Frasi su genitori

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema famiglia, moms, genitore, essere.

Migliori frasi su genitori

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“Siamo stati tutti dei gridi perduti nella notte.”

Massimo Recalcati (1959) psicoanalista italiano

libro Il complesso di Telemaco: Genitori e figli dopo il tramonto del padre

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“[Teresa di Lisieux è un] Piccolo tabernacolo di Dio vivente.”

Papa Pio XII (1876–1958) 260° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

citato in Antonio M. Sicari, Una santa famiglia. Teresa di Lisieux e i suoi genitori Zelia Guérin e Luigi Martin, Editoriale Jaca Book, 2008

“Per gli adolescenti i genitori sono come la peste.”

Sarah Palmer: p. 135
Il diario segreto di Laura Palmer

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“Datemi genitori migliori e vi darò un mondo migliore.”

Aldous Huxley (1894–1963) scrittore britannico

Origine: Citato in Onorato Orsini, La Fiera Letteraria, 23 febbraio 1967, p. 19.

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“La mamma La parte più femminile dei genitori.”

Roberto Benigni (1952) attore, comico, showman, regista, sceneggiatore e cantante italiano

E l'alluce fu

Frasi su genitori

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“Simon aveva l'aria del bravo ragazzo che ti viene a prendere a casa ed è educato coi tuoi genitori e fa le coccole al tuo cane. Jace, invece, sembrava il tipo di ragazzo che viene a casa tua e le dà fuoco.”

Clary
Variante: Anche mezzo agghindato da cacciatore di demoni, pensò Clary, Simon aveva l’aria del bravo ragazzo che ti viene a prendere a casa ed è educato coi tuoi genitori e fa le coccole al tuo cane.
Jace, invece, sembrava il tipo di ragazzo che viene a casa tua e le dà fuoco.

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“Solo quando avrai un figlio capisci i genitori, | questa vita la apprezzi solo quando muori.”

Fabri Fibra (1976) rapper, produttore discografico e scrittore italiano

da Nessuno lo dice, n. 5
Casus belli

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“In quel momento fu come se il tempo si fermasse, e l'Anima del Mondo sorgesse con tutta la sua forza davanti al ragazzo. Quando guardò gli occhi di lei, un paio di occhi neri, le labbra indecise fra un sorriso e il silenzio, egli comprese la parte più importante e più saggia del Linguaggio che parlava il mondo e che chiunque, sulla terra, era in grado di capire con il proprio cuore. E si chiamava Amore, una cosa più antica degli uomini e persino del deserto, che tuttavia risorgeva sempre con la stessa forza dovunque due sguardi si incrociassero come si incrociarono quei due davanti a un pozzo. Le labbra della giovane, infine, decisero di accennare un sorriso: era un segnale, il segnale che il ragazzo aveva atteso per tanto tempo nel corso della vita, che aveva ricercato nelle pecore e nei libri, nei cristalli e nel silenzio del deserto. Ed era là, il linguaggio puro del mondo, senza alcuna spiegazione, perché l'universo non aveva bisogno di spiegazioni per proseguire il proprio cammino nello spazio senza fine. Tutto ciò che il ragazzo capiva in quel momento era che si trovava di fronte alla donna della sua vita e anche lei, senza alcun bisogno di parole, doveva esserne consapevole. Ne era certa più di quanto lo fosse di ogni altra cosa al mondo, anche se i genitori, e i genitori dei genitori, le avevano sempre detto che, prima di sposarsi, bisognava frequentarsi, fidanzarsi, conoscersi, e avere del denaro. Ma, forse, chi lo affermava non aveva mai conosciuto il linguaggio universale: perché, una volta che vi si penetra, è facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri si incontrano, e i loro sguardi si incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose sotto il sole sono state scritte dalla stessa Mano: la Mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i propri tesori sotto il sole. Perché, se tutto ciò non esistesse, non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità.”

