tutti sanno cosa sia. «Cos'è che esige dalla vita?» Volevo prenderla e spremere da lei la risposta. Non aveva la minima idea di quel che volesse. Farfugliò di impieghi, di film, di andare da sua nonna durante l'estate, del desiderio di recarsi a New York a vedere il Roxy, di che specie di completo avrebbe indossato: qualcosa di simile a quello che portava la Pasqua scorsa, cappellino bianco, rose, scarpine pure rosa, e un soprabito di gabardine color lavanda. «Cosa fa la domenica pomeriggio?» domandai. Stava seduta sotto il portico. I suoi amici passavano in bicicletta e si fermavano a chiacchierare. Leggeva giornaletti umoristici, si sdraiava nell'amaca. «Cosa fa in una calda notte d'estate?» Sedeva sotto il portico guardava le macchine sulla strada. Lei e sua madre facevano il popcorn. «Cosa fa suo padre in una notte d'estate?» Lavora, fa il turno di notte in una fabbrica di caldaie, ha passato la sua vita intera a mantenere una donna e i suoi rampolli e senza credito né adorazione. «Cosa fa suo fratello in una notte d'estate?» Va in giro in bicicletta e passeggia davanti al chiosco delle bibite. «Cos'è che egli muore dalla voglia di fare? Cos'è che tutti noi moriamo dalla voglia di fare? Cosa vogliamo?» Non lo sapeva. Sbadigliò. Aveva sonno. Era troppo. Nessuno poteva dirlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo mai. Tutto era finito. Aveva diciott'anni ed era estremamente adorabile, e mancata.”

On the Road

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