Frasi su delitto
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“Il coraggio non teme il delitto e l'onestà non teme l'autorità.”

I miserabili, Citazioni da altre edizioni

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“Il commettere delitti non toglie che si abbiano dei vizi.”

1967, p. 228
L'uomo che ride

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“Perché il delitto più grave dell'uomo è quello d'essere nato.”

Pedro Calderón De La Barca (1600–1681) drammaturgo e religioso spagnolo

La vita è sogno, Edizione sconosciuta

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“… nell'ottobre del 18…, tutta Londra fu messa a rumore da un delitto orribile…”

Robert Louis Stevenson (1850–1894) scrittore scozzese

da Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, 2006

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“Il segreto per rimanere giovani sta nell'avere una sregolata passione per il piacere.”

Oscar Wilde (1854–1900) poeta, aforista e scrittore irlandese

da Il delitto di Lord Arthur Savile

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“Nessun delitto è volgare ma tutta la volgarità è un delitto. La volgarità è la condotta degli altri.”

Frasi e filosofie a uso dei giovani
Origine: Il ritratto di Dorian Gray: «Ogni delitto è volgare, così come ogni volgarità è un delitto».

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“Colui che potendo dire una cosa in dieci parole ne impiega dodici, io lo ritengo capace delle peggiori azioni.”

Giosue Carducci (1835–1907) poeta e scrittore italiano

citato in Dino Segre, Sette delitti, Sonzogno

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“Commetti un delitto e la terra diventa di cristallo.”

Ralph Waldo Emerson (1803–1882) filosofo, scrittore e saggista statunitense

Compensazione, p. 101
Saggi, Prima serie

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“Un delitto vien punito quand'è piccolo ed esaltato e premiato quand'è grande.”

Giovanni Papini (1881–1956) scrittore, poeta e aforista italiano

Origine: Da Il tragico quotidiano.

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“Silenzio d'amico è delitto di traditore.”

Niccolò Tommaseo (1802–1874) scrittore italiano

citato in Giovanni Gambarin, Ateneo veneto, vol. 129, n.° 1-3, 1942, p. 12

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“Quale canzone cantassero le sirene, o quale nome assumesse Achille quando si nascose tra le donne, per quanto problemi sconcertanti, non sono al di là di ogni congettura.”

Thomas Browne (1605–1682) filosofo e scrittore britannico

da Hydriotaphia
Origine: Citato in E. A. Poe – I Delitti della Rue Morgue.

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“Il ricatto è uno dei più vili assassini. E ai miei occhi un delitto d'una scellerataggine più profonda dell'omicidio.”

Honoré De Balzac (1799–1850) scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

L'ultima incarnazione di Vautrin

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“Tutti i libri storici che non contengono menzogne sono mortalmente noiosi.”

Anatole France (1844–1924) scrittore francese

Origine: Da Il delitto di Sylvestre Bonnard.

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“La stanza sembrava uscita da un verbale di polizia, quasi la fotografia del luogo del delitto.”

Kurt Tucholský (1890–1935) scrittore, poeta e giornalista tedesco

Procreazione

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“Saranno i giornali a riprendere nella loro cronaca il grigiore di delitti e punizioni. La spartizione è fatta, che il popolo si spogli dell'antico orgoglio dei suoi crimini.”

Michel Foucault (1926–1984) sociologo, filosofo e psicologo francese

da Sorvegliare e punire; citato in la Repubblica, 8 febbraio 2008

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“[Sul rugby] Uno spettacolo magnifico: balletto, opera e all'improvviso il sangue di un delitto.”

Richard Burton (1925–1984) attore britannico

Origine: Citato in Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, p. 85, ISBN 88-8598-826-2.