Paulo Coelho (1947) scrittore brasiliano

L'Alchimista

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“L'ingratitudine più odiosa, ma più antica e più comune di tutte, è quella dei figli verso i loro genitori.”

Luc de Clapiers de Vauvenargues (1715–1747) scrittore e saggista francese

1923
Riflessioni e massime

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“[doping] Quale genitore non sarebbe disposto a "spronare" (per usare un eufemismo) il proprio figlio qualora se ne intuisse anche solo un piccolo talento, pur di vederlo un giorno primeggiare?”

Nicola Pfund (1960) scrittore svizzero

Origine: Dall'intervista di L. De Carli, Quando lo sport non è salute http://epaper.azione.ch/ee/azion/_main_/2015/06/01/017/?article=41/, Azione.ch, 1 giugno 2015.

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“Proviamo a sintetizzare perché per molti il principio dell'eguaglianza tra uomini e animali non è accettabile:
1. Perché il dolore che prova un animale, per esempio un ratto, non è uguale a quello provato da un uomo. Gli esseri umani hanno una complessa struttura neuropsichica che li porta a soffrire enormemente di più di quanto soffrirebbe un animale in circostanze simili.
2. Tra gli uomini esiste un dolore e una sofferenza indotta (dei genitori, dei figli, degli amici, di tutta una comunità etc.) che non è esistente, o è minima, nella gran parte degli animali a causa della loro rudimentale struttura affettivo-sociale.
3. La coscienza e consapevolezza della propria esistenza, e del proprio futuro, porta gli uomini, in caso di sofferenza, a condizioni di angoscia che gli animali non possono provare, essendo incapaci di elaborare il concetto di futuro e di morte.
4. Gli animali sono aggressivi tra di loro e spesso quelli di una specie uccidono e mangiano quelli di altre: sono in altre parole i più deteriori esempi di specismo. Perché rispettare regole che gli animali per primi non rispettano?
5. Esiste una legge naturale, darwiniana, secondo la quale il più forte e il più intelligente ha la meglio sul più debole, che asserve o semplicemente uccide e mangia. L'uomo è il risultato anche di questa regola vecchia di milioni di anni e farebbe bene, proprio per rispetto alle leggi naturali, a non cambiarla.
I nuovi filosofi rispondo a queste obiezioni in modo semplice e, nel complesso, convincente. Riguardo ai primi tre punti si fa notare che anche nella specie umana vi sono condizioni (spesso definite «casi marginali») il cui livello di elaborazione psichica della sofferenza e di capacità di percezioni esistenziali e di angoscia sono nulle o minime (neonati, ritardati, cerebrolesi, malati di Alzheimer) ma nessuno riterrebbe tali condizioni sufficienti per uccidere questi esseri o per usarli per esperimenti.
Alla quarta obiezione si risponde che proprio questi comportamenti sono quelli che vengono definiti «bestiali» e che certamente non vanno presi come guida morale (Singer). Inoltre, gli animali spesso non sono in grado di considerare possibili alternative e soprattutto non hanno princìpi etici sul modo di alimentarsi. Per quanto riguarda l'ultimo punto, è facile obiettare innanzitutto che è sbagliato pensare che il consumo di animali (come cibo, per esperimenti e per decine di altri usi) sia parte del disegno evolutivo naturale. In secondo luogo, quand'anche lo fosse, sarebbe giusto correggere, come si è fatto in molte altre circostanze, una legge naturale ingiusta e iniqua.”

Umberto Veronesi (1925–2016) medico, oncologo e politico italiano

pp. 190-191

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“I genitori che si servono abitualmente ed a lungo della televisione come una specie di bambinaia elettronica, abdicano al ruolo di primari educatori dei propri figli.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Origine: La potenza dei media, p. 51

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“Ehm, sei sicuro di volermi raccontare tutte queste cose?
Perché, quali cose?

Dei tuoi genitori, la paranoia…
Be', cos'è che ti sto raccontando, in fondo? Non ti sto dando proprio niente. Ti sto dando cose che Dio sa, che chiunque sa. I miei genitori sono famosi nella loro morte. E questo sarà il mio monumento costruito alla loro memoria. Io do a te tutte queste cose, ti racconto delle gambe di mio padre e delle parrucche di mia madre – più avanti in questo capitolo – e ti racconto i miei dubbi sull'opportunità o meno di fare sesso davanti all'armadio a specchi dei miei genitori la notte del funerale di mio padre, ma dopo tutto, cosa ti ho mai dato di così prezioso? Potresti pensare di sapere qualcosa di me, a quel punto, ma invece non sai ancora nulla. Io racconto, e un secondo dopo è tutto sparito. Non mi interessa – e come potrebbe? Ti racconto con quante ragazze sono andato a letto (trentadue), o di come i miei genitori hanno lasciato questo mondo, e alla fin fine che cosa ti ho dato? Niente. Posso dirti i nomi dei miei amici, i loro numeri di telefono…
Marny Requa: 415-431-2435
K. C. Fuller: 415-922-7893
Kirsten Stewart: 415-614-1976
Ma cos'è che hai in mano? Nulla. Tutti mi hanno dato il permesso di farlo. E perché? Perché tu non hai nulla, al massimo qualche numero di telefono. Può sembrare qualcosa di prezioso al massimo per uno o due secondi. Tu puoi avere solo quello che io posso permettermi di dare. E tu sei il mendicante che implora una qualsiasi cosa, mentre io sono il passante frettoloso che butta un quarto di dollaro nel bicchiere di carta che protendi verso di me. Questo è quanto ti posso dare. E non mi annienta. Ti do virtualmente tutto quello che possiedo. Ti do le cose migliori di me, anche se si tratta di cose che amo, ricordi di cui faccio tesoro, belli o brutti che siano, come le foto della mia famiglia appese al muro, posso mostrartele senza che esse per questo ne vengano sminuite. Posso permettermi di darti anche tutto quanto. Trasaliamo di fronti agli sciagurati che nei programmi pomeridiani rivelano i loro orrendi segreti di fronte a milioni di telespettatori, eppure… che cosa abbiamo tolto loro, e loro che cosa ci hanno dato? Niente. Sappiamo che Janine ha scopato con il fidanzato di sua figlia, ma… e allora? Moriremo un giorno e avremo protetto… che cosa? Avremo protetto dal mondo il fatto che facciamo questo o quello, che muoviamo le braccia in questo o quest'altro modo, e che la nostra bocca ha prodotto questi e questi altri suoni? Ma per favore. Ci sembra che rivelare cose imbarazzanti o private, tipo, che ne so, le nostre abitudini masturbatorie (quanto a me, circa una volta al giorno, perlopiù sotto la doccia), significhi – proprio come per i primitivi che temono che la macchina fotografica gli possa portare via l'anima – che abbiamo dato a qualcuno una cosa che noi identifichiamo come i nostri segreti, il nostro passato e le sue zone oscure, la nostra identità, nella convinzione che rivelare le nostre abitudini o le nostre perdite o le nostre imprese in qualche modo ci deprivi di qualcosa. Ma in realtà è proprio il contrario, di più è di più è di più, più si sanguina più si dà. Queste cose, i dettagli, le storie e quant'altro, sono come la pelle di cui i serpenti si spogliano, lasciandola a chiunque da guardare. Che cosa gliene frega al serpente di dov'è la sua pelle, di chi la vede? La lascia lì dove ha fatto la muta. Ore, giorni o mesi dopo, noi troviamo la pelle e scopriamo qualcosa del serpente, quant'era grosso, quanto era lungo approssimativamente, ma ben poco altro. Sappiamo dove si trova il serpente adesso? A cosa sta pensando? No. Per quel che ne sappiamo adesso il serpente potrebbe girare in pelliccia, potrebbe vendere matite a Hanoi. Quella pelle non è più la sua, la indossava perché ci era cresciuto dentro, ma poi si è seccata e gli si è staccata di dosso, e lui e chiunque altro adesso possono vederla.”