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“Non c'è bisogno che vi ricordi [discorso di Kien ai libri della sua biblioteca] in modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva quanto vicini siano odio e amore. La storia d'un paese che tutti noi in egual misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi attenzioni e dell'affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un crimine di proporzioni mitiche, perpetrato contro di voi da un sovrano diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell'anno 213 avanti Cristo, per ordine dell'imperatore cinese Shi Hoang-ti − un brutale usurpatore che ebbe l'ardire di attribuire a se stesso il titolo di "Primo, Augusto, Divino" − vennero bruciati tutti i libri esistenti in Cina. Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri; quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte divinatoria, agricoltura e arboticoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s'era meritato? Morì, è vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte dell'imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro dell'impero che egli aveva rivestito per più di trent'anni. Fu incatenato, gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi delitti. Oltre all'assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in questo modo il supplizio dura più a lungo; l'ultimo pensiero di questa belva assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto, nessuna famiglia a mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l'ha fatto, proprio quella storia che l'indegna canaglia, più tardi finita come ho detto, aveva voluto distruggere.”

1981, pp. 98-99
Auto da fé

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“Perché l'imitazione del male supera sempre l'esempio, come, per il contrario, quella del bene è sempre inferiore, figli ancor più turpi di questa dottrina sono i Misteri di Parigi, i quali non si arrossi di qualificare per libro morale, benché l'autore di esso, Eugenio Sue, fosse dai Francesi chiamato a gran ragione il Cristoforo Colombo dei bordelli. L'eroine del suo romanzo sono Rigolette e Fleur de Marie, leggiadrissime sartine di sedici anni e senza genitori, le quali coll'esercizio dell'arte loro reggono sottilmente la vita, e non hanno in fondo della loro borsa altro capitale che dugento franchi. La prima vive in una soffitta lietamente, né dimentica di Dio, ch'ella prega ogni giorno. La seconda, a cui rincresce la fatica, frequenta i passeggi e le taverne, dissipa il suo meschino peculio, e si risolve a far mercimonio del suo corpo pei suggerimenti d'una infame creatura. Ella si lascia persuadere così presto, che non può chiamarsi sedotta: non amore, non sensualità, ma solamente la promessa che prezzo di vergogna avrà ozio e un poco di pane, la conducono nell'orrido e crudelissimo lupanare dove si ruba, si assassina, si avvelena, e non paghi di vivere di delitto, si scherza pur col delitto.”

Giovanni Battista Niccolini (1782–1861) drammaturgo italiano

Origine: Cfr. Francesco Guicciardini, Storia d'Italia: «L'imitazione del male supera sempre l'esempio, come per il contrario l'imitazione del bene è sempre inferiore.»
Origine: Discorso sulla tragedia greca, p. XV-XVI

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“Nulla di più comune, per esempio, che trovare un critico moderno che scriva cose di questo genere: 'Il Cristianesimo fu soprattutto un movimento ascetico, una corsa al deserto, un rifugio nel chiostro, una rinuncia alla vita e alla felicità; esso non fu che parte di una fosca e inumana reazione contro la natura stessa, un odio pel corpo, un aborrimento dell'universo materiale, una specie di suicidio universale dei sensi e anche dell'individuo. Derivava da un fanatismo orientale come quello dei fachiri, ed era basato su un pessimismo orientale che considerava l'esistenza stessa come un male'. In tutto questo la cosa straordinaria è che tutto è verissimo; vero in ogni particolare, con la sola differenza che è attribuito erroneamente a chi non ci ha niente a che vedere. Non è vero della Chiesa; è vero delle eresie condannate dalla Chiesa. È come se uno fosse obbligato a scrivere un'analisi degli errori e del malgoverno dei ministri di Giorgio III, con la piccola inesattezza che tutto il racconto si riferisse a Giorgio Washington; o come se uno facesse un elenco dei delitti dei bolscevichi con la sola variante di attribuirli allo zar. La Chiesa primitiva fu, sì, ascetica, ma in dipendenza di una filosofia totalmente diversa da quella di una guerra alla vita e alla natura; la quale realmente esistette nel mondo, e basterebbe che i critici sapessero dove andare a cercarla.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

L'Uomo Eterno

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“La tassa sul macinato è un delitto commesso, una perfetta inquisizione del Santo Ufficio che si è voluto dare al popolo come premio.”

Giovanni Passannante (1849–1910) anarchico italiano

Origine: Citato in Giuseppe Galzerano, Giovanni Passannante, p. 694.

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“Nessun delitto può trovare un motivo scusante.”