L'opera struggente di un formidabile genio

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“L’angoscia prevalente dei genitori ipermoderni è quella di essere sufficientemente amati dai loro figli. Si tratta di un’aberrazione generazionale.”

Massimo Recalcati (1959) psicoanalista italiano

libro Patria senza padri. Psicopatologia della politica italiana

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“[Al processo, interrogata se avesse fatto bene a partire per Chinon contro il volere dei genitori] Poiché era stato Dio a chiedermelo, avessi avuto anche cento padri e cento madri, fossi anche nata figlia di re, sarei partita ugualmente.”

Giovanna d'Arco (1412–1431) eroina nazionale francese, venerata come santa dalla Chiesa cattolica

Origine: Citato in Teresa Cremisi, Secondo interrogatorio complementare, lunedì 12 marzo, nella prigione di Giovanna, p. 81.

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“Con Roma capitale ho sciolto la mia promessa e coronato l'impresa che ventitré anni or sono veniva iniziata dal mio magnanimo genitore.”

Vittorio Emanuele II d'Italia (1820–1878) re di Sardegna dal 1849 al 1861, quindi re d'Italia dal 1861 al 1878

Citazioni di Vittorio Emanuele II d'Italia
Origine: Citato in Pier Luigi Vercesi, L'Italia in prima pagina: i giornalisti che hanno fatto la storia, Francesco Brioschi Editore, 2008, p. 411.

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“Per un figlio non c'è insegnamento e testimonianza più grande che vedere i propri genitori che si amano con tenerezza, si rispettano, sono gentili tra di loro, si perdonano a vicenda: ciò che riempie di gioia e di felicità vera il cuore dei figli. I figli, prima di abitare una casa fatta di mattoni, abitano un'altra casa, ancora più essenziale: abitano l'amore reciproco dei genitori.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Citazioni tratte da discorsi, Differenza uomo donna fa crescere figli. Famiglie reagiscano a colonizzazione ideologica http://it.radiovaticana.va/news/2015/06/14/papa_differenza_uomo_donna_fa_crescere_figli/1151493, 14 giugno 2015

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“FAUST: Ah, Faust, hai solo un'ora di vita, poi sarai dannato per sempre.
Fermatevi sfere del cielo che eternamente ruotate, che il tempo finisca e mezzanotte non venga mai.
Occhio lieto della natura, sorgi, sorgi di nuovo e fai un giorno eterno, o fai che un'ora duri un anno, un mese, una settimana, un giorno, che Faust possa pentirsi e salvare l'anima.
"O lente lente currite noctis equi".
Le stelle ruotano, il tempo corre, l'orologio suonerà, verrà il demonio e Faust sarà dannato.
Salirò fino a Dio! Chi mi trascina in basso?
Guarda, il sangue di Cristo allaga il firmamento e una sola goccia mi salverebbe, metà d'una goccia. Ah, mio Cristo, non uncinarmi il cuore se nomino Cristo.
Lo dirò di nuovo. Risparmiami, Lucifero.
Dov'è? E' scomparso. Vedo Dio che stende il braccio e china la fronte minacciosa Montagne e colline, venite, franatemi addosso, nascondetemi all'ira terribile di Dio.
No, no?
Allora mi getto a capofitto nella terra:
apriti, terra. No, non mi dà riparo.
Stelle che regnavate alla mia nascita e che mi avete dato morte e inferno, risucchiatevi Faust come una nebbia nelle viscere di quelle nubi incinte, affinché, quando vomitate in aria, il corpo cada dalle bocche fumose ma l'anima salga al cielo.
(L'orologio suona)
Ah, mezz'ora è passata. Presto passerà tutta.
Dio, se non vuoi avere pietà di quest'anima almeno per amore di Cristo il cui sangue mi ha riscattato, assegna un termine alla mia pena incessante:
che Faust resti all'inferno mille anni, centomila, e alla fine sia salvato.
Ma non c'è fine alle anime dannate.
Perché non sei una creatura senz'anima?
Perché la tua dev'essere immortale?
Metempsicosi di Pitagora, fossi vera, l'anima mi lascerebbe, sarei mutato in una bestia bruta.
Felici le bestie che morendo cedono l'anima agli elementi, ma la mia vivrà torturata in eterno.
Maledetti i genitori che mi fecero!
No, Faust, maledici te stesso, maledici Lucifero che ti ha privato del cielo.
(L'orologio suona mezzanotte).
Suona, suona! Corpo, trasformati in aria, o Lucifero ti porterà all'inferno.
Anima, mùtati in piccole gocce d'acqua e cadi nell'oceano, nessuno ti trovi.
(Tuono, ed entrano i diavoli)
Mio Dio, mio Dio, non guardarmi così feroce!
Serpi e vipere, lasciatemi vivere ancora un poco.
Inferno orribile, non aprirti. Non venire, Lucifero.
Brucerò i miei libri. Ah, Mefistofele.
(Escono con Faust. [Escono in alto Lucifero e i diavoli])

Christopher Marlowe, La tragica storia del Dottor Faust [Atto V, Scena II]”

Dr. Faustus

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“Gli insegnamenti di un genitore sono fondamentali durante l'adolescenza di un figlio, affinché lui un giorno sia pronto ad affrontare la prova piú difficile: la vita.”

Prevale (1983) disc jockey, produttore discografico e conduttore radiofonico italiano

Origine: prevale.net

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“Se mi sento un poeta? Qualche volta. È parte di me. È parte di me il convincere me stesso che sono un poeta. Ma ci vuole molta dedizione. Molta dedizione. I poeti non guidano. I poeti non vanno al supermercato. I poeti non svuotano la pattumiera. I poeti non fanno parte dell'Associazione dei genitori e insegnanti. I poeti non vanno nemmeno a fare picchetti davanti all'ufficio delle Case popolari, o qualunque altra cosa. I poeti non parlano nemmeno al telefono. I poeti non parlano con nessuno. I poeti ascoltano molto e… di solito sanno perché sono poeti! Sì sono… come posso dire? Il mondo non ha bisogno di altre poesie, c'è già Shakespeare. Ce n'è già abbastanza di qualunque cosa. Qualunque cosa venga in mente, ce n'è già abbastanza. Ce n'era già fin troppa con l'elettricità, forse. C'è gente che l'ha detto. C'è gente che ha detto che la lampadina era già fin troppo. I poeti vivono in campagna. Si comportano da gentiluomini. E vivono secondo il loro codice di gentiluomini e muoiono in miseria. O annegano nei laghi. Di solito i poeti finiscono molto male. Basta guardare alla vita di Keats. O a quella di Jim Morrison, se lo vogliamo chiamare un poeta.”

Bob Dylan (1941) cantautore e compositore statunitense

Variante: "Se mi sento un poeta? Qualche volta. È parte di me. È parte di me il convincere me stesso che sono un poeta. Ma ci vuole molta dedizione. Molta dedizione. I poeti non guidano. I poeti non vanno al supermercato. I poeti non svuotano la pattumiera. I poeti non fanno parte dell'Associazione dei genitori e insegnanti. I poeti non vanno nemmeno a fare picchetti davanti all'ufficio delle Case popolari, o qualunque altra cosa. I poeti non parlano nemmeno al telefono. I poeti non parlano con nessuno. I poeti ascoltano molto e... di solito sanno perché sono poeti! Sì sono... come posso dire? Il mondo non ha bisogno di altre poesie, c'è già Shakespeare. Ce n'è già abbastanza di qualunque cosa. Qualunque cosa venga in mente, ce n'è già abbastanza. Ce n'era già fin troppa con l'elettricità, forse. C'è gente che l'ha detto. C'è gente che ha detto che la lampadina era già fin troppo. I poeti vivono in campagna. Si comportano da gentiluomini. E vivono secondo il loro codice di gentiluomini e muoiono in miseria. O annegano nei laghi. Di solito i poeti finiscono molto male. Basta guardare alla vita di Keats. O a quella di Jim Morrison, se lo vogliamo chiamare un poeta".