Scipione l'Africano: XXVIII, 28; 2006
Nullum scelus rationem habet.
Ab urbe condita, Libro XXI – Libro XXX

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“Amo, ed ardo per cosa | Si vaga e graziosa, | Che vederla, e trafitto | Non sentirsi è delitto.”

Vincenzo Monti (1754–1828) poeta italiano

Origine: Il cespuglio delle quattro rose, Canzonetta, p. 276

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“Aristodemo: Dite ai regi | che mal si compra co' delitti il soglio.”

Vincenzo Monti (1754–1828) poeta italiano

V, 4
ultime parole
Aristodemo
Origine: Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, p. 459.

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“I grandi delinguenti e i grandi delitti fanno anch'essi parte della storia.”

Alessandro Cutolo (1899–1995) conduttore televisivo, attore e storico italiano

p. 6

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“Da quest'Alpi infino a Scilla | È delitto amar la patria, | È una colpa il sospirar.”

Giovanni Berchet (1783–1851) poeta italiano

Il romito del Cenisio

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“C'è sangue nelle favole, violenza nella mitologia e delitto in Shakespeare.”

George Gerbner (1919–2005)

Origine: Citato in Charles S. Clark, La violenza in tv, in Karl Popper – John Condry, Cattiva maestra televisione, traduzioni di Marina Astrologo e Claudia Di Giorgio, CDE, Milano.

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“È meglio estirpare i delitti che i delinquenti.”
Res optima est non sceleratos exstirpare, sed scelera.

Publilio Siro scrittore e drammaturgo romano

Sententiae

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“Nessun vero tiranno conosciuto della storia è mai stato responsabile di un solo centesimo dei delitti, dei massacri, e di tante atrocità attribuite al Dio della Bibbia.”

Steve Allen (1921–2000) musicista, attore e personaggio televisivo statunitense

da Sulla religione della Bibbia e sulla moralità

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“Colui al quale il delitto porta giovamento, quello ne è l'autore.”

Lucio Anneo Seneca (-4–65 a.C.) filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano

da Medea, III, 500-501

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“Le leggi criminali fissando le convenevoli pene ai diversi delitti che turbano l'ordine sociale, producono quella tranquillità, ch'è il principale oggetto della società.”

Francesco Mario Pagano (1748–1799) giurista, filosofo e politico italiano

Origine: Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili, p. 7

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“I grandi che delinquono animano più al delitto, che le persone dappoco.”

Francesco Mario Pagano (1748–1799) giurista, filosofo e politico italiano

Origine: Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili, p. 12

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“Coloro che commettono delitti nel sonno non soffrono alcuna pena.”

Francesco Mario Pagano (1748–1799) giurista, filosofo e politico italiano

Origine: Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili, p. 16

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“Questo c'è di buono", notò, "che non si soffre a lungo quando la testa viene troncata."
"Così dicono tutti, e perciò hanno inventato quella così detta ghigliottina. A me invece balenò allora il sospetto: e se invece è quello il colmo della sofferenza? Questo vi parrà strano, vi farà ridere… eppure… Prendiamo, per esempio, la tortura: strazio, piaghe, scricchiolio di ossa, dolore materiale insomma, che distrae la vittima dalle sofferenze morali, fino a che non venga la morte. Ma il dolore principale, il più forte, non è già quello delle ferite; è invece la certezza, che fra un'ora, poi fra dieci minuti, poi fra mezzo minuto, poi ora, subito, l'anima si staccherà dal corpo, e che tu, uomo, cesserai irrevocabilmente di essere un uomo. Questa certezza è spaventosa. Tu metti la testa sotto la mannaia, senti strisciare il ferro, e quel quarto di secondo è più atroce di qualunque agonia. Questa non è una mia fantasia: moltissimi ci sono che pensano come me. E ve ne dico anche un'altra. Uccidere chi ha ucciso è, secondo me, un castigo non proporzionato al delitto. L'assassinio legale è assai più spaventoso di quello perpetrato da un brigante. La vittima del brigante è assalita di notte, in un bosco, con questa o quell'arma; e sempre spera, fino all'ultimo, di potersi salvare. Si sono dati casi, in cui l'assalito, anche con la gola tagliata, è riuscito a fuggire, ovvero, supplicando, ha ottenuto grazia dai suoi assalitori. Ma con la legalità, quest'ultima speranza, che attenua lo spavento della morte, ve la tolgono con una certezza matematica, spietata. Attaccate un soldato alla bocca di un cannone, e accostatevi con la miccia: chi sa! Penserà il disgraziato, tutto è possibile… Ma leggetegli la sentenza di morte, e lo vedrete piangere o impazzire. Chi ha mai detto che la natura umana può sopportare un tal colpo senza perdere la ragione? A che dunque questa pena mostruosa e inutile? Un solo uomo potrebbe chiarire il punto; un uomo cui abbiamo letto la sentenza di morte, e poi detto:"Va', ti è fatta la grazia!". Di un tal strazio anche Cristo ha parlato… No, no, è inumana la pena, è selvaggia e non può né deve essere lecito applicarla all'uomo".”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