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“Allora, tutte le persone qui, nonostante l'evidenza del contrario, ancora scelgono di sostenere un uomo che con tutte le buone intenzioni e tutti i buoni propositi non può sostenersi neanche da solo? OK, OK, così siete dei fan di Jeff Hardy, che portano una maglietta di Jeff Hardy, e che portano quei suoi piccoli "copri maniche" diabolici, che Dio impedisce; se vi siete dipinti la vostra faccia, voglio vedervi alzarvi in piedi adesso. Voglio sentirvi fare del rumore! Andate avanti, se amate e sostenete Jeff Hardy, lasciate che il mondo lo sappia! [il pubblico lo acclama e si alza in piedi] Cameraman, cameraman, fai una bella inquadratura, fai un'inquadratura reale a tutte queste persone. La verità è, signori e signore, che io non vi incolpo. Io non incolpo nessuno qui per sostenere Jeff Hardy. Le persone che incolpo, sono i loro genitori. Siamo realistici, ho detto genitori, ma avrei dovuto dire genitore. Perché è ovvio che avete una situazione con un genitore solo, come nel mondo in cui Jeff Hardy è cresciuto. Vedete, voi siete così preoccupati del rapporto con vostro figlio che fallite, come avete fatto con il vostro matrimonio, soddisfando ogni loro capriccio e ogni loro desiderio. Odio dirvelo, ma questo non vi rende un buon genitore, Philadelphia, questo vi rende un riabilitatore/riabilitatrice. [il pubblico lo fischia ed inizia ad urlare il nome di Hardy] Ed il problema è che lasciate i vostri bambini ammirare un ragazzo come Jeff Hardy, dimostrando solo che non vi preoccupate di quello che accadrà loro iniziando a farlo. È una situazione triste. Quindi io non incolpo nessuno del pubblico o seduto a casa a guardare lo show, se sostengono Jeff Hardy e se hanno meno di 17 anni, perché loro sono giovani e loro sono, diciamo, loro sono impressionabili. Il vero problema sono i genitori, sono i genitori che non fanno il consapevole sforzo di sedersi con i propri figli per insegnargli il modo corretto di vivere! [Fischi dal pubblico] Vedete, comincia tutto con una maglietta di Jeff Hardy, poi la prossima cosa è iniziare a fumare un pacchetto di sigarette, dopo ciò iniziano a bere una bottiglia di birra. Proprio dopo questo, passano a un po' di Jack Daniels, che è la droga iniziale verso l'uso di marijuana… [il pubblico si infervora al nome della marijuana] Ed il fatto che voi siate seduti qui e vi lamentiate di ciò va a dimostrare che io stia dicendo la verità! Volete altro riguardo a quelle vecchie droghe di strada che vanno di moda? E prima che voi lo sappiate, loro stanno già rovistando dentro la borsa della mamma, perché ne sono assuefatti, sono assuefatti da medicine prescritte. [il pubblico fischia, Punk non al microfono urla ai fans: "Questo non è divertente!"] Tutto questo può essere fermato prima che sia troppo tardi! Genitori, tutto quello che dovete fare è parlare ai vostri figli. Sedetevi con loro e mostrategli la giusta via, pronunciate loro le parole che possono salvare le loro vite, mostrate loro che a volte è quello che non fai a renderti ciò che sei. Per settimane, per settimane ho detto alle persone come voi di dire "no". Ma oggi penso che dobbiate dire solo "si". "Si" al futuro di un'America Straight Edge libera da droghe! Dite solo "si" al vincitore del match di stasera, dite "si" al World Heavyweight Champion [CM Punk stesso]! Grazie.”