Myskin; II, 2

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“Ma sarà meglio parlarvi di un altro individuo, che conobbi or fa un anno. C'era, nel suo caso, una circostanza strana: dico strana, perché rara. Era stato condannato, insieme con altri, alla fucilazione. Per non so che delitto politico, doveva essere giustiziato. Gli fu letta la sentenza di morte. Se non che, venti minuti dopo, arrivò la grazia, cioè la commutazione della pena. Nondimeno, durante quei venti o quindici minuti, egli visse nella ferma convinzione che di lì a poco sarebbe morto. […] E così egli distribuì il suo tempo: due minuti per dire addio ai compagni, due altri per raccogliersi e pensare a sé, un minuto per dare un'occhiata intorno. Aveva ventisette anni; era sano e robusto. Accomiatandosi da uno dei compagni, si ricordava di aver fatto una domanda insignificante e di averne aspettato con interesse la risposta. Agli addii successero i due minuti di raccoglimento. Sapeva già a che cosa avrebbe pensato: "Adesso sono vivo; ma fra tre minuti, che sarò? Qualcuno o qualche cosa, e dove?". Non lontano sorgeva una chiesa, e la cupola dorata splendeva nel sole. Aveva guardato fisso a quella cupola: gli pareva che quei raggi ripercossi fossero la sua nuova natura e che fra tre minuti egli si sarebbe con essi confuso. L'ignoto che lo attendeva era certamente terribile; ma più assai l'atterriva l'assiduo pensiero: "E se non morissi? se la vita continuasse?… che eternità! e tutta, tutta a mia disposizione… Oh allora, di ogni minuto io farei una esistenza e non un solo ne perderei!" Questo pensiero a tal segno lo invadeva, che avrebbe voluto esser fucilato all'istante."
[…] "Siete un po' saltuario, principe", osservò Aleksandra. "Che volete provare, insomma? che ogni attimo della vita è prezioso, e che a volte cinque minuti valgono più di un tesoro? E sia, ammettiamolo pure… Ma, scusate, a quel vostro amico che vi contava i suoi spasimi gli commutarono la pena, non è così?… In altri termini, secondo lui e secondo voi, gli fecero dono di una vita senza fine, di un tesoro. E che ne fece egli di questo tesoro? tenne poi conto scrupoloso di ogni minuto?"
"Nient'affatto! Glielo domandai una volta, e mi confessò di averne perduti molti."
"Cosí abbiamo una prova che utilizzare tutti, tutti i minuti della vita è impossibile… Per una ragione o per l'altra, fatto sta che non è possibile.”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

II, 5)

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“A Cesare Beccaria, che specificò i delitti e le pene, l'uman genere meritamente grato.”

proposta di sostituzione dell'epigrafe sulla lapide
da Amore e i Sepolcri, cap. XVIII; citato in Giuseppe Maffei, Storia della Letteratura, Vol. III, p. 37

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“Nelle mani dello Stato la forza si chiama diritto, nelle mani dell'individuo si chiama delitto.”

Max Stirner (1806–1856) filosofo tedesco

L'unico e la sua proprietà, Citazioni dal testo

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“La soverchia clemenza fomenta li delitti.”

Emanuele Tesauro (1592–1675) drammaturgo, retore e letterato italiano

Aforismi politici fondati sopra le favolette di Esopo frigio

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