Phil Brooks (1978) wrestler statunitense

Night of Champions 2009

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“Piuttosto mi piacerebbe dire una parola in più, ma non ai giudici, piuttosto ai maestri, ai genitori e ai ragazzi. Se cioè tutti quei begli argomenti sull'obiezione di coscienza si possano applicare anche dal ragazzo nei confronti dei genitori o del maestro.”

Lorenzo Milani (1923–1967) sacerdote, insegnante e scrittore italiano

da Lettera all'avvocato Adolfo Gatti dell'8 gennaio 1966 in A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca, Chiarelettere, Milano 2011

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“Ai miei genitori mando un grande grazie per la pazienza e per avermi sempre sostenuto.”

Noemi (1982) cantautrice, personaggio televisivo, regista di videoclip e sceneggiatrice italiana

dal booklet dell'album Sulla mia pelle

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“A proposito dei Patriarchi viene messo in rilievo che erano allevatori di bestiame fin dalla loro infanzia, come lo erano stati i loro genitori. E a ragione: poiché senza dubbio giusta servitù e giusto dominio si ha quando le bestie sono sottomesse all'uomo e l'uomo ha il dominio sulle bestie. Così infatti fu detto quando l'uomo fu creato: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza; e abbia il potere sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su tutte le bestie che sono sulla terra (Gn 1, 26). Con ciò si fa vedere che la ragione deve avere il dominio su gli esseri privi di ragione. Ma a far sì che una persona divenisse schiava di un'altra persona è stato il peccato o l'avversità: il peccato, come è detto: Sia maledetto Canaan! Schiavo sarà dei suoi fratelli (Gn 9, 25); l'avversità, al contrario, come accadde allo stesso Giuseppe di diventare schiavo di uno straniero dopo essere stato venduto dai suoi fratelli. Pertanto furono le guerre a creare schiavi coloro ai quali nella lingua latina fu posto questo nome. Infatti un uomo che fosse stato vinto da un altro uomo e che per diritto di guerra poteva essere ucciso, poiché veniva invece salvato, fu chiamato servus (schiavo); per lo stesso motivo si chiamano anche mancipia (schiavi) perché sono stati manu capta (presi con la mano). Tra gli uomini vige anche l'ordine della natura per cui le donne siano soggette ai mariti e i figli ai genitori, poiché anche in questo caso è giusto che la ragione più debole sia soggetta alla più forte. Riguardo perciò al comandare e al servire è evidentemente giusto che coloro i quali sono superiori quanto alla ragione siano superiori anche quanto al comando. Quando quest'ordine di cose viene sconvolto nel nostro mondo dall'iniquità degli uomini o dalla diversità delle nature carnali, i giusti sopportano il pervertimento temporale per possedere alla fine la felicità eterna assolutamente conforme all'ordine.”

Agostino d'Ippona (354–430) filosofo, vescovo, teologo e santo berbero con cittadinanza romana

da Questioni sull'Eptateuco, Libro I, § 153

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“Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch'io. […] Se dobbiamo difendere il crocifisso come "arredo", tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una "tradizione" (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta "civiltà ebraico-cristiana" (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all'asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l'ideologia più pagana della storia, il nazismo – l'ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. […] Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all'uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l'8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell'uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Ma io difendo quella croce, 5 novembre 2009
Il Fatto Quotidiano

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“Tra tutte le malattie volontarie, nessuna lo infastidisce quanto la nostalgia. Da bambino gli piaceva staccarsi dagli oggetti che gli avevano tenuto compagnia nelle tasche dei pantaloni, nei cassetti disordinati della scrivania, negli angoli segreti della sua camera-tana. Qualsiasi cosa, anche un vecchio tozzo di pane, aveva una storia e serbava un momento del passato. Deve aver cambiato atteggiamento ad un certo punto della vita, e ricorda se stesso incuriosito davanti a un album di foto di famiglia ereditato dai genitori, in particolare dalla madre: quel pozzo di sapienze emozionali e di memorie che risalivano a tre generazioni prima e a un povero albero genealogico dai rami poderosi. Morti i genitori, Carvalho aveva dedicato una sera a interrogare i volti presenti nell'album di foto. Ma tu chi sei? Che cosa ci fai qui? Per quale motivo dovresti far parte dei miei ricordi? In un certo senso, sua madre gli aveva affidato il pesante fardello di conservare la memoria familiare, ma a Carvalho la responsabilità parve eccessiva e bruciò l'album nel caminetto di casa, lo bruciò insieme alla tristezza ed al rimorso, altrimenti per tutta la vita l'anima gli avrebbe lacrimato davanti ad ogni foto sconosciuta, ad ogni tentativo di domandare alla madre morta: Chi è questo qui? Che cosa ci fa tra questa gente? Che cosa lo lega a noi altri? E quando passeggiava nella sua autentica patria, il Distrito V, si rifiutava di compiacere le viscere della nostalgia soffermando gli occhi su persone o luoghi che sembravano chiamarlo.”

Manuel Vázquez Montalbán (1939–2003) scrittore, saggista e poeta spagnolo

da Storie di padri e figli – Da tetti e terrazzi
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“Mettere al mondo un figlio ha un senso solo se questo figlio è voluto, coscientemente e liberamente dai due genitori. Se no è un atto animalesco e criminoso. Un essere umano diventa tale non per il casuale verificarsi di certe condizioni biologiche, ma per un atto di volontà e d’amore da parte degli altri. Se no, l’umanità diventa – come in larga parte già è – una stalla di conigli. Ma non si tratta più della stalla «agreste», ma d’un allevamento «in batteria» nelle condizioni d’artificialità in cui vive a luce artificiale e con mangime chimico.
Solo chi – uomo e donna – è convinto al cento per cento d’avere la possibilità morale e materiale non solo d’allevare un figlio ma d’accoglierlo come una presenza benvenuta e amata, ha il diritto di procreare; se no, deve per prima cosa far tutto il possibile per non concepire e se concepisce (dato che il margine d’imprevedibilità continua a essere alto) abortire non è soltanto una triste necessità, ma una decisione altamente morale da prendere in piena libertà di coscienza «…».
Nell’aborto chi viene massacrato, fisicamente e moralmente, è la donna; anche per un uomo cosciente ogni aborto è una prova morale che lascia il segno, ma certo qui la sorte della donna è in tali sproporzionate condizioni di disfavore in confronto a quella dell’uomo, che ogni uomo prima di parlare di queste cose deve mordersi la lingua tre volte.”

Italo Calvino (1923–1985) scrittore italiano
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“Bisognerebbe saper attendere, raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e dolcezza, e poi, proprio alla fine, si potrebbero forse scrivere dieci righe valide. Perché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si acquistano precocemente), sono esperienze. Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si aprono al mattino. Bisogna saper ripensare a itinerari in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell'infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando portavano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante profonde e grevi trasformazioni, a giorni in stanze silenziose e raccolte e a mattine sul mare, al mare sopratutto, a mari, a notti di viaggio che passavano con un alto fruscio e volavano assieme alle stelle - e ancora non è sufficiente poter pensare a tutto questo. Bisogna avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si rimarginano. Ma bisogna anche essere stati accanto ad agonizzanti, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori intermittenti. E non basta ancora avere ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza di attendere che ritornino. Perché i ricordi in sé ancora non sono. Solo quando diventano sangue in noi, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, soltanto allora può accadere che in un momento eccezionale si levi dal loro centro e sgorghi la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

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